3. Ricerca-azione sulla riorganizzazione di un Dipartimento Chirurgico
3.7 Benessere, aspettative, preoccupazioni degli operatori sanitari: variabili di studio
3.7.6 Intenzione di turnover
Il turnover viene definito come l'abbandono volontario o involontario dell'organizzazione (dimissione, sospensione, non idoneità fisica, morte) da parte dell'individuo.
Antecedenti al turnover
Le ricerche fino ad oggi condotte hanno cercato di comprendere i fattori antecedenti che spingono i lavoratori all'abbandono volontario della propria organizzazione, proponendo e testando una diversità di modelli del processo di turnover (Griffeth, Hom & Gaertner, 2000; Maertz & Campion, 1998).
I modelli di turnover, riconoscono l'importanza dell'intenzione di turnover nel predire il comportamento reale di abbandono, trovando che questo predice il comportamento di turnover meglio della soddisfazione lavorativa e del commitment organizzativo (Mobley, 1977).
Le intenzioni possono essere definite come degli atteggiamenti verso la messa in atto di un dato comportamento, e gli studi sul turnover hanno spesso realizzato dei modelli che considerassero tale aspetto come diretto antecedente del comportamento effettivo di turnover.
Alcuni studi hanno dimostrato che le variabili più frequentemente rilevate essere gli antecedenti dell'intenzione di turnover sono la percezione del supporto organizzativo (Eisenberger, Huntington, Hutchison, & Sowa, 1986), le caratteristiche del lavoro (Garden, 1989), il commitment organizzativo (Bentein, Vandenberg, Vandenberghe, & Stinglhamber, 2005; Meyer, Stanley, Herscovitch, & Topolnytsky, 2002; Suliman & Iles, 2000), la motivazione al lavoro (Richer, Blanchard, & Vallerand, 2002) e la soddisfazione lavorativa (Freund, 2005).
Conseguenti al turnover
Sono diversi i fattori organizzativi che possono spingere un individuo a lasciare un posto di lavoro, ma ciò che più conta per le organizzazioni è evitare il turnover disfunzionale, cioè l'allontanamento dei lavoratori qualificati che invece le organizzazioni preferirebbero tenere. Infatti il turnover volontario, se eccessivo, può diventare un problema (Mobley, 1982) che mina dall'interno la struttura e la sopravvivenza stessa dell'organizzazione, intaccando quegli aspetti vitali quali produttività e performance (Hom & Kinichi, 2001), rallentandone la competitività, processo di cambiamento e innovazione.
La perdita economica, relativa al reclutamento, selezione, formazione di un nuovo lavoratore (Dalton, Todor, & Krackhardt, 1982) non è che un dato direttamente osservabile, ciò che invece diviene più complesso e pericoloso è la natura contagiosa del processo di turnover: inevitabile che la carenza di personale innesti una serie di dinamiche sociali connesse al lavoro, quali conflitti, stress, sovraccarico oltre ad una perdita di coesione e integrazione, che non fanno altro che alimentare il processo di abbandono volontario del proprio posto di lavoro (North, Rasmussen, Hughes, & Finlayson, 2005).
Alti livelli di turnover determinano un impatto negativo sia per l'organizzazione che per gli individui. Rispetto all'impatto negativo sugli stessi individui che abbandonano, si evidenzia una perdita di benefici connessi ad esempio all'anzianità di servizio e alle opportunità di carriera, secondo cui il lavoratore che lascia l'organizzazione è costretto a dover ricominciare tutto dall'inizio (Phillips & Connel, 2003); inoltre oltre alle difficoltà economiche legate al periodo di transizione, si può evidenziare la perdita di una rete sociale costruita nel tempo nell'ambiente di lavoro, per cui lasciare l'organizzazione significherebbe annullare contemporaneamente queste relazioni ed il loro vantaggioso supporto emotivo.
L'impatto negativo sull'organizzazione, invece, si evidenzia nei costi economico- finanziari che ne deriverebbero da tale perdita:
• la sopravvivenza stessa dell'organizzazione, in quanto trattenere personale competente e qualificato può determinare il successo organizzativo;
• una perdita di produttività e qualità in quanto un lavoratore che abbandona la propria organizzazione crea un rallentamento nel flusso di produzione (di servizi o di beni materiali) sia a livello individuale che a livello di gruppo al quale egli apparteneva, con ripercussioni ancora più gravi in termini di qualità se il bene prodotto dal lavoratore che ha lasciato è un servizio di assistenza sanitaria;
• la perdita di personale esperto può rappresentare una minaccia per l'organizzazione che può essere messa in condizione di non portare a termine un determinato lavoro a causa della perdita di un lavoratore in possesso delle abilità specifiche;
• la natura distruttiva del turnover si alimenta anche a causa del sovraccarico di lavoro a cui sono sottoposti i lavoratori rimasti nell'organizzazione. Tale sovraccarico può generare insoddisfazione che contribuisce a determinare un ulteriore flusso sempre più crescente di abbandono;
• elevati livelli di turnover possono determinare un'immagine negativa dell'organizzazione che contribuisce a renderla poco attrattiva sia all'interno che all'esterno.
L'intenzione di turnover in ambito infermieristico
La bassa soddisfazione al lavoro predice sia l'intenzione che il comportamento reale di turnover (Irvine & Evans, 1995). Tai, Bame e Robinson (1998) rilevano che gli antecedenti del turnover sono individuabili oltre che nella soddisfazione lavorativa, anche nel ridotto supporto organizzativo.
Vengono considerati antecedenti anche la ridotta percezione di competenza professionale, il ridotto commitment organizzativo e coinvolgimento lavorativo e la ridotta percezione di supporto organizzativo (Ambrosi, Portoghese, Galletta, Marchetti, Battistelli, & Saiani, 2011).
In uno studio del 2013 Cortese sottolinea che l’intenzione di turnover è considerata l’antecedente più diretto e immediato del turnover vero e proprio. Tra i diversi predittori ha un ruolo di primo piano la soddisfazione lavorativa (insoddisfazione per i contenuti delle attività svolte, il carico di lavoro, le possibilità di carriera, l’autonomia, le opportunità di apprendimento e le caratteristiche dell’ambiente fisico di lavoro). Gli infermieri più giovani e gli infermieri con contratto part-time esprimono una maggiore intenzione di turnover; spesso sono gli infermieri che percepiscono un più elevato conflitto lavoro- famiglia o lavoro-vita personale.
Gli infermieri che vivono un disequilibrio tra vita familiare e vita lavorativa si percepiranno meno soddisfatti per il lavoro che svolgono e avranno una maggiore intenzione di turnover (Portoghese, Battistelli, Saiani, & Galletta, 2009).
La letteratura sul turnover infermieristico, oltre a rilevare gli antecedenti del turnover ha messo in evidenza anche le conseguenze di un turnover elevato che ha tre differenti livelli di impatto sull'organizzazione ospedaliera (sugli infermieri che rimangono in servizio, sui pazienti ed economico). Il turnover influenza negativamente il benessere e la soddisfazione degli infermieri rimasti che si trovano a sostenere un maggior carico di lavoro (Baumann et al., 2001; Pallas, Thomson, Alksnis, & Bruce, 2001; Shamian & O'Brien-Pallas, 2001).
Questo sovraccarico di lavoro determina in chi rimane la percezione di un clima organizzativo sfavorevole che aumenta il rischio di burnout e di abbandono della professione. Inoltre, a livello di unità operativa, il turnover ha effetti negativi sul morale e sulla produttività degli infermieri che restano stabilmente a far parte dell’organico e che continuamente sono impegnati ad orientare ed addestrare i nuovi assunti (Ambrosi, Galletta, Portoghese, Battistelli, & Saiani, 2013).
Il turnover infermieristico elevato, impatta negativamente sulla capacità dell'organizzazione di soddisfare i bisogni dei pazienti e di fornire loro un'assistenza di qualità; ciò porta ad un aumento della probabilità di commettere errori e a un peggioramento delle condizioni cliniche dei pazienti a causa dell’aumento del numero di pazienti per ogni infermiere (O'Brien-Pallas et al., 2001; Shields & Ward, 2001).
E’ stato dimostrato inoltre che ha anche un impatto economico per l'ospedale a causa della perdita di produttività e della necessità di nuovi investimenti su neo assunti per il reclutamento, la selezione e la formazione (Johnson & Buelow, 2003; Gray, Philloips, & Normand, 1996).
Cowden (2012) fa emergere l'importanza di comprendere le motivazioni che spingono gli infermieri a non lasciare il posto di lavoro; lo sviluppo di tali intenzioni faciliterà lo sviluppo di efficaci strategie per trattenere il personale.
Si ritiene importante un monitoraggio regolare dell'intenzione di turnover da parte della direzione risorse umane e dei coordinatori, in quanto la transizione dall'intenzione all'effettivo turnover si compie in un arco di tempo medio-lungo (Cortese, 2013).