II. 1 2 Rappresentare è interpretare.
II. 3. L'uso metaforico della lingua.
Per quale motivo risulta decisiva la funziona metaforica per Gadda? E qual è la posizione dei termini “centro” e “periferia” nello sviluppo della metafora?
Ad entrambi i quesiti si può rispondere spiegando la natura della metafora, la quale, nel cogliere i rapporti fra cose semanticamente distanti, istituisce nuovi significati. Proprio in questa accezione, quindi, la dinamica del processo della conoscenza in Gadda può essere vista come una estesa metafora. Infatti secondo Aristotele la metafora è:
segno di naturale ingegno; infatti il saper trovare belle metafore significa “saper vedere e cogliere la somiglianza delle cose fra loro147”
Per cui il saper carpire la somiglianza fra le cose equivale alla capacità del Soggetto, nella teoria della conoscenza formulata da Gadda, di organizzare più relazioni possibili fra gli enti, ed arrivare al fatidico N+1, momento d'attuazione della deformazione. Universalmente si tende a parlare del fenomeno della deformazione
146 Ibidem, X-17, p.86.
come un espediente tecnico narrativo148, quando, più propriamente, sarebbe meglio
intenderla quale ovvio risultato di una densa maglia di connessione di significati prodotta dall'uso sistematico dei nessi analogici della scrittura:
la deformazione, come si vede, non è applicata alle cose, delle quali, sempre e comunque, si può appena predicare una lunare e inattingibile datità. L'istinto della combinazione si applica al linguaggio, sostituitosi alla cosa che ha fagocitato: non c'è più frusta dicibile, se non in un rinvio dispersivo ma non casuale ad altre parole [...]149
In questa accezione, perciò, si può discorrere, stando a quanto afferma Aristotele, della metafora come strumento conoscitivo per eccellenza:
Noi apprendiamo soprattutto dalle metafore... Bisogna che tanto l'elocuzione quanto gli entimemi siano spiritosi, se vogliono renderci rapido l'apprendimento. Perciò neppure quelli ovvi tra gli entimemi hanno successo: intendo per ovvi quelli che sono evidenti a chiunque e non richiedono alcuna investigazione; e neppure quelli che sono detti in modo incomprensibile. Bensì quelli che noi comprendiamo mano a mano che vengono detti e purché non siano già noti prima, oppure quelli in cui la comprensione viene subito dopo; qui infatti c'è un processo simile all'apprendimento150
Ma si torni al nocciolo della questione.
Con il termine metafora si intende, necessariamente, tutto quanto abbia a che fare con l'estensione del valore semantico di una parola, perciò in questo genere è anche compresa la figura della similitudine151; infatti il meccanismo analogico che le 148 “la deformazione strutturale messa in atto da Gadda, oltre che come mezzo di svisceramento degli
interstizi più oscuri delle cose o come operazione di estrema chiarificazione, è da contemplarsi come strumento di caricaturizzazione delle tecniche tradizionalmente adibite alla narrazione, ovvero come operazione di critico intorbidamento degli strumenti generalmente ed ingenuamente ritenuti sufficienti, nonostante la loro eccessiva linearità narrativa, alla rappresentazione
totalizzante della realtà, M. Bertone, Il romanzo come sistema: molteplicità e differenza in Carlo Emilio Gadda, op. cit., p.99.
149 R. Stracuzzi, Retorica del racconto nel Pasticciaccio, Edindbur Journal of Gadda Studies. 150 Aristotele, Retorica, in Opere, Roma-Bari,1410b, p. 14-25.
151 Aristotele definisce la metafora come «una figura consistente nel dare a una cosa un nome che appartiene ad un altra cosa: trasferimento che può attuarsi dal genere alla specie o dalla specie al
produce è il medesimo, cioè mettere in evidenza particolari aspetti della realtà fenomenica:
Ammettere un'analogia significa dunque sottoscrivere una determinata scelta di aspetti che importa mettere in evidenza nella descrizione di un fenomeno152
La metafora agisce sulla modalità dell'essere del Soggetto o dell'oggetto in rapporto a qualcosa o a qualcuno; si prenda, per esempio, il caso prima citato della frusta:
Piazzate sulle selci della zana le due scarpe, disgiunte le gambe, sulle ginocchia i due gomiti, la frusta gli veniva fuori dalle dieci dita incavagnate che la reggevan lasca: e pareva stelo di bandiera dal suo bicchiere, a un balcone, o la tacita canna del pescatore sopra il silenzio del lago: e nemmeno poggiava a terra pel manico, ma invece che a terra in una piegatura supervacante, (immediatamente sotto al gilè di pelo) che i pantaloni formavano al riunirsi: talché gli sgorgava dall'imo inguine, come un fusto faunesco che a mano a mano si fosse allungato in pieghevole vermena, e in un sottile ricadente sverzino: quasi un dispositivo brevettato, un suo proprio e personale organo, antenna o canna, attributo disgiuntivo del radioamatore-pescatore, o conducente 153
Qui è la sua dinamica fenomenologica esperita dall'impugnatura del vetturino che produce la serie di accostamenti analogici di cui è oggetto: dallo stelo di bandiera, al balcone, dalla tacita canna al fusto faunesco, e da questo all'antenna del radioamatore. Questa sequenza, a diffusione radiale154 (come nell'esempio della
lampada), permette alla conoscenza di allargare un sistema di relazioni, decomponendone i limiti periferici, di cui si è detto: quanto più si espandono le
genere o da specie a specie o sulla base di un'analogia» (Poetica). Egli considera ogni tropo una metafora.
152 C.Perelman, Il dominio retorico, Torino, Einaudi, 1981, p.129. 153 P., p. 227.
154 “Come si vede, la descrizione della frusta, oggetto facilmente identificabile nella sua semplicità tanto morfologica quanto strumentale, va dilatandosi secondo un movimento a diffusione radiale, il quale mette in causa ambiti di senso totalmente indifferenti a quello da cui è mosso: stelo di bandiera, canna del pescatore, fusto faunesco, dispositivo brevettato, organo antenna o canna”. R. Stracuzzi, Retorica del racconto nel Pasticciaccio, op. cit..
connessioni metaforiche, tanto più si attua una deformazione logica della realtà, e tanto più si profila una conoscenza orientata a indagare ogni singolo aspetto dell'esperienza fenomenologica155. Ciò si traduce in una volontà epesegetica,
esplicata anche mediante un'altra tecnica della narrazione molto frequentata da Gadda, l'accumulo di elementi concernenti un singolo aspetto dell'impianto narratologico della vicenda descritta, e che fungono da brevi tratti diegetici156, le cui
sequenze si introducono all'interno della metafora stessa. Si osservi per esempio il seguente passo tratto dalla Cognizione del dolore:
Noi ci contenteremo, dato che le verze non sono il nostro forte, di segnalare come qualmente taluno de' più in vista fra quei politecnali prodotti, col tetto tutto gronde, e le gronde tutte punte, a triangolacci settentrionali e glaciali, inalberasse pretese di chalet svizzero, pur seguitando a cuocere nella vastità del ferragosto americano: ma il legno dell'Oberland era però soltanto dipinto (sulla scialbatura serruchonese) e un po' troppo stinto, anche, dalle dacquate e dai monsoni. Altre villule, dov'è lo spigoluccio più in fuora, si dirizzavano su, belle belle, in una torricella pseudo senese o pastrufazianamente normanna, con una lunga e nera stanga in coppa, per il parafulmine e la bandiera. Altre ancora si insignivano di cupolette e pinnacoli vari, di tipo russo o quasi, un po' come di rapanelli o cipolle capovolti, a copertura embricata e bene spesso policroma, e cioè squamme di un carnevalesco rettile, metà gialle e metà celesti, ed erano anche una via di mezzo fra l'Alhambra e il Kremlino157.
Si viene così ad accentuare un tratto caratteristico della prosa gaddiana, la sua esposizione enciclopedica, il cui scopo è “Risalire il deflusso delle significazioni e
155 Secondo Manuela Bertone, ciò permette all'autore e al lettore una vasta gamma di interpretazioni: “Il sistema della conoscenza (da intendersi come deformazione conoscitiva) offre multiple soluzione ermeneutiche”, Il romanzo come sistema: molteplicità e differenza in Carlo Emilio Gadda, op. cit., p.25.
156 “...sarà anlizzando minutamente la formazione del sottotesto retorico, e più precisamente a livello della sua costituzione tropologica, che si osserverà come la diegesi del testo gaddiano subisca, sì, una deformazione e una decostruzione macrostrutturale, ma solo in virtù di una disseminazione di brevi, o brevissimi, tratti diegetici che s'insediano nella struttura stessa della metafora, dando così alla medietà discorsiva del testo una forma intrinsecamente digressiva. In questo modo, a una diegesi lacunosa e deformata corrisponde un ipo-diegesi de-narrativa che preclude al racconto una successione lineare...” R. Stracuzzi, Retorica del racconto nel Pasticciaccio, op. cit..
delle cause158”; si può allegare, per dimostrare l'uso della metafora in funzione
epesegetica, il seguente paragrafo del Pasticciaccio, quando si narra della levata mattutina del commissario Ingravallo:
Di Marsia, dopo avere così mal cantato nel sonno, gli parve essere uscito fuora in Apollo. Un Apollo non più ventenne, un tantino pelosetto. Si rigrattò il testone, si appressò alla vaschetta, e dato libero corso alle linfe s'insaponò il naso e la faccia, il collo e le orecchie. Sgrullò il parruccone sotto il rubinetto alto del lavabo, con quei soffi e quelle strombate de naso, come di foca venuta a galla dopo le sue giravolte sott'acqua, ch'erano 'gni mattina, dar bagno occupato, l'indizio indefettibile delle di lui laute abluzioni159
Ritornando al discorso che si faceva in riguardo alla decomposizione dei limiti periferici, è venuto il momento di parlarne. Se è possibile una deformazione logica della realtà, ciò sta a significare che gli elementi linguistici su cui agisce la metafora – affinché possa aumentare il campo delle relazioni indispensabili alla deformazione – sono anche essi imputabili di mutamento; ma in che modo questo accade?
E' grazie all'estensione del valore semantico di una parola che si possono mettere in relazione più cose, i cui significanti rimpiazzando il sema da cui è cominciata la catena delle relazioni, sviluppano nuovi significati160. È un procedere, lo si è già
detto, tipico della maniera simbolistica, e che tanta eco ha nella pagina gaddiana; non è infatti un caso che la poetica dei simbolisti per Gadda si attua come una deformazione:
In alcune posizioni espressive c'è ancora purezza e ingenuità: il simbolista vive realmente e lirizza il fenomenalismo attraverso la deformazione simbolica161
Nell'esempio qui prossimo, ove si descrive, verso la fine del romanzo, la macchina in
158 C., p.87. 159 P. pp.247-248.
160 “Rileggiamo le similitudini gaddiane del Pasticciaccio sotto questo aspetto: si vedrà che esse sono sottoposte a una precisa elaborazione, in virtù della quale il rapporto onto-semantico degli oggetti con la lingua che li nomina è inscritto in un rispettivo valere per qualcosa d'altro”, R. Stracuzzi, Retorica del racconto nel Pasticciaccio, op. cit..
cui siede il commissario Ingravallo, diretta presso la casa di Tina Crocchiapani, si illustrerà quanto argomentato:
[…] co no sportello che nun voleva aprisse, e na manija che nin ce la faceva a tenè chiuso quell'artro: un vetro che nun s'arzava, e 'n fanale sfasciato: sicché puro guercia, era; li fascioni aridotti come scarpe vecchie, con tanti bubboni de fora che pareveno l'ernia anguinale162
Lo stato dei pneumatici della macchina, piena di bozzi, è il valore semantico di base della catena analogica, e le successive evocazioni delle scarpe vecchie e dell'ernia inguinale sono modificazioni del significato di partenza, e sua sostituzione mediante l'apporto di nuove relazioni che hanno per centro l'usura delle scarpe e la conformazione dell'ernia. Da qui risulta che, essendo il significato di una parola oggetto di deformazione, la stessa può essere concepita come un sistema, con il suo centro e la sua periferia. Il linguaggio per motivi di economicità cognitiva163, allo
scopo di evitare di ricorrere al maggior numero possibile di segni e rendere la comunicazione più agevole, è organizzato in modo tale che i significanti possano esprimere più concetti. Questa caratteristica fa del significante il centro della parola, perché rimane come inalterato nel corso del processo comunicativo nel tempo, agendo come la sostanza di una cosa; il significato, invece, per la sua natura cagionevole, lo mostra il carattere analogico della lingua164, è la periferia del sistema-
parola. Nella deformazione linguistica operata dall'azione della metafora, quello che permette di passare da un significante all'altro (da una parola all'altra o meglio da un
162 P. p.250.
163 Un dei più importanti principi che governano le lingue è quello dell'economicità, grazie cui la polisemia dei segni e la loro possibilità di combinazione permette uno sforzo mnemonico limitato e allo stesso tempo un aumento delle soluzioni. Andrè Martinet a proposito parla di “doppia articolazione del linguaggio”: “ Grazie alla seconda articolazione le lingue possono accontentarsi di qualche decina di produzioni foniche distinte che vengono combinate per ottenere la forma vocale delle unità di prima articolazione: testa ad es. utilizza a due riprese l'unità fonica che noi rappresentiamo con /t/ inserendo fra queste due /t/ due altre unità che notiamo /ɛ/ ed /s/, e ponendo alla fine una /a/”, A.Martinet, Elementi di linguistica generale, Universale Laterza, Roma 1977, p.23.
164 Nei grammatici greci il termine analogia ha indicato il carattere di regolarità della lingua. In tale prospettiva, p.e., sono stati ricavati un certo numero di modelli di declinazione, e le parole sono state classificate secondo la loro conformità o meno ad uno di questi modelli. L'analogia è stata così la base della regolarità della lingua; in seguito è servita a spiegare il cambiamento linguistico ed è stata perciò opposta alla norma. Dizionario di linguistica, Zanichelli, Bologna 1994.
sistema di significazione all'altro) e produrre così nuove relazioni, è la modificazione del significato, ottenuta grazie all'estensione del valore semantico originale della parola165, che decomponendo per via intellettuale i limiti logici, si
arricchisce di nuove relazioni significative:
Sembra che da nebulosi accenni si vadano nucleando sistemi o gruppi di relazioni, esprimenti nuovi significati del reale […] Rispondo: Ciò è probabile. Accetto la vostra idea che la realtà si presenti come una coinvoluzione di sistemi significativi […] Qui ci basta l'aver proposto all'attenzione che il reale si sviluppa per sistemi aventi molteplici significati, secondo il grado di coinvoluzione in cui essi immergono sé medesimi166
Difatti la metafora assume un ruolo importante nell'integrazione di quello che Gadda chiama “sistema esteriore167”, reso possibile proprio dalla capacità della catena
analogica di mettere in relazione le diverse entità, agendo sulle valenze semantiche, o meglio, dilatando la premessa concettuale da cui ha avuto abbrivio, un po' come accade, secondo l'autore, con la funzione del simbolo nella poetica dei simbolisti:
La potenza del simbolo fleuves risiede, oltre che nella immagine in sé (corrente regolare, tra due rive sagge, lungo la quale i carichi di cotone e di grano si inoltrano felicemente a destino, contrapposta alla disordinata libertà oceanica), risiede nella premessa concettuale di questa immagine: una sorgente lontana, un ente primigenio cui il dissoluto ancora si sente avvinto168
A confermata di quanto proposto, basta porre l'attenzione sulla nota tesi di Gadda intorno al valore storico dei significati delle parole, secondo cui queste sono dei momenti-pause nel progresso civile dell'uomo:
165 E' un procedimento invalso anche nella tradizione letteraria greco-latina; per i latini era la callida iunctura, come recita il famoso passo dell'Epistola ai Pisoni di Orazio, a cui si rifà Gadda, è che può essere, di fatto, accettato come etichetta della poetica dell'autore: “In verbis etiam tenuis cautusque serendis dixeris egregie, notum si callida verbum reddiderit iunctura novum”. Q. Horati Flacci, De arte poetica liber, vv.146.48.
166 MM., XVI-65, 66, 67, 68, pp. 136-39. 167 MM., 2°-I-18, p.247.
Le frasi nostre, le nostre parole, sono dei momenti-pause (dei pianerottoli di sosta) d'una fluenza (o di un'ascensione) conoscitiva-espressiva. Durano quel che durano: un decennio, un cinquantennio, due secoli, otto secoli. Mutano di significato col costume. Col variare delle lune, con il lento o con il rapido consumarsi del tempo: e mutano talora di valore, di peso. La loro storia, che è la pazza istoria degli uomini, ci illustra i significati di ognuna: quattro, o dodici, o ventitré: le sfumature, le minime variazioni di valore: in altri termini il loro differenziale semantico169
Con ciò è possibile notare come nel sistema-parola il significato rappresenta il valore periferico suscettibile di mutazioni semantiche, mentre il significante ne indica il centro. Lo stesso concetto Gadda lo propone nelle pagine della Meditazione
Milanese:
No: La parola di oggi non è l'ultima, è una pausa o grado della conoscenza: una situazione così come nella società, non esiste una situazione definitiva di bilancio, cristallizzata in aeternum, ma semplicemente la situazione del giorno 170
La deformazione linguistica, qui illustrata, spiegherebbe, di conseguenza, anche l'impiego nella scrittura dell'uso spastico delle parole, al centro della pratica espressionistica che caratterizza l'usus scribendi gaddiano, il cui fine è la decomposizione e la riqualificazione del loro valore semantico il cui ruolo centrale, ribadisco, è svolto dalla metafora:
Si demanda loro novo incarico. La nova utilizzazione le strazia: la lor figura si deforma, comparativamente all'usato, come di un elastico teso. Orazio, nell'epistola «Humano capiti», ha indicato essere pensabile, attuabile un siffatto impiego della parola già nota: «lo spasmo» «l'impiego spastico», può comportare una dissoluzione-rinnovazione del valore171
169 V.M., Come lavoro, p.18. 170 M.M., X, 19, p.88. 171 V.M., Come lavoro, p.18.
L'”impiego spastico” della lingua (essenziale promotore dell'ironia172) non risponde
a sole esigenze stilistiche, ma è il principale veicolo di interpretazione del caos epistemico della modernità173, e sua elaborazione critica, la quale sfocia in
rappresentazioni satirico-parodistiche il cui obiettivo è mettere in luce
la scemenza del mondo o della bamboccesca inanità della cosiddetta storia, che meglio potrebbe chiamarsi una farsa di commedianti nati cretini e diplomati somari. La storiografia, poi, che sarebbe lo specchio, o il ritratto, o il recupero mentale di codesta storia, adibisce plerumque all'opera i due diletti strumenti: il balbettio della reticenza e la franca sintassi della menzogna174
II.4. Espressionismo.
Con la crisi della funzione rappresentativa dell'esercizio letterario, si venne a configurare un linguaggio dalle caratteristiche frammentarie, ovvero la sua dispersione nei diversi settori della comunicazione umana, investita dalla diaspora in diversi saperi specialistici, lasciata in eredità dalla stagione positivistica. Il linguaggio letterario divenne solo uno fra i tanti codici linguistici disponibili nel campo del sapere, perdendo il suo ruolo di preminenza per quanto riguardasse gli ambiti della produzione culturale.
Per sfuggire a questa degradazione e riconquistare la centralità nello spazio della comunicazione artistica, il linguaggio dovette divenire autoreferenziale, la qual cosa determinò una situazione metalinguistica all'interno del mondo della letteratura, un luogo ove la scrittura potesse interrogare i limiti semantici dei propri strumenti175. 172 “L'universo caotico «il minestrone dei miti» è un effetto della divergenza fra realtà e apparenza.
La funzione dell'ironia è essenzialmente terapeutica; riempie questa divergenza rivelando la falsità delle illusioni e delle finzioni che rendono la vita possibile” Dombroski, Introduzione allo studio di Carlo Emilio Gadda, op. cit., p.40.
173 “Attinge ai limiti ugualmente dolorosi ed ugualmente fecondi di un conato di rivendicazione gnoseologica e d'un dissolvimento della inanità nella maccheronea”, VM, Arte del Belli, p.145. 174 C., p.199.
175 È quanto, pressapoco, si può dire circa l'espressionismo di Gadda, stando alle suggestioni offerte dal Guido Guglielmi: “Il punto di vista di Gadda non è meramente linguistico, ma anche
metalinguistico. Egli si applica a uno stato della lingua per smontarne i meccanismi:non scrive in una lingua che non si sa, bensì di una lingua che si sa, nella doppia determinazione illustre e quotidiana. Così il racconto non è sviluppato secondo un'intenzione di racconto, ma il trattamento artistico consiste nel dilatarlo, nel deformarlo, più che altro nello scomporlo in tante sezioni- campioni, e nel ridurre in pezzi la lingua-oggetto, mettendo in atto una dinamica linguistica. Il
La nuova disposizione del linguaggio era dettata dalla volontà del Soggetto giudicante di venir a capo dell'entropia di cui fu investita l'esperienza – e la sostanza stessa della langue – cercando le cause per cui, data la discontinuità e la molteplicità dei segni linguistici, materializzati in concetti e definizioni aleatorie (le quali certificano il disorientamento dell'Io di fronte alla complessità e al disordine del mondo moderno) frapposte tra le cose e la sua percezione, venisse formandosi un universo discontinuo della realtà, dove ogni tentativo di sintesi rappresentativa e comprensione della sua totalità risultasse impossibile, salvo fosse affrontata con spirito interpretativo ed ermeneutico. In un tale contesto occorre, affinché la realtà possa essere esperita, ricercarla non più nella rappresentazione del mondo oggettivo, ma nella compagine stessa della lingua, il cui movimento è orientato ad indagare i fondamenti primi dell'esperienza fenomenologica. La stessa verità, giacché non è più