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Integrated Report: un primo passo verso lo sviluppo sostenibile

Capitolo 1 – L’ultima evoluzione riguardo la rendicontazione sostenibile:

1.4 Integrated Report: un primo passo verso lo sviluppo sostenibile

Nel corso del presente Capitolo è stato messo in luce come, le modificazioni che hanno avuto luogo nel contesto (quali, ad esempio, la globalizzazione, la diffusione delle ICT, il cambiamento climatico, l’inquinamento ambientale, le continue violazioni dei diritti dei lavoratori e dei diritti umani, ecc. ecc.) abbiano portato alla necessità che le aziende cambino il proprio modo di “fare impresa” (e abbandonino il “business as

usual”). Alle aziende viene quindi richiesto di tenere in considerazione anche le

variabili sociali ed ambientali (oltre quelle economiche) e gli interessi di una più ampia gamma di stakeholders (e non più solo quelli degli shareholders), così come di comunicare loro i risultati (sia positivi che negativi) conseguiti nel tentativo di perseguire tale intento.

In altre parole, alle imprese viene richiesto di perseguire uno sviluppo sostenibile, ovvero uno sviluppo “che soddisfi i bisogni attuali, senza però compromettere la possibilità per le generazioni future di soddisfare i loro”45. Per farlo le imprese devono

quindi cambiare il modo di condurre il proprio business, iniziando a perseguire la sostenibilità non solo a livello economico (capacità di generare reddito), ma anche sociale (capacità di tutelare – o migliorare – il benessere della comunità in cui sono inserite e dei propri dipendenti) ed ambientale (capacità di rispettare – o migliorare – l’ambiente circostante e le risorse naturali ivi ubicate). Quanto appena detto testimonia il fatto che le imprese non possono – e non devono – smettere di perseguire l’obiettivo primario per cui esistono, ovvero quello di realizzare profitti economici, bensì devono affiancare a tale obiettivo anche altri obiettivi di natura sociale ed ambientale.

A ben vedere, poi, il perseguimento di obiettivi sociali ed ambientali è esso stesso – in molti casi – fonte di benefici economici. Si pensi ad esempio al riutilizzo degli scarti che impatta positivamente sui costi delle materie prime e di smaltimento dei rifiuti, o alla riduzione delle emissioni che permette di non ricorrere in sanzioni.

Inoltre, il perseguimento degli interessi degli stakeholders e l’instaurazione di un migliore rapporto con gli stessi produce effetti positivi sul fronte reputazionale e sull’immagine aziendale, con conseguenze positive sulle vendite e quindi sui profitti.

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Infine, perseguire la creazione del valore sociale ed ambientale, oltre che economico, porta ad una maggiore probabilità di sopravvivenza nel lungo termine che, sommata ai benefici economici sopra esposti (minori costi e maggiori ricavi), accresce il valore consegnato agli shareholders e attrae nuovi investitori.

Un limite con il quale le imprese si sono, però, dovute scontrare è senza dubbio rappresentato dall’inadeguatezza e dall’incapacità dell’Annual Report di rendicontare anche le variabili sociali ed ambientali, così come quella di comunicare con gli stakeholders al fine di comprendere le loro esigenze e di far conoscere loro i risultati raggiunti nel tentativo di soddisfarle.

Per tale motivo, negli ultimi anni, è nato e si è diffuso l’Integrated Report, ovvero “una comunicazione concisa su come la strategia di un’organizzazione, la sua governance, e le sue performances portano alla creazione di valore (economico, sociale e ambientale) nel breve, nel medio e nel lungo termine”46. In altre parole uno strumento che riesce a

racchiudere in un unico bilancio le performances sociali, ambientali ed economiche e a metterle in relazione tra loro. L’<IR> consente, quindi, all’impresa di narrare come – e con che risultati – essa si sia allontanata dal business as usual e avvicinata allo sviluppo sostenibile.

Dopo aver messo in luce l’importanza di operare in ottica di sviluppo sostenibile ed il supporto che l’<IR> può fornire alle aziende, una domanda sorge spontanea: il percorso che molte imprese stanno intraprendendo sarà qualcosa di stabile e duraturo nel tempo e che avrà conseguenze concrete sul modo “fare impresa”?

A ben vedere, esistono due diverse correnti di pensiero sulla risposta a tale quesito. La prima assume una prospettiva – per così dire – “critica”, e infatti sostiene che la contabilità aziendale riguardo la sostenibilità sociale ed ambientale è sia causa che fonte di problemi di sostenibilità aziendale47 (sostenibilità economica), in quanto le norme e le convenzioni relative al mondo aziendale non sono idonee alla rendicontazione

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www.theiirc.org

47

Aras G., Crowther D., 2009, Corporate sustainability reporting: a study in disingenuity?, Journal of Business Ethics Supplement, Vol. 87, pp. 279 – 288.

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relativa a tematiche ambientali e sociali48. Inoltre i sostenitori di tale corrente di pensiero contestano lo stesso significato dato al concetto di sviluppo sostenibile e ritengono che tale tipologia di reportistica sarà poco utilizzata. Per i critici, infatti, la sostenibilità e l’Integrated Report sono solo una “moda” non destinata a durare nel tempo49.

Il secondo filone di pensiero, al contrario, ritiene che il percorso orientato alla contabilità sostenibile intrapreso da un numero crescente di aziende dia importanza alla gestione del processo decisionale e aiuti il manager, attraverso gli strumenti che fornisce, ad avere una visione globale dell’impresa e a prendere decisioni oculate riguardo a tutte le aree50. Per tale motivo, i sostenitori di questo filone di pensiero

ritengono che la contabilità integrata (economica, sociale ed ambientale) non sia solo una “moda passeggera”, bensì diverrà un elemento sempre più importante per le imprese in futuro51.

Sebbene il numero dei sostenitori del fatto che la reportistica sostenibile sia solo una moda risulti essere sempre più esiguo, si ritiene opportuno indagare il motivo per cui essi sostengono tale teoria.

Con ogni probabilità, una delle principali ragioni cha ha portato la suddetta teoria a venire alla luce è rappresentata dalla mancata comprensione del concetto di sostenibilità applicato all’impresa. Tale concetto andrebbe infatti più propriamente sostituito con quello di “sviluppo sostenibile”52.

48 Gray R., 2010, Is accounting for sustainability actually accounting for sustainability . . . and

how would we know? An exploration of narratives of organisations and the planet, Accounting,

Organizations and Society, Vol. 35 No. 1, pp. 47 – 62.

49

Burritt R.L., Schaltegger S., 2010, Sustainability accounting and reporting: fad or trend?, Accounting, Auditing & Accountability Journal, Vol. 23 No. 7 pp. 829 – 846.

50 Schaltegger, S., Burritt, R.L., 2009, Sustainability accounting for companies: catchphrase or

decision support for business leaders?, Journal of World Business, Vol. 45 No. 4.

51

Burritt R.L., Schaltegger S., 2010, Sustainability accounting and reporting: fad or trend?, Accounting, Auditing & Accountability Journal, Vol. 23 No. 7 pp. 829 – 846.

52

Aras, G., Crowther D., 2009, Corporate sustainability reporting: a study in disingenuity?, Journal of Business Ethics Supplement, Vol. 87, pp. 279 – 288.

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In secondo luogo, tutti i sostenitori della teoria secondo cui la reportistica sostenibile sarebbe una “moda” – ovvero una fase che le imprese sono destinate a superare – argomentano il fatto che non vi siano ferree regole da seguire e da applicare nella redazione di un Integrated Report – bensì soltanto delle “semplici” linee guida – lasci molto spazio a comportamenti opportunistici e non escluda abusi di potere.

E ancora, i sostenitori di tale teoria argomentano che i bilanci sostenibili sono “inutili”, in quanto rappresentano il risultato di ricerche accademiche astratte e slegate dal concreto mondo aziendale.

A ben vedere, però, nonostante le critiche mosse ai reports di sostenibilità, molte aziende rimangono desiderose di adottarli. E infatti l’evidenza empirica dimostra che la contabilità della sostenibilità sta prendendo sempre più piede in questi ultimi anni53. Più

nel dettaglio, un crescente numero di imprese inizia a sentire la necessità di affrontare questa sfida in virtù sia delle pressioni provenienti dagli organi interni – come manager che cercano approvazione dall’esterno (grazie al soddisfacimento dei bisogni sociali ed ambientali manifestati dalla comunità di riferimento) e miglioramenti nell’ambito del marketing, della contabilità, della produzione, della logistica, e dei processi gestionali e decisionali stessi – sia da soggetti esterni – come organi pubblici, media, politica, stakeholders e mercato di riferimento.

La tesi sostenuta nel presente Elaborato è quindi che lavorare in ottica di sviluppo sostenibile sarà un elemento sempre più imprescindibile nei prossimi anni e che l’Integrated Report rappresenta uno strumento in grado di aiutare le imprese a farlo. Inoltre si vuole sostenere anche che il Bilancio Integrato sia “semplicemente” uno strumento di reportistica, e che non sia esso stesso lo strumento che porti al cambiamento. In altre parole, per poter agire in ottica di sviluppo sostenibile non è sufficiente redigere il Report Integrato. Quest’ultimo infatti consente “solamente” di comunicare con i diversi stakeholders d’impresa (per comprendere le loro esigenze e far conoscere i risultati raggiunti nel tentativo di soddisfarle), così come di tenere in considerazione anche le variabili sociali ed ambientali. Per ottenere un vero cambiamento (e quindi, in un secondo momento, redigere un buon <IR>) è necessario

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Bebbington, J., Higgins, C., Frame, B., 2009, Initiating sustainable development reporting:

evidence from New Zealand, Accounting, Auditing & Accountability Journal, Vol. 22 No. 4, pp.

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pertanto che le imprese cambino anche il proprio approccio gestionale, il proprio “pensiero”, e la propria strategia. Più nel dettaglio, se il nuovo obiettivo dell’impresa è quello di perseguire uno sviluppo sostenibile è necessario che esse adottino un approccio gestionale integrato (Capitolo 2), un pensiero integrato (Capitolo 3), ed infine che definiscano una strategia capace di tenere in considerazione anche le variabili sociali ed ambientali (Capitolo 4).

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