• Non ci sono risultati.

Intermezzo: la bande dessinée, un disegno in azione

Noi non vogliamo lavorare allo spettacolo della fine del mondo,

4.3 Intermezzo: la bande dessinée, un disegno in azione

Il 1967 segna un anno importante dal punto di vista teorico. Iniziano a circolare due libri fondamentali: La Société du Spectacle (La Società dello Spettacolo) di Guy Debord e Traité de savoir-vivre à l’usage des jeunes générations (Trattato del saper vivere ad uso delle nuove generazioni) di Raoul Vaneigem.

La pubblicazione fu annunciata tramite un volantino Vient de paraître (Appena pubblicato) affisso, nel dicembre 1967, sui muri di Parigi. Sul volantino, diviso in due parti, sono stati riprodotti degli estratti dei due libri rappresentati attraverso la tecnica del détournement di comics.

In testa al volantino troviamo La Società dello Spettacolo. La vignetta è intitolata Le prolétariat comme sujet et comme représentation. I fumetti utilizzati provengono dalla serie Terry et les pirates (Terry e i pirati) creata da Milton Caniff e disegnata da George Wunder (Gaumer 2010, p. 924). Mentre la seconda parte del manifesto, dal titolo La Survie

et sa Fausse Contestation, è inerente al Trattato del saper vivere. Per questa illustrazione è stata adoperata la serie

di fantascienza disegnata da Paul Norris e dal titolo Brick

Bradford233 (Gaumer 2010, p. 635).

In questo caso non vengono utilizzati fumetti anonimi, ma delle serie celebri disegnate non dai creatori ma da disegnatori minori che presero il loro posto.

Il numero 11 della rivista I.S. era stato annunciato nello stesso modo, attraverso due manifesti disegnati da Gérard Joannès e André Bertrand, e con testi di Raoul Vaneigem. In

233 Vedi anche Antoine Sausverd in «Trop feignants pour faire les dessins ? Le détournement de bande dessinée par les situationnistes»,

L’Éprouvette, n°3, 2007, p. 159.

uno dei due manifesti c’è una vignetta dedicata alla cultura. Il primo dialogo recita: «La cultura? Ma è la merce perfetta, quella che fa pagare tutte le altre. Non è sorprendente che vogliate offrirla a tutti…»234.

Il filosofo Günther Anders, nei suoi scritti, aveva più volte criticato la cultura e il suo mercato. Ne «La realtà. Teoria per un simposio sui mass media» del 1960 apre il testo con una premessa sui rapporti umani mediatizzati dai prodotti, «che a loro volta hanno coprodotto il carattere di massa» (Anders 2007, p. 229) e ne consegue quindi che la massa è il prodotto di se stessa. Secondo Anders il problema sta nella riproduzione di beni che ha per fine la vendita e il guadagno economico, e questo vale anche per la cultura. La massa è dunque un consumatore di cultura che a sua volta diviene un prodotto culturale.

Il rifornimento delle masse con beni di riproduzione non ha la sua effettiva raison d’être – come noi affermiamo volentieri per una forma di autogiustificazione – nell’‘uguale diritto di tutti alla cultura’, piuttosto nella possibilità dei produttori di vendere un unico prodotto culturale migliaia di volte, insomma, detto cinicamente, ‘nel diritto del prodotto ad essere comprato’. Il cosiddetto ‘pluralismo culturale odierno’, a cui diamo così volentieri un fondamento etico-sociale, ha piuttosto in primo luogo le radici in qualcos’altro, cioè nel diritto di tutte le merci ad una uguale possibilità di vendita. [..] Chi privilegia la cura del ‘settore culturale’ (come già accade nella stessa denominazione di certi comportamenti della radio e della televisione) può legittimarsi come barbaro, perché ha particolare cura del ‘settore cultura’ e perché attraverso questa separazione del settore dimostra di supporre la vita umana come qualcosa di primariamente preculturale. (Anders 2007, p. 230)

Come affermò Anselm Jappe, i situazionisti, in un secondo momento, spostarono la loro attenzione teorica dalla cultura «verso l’ideologia» (1999, p. 182). È vero. Pensiamo all’intero capitolo consacrato all’ideologia da

234 Manifesto reperibile su internet http://rocbo.lautre.net/poleis/is/ aff_comics/ (08-09-2019).

parte di Debord ne La Società dello Spettacolo e che aveva già iniziato ad affiorare sugli articoli apparsi, precedentemente alla pubblicazione, nella rivista dell’Internazionale.

Tuttavia la critica culturale rimane un punto fondamentale nelle teorie dell’IS, anche se sembra sia stata rimpiazzata da altri pensieri e altri concetti. La cultura era, infatti, un dominio insidioso per il movimento poiché da una parte era legata alla sovrastruttura e quindi al potere, ma dall’altra rifletteva la sfera condivisa dalla collettività, l’ambito in cui essi volevano agire.

L’interesse di questo campo scaturiva anche dal fatto che all’interno della cultura si trova il linguaggio che è in

primis un mezzo di comunicazione tra gli esseri umani.

I situazionisti sapevano che il potere era «entrato in possesso di una presa diretta sul sistema con cui un individuo comunica con se stesso e con gli altri» (I.S., n° 7, [aprile 1962], 1994, p. 48).

Se l’autorità controllava le masse attraverso vari sistemi di comunicazione, perché non utilizzare gli stessi mezzi contro di esso?

René Viénet, membro della sezione francese, scrisse un articolo dal titolo «I situazionisti e le nuove forme d’azione contro la politica e l’arte», pubblicato sul n° 11 dell’I.S. nell’ottobre del 1967. Questo testo ufficializza quello che in pratica i situazionisti avevano già sperimentato nel corso degli anni, benché non in maniera sistematica o mirata, cioè la messa a punto di nuove tecniche di azione servendosi dei mezzi di comunicazione più moderni: fotoromanzi, fumetti, cinema e radio.

Viénet propone di utilizzare sul campo gli stessi mezzi impiegati dalla società dello spettacolo. Quello che creerà la differenza tra gli uni e gli altri sarà l’applicazione di questi mezzi attraverso la tecnica del détournement.

Claude Beylie, critico e storico cinematografico, nel 1964 iniziò a ipotizzare l’idea che i comics siano un’arte. In specifico sull’articolo dal titolo «La bande dessinée est-

elle un art ?» («Il fumetto è un’arte?»), egli definisce questa tecnica come «un disegno in azione» che non possiede nessun grado di subordinazione alle arti plastiche: è un’arte a tutti gli effetti235.

In particolare, Viénet interpreta il fumetto come l’unica «letteratura veramente popolare» (I.S., n°11, [ottobre 1967], 1994, p. 34) e, grazie alla tecnica del détournement, diviene un mezzo efficace su più fronti: è capace di divulgare su larga scala le loro idee ed è utilizzato contro la stessa «Pop

art» che se ne serviva (ibid.). Il loro metodo aveva come

obiettivo di rendere «ai fumetti la loro grandezza e il loro contenuto» (ibid.). Il détournement, come aveva scritto Jorn, «è un gioco dovuto alla capacità di devalorizzazione», quindi «chi è in grado di devalorizzare può solo creare nuovi valori»236 e, di conseguenza, nuovi significati e nuovi

utilizzi.

Viénet individua un’altra forma di fumetti situazionisti: i comics per realizzazione diretta, come quelli messi in circolazione per l’uscita del numero 11 della rivista.

La parola d’ordine era sperimentazione, essi dovevano agire anche su altri mezzi, come sui manifesti pubblicitari nei corridoi della metropolitana oppure creare delle radio pirata; era necessario stravolgere il cinema creando «film situazionisti» (I.S., n°11, [ottobre 1967], 1994, p. 34). Sebbene parte di questi mezzi possedevano una forte componente estetica, a ogni modo erano utilizzati all’interno della critica sociale e, ancora una volta, servivano come mezzo di lotta contro il sistema dell’arte-spettacolo inteso come mercificazione e valore economico:

Per noi si tratta di ricollegare la critica teorica della società moderna alla critica in atto di questa stessa società. Sul campo, dirottando (en détournant) le proposizioni stesse dello spettacolo, daremo ragione delle rivolte del giorno e dell’indomani. (ivi, p. 32)

Il tema del fumetto come fenomeno sociale era già

235 Claude Beylie introdusse la tecnica del fumetto come «nona arte» ne il manifesto delle sette arti di Ricciotto Canudo.

236 Testo già citato. Vedi terzo capitolo, §5.

stato esaminato dal movimento Co.Br.A, in specifico, sull’articolo «Premiers éléments d’une psycanalyse des ‘comics strips’», pubblicato sul numero sette dell’omonima rivista nell’ottobre del 1950. L’autore dell’articolo, un certo Dr Cordier, indagò l’argomento dal punto di vista del «pericolo» dei fumetti, inerente alla «tecnica del

condizionamento» insita nei comics e che veniva utilizzata

anche dalla pubblicità e dalla propaganda. Partendo dal fatto che, affermava il Dr Cordier, «se le nostre tecniche modificano il mondo, il mondo a sua volta modella la nostra mentalità», allora «il creatore di fumetti obbedisce agli imperativi del suo maestro e mira a trasformare la mentalità popolare secondo le direttive e le esigenze dello stato che serve», attraverso la tecnica237.

Perché non ribaltare questa idea e impiegare i fumetti per diffondere il proprio pensiero? E farli diventare degli strumenti di azione?

La pratica di utilizzare comics è stata una delle peculiarità dei situazionisti. Pensiamo alle vignette détourné a fianco dei loro testi pubblicati sulla rivista I.S. per rafforzare il messaggio oppure alla serie Le avventure di Superman il

situazionista realizzata dal gruppo Spur per raccontare le

vicende del movimento.

Delle vignette détourné sono state impiegate su due libri, citati sul capitolo precedente, Fin de Copenhague e Mémoires. Nel 1963 è stato pubblicato e diffuso dal movimento un fumetto-cartolina postale, dal titolo Les

aventures de la dialectique238, per annunciare il nuovo

indirizzo della rivista.

Fin dall’inizio i situazionisti si sono interessati ai comics perché, come scrisse Michèle Bernstein, «l’arte del fumetto

e l’arte del cinema, nella loro permanente interazione», erano «le due strutture più viventi»239 dell’epoca.

I comics erano un mezzo di consumo di massa che si prestava molto bene ad essere rielaborato. Le vignette da loro utilizzate erano di piccolo formato e a basso prezzo.

237 Cordier, Jean «Premiers éléments d’une psychanalyse des ‘comics strips’», Cobra, n°7, ottobre 1950, pp. 11-12.

Cobra, n°7. (1950). R, Rares, 4 P 753

NOR. Paris Bibliothèque nordique. Questo articolo è anche citato da Antoine Sausverd in «Trop feignants pour faire les dessins ? Le détournement de bande dessinée par les situationnistes», op.cit., pp. 130-131. Sausverd afferma che l’articolo è stato letto dai futuri situazionisti, ma riguardo questa informazione non ho trovato nessun riferimento. È comunque verosimile che Jorn e Constant, entrambi membri del gruppo Co.Br.A, abbiano mostrato o parlato dell’articolo ad alcuni situazionisti.

238 Les aventures de la dialectique (1963). TDS, Textes et documents situationnistes, carte postale. Paris: AGB.

239 Le Long Voyage è la terza monografia edita dall’IS sotto il nome di Bibliothèque d’Alexandrie. Questo catalogo è dedicato ad Asger Jorn, testo di Michèle Bernstein. Anche su questo testo sono stati inseriti dei fumetti détourné. Bernstein, Michèle. Le Long Voyage (1960). TDS, Textes et documents situationnistes, catalogue Bibliothèque d’Alexandrie. Paris:

La combinazione delle immagini e dei testi rafforzava i concetti che essi volevano esprimere. Il fumetto permetteva non solo di potenziare il significato del testo, ma di trattare degli argomenti seri e fare della critica in maniera ironica e pungente.

Da Le Retour de la Colonne Durutti in poi inizierà tutta una serie di détournement di strip – non tutti realizzati direttamente dall’IS – che avrà il suo apice attorno al ’68 parigino.

In questo modo è stata introdotta una notevole critica politica che, grazie all’immediatezza dell’immagine, risulta di facile lettura e acquista una forza maggiore rispetto al solo testo.

La pratica del détournement, come abbiamo già visto, è un rimettere in gioco elementi preesistenti per dargli un nuovo significato. In senso più ampio è una tecnica volta a rovesciare la tradizionale morale per creare un nuovo modo di pensare.

Nella contestazione del 1968 le tecniche utilizzate negli anni dai situazionisti raggiungeranno, in alcuni casi, un’esplosione senza precedenti: distribuzione e affissione di volantini; détournement di fumetti; scritte poetiche sui muri delle università e della città.