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ISIS, il “jihadismo globalizzato”

CAPITOLO III: IMPIEGO DELLA SOCMINT NEL CONTRASTO ALLE MINACCE

3.5 ISIS, il “jihadismo globalizzato”

Il “jihadismo globalizzato” è da intendersi come una forma di fondamentalismo islamico comparso dagli anni 2000 in poi e che fa delle reti socio-virtuali la sua principale risorsa ed identifica il mondo occidentale come il nemico da colpire.

In altri termini la globalizzazione del jihadismo è da considerarsi come il risultato di come il terrorismo sia cambiato in seguito all’avvento della network society.

Con l’introduzione della cultura digitale è cambiato radicalmente il modo di intendere e di fare terrorismo.

L’Isis è un chiaro esempio di jihadismo globalizzato poiché incarna totalmente la dimensione cyber dell’attacco globalizzato ma prima di approfondire le vicende che hanno visto protagonista lo stato islamico e della cyber-war da esso instaurata, è necessario fare chiarezza sul concetto di fondamentalismo e sugli avanzamenti teorici che il terrorismo religioso di cui si sta parlando ha subito negli anni.

Le origini del militantismo islamico inteso come condivisione della causa jihadista sono da ricercarsi negli sviluppi ideologici che hanno caratterizzato l’Islam e la sua interpretazione. Il fondamentalismo islamico, quale affermazione politica dell’Islam e quale autorità in cerca di un’opposizione credibile alla misreligiosità23 degli infedeli, prese piede negli anni '70 da

un lato come risposta al vuoto lasciato dalle fallimentari ideologie laiche che i regimi mediorientali post-coloniali si accingevano a far proprie; dall’altro lato il fondamentalismo islamico va inteso come uno scontro con l’Occidente che aveva generato un grande fermento nel mondo arabo-islamico allo scopo di rilanciare la cultura islamica rispetto a quella occidentale.

Nel giro di pochi anni questa spinta riformatrice volta a creare un’unione tra tutti i popoli musulmani nella speranza di riscatto e rilancio contro la penetrazione politico-culturale europea venne abbandonata e favorita l’imposizione di un pensiero rivoluzionario alimentato da una forte ideologia.

Nel contesto sopra descritto quindi, tra l’insofferenza verso gli occidentali e il rifiuto della laicità, cominciò a farsi strada il motto del “ritorno all’Islam” nel senso della necessità di un ritorno ad uno stato realmente islamico.

23 Con il termine misreligiosità si vuole intendere in questo contesto non colui che è scettico in materia di religione o una persona contraria all’accettazione di una fede, quanto colui che non abbraccia i precetti dell’Islam.

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Il modo in cui i predicatori dell’Islam facevano appello si sostanziava nel jihad armato ovvero un combattimento contro i miscredenti.

Inizialmente però, ai tempi della predicazione di Maometto, il jihad non era uno strumento di lotta armata, infatti significava sforzo ed indicava l’impegno che il fedele doveva impiegare contro il paganesimo.

L’accostamento del termine jihad a quello di combattimento avvenne dopo la morte del profeta ed assunse la connotazione di guerra di conquista ed espansione con la creazione del Califfato24.

Ed è proprio a partire da quest’ultima interpretazione di jihad quale guerra di conquista che si dispiegò l’evoluzione concettuale fatta proprio dai terroristi jihadisti, i quali fondarono la loro narrativa su tale concetto stravolgendo i vari precetti dell’Islam.

Il fine ultimo dichiarato dai jihadisti è un ritorno al Califfato classico, assimilabile al Sacro Romano Impero per i cristiani e la loro dialettica si snoda proprio a partire dall’ideologia della restaurazione dell’età califfale, nonostante materialmente parlando l’obiettivo è ben diverso e si manifesti nel desiderio di despotismo.

I combattenti dell’Isis infatti creano combattimenti distruttori e ciechi senza alcuna legittimazione ideologica ed il loro operato è paragonabile a quello degli estremisti degli anni '80, di destra o sinistra che siano, che si appellavano ad un’ideologia per giustificare le loro azioni ma che poi, sostanzialmente se ne distaccavano completamente.

Premesso ciò, è ora necessario capire com’è intervenuta la prospettiva globale del jihadismo diretta a sconvolgere e terrorizzare l’occidente.

All’inizio l’Occidente veniva eluso proprio perché lontano e ritenuto meno pericoloso e prioritario concentrando l’attenzione sull’eliminazione del musulmano deviante rispetto ai precetti del Califfato.

Agli inizi degli anni '90 però, la situazione si ribaltò e in particolare una serie di situazioni fecero sì che il nemico occidentale diventasse prioritario per i jihadisti.

In primo luogo l’invasione dell’Afghanistan da parte dell’URSS riunì jihadisti con background differenti eclissando le ideologie in favore di un’unione di intenti.

Inoltre, a partire da quell’episodio, il militante jihadista iniziò ad esportare il suo mito anche in altri teatri conflittuali come la Bosnia contribuendo ad ampliare la dimensione globalizzata del terrorismo jihadista.

24 Per Califfato si intende una forma di governo monarchico, con una precisa caratterizzazione spirituale e

religiosa scaturente dalla pretesa di costituire la prosecuzione dell’attività politica, amministrativa e religiosa del profeta Maometto, a capo della quale si trova il califfo.

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Il secondo elemento propulsore della globalizzazione della jihad fu la guerra del Golfo che accese il sentimento anti-americano e un senso di rivalsa nel militante jihadista contro l’occidente.

Terzo ed ultimo fattore che contribuì a globalizzare il jihadismo furono le violenze endemiche che si svilupparono in seno a numerosi paesi musulmani quali l’Algeria e l’Egitto.

Le tensioni generatesi in tali paesi nel giro di pochi mesi coinvolsero tutta l’Africa settentrionale tanto che i militanti jihadisti rifiutarono la lotta armata in patria per dedicarsi alla conquista di nuovi orizzonti.

La risultante di questo processo evolutivo globalizzante è l’ISIS ma il sedicente Stato Islamico non è globalizzato solo nel senso degli obiettivi che colpisce ma lo è anche e soprattutto per il largo impiego che fa dei Social e dello spazio cibernetico.

Essa infatti, è considerata l’organizzazione terroristica più avanguardista di sempre quanto ad impiego della rete, tanto da essere definita come “cyber caliphate”.

La stagione “tecnologica” del jihad è stata inaugurata da Al-Baghdadi, carismatico leader dello Stato Islamico che avviò tale stagione assoldando una ventina tra esperti informatici ed hackers, che poi divennero rapidamente gli oltre 3000 di oggi.

I jihadisti sfruttano la rete per diffondere comunicati propagandistici e coordinare le varie cellule e gruppi affiliati ed, in tal senso, i social network sono il mezzo più utilizzato vedasi Twitter e YouTube.

La guerriglia informatica dell’Isis si incentra sul lavoro svolto da hackers rigorosamente selezionati in grado di danneggiare i sistemi informatici e le infrastrutture critiche di un paese.

Esempi di obiettivi colpiti sono le violazioni agli account di Twitter, il prelievo di informazioni sensibili al Pentagono e l’attacco al CENTCOM25.

Per comprendere appieno la forza distruttrice del cyber Stato Islamico basti pensare ai messaggi pubblicati

25 La sigla CENTCOM si riferisce allo United States Central Command, comando combattente unificato delle forze armate degli Stati Uniti

Figura 15 In figura è riportato uno tweet dell’Isis sull’account ufficiale dello United States Central Command.

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online nel caso dell’attacco al CENTCOM, quale ad esempio quello che recitava: “Attenzione soldati americani, stiamo arrivando. Siamo nei vostri computer, guardatevi le

spalle.”26 Oppure ai trafugamenti di documenti dal Pentagono e dei numeri telefonici dei membri del suo personale.

Altro elemento chiave dell’operato del cyber califfato è lo spear phishing27 tramite cui essi

sono riusciti a perpetrare attacchi a YouTube e non solo.

Questa tecnica consiste nel collezionare dati sensibili tramite la creazione di email fake che sembrano sicure ma in realtà portano malware.

Nel computo degli addetti cyber troviamo gli esperti di sicurezza informatica, i blogger, gli esperti di comunicazione, coloro che si occupano degli algoritmi di cifratura e tecnici di reti e sistemi.

L’altra specializzazione che contraddistingue i componenti del cyber-caliphate, oltre ad essere efficace per gli obiettivi dell’organizzazione risulta anche essere stimolante e motivante per tutti coloro i quali non si sentono accettati nella società reale e cercano forme alternative di riconoscimento delle proprie potenzialità.

Motivo per cui tra gli esperti del Califfato ci sono gli addetti alle attività di propaganda e comunicazione: Al-I’tisaan Media è la scatola nera in cui web-designer e registi creano video, contenuti audio e messaggi propagandistici.

Il progetto del Cyber-Isis si incentra molto sulle performance dei social media oltre che su quelle di hacking. Ed è proprio su tale aspetto che si fonda la strategia psicologica e il piano organizzativo del califfato.

La brutalità incarna l’elemento perturbante che spinge la psiche dello spettatore da una parte verso la paura e il terrore ma dall’altra lo indirizza verso un senso di ammirazione per il dolore; ed è questo il concetto che è affine alla strategia propagandistica dell’ISIS. Gli esperti di comunicazione dell’ISIS infatti elaborano scientificamente contenuti perturbanti, principalmente per terrorizzare il nemico e ingenerare in lui una sensazione costante di paranoia, trepidazione ed angoscia volta a destabilizzare la sua emotività.

Avendo fornito un esempio della strutturazione e del tipo di attività svolte dai terroristi dell’Isis, nel proseguo si analizza una risposta che potrebbe essere efficace alla lotta contro il terrorismo.

26 https://www.avvenire.it/mondo/pagine/attacco-hacker-contro-account-twitter-comando-centrale-usa

27 Il phishing è un tipo di truffa, venuta alla ribalta nell’ultimo decennio, attraverso la quale si cerca di

ingannare la vittima convincendola a fornire informazioni personali, dati finanziari o codici di accesso, fingendosi un ente affidabile in una comunicazione digitale.

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