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Tra gli specifici atti di indagine presi in considerazione dalla Direttiva prima e dal decreto di attuazione poi, particolare interesse rivestono le intercettazioni di telecomunicazioni.

Al legislatore nazionale, compete di garantire l'osservanza dei principi posti a fondamento dell'atto in questione, tutelando al contempo le esigenze della difesa.

Prima dell'entrata in vigore della Direttiva 2014/41/UE, il ricorso alla rogatoria internazionale era obbligatorio soltanto nel caso in cui l'attività di intercettazione avesse come fine ultimo la captazione di comunicazioni che transitavano in territorio straniero. Se dunque, la telefonata era in uscita dall'Italia l'attività di intercettazione era compiuta in territorio nazionale, e non sorgevano problemi di violazione delle rogatorie internazionali, diversa era invece la questione per le chiamate provenienti dall'estero.

Non sorgeva alcun problema quindi quando l'attività di intercettazione, ricezione e registrazione delle comunicazioni si svolgeva in territorio italiano, dato che era possibile convogliare, in un unico server sito in Italia, le chiamate provenienti dall'estero. Questa procedura prende il nome di instradamento e non provocava alcuna violazione della disciplina sulle rogatorie internazionali.

La stessa Suprema Corte non aveva ravvisato in questi casi alcuna violazione delle disposizioni dettate in tema di cooperazione internazionale. La stessa cosa non poteva dirsi quando invece la comunicazione veniva captata da un gestore straniero, era in questo caso necessaria la richiesta di assistenza tecnica di detto Stato 169. Quindi qualora l'attività captativa sia diretta a percepire contenuti di comunicazioni che transitano unicamente su territorio straniero dovrà essere rispettata la disciplina dettata in tema di cooperazione internazionale; ma se tutta l'attività viene compiuta in territorio italiano

a nulla rileva che l'altra utenza intercettata si trovi all'estero, e non è neppure necessaria in questo caso la tecnica dell'instradamento 170. La Direttiva 2014/41/ UE si occupa delle intercettazioni all'interno degli artt. 30 e 31, che distinguono il procedimento in caso di intercettazioni di telecomunicazioni con l'assistenza tecnica di un altro Stato membro, rispetto al caso in cui lo Stato membro stia procedendo a intercettazione senza l'assistenza tecnica dello Stato in cui si trova il dispositivo che si sta intercettando, il quale riceve solo notifica delle operazioni in corso.

Il legislatore ha recepito tali disposizioni all'interno del decreto di attuazione contemperando queste misure sovranazionali volte a reprimere fattispecie criminose di dimensione transfrontaliera con le misure dettate a tutela del diritto alla riservatezza dell'individuo, posto in pericolo dal ricorso a tecnologie sempre più sofisticate ed invasive di captazione delle comunicazioni o dei flussi di dati 171.

La prima distinzione importante da fare riguarda da un lato la possibilità di richiesta di intercettazione mediante l'assistenza tecnica dell'autorità giudiziaria italiana, dall'altro l'intercettazione disposta senza richiesta di assistenza tecnica dello Stato italiano, e quindi la ricezione della notificazione che lo Stato membro sta procedendo alle operazioni di intercettazioni di un dispositivo in uso a persona che si trovi in Italia.

In entrambi i casi il procuratore della Repubblica trasmette gli atti al giudice. Tuttavia prima della trasmissione spetta sempre al procuratore della Repubblica la verifica preliminare circa il rispetto dei principi dell’ordinamento costituzionale e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea in tema di diritti fondamentali, nonché in tema di diritti di libertà e di giusto processo, secondo l’indicazione di principio espressa dall’art. 1 del d.lgs. n. 108 del 2017 172.

170 Cfr. C. M. PAOLUCCI, Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, cit., p. 221

171 In tema di intercettazioni la Circolare ministeriale fornisce le istruzioni applicative sia per le procedure passive (Parte II) sia per quelle attive (Parte IV) 172 Si deve specificare che il controllo preliminare investe anche la legittimazione

Viene trasmesso al gip l'ordine di indagine se lo Stato membro richiede l'assistenza tecnica dell'autorità giudiziaria italiana per il compimento dell'atto, mentre nel caso di ricezione della notificazione di cui all'art. 24 del decreto, il procuratore della Repubblica trasmette al giudice solo quest'ultima. La notifica costituisce adempimento di un onere formale di trasmissione per l’autorizzazione alla esecuzione o alla prosecuzione delle operazioni.

La Direttiva elenca i casi in cui deve provvedersi alla notificazione dell’OEI, che può avvenire prima dell’intercettazione, quando l’autorità dello Stato richiedente, all’atto dell'emissione dell’ordine, abbia la certezza che “il bersaglio” sia (o sarà) presente sul territorio dello Stato (italiano); oppure nel corso delle operazioni di intercettazione, o anche dopo la loro conclusione, quando tale presenza sul territorio dello Stato (italiano) emerga nel corso delle operazioni di captazione o dal loro esame173.

Il d.lgs. n. 108 del 2017 non riproduce nel dettaglio le analitiche disposizioni della direttiva. Tuttavia, deve ritenersi pacifico che l’obbligo si attivi nel momento in cui l’autorità procedente sia venuta a conoscenza (o ne abbia avuto la possibilità) della presenza, anche futura, sul territorio italiano del soggetto da intercettare 174.

Al giudice per le indagini preliminari spetta, invece, il compito di verificare la sussistenza dei motivi generali di rifiuto previsti dall’art. 10 del d.lgs. n. 108 del 2017. In relazione alle intercettazioni il giudice interviene in maniera specifica verificando che ci sia corrispondenza del titolo di reato per il quale l'autorità giudiziaria dello Stato di intercettazione sta procedendo; si tratta delle fattispecie elencate all'interno dell'art. 266 c.p.p., mentre rimangono estranee alla verifica

Lituania e i Paesi Bassi) non ha inteso estendere la portata dell’OEI agli accertamenti disposti o facenti capo ad Autorità amministrative. La verifica richiede dunque l’analisi delle informazioni sul tipo di procedimento (penale) per il quale l’OEI è emesso, i dati delle autorità emittenti, e dell’autorità giudiziaria che lo ha convalidato

173 Si veda l'art. 31 della Direttiva 2014/41/UE

174 Così A.NOCERA, Il sindacato giurisdizionale interno in tema di ordine europeo di intercettazione, in www.penalecontemporaneo.it, 1/2018, p.153

le altre condizioni di ammissibilità dell'atto previste dal nostro ordinamento. Quindi il giudice ordina l’immediata cessazione delle operazioni se le intercettazioni sono state disposte in riferimento a un reato per il quale, secondo l’ordinamento interno, non sono consentite. Spetterà poi al procuratore della Repubblica il compito di dare comunicazione all’autorità giudiziaria dello Stato membro del provvedimento di cessazione delle operazioni e della non utilizzabilità a fini di prova dei risultati delle intercettazioni eseguite.

La comunicazione del rifiuto, deve contenere l’indicazione dei motivi su cui si fonda il provvedimento negativo del riconoscimento dell’ordine. Si intende così concedere all’autorità richiedente la possibilità di concordare eventuali modalità alternative di esecuzione della attività investigativa, piuttosto che il ritiro dell’ordine di indagine.

É stato autorevolmente sostenuto che in un sistema di cooperazione

investigativa semplificata, che individua nel procuratore della Repubblica, l’autorità competente di interlocuzione, la previsione di garanzia del controllo giurisdizionale del g.i.p., che dispone il rifiuto di assistenza ove ritenga che non sussistano le condizioni di ammissibilità previste dal nostro ordinamento, costituisce argine per la tutela da abusi nella attuazione delle intercettazioni 175.

Tuttavia è stato rilevato che la regola applicativa individuata dalla norma, nel circoscrivere la verifica di ammissibilità dell’ordine di intercettazione ai soli presupposti di cui agli artt. 266 e 266 bis c.p.p., sembra muoversi in una logica di completo affidamento alle condizioni attestate dall’autorità giudiziaria dello Stato procedente circa la sussistenza degli ulteriori requisiti previsti dall’art. 267 del c.p.p 176. Il gip non ha la possibilità di svolgere un esame compiuto degli elementi di fatto posti a fondamento della richiesta di intercettazione, essendo previsto il riconoscimento tempestivo dell'OEI.

175 Per queste considerazioni si veda A. NOCERA, Il sindacato giurisdizionale interno in tema di ordine europeo di intercettazione, cit., p. 156

176 Si fa riferimento ai requisiti: “gravi indizi di reato” e “indispensabilità del ricorso” al mezzo investigativo per la prosecuzione delle indagini

La richiesta “indicazione” degli elementi probatori od “evocativi” si risolve allora in una sorta di attestazione dell’esistenza del quadro indiziario, come valutato dall’autorità giudiziaria dello Stato di emissione. Di tali elementi l’autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione, in sede di valutazione preliminare di ammissibilità, deve presupporre l’esistenza, senza che sia richiesto un successivo vaglio di merito 177.

La Circolare ministeriale limita la verifica della sussistenza dei gravi indizi di reato e dell'indispensabilità dell'atto alla constatazione che le informazioni riportate dall'autorità di emissione nelle pertinenti sezioni dell'ordine di intercettazione siano coerenti, e non si prevede la possibilità di replica su valutazioni di merito, rimesse all'autorità di emissione, sottese all'ordine di indagine. Resta esclusa dunque dal vaglio del giudice la sussistenza del quadro di gravità indiziaria e di indispensabilità alla prosecuzione delle indagini della misura investigativa disposta 178. (É possibile tuttavia richiedere delle integrazioni, qualora l'OEI risulti incompleto o comunque l'indicazione degli elementi che l'accompagnano non sia sufficientemente chiara). Tuttavia si potrebbe anche sostenere la tesi che realizza un'estensione al sindacato di ammissibilità dei presupposti dell'art. 267 c.p.p. considerando che il decreto richiede che nell’atto dispositivo del mezzo investigativo debbano essere indicati diversi elementi tra i quali “i motivi che rendono necessaria l’attività di indagine richiesta”, certamente soggetti al sindacato giurisdizionale. Questa interpretazione si basa sul fatto che il giudice è tenuto ad un implicito vaglio di

177 Così A. NOCERA, Il sindacato giurisdizionale interno in tema di ordine europeo di intercettazione, cit., p. 159

178 La Relazione illustrativa afferma che “sarebbe impensabile imporre alle autorità straniere di avventurarsi in valutazioni calibrate sulle forme tipiche del sistema italiano e verosimilmente estranee alle abitudini e alla cultura dello Stato richiedente” e che “non fosse altro che per una questione di tempi, non è pensabile che l’a.g. italiana possa e debba esaminare integralmente e direttamente gli elementi in fatto posti a fondamento delle richieste”, trattandosi “pur sempre di dare esecuzione ad un provvedimento già emesso dalla competente autorità giudiziaria dello Stato richiedente”, in un sistema fondato “su un atto di reciproca fiducia (…) che consente al giudice italiano di fondare il proprio giudizio su un quadro attestato dall’autorità richiedente”, p. 15 e ss

coerenza logica tra la gravità indiziaria del reato per il quale si richiede l’intercettazione e le ragioni giustificative, in termini di indispensabilità, del mezzo richiesto, che non può che essere condotto sulla base dell’analisi critica degli elementi evocativi.

É stato comunque osservato che la Direttiva nonostante attribuisca all'autorità di emissione la scelta dell'atto investigativo, rimette all’autorità di esecuzione la possibilità di far ricorso ad una diversa tipologia di atto di indagine, che abbia la medesima efficacia di quello richiesto, se esso non è previsto dal proprio diritto nazionale o non è disponibile (rectius, ammissibile) in un caso interno analogo; e se si considera che l'intercettazione può anche non essere eseguita quando la sua esecuzione violi il principio di proporzionalità, le verifiche che competono all'organo giudiziario, non risultano poi così ristrette 179. Il principio di proporzione, pertanto, sembra permettere il recupero dell’indispensabilità dell'intercettazione prevista dall’art. 267 c.p.p. In caso infatti di ordine europeo di intercettazione che non soddisfi i requisiti di ammissibilità di cui all’art. 267 c.p.p., l’autorità giudiziaria italiana sarà autorizzata a dare comunicazione tempestiva della rilevata sproporzione con l’invito a concordare mezzi alternativi meno invasivi. Questa interpretazione sembra potersi “adattare” anche al caso di sola notifica all'autorità giudiziaria italiana nel caso di persona soggetta a intercettazione in Italia. Il comma 2 dell’art. 24 del decreto, nella

parte in cui richiama i soli presupposti di cui agli artt. 266 e 266-bis c.p.p. (secondo la logica del mutuo riconoscimento), non opera “in deroga” alla regola generale dell’art. 9 commi 1 e 3, per la quale devono trovare applicazione tutti i requisiti di ammissibilità previsti dall’ordinamento dello Stato in cui si svolge l’attività investigativa. Né l’indicazione del solo presupposto di ammissibilità del titolo di reato assume una valenza esclusiva di ulteriori profili di verifica180. Pertanto spetta all'autorità competente alla notifica di cui all'art. 24 del

179 Cfr. A. NOCERA, Il sindacato giurisdizionale interno in tema di ordine europeo di intercettazione, cit., p. 165

180 Per questa interpretazione si veda A. NOCERA, Il sindacato giurisdizionale interno in tema di ordine europeo di intercettazione, cit., p. 166

decreto, un obbligo circa l'allegazione dei dati fattuali che richiedono lo svolgimento dell'operazione di intercettazione, in modo da consentire all'autorità di esecuzione la verifica degli elementi indiziari e della indispensabilità della misura. Le operazioni che proseguono in pendenza del giudizio di ammissibilità saranno poi eventualmente inutilizzabili nel caso in cui il giudice per le indagini preliminari ne ordini la cessazione.

Ai sensi dell'articolo 23 comma 2, tra le indicazioni che devono essere inserite nell'OEI si prevede oltre l'esistenza del titolo che dispone o autorizza lo svolgimento delle operazioni di intercettazione con l'indicazione del reato, anche la durata dell'intercettazione. La disciplina dei singoli Stati membri potrebbe differire anche in ordine a questo elemento; nell'ordinamento spagnolo ad esempio l'autorizzazione data dal giudice con atto motivato, dura un periodo di 3 mesi (prorogabili) 181, mentre in Italia dura 15 giorni, anch'essi prorogabili dal giudice qualora permangano sempre i requisiti previsti dal comma 1 dell'art. 266 c.p.p. e, su istanza del Pubblico ministero. Si può concludere dicendo che le intercettazioni di comunicazioni rappresentano un atto alquanto peculiare, considerata la loro invadenza,e quindi risulta ancora più complicato attuare il principio del riconoscimento reciproco in relazione a tali operazioni, permanendo dunque un'attenzione evidente al rispetto delle normative nazionali, spesso disomogenee, in quanto frutto di sensibilità diverse a seconda dell'ordinamento considerato 182.

181 Per l'analisi della disciplina spagnola in tema di intercettazioni si rimanda al Cap. IV

182 Per queste conclusioni si veda A. NOCERA, Il sindacato giurisdizionale interno in tema di ordine europeo di intercettazione, cit., p.167-168

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