ferisce infatti alla distribuzione del potere d'acquisto sulle merci che si rappresenta nei prezzi, ma alla distribuzione tra le classi del potere di
1) in quanto insieme di valori d'uso (mezzi di produzione prodotti) è produttivo di valori d'uso;
ne " di Marx, il profitto figurava invece come una quantità determinata in base alla legge di prima approssimazione, qual è esposta nel primo volume del Capitale, e secondo cui il profitto dipende dall'eccedenza o dalla differenza fra il valore della forza-lavoro e il valore del prodotto finito. Su questo punto cruciale la seconda prossimazione dipendeva dalla prima (come avviene per es., con le successive ap-prossimazioni della fisica), ma non la contraddiceva nelle sue parti essenziali ». (M. DOBB, op. cit., p. 27). Come si vede, sfugge qui a Dobb il significato genetico del cammino marxiano dall'astratto al concreto. Non si tratta soltanto di trasfor-mare l'explanans per rendere sempre più approssimati i risultati che se ne possono dedurre con i fenomeni reali « attuali ». Bisogna anche tener conto delle trasfor-mazioni dell'explanandum e dell'intreccio tra spiegazione genetica e funzionale che abbiamo tentato di chiarire nel par. 6.4. Per una critica a tale interpretazione della teoria del valore in termini di approssimazioni succesive, si veda anche C. NAPO-LEONI ( 1 9 7 2 B ) .
60. Tale posizione è stata sottolineata da M. Dobb nei suoi interventi più re-centi sulla teoria del valore marxiana. Ma è un'opinione molto diffusa. Si veda per es. il seguente passo di J. ROBINSON (1942): « [...] Marx usa il suo metodo d'ana-lisi per affermare che soltanto il lavoro è produttivo » (p. 16).
2) in quanto lavoro oggettivato, estraniato e contrapposto al lavoro vivo, il capitale è produttivo di valore di scambio in quanto:
a) costringe il lavoro al pluslavoro;
b) « assorbe in sé, se ne appropria e nello stesso tempo personi-fica le forze produttive del lavoro sociale e le forze produttive sociali ge-nerali, come la scienza » 62.
Dunque è tanto poco vero che il lavoro è l'unico fattore produttivo nel capitalismo che esso diventa produttivo soltanto se incorporato nel capitale: « il lavoro stesso è produttivo solo in quanto è assunto nel ca-pitale, ove il capitale costituisce la base della produzione, e il capitalista è colui che comanda la produzione. La produttività del lavoro diventa produttività del capitale così come il valore di scambio generale delle merci si fissa nel denaro. Il lavoro quale esiste per sé nell'operaio, in an-titesi al capitale, il lavoro dunque nella sua esistenza immediata, sepa-rata dal capitale, non è produttivo » 63. D'altro canto se il capitale si pre-senta come produttivo, non bisogna scordare che esso, in ultima analisi, non è nient'altro che lavoro oggettivato in cui il lavoro ha estraniato i propri attributi, per cui anche la sua capacità produttiva non è nient'altro che la capacità produttiva del lavoro, estraniata nel capitale. Analoga-mente il valore di scambio delle merci, che a sua volta non è che una rappresentazione della forma sociale del lavoro, si trasferisce e si fissa nel denaro. Dal punto di vista genetico, la produttività di valore è dunque un attributo che compete unicamente al lavoro. Dal punto di vista fun-zionale invece, è il rapporto tra capitale e lavoro che è produttivo: « la produttività del capitale consiste nel contrapporsi il lavoro come lavoro salariato, e la produttività del lavoro consiste nel contrapporsi i mezzi di produzione come capitale » 64.
Anzi, dal punto di vista sincronico, il lavoro appare produttivo come mera parte del capitale (capitale variabile) ed esplica la propria produt-tività secondo la logica del capitale, per cui si potrebbe dire che, in que-sto senso, solo il capitale è produttivo65. La produttività del lavoro ap-pare soltanto più come produttività ideale, virtuale, che si realizza
esclu-62. STE. 1. 379. Si veda anche Appendice al I I cap. del presente lavoro, punto
d) e punto e). 63. G. 1. 296.
64. STE. 1. 381. Si veda anche il seguente brano illuminante: « lavoro produt-tivo non è che un'espressione abbreviata per indicare l'intero rapporto e il modo in cui la forza-lavoro figura nel processo capitalistico di produzione. La distinzione da altre specie di lavoro è però della massima importanza, poiché essa esprime esattamente la determinatezza formale di quel lavoro, sul quale è basato tutto il modo di produzione capitalistico ed il capitale stesso ». (STE. 1. 383).
sivamente nel capitale così come il valore di scambio si presenta soltanto più come attributo ideale, virtuale, della merce e si realizza soltanto nel denaro 66. Dal punto di vista diacronico invece appare chiaramente che se la logica produttiva del capitale influenza la strategia del lavoro, è an-che da essa influenzata e trasformata.
In definitiva, anche il problema della produttività si pone per Marx in termini molto più complessi e profondi di quelli in cui è posto dagli altri economisti. Il punto di vista di quest'ultimi è confinato rigidamente sul piano S-funzionale mentre sfugge loro completamente il piano gene-tico e D-funzionale. L'attribuire a Marx l'affermazione semplicistica, non ulteriormente qualificata, che solo il lavoro è produttivo e non il capitale rivela una completa incomprensione della complessità della sua « vi-sione ».
Resta dunque senza fondamento l'affermazione che lo sfruttamento, secondo Marx, non sia nient'altro che la deduzione dal prodotto del voro per il semplice fatto che tutto ciò che è prodotto è prodotto del la-voro e solo del lala-voro. Dal punto di vista del valore d'uso ciò non è si-curamente vero, poiché le caratteristiche utili del prodotto dipendono non meno dai mezzi di produzione prodotti e non prodotti che dal lavoro utile 67. Dal punto di vista del valore di scambio neppure, perché esso di-pende dal capitale non meno che dal lavoro. Dal punto di vista del va-lore, infine, neppure poiché per definizione il valore è lavoro (oggetti-vato) ma le caratteristiche qualitative e quantitative della sua oggettiva-zione (a cui si riferisce il concetto di produttività) dipendono S-funzio-nalmente dal capitale, D-funzioS-funzio-nalmente da capitale e lavoro ed infine geneticamente ma solo geneticamente dal puro e semplice lavoro (nel senso e nei limiti specificati nel par. 6.2.). Si riconferma dunque per que-sta strada che la riconduzione del profitto a sfruttamento conserva piena-mente il suo significato ma soltanto dal punto di vista genetico.
In definitiva, sulla base di quanto abbiamo detto, non ci sembra che si possa mettere in dubbio l'esistenza dello sfruttamento capitalistico. Inoltre sembra reggere pienamente l'analisi concettuale su di cui Marx l'ha fondato 68. Tale concetto non sembra però, in questi termini, poter giocare un ruolo esplicativo dal punto di vista S-funzionale. Una teoria
66. Vedi retro, par. 4.3.
67. È sbagliato dire che il lavoro, in quanto produce valori d'uso, sia l'unica fonte della « ricchezza da esso prodotta, ossia della ricchezza materiale » (P. C. 18). 68. Ciò non vuol dire che non vada sviluppato ulteriormente anche dal punto di vista genetico, per tener conto delle trasformazioni che ha subito il capitalismo dalla fase concorrenziale descritta da Marx (ad es. ruolo crescente del consumo im-produttivo).
di questo genere andrebbe elaborata ex-novo in termini di una serie di parametri empirici tra i quali anche il numero di ore-lavoro concreto pre-state ma non soltanto. Quest'ultimo tipo d'indagine andrebbe poi sinte-tizzato con quello originario di Marx per entrare come elemento esplica-tivo in una teoria del funzionamento diacronico della struttura economica capitalistica.
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