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Come emerso già ad una prima lettura dell’argomento, la qualificazione degli interessi diffusi non è agevole.

A tal fine, la dottrina ha fatto riferimento a indici differenti, talvolta soggettivi, talaltra oggettivi; in altri casi ancora, ha scelto di applicare un criterio per così dire di definizione in negativo, tentando cioè di individuare il nucleo di questo interesse escludendo l’appartenenza ad altre categorie.

Quest’ultimo approccio ritiene, in particolare, che gli interessi in esame siano differenti dagli interessi pubblici ed allo stesso tempo non costituiscano interessi di mero fatto: essi, infatti, è bene ribadirlo, non fanno capo ad una collettività organizzata, e sono quindi alla ricerca di un centro di imputazione66.

Questa linea di pensiero definisce dunque la categoria dell’interesse diffuso differenziandolo dal mero interesse di fatto, in quanto, contrariamente a quest'ultimo, non è privo di rilevanza giuridica per l'ordinamento, pur non essendo ancora “soggettivizzato”.

Allo stesso tempo, però, esso non è assimilabile nemmeno all’interesse pubblico. Sembra quasi tautologico affermare che portatrice dell’interesse pubblico è solo la Pubblica amministrazione: al contrario, l’interesse diffuso, anche se non riferibile ad un soggetto specifico o ad una cerchia di soggetti determinata, fa capo alla generalità degli individui e consente la fruizione dei beni della collettività67.

65

F. SANTORO PASSARELLI, Nozioni di diritto del lavoro, Iovene, Napoli, 1951, p. 29. L’autore, discorrendo a proposito dell’interesse collettivo, sostiene che questo non è la sommatoria degli interessi individuali, ma la loro combinazione ed è indivisibile.

66

G. ALPA, Interessi diffusi, in Dig. disc. priv., vol. IX, Torino, p. 609.

67

DENTI V., Interessi diffusi, in Noviss. dig. it., App. IV, Torino, 1983, p. 307. Secondo l’autore, gli interessi diffusi si distinguono dagli interessi pubblici non per l’oggetto su cui insistono, che è sempre

41 Accanto a questa ricostruzione del fenomeno, una diversa corrente di pensiero definisce la categoria dell’interesse diffuso in termini diversi, taluni ponendo l’accento sull’elemento oggettivo, altri su quello soggettivo.

Secondo il modello oggettivo, l’interesse diffuso può fare a meno di un titolare, rimanendo cioè desoggettivizzato, poiché l’ordinamento si fa carico della necessità di curarlo, assorbendolo all’interno delle proprie funzioni: amministrativa o giurisdizionale.

Stando a questa impostazione68, quindi, l’interesse diffuso risulterebbe tutelato attraverso il potere discrezionale della Pubblica amministrazione o mediante il potere di controllo dell’attuazione del diritto oggettivo da parte del giudice, in sede giurisdizionale.

È interessante notare che, secondo questa concezione, i cittadini, lungi dall’essere titolari di alcuna prerogativa, sarebbero considerati in un’ottica meramente passiva, come collaboratori che partecipano all’attuazione della volontà dell’ordinamento69.

Quest’orientamento, tuttavia, postula una rivisitazione della funzione amministrativa e di quella giurisdizionale, atteso che la P.A. dovrebbe farsi carico, nell’ambito del perseguimento dei fini istituzionali che deve realizzare, di considerare gli interessi emergenti dal corpo sociale e il giudice avrebbe il potere-dovere di controllare, nell’ambito della sua funzione giurisdizionale, la legittimità degli atti autoritativi nell’ottica della tutela individuale e collettiva e supervisionare la correttezza dell’operato della P.A., con riguardo alla contrapposizione tra l’interesse pubblico primario e gli interessi sociali che di volta in volta vengono in rilievo.

Prima di esaminare l’orientamento soggettivo, che certamente è quello prevalente allo stato attuale, pare doveroso considerare una variante del modello oggettivo.

costituito da beni di rilevanza generale, bensì per il soggetto, nel senso che gli interesse pubblico orienta l’attività dell’amministrazione, mentre gli interessi diffusi sono relativi a beni collettivi, di uso e fruizione generale.

68

P. MADDALENA, Giurisdizione contabile e tutela degli interessi diffusi, in Cons. Stato, 1982, p. 291.

69

M. CRESTI, Contributo allo studio della tutela degli interessi diffusi, Milano, 1992, p. 94 ss. A tal proposito, si è espresso anche F. SCOCA, Tutela dell’ambiente, la difforme utilizzazione della categoria

dell’interesse diffuso da parte dei giudici amministrativo, civile e contabile, in Dir. e soc., 1985, p. 637,

secondo il quale: “gli interessi diffusi sono convogliati e risolti in un unico interesse individuale dello

42 Sono state avanzate, infatti, da più parti proposte volte ad introdurre delle azioni cosiddette “pubbliche”, affidando la tutela di queste posizioni ad organismi pubblici: queste azioni differirebbero da quelle meramente popolari, in precedenza analizzate, perché, mentre in queste ultime la partecipazione pubblica in sede giurisdizionale si connota come eccezionale, attraverso la tutela di posizioni di rilevanza comune per i membri della collettività, nelle cosiddette “azioni pubbliche”, invece, i pubblici poteri possono agire per la tutela di un interesse sovraindividuale, come forma di tutela normale di queste posizioni70: le amministrazioni pubbliche sarebbero dunque detentrici del potere di tutelare gli interessi della generalità di individui.

I fautori di questa tesi fanno l’esempio delle Autorità Indipendenti, tra cui l’Autorità Antitrust, a cui è affidata la tutela di interessi sovraindividuali, potremmo dire di categoria.

A sostegno di questo orientamento si è stato inoltre addotto un argomento di carattere positivo: più precisamente, il legislatore, con una recente novella, del 201171, che ha aggiunto l’art. 21 bis alla l. 287/1990, ha ammesso la possibilità per l’AGCOM di agire per contestare i provvedimenti amministrativi generali che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato.

Questa impostazione ha incontrato aspre critiche e si è dimostrata fallace, se solo si considera che anche le autorità amministrative indipendenti perseguono primariamente l’interesse pubblico, che, come si è detto, non è per sua natura assimilabile all’interesse diffuso e, d’altra parte, l’Autorità garante non è per definizione parificabile ad un soggetto privato.

Questa ricostruzione resta dunque minoritaria in dottrina e in giurisprudenza, essendo oramai condiviso un modello di tipo soggettivo o relativamente soggettivo.

In particolare, secondo quest’orientamento, l’interesse diffuso è una situazione giuridica soggettiva; ogni formazione sociale, gruppo o collettività risulta formata di individui ed è quindi oggetto di considerazione giuridica, anche se, e questo è l’elemento discretivo, esso può concretizzarsi solo con l’appartenenza ad un gruppo72.

70

L. ZANUTTIGH, Comunicazione, in Le azioni a tutela di interessi collettivi, Padova, 1976, p. 319.

71

L’art. 35 del d.l.6 dicembre 2011, n. 201, convertito con legge 22 dicembre 2011, n. 214.

72

43 La concezione relativamente soggettiva concentra l’interesse diffuso su un soggetto, con la peculiarità che si tratta di un soggetto collettivo: la difficoltà sta, tuttavia, nella circostanza per cui tale collettività non è definita, restando l'interesse tendenzialmente alla ricerca di un portatore.

Per quanto attiene all’identificazione degli interessi diffusi, è essenziale la sussistenza di un elemento che consenta di attribuirgli rilevanza giuridica: come sostenuto in dottrina, infatti, la sua mancanza li renderebbe troppo deboli e sfocati73.

In particolare, esso consiste nella imputabilità ad un numero di individui non determinabile a priori, ma comunque identificabili in ragione di uno status o della riferibilità di qualità soggettive comuni che li caratterizzano (utenti, consumatori ecc.).

La dottrina pare dunque avere qualificato la categoria in esame nell’ambito di un

tertium genus, che si inserisce nella dicotomia interesse legittimo e diritto soggettivo,

considerando quale ontologica essenza dell'interesse diffuso la dimensione non individualistica, che però crea non pochi problemi sistematici nel nostro ordinamento.

Questa conclusione, tuttavia, non è del tutto pacifica nell’attuale panorama dottrinale e giurisprudenziale, essendo emerse opinioni contrapposte in quest’ambito.

Saranno, dunque, oggetto di indagine le varie tesi sul punto, al fine di comprendere meglio l’attuale consistenza delle posizioni in esame.