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3 2 L'insolvibilità della trama.

Ogni racconto, che si proponga di essere imitazione di un azione, deve essere strutturato in modo tale che le parti di cui si compone siano così connesse, da costituire una totalità organica, per cui la sottrazione di una comporta il mutamento dell'intero assetto narratologico. Il principio che ne assicura la riuscita è quello della categoria di causa. Uno dei primi ad introdurre questa nozione fu Hume:

la specie più usuale di connessione fra fatti differenti che entra in una composizione narrativa è quella di causa ed effetto; quando lo storico rintraccia la serie di azioni in base al loro ordine naturale, risale alle loro origini e ai loro principi segreti e delinea le loro più lontane conseguenze. Egli sceglie per suo argomento una certa parte di quella

49 Ibidem, pp. 97-98. 50 Ibidem., p.87.

grande catena di eventi che costituisce la storia dell'umanità; e cerca di toccare nella sua narrazione ogni anello di questa catena[...] e sempre avverte che quanto più continua la catena, che presenta ai lettori, tanto è più perfetto il suo lavoro. Egli vede che la conoscenza delle cause è non solo la più soddisfacente, per il fatto che si tratta di una relazione o connessione la più stretta di tutte, ma è anche la piùi struttiva; infatti è per mezzo di questa conoscenza soltanto che siamo in grado di dominare i fatti e governare gli avvenimenti futuri51

È un principio, quello della causalità, che necessita, per quanto riguarda l'atto della narrazione, di un opera di selezione; infatti per Hume narrare per cause significa scegliere i fatti e ordinarli in una sequenza lineare, cosicché la trama, seguendo percorsi lineari di causa-effetto, riducendo all'interno della rappresentazione l'ordine fenomenico della realtà, possa nel suo svolgimento rendere evidenti i meccanismi che ne governano la costruzione. Ciò è indispensabile, perché ogni racconto o romanzo, affinché risulti comprensibile e dilettevole, occorre che metta in evidenza al lettore i passaggi logico-narrativi che guidano la vicenda presa oggetto della narrazione.

Anche per Hegel l'elaborazione prosastica considera la realtà secondo i principi di causa-effetto:

la concezione prosastica considera la vasta materia della realtà secondo la connessione di causa ed effetto, fine e mezzo, e di altre categorie del pensiero limitato, in genere secondo i rapporti dell'esteriorità e della finitezza52

Per la narrazione realistica la categoria di causa appariva come «logica naturale e immanente dei fatti53». Il progetto della Comédie humaine di Balzac si fonda proprio

sulla messa in esecuzione della legge della causalità:

De part et d'autre, tout se deduit, tout s'encheine. La cause fait devenir un effet,

51 D. Hume, Ricerca sull’intelletto umano, traduzione Mario Dal Pra, Laterza, Bari 1996, p 271. 52 G.W.F.Hegel, Estetica, traduzione di N.Merker e N.Vaccaro, Feltrinelli, Milano 1963, p. 1089. 53 R.Donnarumma, Gadda modernista, op. cit., p.49.

comme chacun effet permet de remonter à une cause54

Con il naturalismo la centralità della legge della causalità si configura come indispensabile per la strutturazione del racconto in base ai principi deterministici professati dalla cultura positivista; per Zola, infatti, la narrazione deve intessere una trama mettendo in evidenza fatti che succedono secondo la concatenazione causale, imposta dal determinismo, dei fenomeni:

esiste un determinismo assoluto nelle condizioni di esistenza dei fenomeni naturali, sia per gli organismi viventi che per i corpi bruti. Egli [Claude Bernard 1813-78, fisiologo francese] chiama determinismo la causa che determina l'insorgere dei fenomeni. Questa causa prossima, così la definisce, non è se non la condizione fisica e materiale dell'esistere e manifestarsi dei fenomeni55

In Gadda la categoria di causa entra in crisi, e nello stesso tempo viene a mancare anche il principio di organicità e di legamento fra le parti, assicurato dalla lineare consequenzialità degli avvenimenti, il che spiegherebbe la natura essenzialmente frammentaria del testo gaddiano, connessa, come precedentemente notato, alla sua tendenziosità lirica56.

Già all'altezza del Racconto italiano egli avverte la restrizione logica del principio della causalità per spiegare la complessità della fenomenologia della realtà con la semplice deduzione delle cause e degli effetti:

In fondo il determinismo è un prolungamento di metodo, certamente utilissimo, che spiega la combinazione A con i suoi elementi causativi A1 A2 ecc. e questi o ciascuno di questi con i loro elementi causativi e così via: risalendo, risalendo: ma arriva sempre a un punto d'arresto. Il determinismo è la lettura della curva

54 «Da una parte e dall'altra tutto si deduce, tutto si incatena. La causa fa pensare ad un effetto, come ogni effetto permette di risalire ad una causa. » H. de Balzac, Comedie humaine, IX 475, Hatier, Paris 1979.

55 E. Zola, Il romanzo sperimentale, Pratiche, Parma 1980, p.53.

56 « FRAMMENTO NARRATIVO è giustissima clausola e chiave, poiché veramente si tratta di involontari espunti da narrazioni più ampie[...]: espunti involontari, simili a quei pezzi di affresco che contengono alcuni volti o alcune figure e oggetti superstiti da un folto e organato collegio, che è andato sommerso nel tempo...» Contini -Gadda, Carteggio 1934-1963, a cura di D.Isella, G.Contini, G.Ungarelli, Garzanti, Milano.

dell'ananche, ma non la sua spiegazione57

Per Gadda risulta difficile accettare la linearità del procedimento deterministico tipico della narrazione naturalista, poiché essendo questa fondata sul principio della selezione, esclude, al momento della strutturazione di una trama, tutte le reali relazioni all'interno delle quali è situata ogni singola esperienza fatta oggetto del racconto; per questo la schematicità del principio della causalità mal si adatta ad una realtà che è un aggrovigliato insieme di relazioni fra cose:

La realtà sembra una città e la città è fatta di case: e la casa è fatta di muri: e il muro è fatto di mattoni; e il mattone è fatto di granuli. E il granulo è in sé, è nel mattone, è nella casa, è nella città58

Un' altra costatazione da fare, la quale spiega la rinuncia al metodo classico di intendere la categoria di causa, è l'assioma per cui il suo metodo narrativo si configura come atto euristico che implica la deformazione dei dati offerti dall'esperienza fenomenica; una deformazione la cui propedeuticità è l'inserimento di infinite nuove relazioni che modificano costantemente la realtà stessa:

Così io penso al conoscere come ad una perenne deformazione del reale, introducente nuovi rapporti e conferente nuova fisionomia agli idoli che talora dissolve ed annichila[...] E nel progresso del conoscere il dato si decompone, altri dati sorgono dai cubi neri dell'ombra e quelli da cui siam partiti non hanno più senso, non esistono più59

Da questa serie di riflessioni, Gadda avverte l'esigenza di rifondare il principio della causalità60; alla causa egli sostituisce la pluralità delle cause:

57 RI., p.26. 58 MM., II-68, p.63. 59 Ibidem, VII-56, p.54.

60 «Ma il termine giuridico “le causali, le causale” gli sfuggiva perfettamente di bocca: quasi contro sua voglia. L'opinione che bisognasse “riformare in noi il senso della categoria di causa” quale avevamo dai filosofi, da Aristotele o Emmanuel Kant, e sostituire alla causa le cause, era in lui un opinione centrale e persistente: una fissazione, quasi: che gli evaporava dalle labbra carnose...», P., p.4.

Ciò vale a dimostrare che non solo le cause sono sempre da pensarsi al plurale, in quanto l'atto deformante non è un individuo ma una somma di relazioni intervenienti (non voglio indagare qui come o da chi procurate: di ciò altrove), ma anche gli effetti. Non esiste l'effetto, ma gli effetti: l'effetto non esiste e non è individuo: esistono degli effetti cioè relazioni nuova61

Inoltre la causa non ha più come conseguenza l'effetto, anzi questo risiede nella causa stessa:

Allora si potrebbe dire risalendo: ma se alcunché sarà il suo doppio [riferendosi alla materia e alla sua molteplicità] è già ora il suo doppio, poiché nulla si crea. Eterno problema, un po' grossamente detto al singolare: l'effetto è già nella causa62

Quindi non vi è più l'idea di una causa, ma quella di concause, dove non è più lecito distinguere fra causa ed effetto. Perciò più di catena delle cause Gadda preferisce parlare di rete:

L'ipotiposi della catena delle cause va emendata e guarita, se mai, con quella a una maglia o rete: ma non di una maglia a due dimensioni (superficie) o a tre dimensioni (spazio-maglia, catena spaziale, catena a tre dimensioni), sì di una maglia o rete a dimensioni infinite. Ogni anello o grumo o groviglio di relazioni è legato da infiniti filamenti a grumi o grovigli infiniti63

E di «grovigli infiniti» si parla anche nel Pasticciaccio, nella nota descrizione della filosofia del commissario Ingravallo:

Sosteneva, fra l'altro, che le inopinate catastrofi non sono mai la conseguenza o l'effetto che dir si voglia d'un unico motivo, d'una causa al singolare: ma sono come un vortice, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo,

61 Ibidem, IV-29, p.35. 62 Ibidem, V-35, p.40. 63 Ibidem, IV-31, p.36.

verso cui hanno cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti. Diceva anche nodo o groviglio, o garbuglio, o gnommero, che alla romana vuol dire gomitolo64

Nella «rete a dimensioni infinite» delle cause il principio che regola gli infiniti rapporti fra le cose è quello della coesistenza logica, che squassa il rapporto lineare classico causa-effetto, spalancando una vasta rete di relazioni65:

Ho scelto appositamente la parola coesistenza […] perché voglio alludere a un coesistere logico: così come nel magnetismo si dice non vi può essere magnetismo positivo senza negativo, e che la polarità è intrinseca differenziazione dell'essere, implicante coesistenza logica. (Nessun fisico direbbe che il magnetismo positivo è la causa del negativo)66

Da tutta questa serie di osservazione si deduce che la realtà, essendo concepita come una vasta rete di relazioni, dove è impossibile discernere il confine tra causa ed effetto, per essere rappresentata necessita da parte del narratore di un procedimento analitico teso a «Risalire il deflusso delle significazioni e delle cause67»:

Poi un primo fallimento doloso, ovverosia bancarotta fraudolenta. Sicché la prigione. Ma poi, la nuova via della redenzione. E allora, poi, ad anima redenta, e a piede libero, la Banca:la febbre del lavoro: e la storia di Zoagli, dei velluti di Zoagli, dei drappi. […] E le industrie artigianizie. E l'artigianeria del Tigullio. E il finanziamento della piccola impresa, il respiro concesso al nostro valoroso artigianato; sicché infine la Banca delle Seterie e i diciassette telai di Zoagli sostenuti dai diciassette milioni (di conti vincolati) della Banca; e l'evolversi di questo usbergo della industria serica (del Tigullio) verso l'apogeo della Banca di Milano. E poi ancora Milano, Como, Brescia, i Tubi Togni, Busto Arstizio, la lega lombarda, l'I.S.P.Q.R., San Giorgio e San Marco, il vecchio Piemonte, le

64 P., p.4.

65 «La coesistenza, al contrario, inquina il rapporto lineare, e spalanca la porta a una rete di relazioni così vaste, da risultare anarchica e imprendibile», R.Donnarumma, Gadda Modernista, Ets, Pisa 2006, p.38.

66 MM., VII-51, p.50. 67 C., p.81.

virtù militari del vecchio Piemonte, ed Emanuele Filiberto, e Carlo Emanuele Primo: ma però il Papa, però Garibaldi: il Gianicolo, il faro del Gianicolo,bianco rosso e verde: però Michelangelo, la Città Eterna, detta anche l'Urbe: e le case popolari, e la moderna edilizia, e i moderni finanziamenti della grande edilizia. E finalmente il crack68

Un procedimento che potrebbe proseguire illimitatamente, per accumulo, se non fosse di netto bloccato dall'autore, d'improvviso, e che gonfiando il testo di nuove referenti, conduce al collasso la rappresentazione, in quanto l'oggetto preso in esame finisce per perdersi, piuttosto finisce di essere soverchiato, dalle infinite relazioni che gli si aggrovigliano intorno; per cui si corre il rischio che, perdendo i riferimenti iniziali delle «concatenazioni logiche dei fatti69», la trama (intessuta di elementi

extra-diegetici) non è risolvibile più in una totalità ed organicità di fatti, e pertanto finisce di sviare il lettore da una comprensione sintetica delle parti che la compongono. Questo modo analitico di descrivere i fatti, guida il racconto in una direzione diversa da quella letteraria, ovvero quella della speculazione filosofica, la quale non può che incidere sulla oggettività della materia poetica, trattando i particolari elementi del testo come momenti di riflessione intellettuale. Ed è proprio questo uno dei problemi fondamentali in Gadda, quello di riuscire ad inserire all'interno della situazione narratologica, senza intaccarne la composizione diegetica, la speculazione filosofica70; questa mancanza di cesello rappresenta un importante

fattore di disorganicità per il testo, in quanto, scollegando la narrazione dal narrato, rende il discorso alla stregua di una compilazione saggistica, anziché letteraria. Questo è un problema da mettere in relazione, come già accennato, al sostanziale carattere frammentario dell'usus scribendi gaddiano, e perciò alla sua difficoltà di elaborare un intreccio71 che leghi bene le parti del testo, come da lui confessato (cfr. 68 A., pp.29-30

69 E.Zola, Il romanzo sperimentale, op. cit, p. 124.

70 Un metodo per ovviare questa mancanza è la rappresentazione dei concetti filosofici ad opera delle parti dialogiche della narrazione, come accade in Dostoevskij: «...in Dostoevskij, la narratività non è inficiata dalla tendenza speculativa: le trame ne sono interamente sostanziate, senza che ad esse siano subordinate. Dostoevskij risolve i rischi di allegorismo affidando a una strutturazione dialogica e polifonica la raffigurazione delle idee nei suoi romanzi...». C.Savettieri, La trama continua: storia e forme del romanzo di Gadda., op. cit., p.30.

71 Bene ha scritto Manuela Bertone sulle difficoltà dell'intreccio per Gadda: «La difficoltà di legare i vari segmenti sorge al momento in cui Gadda sente incalzare la necessità di costruire una trama

nota 43).

Nella sua ricerca delle cause, secondo la nota “Teoria della involuzione dei sistemi di relazioni72”, Gadda mette in luce un'altra caratteristica del suo pensiero, e cioè la

riformulazione del principio della finalità, che spiega – ancora una volta – e la frammentarietà della sua pagina, e la propensione a lasciare inconcluse le sue opere. Essendo la realtà un sistema aperto, dove si enucleano infinite relazioni (concause), la finalità non può sussistere che come insieme infinito di relazioni non aventi fine:

Sì: ma intendiamo il fine in quanto fine: sarà una somma enormemente complessa di relazioni: (p.e. Salvare la patria). Saranno miliardi di trilioni di atti, di volizioni, di pensieri che salveranno la patria e ciascuno scindibile in miliardi di miliardi di relazioni […] Il richiamo finale non è suscettibile di grado (pensato in sé e qualora non si instituisca una gara tra diversi richiami finali) [...]73

Perciò venendo a mancare al racconto una determinazione finalistica ben precisa, la rappresentazione appare impraticabile all'istante della sua elaborazione, poiché si instaura un contesto entropico in cui la mole degli elementi convergenti produce come conseguenza un'aporia all'interno dell'intreccio, perché difficilmente legabili intorno ad un nucleo concettuale che solo una finalità singola, propria del racconto, può assicurare:

Gadda fa' il possibile per garantire alla sua pagina una consistenza fluida, per esplorare ogni oggetto da diverse quote e il suo dilemma di scrittore non è tanto

compatta: dopo aver sorpassato l'inizio di quello che vorrebbe fosse un romanzo, quando si manifesta l'imperativo di contenere un discorso o di dare al discorso un contenuto univoco e coerente, interviene una sorta di arresto narrativo che dissolve l'inquadratura complessiva delle premesse in una serie di epifanie di personaggi singoli o di carrellate di gruppi di personaggi. Gadda trascura il progetto, si dimostra indifferente a riunire tutti gli sviluppi dei capitoli mobili ed intercambiabili in un finale in cui tout se tient e l'affresco va in frantumi...» M.Bertone, Il romanzo come sistema: molteplicità e differenza in C.E.Gadda., Editori Riuniti, Roma 1993, p. 152.

72 «Non vi è dunque possibilità di concepire l'uno individuale, l'elemento, se non come appartenente ad altro; e così ascendendo e più discendendo. Possiamo riassumere dicendo: “Il nucleo o grumo o individuo o monade ci costringe a pensare una coesistenza di nuclei o grumi o individui

subordinati e alla coesistenza, almeno, di un caos soprastante,” (Teoria dell'involuzione dei sistemi di relazioni.)» MM., VII-50, p.50-

di non poter chiudere la storia, ma soprattutto di non poter svolgere compiutamente, localmente, la massa di configurazioni di elementi che in essa vorrebbero confluire74

Da qui si spiega l'incompiutezza delle opere gaddiane, e al contempo si viene illuminati sul loro frammentismo, risultato di una coscienza letteraria la quale, in forza della sua aspirazione lirico-filosofica, è interessata più all'infinità delle parti costituenti l'esperienza fenomenica, perennemente in mutamento, che ad una totalità in cui i singoli frammenti dell'esistenza si confondono. Infatti una realtà pensata come un sistema aperto in continua deformazione, con l'immissione infinita di nuove relazioni, non può che essere, se si vuole risolvere la sua complessità rappresentativamente, elaborata mediante la combinazione delle parti (frammenti) che la compongono:

« Fino a che esista una possibilità, fino a che esista una combinazione, l'eterno la vorrà manifesta nelle folgoranti forme dell'atto» […] La combinazione, l'istinto della combinazione è nell'universo75

E' una tecnica, questa della combinazione, che procede per accumuli di elementi, i quali, per l'aumento delle relazioni intervenienti ad opera della deformazione nel circuito della trama, possono solamente essere giustapposti e non legati; per cui l'intreccio, lungi da costituire la struttura del racconto, viene sostituito da un meccanismo di aggruppamento funzionante come l'estensione di una macchia d'olio, dove le continue relazioni incorporate procedono all'infinito, certificando dunque l'impossibilità di una chiusura del racconto:

Ecco perché il nostro metodo prediletto è quello della chiazza d'olio allargantesi e non l'andar a trovare subito Dio o l'intima fibra dell'essere76

74 M. Bertone, Il romanzo come sistema: molteplicità e differenza in C.E.Gadda., op. cit., p.148. 75 RI., pp.26-27.

II. Le parole e le cose.

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