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1.6 Disturbi del sonno (ICSD-3; DSM-5)

1.6.1 Insonnia

La definizione di riferimento nel Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-V, 2013) ascrive l’insonnia come un disturbo nell’inizio o nel mantenimento del sonno o la sensazione di sonno non ristoratore, con disturbi della durata di almeno un mese (DSM-5, American Psychiatric Association, 2013).

L’insonnia primaria si contraddistingue dalla non associazione a disturbi mentali, condizioni mediche generali o all’uso di farmaci. A sua volta però l’insonnia è un disturbo che si associa a numerose conseguenze negative per la salute (Bacaro e Baglioni, 2021), sia fisiche che psicologiche (Riemann et al., 2017). Nello specifico ridotta qualità della vita (Kyle, Morgan e Espie, 2010; LeBlanc et al., 2007; Léger et al., 2012), aumentato rischio di sviluppo di malattie cardiovascolari (Sofi et al., 2014) e disturbi psicologici quali depressione e ansia (Baglioni et al., 2011; Hertenstein et al., 2019). Il tasso di comorbilità dell’insonnia con altri disturbi della sfera psicologica è, nello specifico, del 41-53% (Harvey, 2001).

La manifestazione sintomatica identifica per l’insonnia un inizio di sonno ritardato dato da difficoltà in fase di addormentamento (insonnia iniziale), sonno interrotto dato da difficoltà a mantenere l’addormentano (insonnia di mantenimento), difficoltà nel mantenere il sonno per una durata sufficiente al ristoro a causa di risvegli mattutini precoci, scarsa qualità del sonno.

Ai sintomi citati si affiancano conseguenze sintomatiche diurne quali: irritabilità, sonnolenza, umore depresso o ansia (Kandel, 2014). Un’associazione con risvegli precoci si riscontra, in particolare, nei casi di comorbilità con depressione (Kandel, 2014).

Sintomatologia del disturbo d’insonnia e parametri ad essa associata devono essere valutati e monitorati mediante l’utilizzo di misure soggettive e fisiologiche. Tra le misure soggettive si annoverano il a) diario del sonno, ossia uno strumento self-report che richiede di riportare personalmente i dati inerenti al proprio sonno che permette di rilevare tempo totale di sonno, tempo totale a letto, latenza di addormentamento, veglia notturna e indice di efficienza del

P a g . 42 | 233 sonno, b) questionari self-report, ossia misure standardizzate e self-report atti alla misurazione di aspetti diversi del sonno e del disturbo, come l’Insomnia Severity Index (Bastien et al., 2001) per la misura della severità percepita dei sintomi di insonnia nell’ultimo mese e il Pittsburgh Sleep Quality Index (Buysse et al., 1989) per la misura della percezione della qualità di sonno.

Tra le misure fisiologiche del sonno si annoverano a) la Polisonnografia, ossia la registrazione durante il sonno notturno dell’elettroencefalogramma, movimenti oculari, elettromiogramma, elettrocardiogramma, del respiro e di altri parametri, unitamente a un sistema di crittografia degli stadi del sonno e b) l’actigrafia, ossia un dispositivo indossabile che misurando il movimento consente di conteggiare le ore di sonno e di veglia dell’individuo (Bacaro e Baglioni, 2021).

La diagnosi differenziale per il disturbo da insonnia indica necessità di attenzione a) sui casi di soggetti che necessitano di poche ore di sonno (brevi dormitori) o b) restano volontariamente sveglie fino a tardo orario (possibile disturbo da ritardo di fase), c) scarsa igiene del sonno, d) problemi ambientali, e) disturbo di ipersonnolenza, f) disturbo circadiano del ritmo sonno-veglia, g) sindrome delle apnee ostruttive in sonno, h) uso di sostanze, i) altro disturbo mentale (l’insonnia è frequentemente associata a un ingente numero di disturbi mentali. La prassi prevede una codifica separata del disturbo di insonnia nei casi in cui risulti dominante o diventi il focus di attenzione clinica) o l) patologia medica (come cardiopatie o ipertiroidismo) (Frances, 2014).

Peculiare nell’insonnia risulta la dicotomia riscontrabile tra valutazione reperibile da dati polisonnografici e valutazione soggettiva dei pazienti recepita mediante interviste diagnostiche, questionari e diari, evidenziando in questo modo l’inadeguatezza di utilizzo del conteggio di evento arousal in pazienti insonni nel riflettere i processi di sonno effettivamente disturbato. Il paziente insonne spesso presenta tendenza ad iperattivazione del sistema nervoso o iperarousal, infatti risulta per l’appunto associato ad un elevato rate metabolico, ad un aumento della

P a g . 43 | 233 frequenza cardiaca, del tono simpatico e delle concentrazioni plasmatiche di cortisolo:

condizioni che complessivamente predispongono ad una misperception.

Per ovviare a questa discrepanza a volte servono misure oggettive della continuità e qualità del sonno del paziente. In questo senso una correlazione effettiva è stata riscontrata, mediante il sostegno di studi clinici e sperimentali, tra CAP rate e valutazione soggettiva di sonno (Parrino et al., 2004). Come delineato precedentemente infatti, l’analisi della microstruttura del sonno permette di stabilire fattori eziologici destabilizzanti sul sonno che si riflettono sull’aumento del CAP rate, e proprio quest’ultimo si evidenzia come elemento di supporto per la diagnosi.

In merito all’epidemiologia, il disturbo da insonnia è il più frequente tra i disturbi del sonno, colpisce un terzo della popolazione mondiale (Bacaro, e Baglioni, 2021) – in particolare sono riscontrabili nel 30-35% della popolazione sintomi di insonnia acuta (caratterizzati da sintomatologia presente da un lasso di tempo inferiore ai 3 mesi) e nel 10% di insonnia cronica (sintomatologia da almeno tre mesi) (Riemann et al., 2017; Ohayon, 2002). Si riscontra inoltre con maggiore frequenza nelle donne e la sua incidenza aumenta con l’avanzare dell’età (Kandel, 2014).

In merito all’eziologia, l’insonnia può essere dovuta a complicazioni fisiche, emotive o abitudini scorrette come assunzione eccessiva di caffeina, alcol, cibo, attività fisica intensa prima di dormire (Kandel, 2014).

La regola di Spielman identifica tre fattori nello sviluppo e persistenza dell’insonnia: a) fattori predisponenti – quali età, genere, familiarità e caratteristiche individuali, b) fattori precipitanti – quali preoccupazioni, stress, lutti e c) fattori perpetuanti – quali comportamenti e credenze disfunzionali sul sonno (Spielman, 1986; Spielman e Glovinsky, 1991).

È proprio in merito a quest’ultimo punto che è possibile riferirsi a quanto sostenuto nel modello cognitivo dell’insonnia, riscontrabile nella teoria cognitiva di Harvey (Harvey, 2002; Espie et

P a g . 44 | 233 al. 2006), secondo cui l’insonnia viene promossa da una “cascata” di processi cognitivi presenti sia in fase notturna che diurna. Nello specifico gli individui con insonnia soffrono di pensieri intrusivi spiacevoli ed un’eccessiva paura durante il periodo di pre-addormentamento, si affianca stress, stato ansioso e un arousal fisiologico ed emotivo dato da un eccesso di ruminazione mentale e paura. Lo stato ansioso, a sua volta, comporta un restringimento del focus attentivo con conseguente sovra-monitoraggio di stimoli, lesivi per il sonno, di natura interna, quali sensazioni fisiche o/e esterna, quali stimoli ambientali. Il nodo cruciale è che in questo modo si aumentano le possibilità di percezione di stimoli lesivi per il sonno. Gli individui affetti da insonnia tendono a sovrastimare l’entità del disturbo in fase notturna e del defict di performance in fase diurna. La citata sovra-attenzione e sovra-stima del disturbo contribuiscono un aumento dello stato di paura introdotto inizialmente; dunque, le credenze erronee e di comportamento di compenso comportano al mantenimento del disturbo.

Risulta su questa base che trova origine la strutturazione, applicazione ed efficacia del Trattamento Cognitivo Comportamentale (Cognitive Behavioral Therapy for Insomnia - CBT-I) come intervento di prima scelta per il disturbo di insonnia, come sostenuto dalle linee guida Europee sulla base di numerose metanalisi (Bacaro, V., & Baglioni, C., 2021). Ulteriori trattamenti utilizzati sono l’approcci farmacologici con melatonina, fototerapia, esercizio fisico, medicina complementare e mindfulness. Al Trattamento Cognitivo Comportamentale si affiancano evidenze di efficacia anche per melatonina nel miglioramento della latenza di addormentamento e della mindfulness per i sintomi diurni dell’insonnia, che suggerisce un loro possibile utilizzo per pazienti con problemi specifici, sebbene non sussistano evidenze sulla relativa efficacia per la cura completa del disturbo, fungendo dunque esclusivamente come integrazione con moduli specifici alla CBT-I

Figura 5 Modello integrativo dell'interazione tra i processi di interferenza del sonno e di interpretazione del sonno (Lundh, L.G, & Broman, J.E.

(2000).

P a g . 45 | 233 (Bacaro, V., & Baglioni, C., 2021 o come alternativa successiva qualora la CBT-I risulti inefficace o non disponibile (Riemann et al., 2017).

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