• Non ci sono risultati.

Intelligence community per contrastare il cyber-terrorism

CAPITOLO III: IMPIEGO DELLA SOCMINT NEL CONTRASTO ALLE MINACCE

3.6 Intelligence community per contrastare il cyber-terrorism

E' stato già sottolineato più volte come il terrorismo attuale sia “figlio dell’era in cui vive” e quindi se la strategia del terrore è cambiata rispetto al passato allora è necessario cambiare anche le strategie di counter-terrorism.

L’intelligence, come detto in precedenza, è un’attività volta alla salvaguardia del terrorismo statale e alla difesa dei confini nazionali, ma considerata la natura del nuovo terrorismo, è chiaro che essa assuma ormai rilevanza anche nelle relazioni internazionali. Al terrorismo ideologico e politico di un tempo si è infatti sostituito quello multipolare e con esso i paesi occidentali hanno rivelato le loro criticità evidenziando importanti lacune quanto a cooperazione interstatuale in materia penale, tant’è che la legislazione in tale ambito risulta ancora frammentaria e autoreferenziale e di conseguenza poco efficace per combattere e annientare i terrorismi.

E' opportuno fare un breve confronto tra le strategie anti-terrorismo adottate dai principali attori del panorama internazionale: Unione Europea, Stati Uniti e NATO per comprendere le problematiche di coordinamento tra i vari apparati statali e sovrastali ed è necessario evidenziare come le carenze individuate necessiterebbero di una intelligence community più coesa per garantire maggiore coesione e minore penetrabilità.

Partendo dall’Europa il cui pilastro fondamentale per combattere il terrorismo risiede nel motto secondo cui le minacce non devono diventare conflitto, si capisce da ciò come la prevenzione occupa un posto centrale nelle linee guida dell’Unione Europea, ragion per cui i fini dell’organizzazione sono proprio quelli della protezione degli obiettivi potenziali e quello della prevenzione della radicalizzazione e del reclutamento.

Entrando nel dettaglio, nonostante un’evoluzione in materia di legislazione anti-terrorismo si sia verificata a partire dalla creazione dell’EuroJust28 e dalle modifiche introdotte dal

trattato di Lisbona come ad esempio l’introduzione della figura dell’alto rappresentante della politica estera atto a garantire maggiore cooperazione interstatuale in seno all’Unione, la

28 Organo di cooperazione giudiziaria dell’Unione Europea, con sede all’Aia, competente per le indagini e le azioni penali riguardanti almeno due Stati membri dell’UE e relative a gravi forme di criminalità. Istituito nel 2002 con decisione del Consiglio dei ministri della giustizia e degli affari interni dell’UE, è dotato di

personalità giuridica ed è rappresentato da un collegio composto da un membro nazionale avente titolo di magistrato, giudice o ufficiale di polizia, distaccato da ogni Stato membro in conformità al proprio ordinamento giuridico.

Obiettivo di Eurojust è rafforzare la cooperazione tra i ministeri competenti e le autorità giudiziarie degli Stati membri, in particolare assicurando il coordinamento delle attività nazionali in materia di lotta alla criminalità organizzata.

64

svolta nella strategia europea sul piano operativo per il contrasto del terrorismo si ha in seguito agli attentati dell’11 Settembre.

Infatti, da quel giorno in poi, l’Europa ha cominciato ad operare in modo organico grazie all’adozione di un piano d’azione comune29 con l’obiettivo di prevenire la minaccia del

terrorismo internazionale, poi aggiornato e rivisitato in seguito agli attentati di Madrid e Londra30 i quali conducono all’elaborazione di un progetto nuovo in materia di anti terrorismo che si snoda su 4 direttrici chiave: prevenzione, protezione, perseguimento e risposta.

Un altro importante incremento all’attività antiterroristica avviene con l’adozione del piano di Stoccolma che viene impiegato allo scopo di disincentivare l’opera di proselitismo, quella di raccolta fondi per fini terroristici e soprattutto si configura come un propulsore della collaborazione tra istituzioni e società civile allo scopo di migliorare la capacità degli stati in materia di difesa e sicurezza contro il terrorismo.

Il sistema europeo, così come descritto, è un sistema che punta a una sempre maggiore interazione in tema di intelligence ma a questo punto occorre chiedersi se la cooperazione in seno all’Unione Europea si manifesti anche oltreoceano con Stati Uniti e NATO.

La NATO attua la strategia della collective defence31.

Questo è un approccio che presuppone l’esistenza di valori reciprocamente condivisi, ovvero delle ideologie comuni che formino gli interessi nazionali dei vari stati così da creare un tessuto uniforme e condiviso.

Con questo metodo, è chiaro che la sicurezza venga concepita come un aspetto di primaria importanza e quindi da perseguire organicamente da tutti gli stati membri.

Anche se, il problema che caratterizza tale costruzione teorica è che nella NATO di oggi, oltre ad una serie di discrepanze interne c’è la spaccatura tra USA e Europa che si fa sempre più significativa.

29 Basati sulla politica della coesione, i PAC (piani d’azione comune) sono dei programmi della U.E che consentono agli Stati membri di operare congiuntamente nell’ottica di un approccio orientato ai risultati per la realizzazione di un obiettivo prestabilito. Servono per agire collettivamente e in maniera organica laddove ci sono delle minacce o dei problemi individuati come comuni. Il terrorismo ne è un esempio.

30 Gli attentati di Madrid e Londra sono considerati, assieme agli attentati di Parigi del 2015, i più gravi attacchi alla popolazione civile, dopo la Seconda Guerra Mondiale all’interno dei confini dell’Unione Europea. In particolar modo tra il 2004 e il 2005, rispettivamente a Madrid e Londra, furono sferrati una serie di attacchi ai sistemi di trasporto pubblico causando morti e feriti.

31 La collective defence è un principio enunciato nell’art.5 del Trattato di Washington e prevede che un attacco verso un alleato è da considerarsi come un attacco verso tutti gli altri alleati, motivo per cui la risposta deve pervenire unitamente da tutti gli alleati.

65

Motivo per cui in un contesto duo-centrico così marcato è difficile pensare che la strategia di una difesa collettiva possa dimostrarsi fruttuosa.

Infine ci sono gli Stati Uniti che, in materia di antiterrorismo si dicono aperti al dialogo con gli stati alleati e amici ribadendo l’importanza della cooperazione per sconfiggere la minaccia terroristica ma di fatto continuano ad operare unilateralmente senza pervenire in concreto a nessuna forma di dialogo.

Nello specifico, l’intelligence Statunitense, essendo la più avanguardista di sempre relativamente alle tecnologie impiegate si pone in una situazione di rilievo rispetto alla tematica dell’antiterrorismo.

Avendo analizzato parallelamente gli approcci dell’Unione Europea, NATO e Stati Uniti ed avendo sottolineato i rapporti tra tali attori, appare evidente che le attività di counter- terrorism sono lungi dall’essere organizzate organicamente e che l’idea di una intelligence community risulti essere ancora poco efficace.

Ciononostante forme di cooperazione internazionale in materia di intelligence e di law enforcement sono all’ordine del giorno, seppur scarseggino trattati applicabili a tali ambiti così come non ce ne siano in merito alla condivisione di informazioni tra stati.

La ragione per cui ciò non avviene è insita nella tradizione occidentale.

La democrazia dell’occidente e i principi liberali su cui essa è fondata fanno sì che l’attività di intelligence e law enforcement non facciano capo a uno stesso organo a similitudine di quanto avvenne durante il regime stanliniano in cui la polizia di stato era allo stesso tempo polizia segreta, sistema questo, che non garantiva il rispetto delle libertà costituzionali. Nei regimi democratici si violerebbe uno dei principi cardine della democrazia, motivo per cui l’operato dei servizi di intelligence è demandato al controllo di organi appositi quali gli Uffici di Controllo.

E se questo è quanto avviene in materia di legislazione nazionale, appare ovvio che a livello sovrastatale la problematica del coordinamento Intelligence-forze dell’ordine nonché quella della vicendevolezza relativa allo scambio di informazioni tra stati risultino difficoltose da portare avanti, sebbene in qualche maniera più avanzate che a livello statale.

Importante in tal senso è, ancora una volta, l’attentato alle Torri Gemelle, poiché da quel momento in avanti, lo scambio di informazioni tra gli Stati Uniti e il resto del mondo si è infittito notevolmente e ha creato un meccanismo che nel diritto internazionale verrebbe definito come consuetudinario, ovvero ha generato delle norme che non sono scritte ma che sono ugualmente vincolanti e che vengono di fatto rispettate come se lo fossero a causa della ripetizione continuata nel tempo di un certo comportamento e della convinzione

66

generalizzata che esso sia conforme al diritto. Nella casistica specifica ciò vuol dire che lo scambio di informazioni tra Stati è diventato prassi seppur non c’è nessuna legislazione in materia e che la cooperazione tra Intelligence e servizi di polizia, imprescindibile per combattere il terrorismo multiforme di oggi, è oramai sdoganata a tutti gli effetti.

La cooperazione internazionale appare più efficace ed evoluta rispetto agli sviluppi statali. Nel caso della singola nazione gli organi di controllo dei servizi di intelligence e forze dell’ordine non solo sono divisi ma spesso anche in conflitto e ciò potrebbe intaccare il funzionamento di entrambi.

A livello sovrastatale le consuetudini la fanno da padrone e nel diritto penale internazionale sono state individuate alcune modalità di cooperazione internazionale utili a sventare la minaccia terroristica, seppur spesso inefficaci poiché non sono contenute in un’unica convenzione bensì sparse in convenzioni regionali e soprattutto necessitano per poter essere applicate, di una legislazione nazionale efficiente ed organica.

L’idea di una intelligence community risulta ancora piuttosto utopica e le mancanze sopra descritte ne limitano l’attuazione.

Una soluzione per sopperire al vuoto legislativo e alla mancanza di raccordo tra i diversi stati risiederebbe nel potenziare il ruolo di Interpool32 ed Europol33 e nel creare una

comunità di analisti di intelligence che esuli dalla dimensione nazionale.

32 Interpool è l’ufficio di polizia internazionale per la repressione di attività criminose che si svolgono a

livello internazionale.

67