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CAPITOLO III: IMPIEGO DELLA SOCMINT NEL CONTRASTO ALLE MINACCE

3.4 Social Media e terrorismo

Al di là dei protagonisti coinvolti, è ormai innegabile il legame che unisce guerra e comunicazione e, ancor di più, comunicazione e terrorismo.

Il terrorismo odierno è globale, religioso e proveniente da un’altra cultura ed ha saputo dimostrare grandi capacità nella costruzione di eventi mediatici sfruttando appieno le potenzialità dei media e delle nuove tecnologie di informazione e comunicazione per generare terrore.

I terroristi, infatti, fin da subito, si impongono di ottenere la massima risonanza possibile dalle loro gesta affinchè i media ne parlino ed essi si trasformino in un detonatore propagantistico dell’ideologia.

L’obiettivo del terrorismo consiste nel far conoscere oltre alla propria esistenza, le finalità ultime perseguite e gli obiettivi strategici e tattici.

Il meccanismo comunicativo odierno fa in modo che ogni nuova minaccia si conquisti un posto di rilievo nei telegiornali, sui

giornali e su internet, divenendo parte del vissuto quotidiano ed alimentando ansie e paure. Infatti i media, nel garantire l’informazione grazie alla possibilità di sfruttare le nuove tecnologie, sono in grado di raggiungere ogni angolo del pianeta veicolando immagini e messaggi di terrore, spettacolarizzandone i contenuti e conferendo ad essi tanta visibilità. In questo modo, gli strumenti di informazione e comunicazione, considerati ormai bandiere di libertà e democrazia, diventano la principale arma dei terroristi per attuare ricatti politico- ideologici e destabilizzare le società.

Premesso quanto sopra è prioritario stabilire quale sia il livello d’importanza strategica dei social media nella politica del terrore.

Una prima osservazione consente di appurare come i gruppi terroristici, distanti tra loro per progettualità e scopi si trovino d’accordo sull’impiego delle piattaforme social.

In particolare esse, rappresentano uno spazio d’azione fondamentale, al pari di quello reale ed il loro dinamismo operativo si evidenzia tramite le metodologie di propaganda, reclutamento e comunicazione operativa.

Figura 13 Osama Bin Laden mentre rivendica l'attentato alle torri gemelle di New York.

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1) PROPAGANDA: La propaganda rappresenta l’elemento portante dell’azione terrorista.

Il recente passato ha evidenziato un’altra tendenza della propaganda terrorista, inedita e coincidente con l’uscita dalla clandestinità dell’organizzazione terrorista e la sua riorganizzazione in senso statuale.

La propaganda terroristica non si propone più solo di spaventare in quanto, ora diviene, uno strumento per affermare un proprio progetto di governo.

Nel caso dell’autoproclamato Stato Islamico, alle immagini crude di decapitazioni rivolte ai nemici, si affiancano quelle di una vita serena all’interno del califfato proponendo altresì, un’alternativa ideale e giusta.

Attraverso i migliaia di account attivati sui vari social, i militanti del Jihad19 hanno l’opportunità di documentare le loro azioni, inserendo foto e filmati, o di rilasciare proclami e dichiarazioni che spesso sono riprese dai mass media e diffusi come news. E' ormai passato il tempo in cui Bin Laden, leader storico di Al-Qaeda, registrava su videocassette le proprie dichiarazioni per poi farle recapitare ad emittenti televisive20. Oggi tutto questo avviene attraverso i profili social e le dichiarazioni sono accompagnate dai commenti o dai tweet che seguono un dato avvenimento.

Esempio 1: PROPAGANDA DEL TERRORE

Nel caso preso in considerazione i terroristi minacciano, al fine di spaventare, gli stessi amministratori di Twitter, responsabili quest’ultimi, di aver dato corso ad un’azione di contrasto nei confronti dei profili Jihadisti dell’Isis.

“#The_Concept_of_Lone_Wolf_Attacks The time has arrived to respond to Twitter’s management by directly attacking their employees and physically assassinating them!!

Those who will carry this out are the sleepers cells of death.

#The_Concept_of_Lone_Wolf_Attacks Twitter management should know that if they do not

19 Il termine Jihad nel linguaggio dell’Islam connota un ampio spettro di significati ma che dal mondo occidentale è comunemente inteso come la guerra santa contro gli infedeli.

20 Il primo video, ufficialmente registrato da Osama bin Laden è del 7 ottobre 2001; nella circostanza il leader qaedista rilancia la sfida all’America non mancando di propagandare lo spirito della lotta jihadista.

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stop their campaign in the virtual world, we will the bring the war to them in the real world on the ground.”21

Nel caso specifico i terroristi si sono serviti di twitter per veicolare le minacce e cercare di affermare la propria ideologia.

Analizzando il tweet postato, è interessante notare come mentre la prima parte indichi una precisa direttiva rivolta ai militanti Isis, la seconda inverte i termini identificando l’oggetto della precedente affermazione come un consiglio.

Esempio 2: PROPAGANDA SOCIALE

L’immagine di seguito riportata, postata su twitter, è un classico esempio dell’uso dei social media da parte dello Stato Islamico per propagandare la propria attività di governo.

Si assiste ad una evoluzione del significato di propaganda Jihadista, in precedenza finalizzata esclusivamente ad incutere terrore propagandando le attività “militari” del terrorismo.

In questo senso lo Stato Islamico ha fatto un ulteriore passo avanti nell’ambito delle capacità comunicative, dimostrando perizia nella tecnica e nella strategia di diffusione dei propri ideali.

Anche in funzione di quanto appena detto, i social diventano luogo di sfida politico- ideologica all’interno del mondo Jihadista.

Ad esempio, il 15 luglio 2015, il leader di Al Qaeda, Ayman Al Zawahiri, utilizza Twitter per rivendicare la propria supremazia ideologica e attaccare lo Stato Islamico.

Quanto raccontato, rapportato ai caratteri operativi del gruppo qaedista ha un duplice significato: il primo risiede certamente nel riconoscimento del valore dei social media quale mezzo di propaganda, il secondo evidenzia la presa di coscienza rispetto all’importanza dei social media, tanto da farne un vero e proprio teatro di confronto “politico”.

21 Minacce a Twitter esercitate nel marzo 2015 quale risposta dell’autoproclamato Stato Islamico dopo la decisione del social media di chiudere i siti di propaganda terrorista.

Figura 14 In figura è riportato un tweet dello Stato Islamico impiegato per propagandare la propria attività di governo.

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2) RECLUTAMENTO: Oltre che per l’aspetto propagantistisco i terroristi utilizzano i social media per reclutare gente che combatta per la loro causa.

E' comune infatti, imbattersi in account creati dai jihadisti militanti o gruppi dedicati e non è raro che a determinati utenti arrivino, da parte di questi, richieste di amicizia tese a stabilire il primo contatto.

Molto spesso l’acquisizione dei soggetti interessanti per l’organizzazione terroristica avviene in modo automatico, attraverso l’uso di algoritmi che captano parole chiave o le tendenze dei singoli utenti.

Indagini condotte in materia di antiterrorismo hanno permesso di accertare come proprio attraverso piattaforme social come Facebook, molti Foreign Fighters22 abbiano ricevuto istruzioni utili affinchè giungessero nei teatri operativi del Jihad.

3) COMUNICAZIONE OPERATIVA: Le piattaforme social vengono utilizzate dai gruppi terroristi anche come strumento di comunicazione operativa attraverso la quale sono in grado di impartire direttive e suggerire strategie.

Questo tipo di comunicazione “operativa” si sostanzia o attraverso profili aperti o tra profili chiusi o nascosti.

Nel primo caso i profili sono visibili a tutti ed indirizzati a militanti o aspiranti tali con i quali non è stato precedentemente predisposto alcun tipo di legame.

Nel secondo caso invece e cioè, attraverso l’interazione tra profili chiusi o nascosti le comunicazioni avvengono attraverso la messaggistica istantanea dei rispettivi social.

Attraverso le chat private si possono inoltrare i nomi dei referenti e i loro contatti e fornire indicazioni e istruzioni operative.

Le due modalità sopra esposte dimostrano come alla base del fenomeno terrorismo e, contrariamente a quanto avviene nel contesto del crimine organizzato, la comunicazione risulta fondamentale.

22 Il termine foreign fighter designa tutti coloro che, abbracciata la causa jihadista, dai paesi di origine si recano a combattere in un territorio terzo che sia teatro di jihad. Il foreign fighter può essere un europeo o un occidentale convertito all’Islam ma anche un arabo o un africano, di qualsivoglia stato che decida di andare a supportare le forze jihadiste in un territorio che non sia il proprio.

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