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Riferimenti normativi d’interesse per la Socmint

CAPITOLO III: IMPIEGO DELLA SOCMINT NEL CONTRASTO ALLE MINACCE

4.1 Riferimenti normativi d’interesse per la Socmint

La legislazione normativa riferibile ai social media è un argomento complesso a causa della mancanza di una legislazione internazionale che tenda a regolare l’uso dei social media e la loro interazione nei singoli stati.

Tuttavia, le legislazioni nazionali degli stati aderenti all’Unione Europea hanno l’obbligo di rispettare quanto sancito dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali44 la quale, all’art. 8 stabilisce quanto segue:

44 Firmata nel 1950 dal Consiglio d'Europa, la convenzione è un trattato internazionale volto a tutelare i diritti umani e le libertà fondamentali in Europa. Tutti i 47 paesi che formano il Consiglio d'Europa, sono parte della convenzione, 28 dei quali sono membri dell'Unione europea (UE).

La Convenzione ha istituito la Corte europea dei diritti dell'uomo, volta a tutelare le persone dalle violazioni dei diritti umani. Ogni persona i cui diritti sono stati violati nel quadro della convenzione da uno Stato parte può adire alla Corte. Si tratta di una novità, in quanto ha conferito diritti alle persone in un contesto

internazionale. Le sentenze che hanno riscontrato violazioni sono vincolanti per i paesi interessati. Il comitato dei ministri del Consiglio d'Europa vigila sull'esecuzione delle sentenze.

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Articolo 8 - Diritto al rispetto della vita privata e familiare.

1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.

2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell'esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per il benessere economico del paese, per la difesa dell'ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui.

Da ciò è evidente come in quell’epoca non si pensasse all’esistenza di una rete informativa globale e condivisa che avrebbe potuto creare delle criticità in tal senso.

Il progresso tecnologico ha proiettato la società verso nuovi modi di relazionarsi che hanno una capacità evolutiva molto marcata e che quindi sfuggono a qualsiasi tipo di regolamentazione attuale.

Infatti, quando il lento processo legislativo arriva a normare un determinato ambito, è possibile che questa non sia più completamente aderente alle necessità che l’hanno portata a regolarla.

L’assenza di regolamentazioni specifiche fa sì che i social godano dell’assenza di regole generali le quali, qualora vi fossero, sarebbero semplici adattamenti estensivi di norme già esistenti negli ordinamenti giuridici in vigore nei singoli stati.

Manca quindi un approccio globale che possa regolamentare un fenomeno globale com’è ormai quello dei social in grado di governare, di fatto, gran parte delle relazioni tra miliardi di utenti in tutto il mondo.

Quindi, vista l’ingerenza dei social nella vita quotidiana, la regolamentazione normativa dovrà essere affrontata in un senso tale che riconosca i social come materia “speciale”. A riguardo è bene dire che, un primo approccio per regolamentare l’attività dei social è stato fatto cercando di adattare la legislazione dedicata ad internet, tra l’altro anch’essa molto giovane e non unanimamente condivisa.

Oltre a ciò, il continuo sviluppo del mondo virtuale e dei social media fa in modo che le legislazioni nazionali si dimostrino sempre più inadeguate nel regolare e contrastare i fenomeni che questi generano; quest’aspetto, in un sistema di diritto democratico crea, inevitabilmente, grossi problemi anche nell’esercizio delle attività di intelligence, condotte attraverso la Social Media Intelligence.

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Infatti, come detto pocanzi, l’attività di acquisizione deve essere condotta all’interno di un quadro normativo che ne stabilisca competenze e limiti ben definiti e regolamentati e da ciò ne consegue come, in un sistema democratico, in cui

non devono esserci ombre riguardo l’operato dei servizi di sicurezza, la mancanza di norme di riferimento specifiche possa sollevare dubbi circa la legittimità di una, pur necessaria, azione operativa. E' necessario poi fare ulteriori valutazioni poiché, la natura strutturale dei social media impedisce di poter eseguire una vera e propria intercettazione “canonica”.

Infatti in questo caso le dinamiche dei social media

impediscono, a differenza di quanto avviene per le intercettazioni telefoniche o telematiche, di duplicare il traffico in entrata o in uscita dal dispositivo al fine di intercettarne il contenuto. Prendendo Facebook come esempio, bisogna ricordare come esso non sia facilmente intercettabile e di come, invece, un più semplice accesso autorizzato ad un suo profilo potrebbe legalmente avvenire tramite la duplicazione delle credenziali di accesso.

Quest’acquisizione, e qui risiede il problema, dovrà essere vagliata ed accordata dalla sede legale di Facebook che si trova in California, dove vigono altre norme.

Ciò evidenzia come la legislazione nazionale, di fatto diversa dalla legislazione cui è sottoposto il “gestore” Facebook conforme al diritto californiano, trovi limiti evidenti rispetto ad iniziative di giustizia anche se formalmente inoltrate attraverso l’istituto della rogatoria internazionale.

Ad esempio, qualora in Italia dovesse esserci un profilo Facebook d’interesse investigativo per reati inerenti al terrorismo, l’autorità giudiziaria italiana dovrà promuovere una rogatoria internazionale a Facebook in California, che potrebbe respingerla e non fornire i contenuti richiesti.

Premesso ciò ed accertata l’oggettiva impossibilità di contare su un sistema normativo condiviso a livello internazionale, si ritiene che la chiave di lettura per definire il rapporto tra i contenuti dei social media, aspetto legislativo e attività d’intelligence sia quello di fare riferimento ai quadri normativi nazionali.

La legislazione italiana, determina quali siano i casi e le deroghe che autorizzino le forze di polizia ed i servizi di sicurezza ad una intercettazione invasiva delle comunicazioni.

Figura 16 La figura fa riferimento al notevole aumento di intercettazioni telefoniche ad opera

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Infatti, in mancanza di una specifica normativa, l’intercettazione dei contenuti social è concessa solo dalle deroghe esplicitamente previste dall’ordinamento italiano.

Il primo riferimento che limita, di fatto, una indiscriminata attività di acquisizione informativa è dato dall’ art. 15 della Costituzione italiana secondo la quale:

“la libertà di segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge”.

Questo articolo, ovviamente scritto in tempi in cui nemmeno lontanamente si sarebbe immaginato il successo avuto dai social media, determina il principio generale del diritto alla riservatezza durante le comunicazioni dell’individuo e, rappresenta allo stesso tempo, un chiaro riferimento alla privacy delle comunicazioni che intercorrono attraverso i social. Allo stesso articolo, tuttavia, è prevista una deroga quando ve ne sia la necessità per un interesse superiore.

In tal caso, in Italia, interviene il Codice di Procedura Penale che regola i casi in cui l’autorità giudiziaria può limitare la libertà di segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione.

Al riguardo, l’art. 266 bis del Codice di Procedura Penale italiano, ad integrazione dell’art. 266 prevede che l’intercettazione delle comunicazioni relative ai sistemi informatici o telematici è consentita.

Nonostante sia evidente come la vecchia normativa sia poco in linea rispetto alla velocità della tecnologia, appare altrettanto chiaro come dal punto di vista sostanziale i problemi siano altri.

Dicendo questo ci si riferisce alla tradizione politica, nonché socio-culturale di uno stato. Infatti, in un ordinamento democratico come quello italiano, il reale problema è determinare il giusto bilanciamento tra la necessità di agire di uno stato, in nome della sicurezza, ed il rispetto dei diritti fondamentali della persona, costituzionalmente garantiti.

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