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L’indagine del difensore costituisce un’attività privata, per cui il problema è sempre stato quello dell’uso di quelle attività all'interno del processo. Egli non agisce come potere statale, ma come soggetto privato esercente un servizio di pubblica necessità, il cui operato non è inquadrabile in una funzione giudiziaria, e pertanto non sottoposta alla disciplina dell'OEI.

Conviene dunque porre su piani diversi il diritto all’indagine difensiva e quello all’uso dei suoi risultati.

Per quanto riguarda le singole attività si deve affermare che il difensore possa compiere, se non tutte, almeno quelle che non richiedono autorizzazione da parte del giudice, ad esempio l'assunzione di informazioni. La difficoltà risiede, infatti, nell’utilizzazione di quelle dichiarazioni. Altrimenti è chiaro che a tal fine il difensore possa recarsi all’estero, o inviare persone all’estero, ma il problema che rimane è se le possa verbalizzare, e che cosa cambi all’estero sotto questo aspetto 183.

La Direttiva prevede che il ricorso del difensore può essere proposto sin dal primo contatto con le autorità inquirenti. A questo proposito erano state prospettate, prima che essa fosse recepita nel nostro ordinamento, due soluzioni normative: la prima consisteva nel chiarire definitivamente l’obbligo del giudice di motivare il provvedimento con il quale decide sulla richiesta di OEI proposta dall’imputato, la seconda nel configurare una richiesta del difensore sul modello di quella ex art. 391-bis, commi 9 e 10, c.p.p., prevista per il caso in cui la persona in grado di riferire si sia rifiutata di dare risposte al difensore o di presentarsi al colloquio 184.

Per quanto riguarda la prima, rimanendo nel campo delle ipotesi,

183 F. M. GRIFANTINI, Ordine europeo di indagine penale e investigazioni difensive, cit., p.4

184L'art. 391 bis comma 10 prevede infatti che “il pubblico ministero, su richiesta del difensore, ne dispone l'audizione che fissa entro 7 giorni dalla richiesta medesima”

sembrava configurabile, per effetto della legittimazione del difensore alla domanda, l’obbligo dell’autorità giudiziaria di decidere con un provvedimento motivato in modo da chiarire le ragioni del rigetto, e propiziare una nuova richiesta con maggiore fortuna, oppure l’impugnazione con mezzi appositamente introdotti; per quanto riguarda la seconda occorre considerare che il pubblico ministero non è obbligato ad accogliere la richiesta, potendo sempre sottoporla ad una valutazione in termini di ammissibilità e fondatezza, che, dunque, dovranno essere specificamente illustrate dal difensore nella sua richiesta. In questo caso si nota come l'atto in questione sarebbe considerato come un atto del pubblico ministero e non del difensore, per cui questo si troverebbe ancora una volta in una situazione svantaggiata 185.

Inoltre per quanto attiene all'utilizzabilità delle investigazioni svolte all'estero, è stato osservato che nel nostro ordinamento giuridico non sussistevano disposizioni normative che contemplassero per il difensore uno spazio investigativo internazionale, ma comunque nessuna disposizione lo escludeva in maniera esplicita. Perciò erano sorte difficoltà in ordine al criterio ermeneutico attraverso il quale colmare tale vuoto. Secondo una prima ricostruzione, la disparità di trattamento era evidente considerando che, ai sensi dell'articolo 727, comma 1, c.p.p. le rogatorie finalizzate all'acquisizione probatoria potevano essere formulate da giudici o dai p. m. ed erano trasmesse al Ministro di grazia e giustizia che provvedeva all'inoltro per via diplomatica; pertanto“il difensore era privo di qualsiasi legittimazione

alla richiesta di assistenza, dovendo “elemosinare” e sollecitare i poter dei magistrati” 186.

185F. M. GRIFANTINI, Ordine europeo di indagine penale e investigazioni difensive, cit., p. 6 e ss

186Per questa ricostruzione si veda G. LA GRECA, origine e primi sviluppi della cooperazione giudiziaria internazionale, in AA. VV., Rogatorie penali e cooperazione giudiziaria internazionale a cura di G. LA GRECA- M.R. MARCHETTI, Torino, 2003; in T. ALESCI le garanzie difensive e il ruolo del difensore nello spazio giudiziario europeo, in AA. VV., l'ordine europeo di indagine: criticità e prospettive, cit., p. 111

Tuttavia da questa ricostruzione emergono non poche criticità, ad esempio la valutazione da parte del magistrato circa l'opportunità e la utilità della rogatoria appariva discrezionale, e il difensore si trovava in una situazione in cui non aveva a disposizione la possibilità del reclamo. Per di più in tale caso il difensore sarebbe stato costretto ad anticipare la propria strategia difensiva 187.

Per il difensore è una scelta tattica esibire tutto o no al giudice costituendo elemento di prova ogni materiale ricercato utile alla decisione 188.

Si è parlato di “controprova”, in quanto nel nostro ordinamento, ai sensi del comma 3 dell'art. 111 Cost. si riconosce a chi nel processo penale è chiamato a difendersi dall'accusa la facoltà di “interrogare o far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico”, diritto che si pone come un'esplicitazione fondamentale del cosiddetto interesse alla controprova, inteso come interesse a controbattere punto per punto, non solo con argomentazioni ma con supporti probatori, le iniziative probatorie altrui, e che si raccorda con il diritto alla prova, al tempo stesso configurandosi come una specificazione dell'esigenza di parità di armi tra accusa e difesa 189.

Si tratta di previsioni in cui si palesa l'eco delle fonti internazionali di tutela dei diritti umani 190.

Il decreto legislativo 21 giugno 2017, n.108 prevede dal lato passivo una disciplina per i più appropriati avvisi al difensore del decreto di riconoscimento. Quest'ultimo è notificato a cura della segreteria del pubblico ministero al solo difensore della persona sottoposta ad indagini, entro il termine stabilito ai fini dell'avviso a cui ha diritto secondo la legge italiana per il compimento dell'atto. Questo significa che nell'ipotesi in cui debba procedersi ad interrogatorio ad esempio,

187T.ALESCI, Le garanzie difensive e il ruolo del difensore nello spazio giudiziario europeo, cit., p. 112

188 Per un approfondimento su questo tema si veda C. SANTORIELLO, Formulario del processo penale, tomo primo, Torino, 2002, p. 349 e ss

189 Cfr. M. CHIAVARIO, Diritto processuale penale, Torino, 2015, p. 428

190 Si veda l'art. 6.3 lett d) Cedu e art. 14.3 lett e) PIDCP, che proclamano il diritto, per l'accusato, di interrogare o far interrogare i testimoni a carico

l'avviso deve essere dato almeno ventiquattro ore prima del compimento dell'atto (art. 364, comma 3, c.p.p.), mentre se al difensore spetta il diritto di assistere senza avviso come nel caso di una perquisizione o di un sequestro, il decreto è “comunicato” al momento del compimento dell'atto o immediatamente dopo.

Una questione che potrebbe schiudere problematiche sul piano applicativo è quella legata all'individuazione del difensore al quale comunicare il decreto di riconoscimento: il testo menziona il difensore della persona sottoposta ad indagini, soggetto che potrebbe essere stato designato nello Stato di emissione. Il diritto alla “dual defence”, già attuato nel contesto della decisione quadro sul mandato d'arresto europeo, grazie alla direttiva 2013/48/UE, dev'essere considerato quale elemento indefettibile di regolarità anche nelle procedure volte all'acquisizione delle prove 191.

In caso di emissione di un OEI da parte dell’autorità italiana, ai sensi dell'art. 33 comma 1, quest'ultima concorda con l'autorità di esecuzione le modalità di compimento dell'atto di indagine o di prova, specificamente indicando i diritti e le facoltà riconosciuti dalla legge alle parti e ai loro difensori; vengono inoltre previsti i necessari avvisi a cui hanno diritto questi ultimi, una volta che il giudice o il pubblico ministero abbiano ricevuto i risultati della documentazione compiuta all’estero.

Ai sensi dell’art. 35, in particolare, “l’autorità giudiziaria che ha

emesso l’ordine di indagine, ricevuta dall’autorità di esecuzione la documentazione delle attività compiute, provvede nei casi e nei modi previsti dalla legge processuale a darne conoscenza alle parti e ai loro difensori”. A norma dell’art. 36 sono raccolti nel fascicolo per il

dibattimento di cui all’art. 431 c.p.p., all’esito di un OEI: i documenti, gli atti irripetibili e gli atti a cui i difensori sono “stati posti in grado di

assistere e di esercitare le facoltà loro consentite dalla legge italiana”

191 Così A. MANGIARICINA, L'acquisizione “europea” della prova cambia volto: l'Italia attua la direttiva relativa all'ordine europeo di indagine penale, cit., p. 7

(art. 36, comma 1) 192.

4. Il regime di utilizzabilità della “prova europea”. Un sistema non

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