Molto spesso, le parti, al fine di sottrarsi a norme meno favorevoli, nel regolamentare i loro interessi, fanno riferimento a una disciplina differente rispetto a quella che dovrebbe trovare applicazione al caso concreto. Si pensi, per fare un esempio, alla prelazione agraria: la legge 26 maggio 1965, n. 590, poi modificata dalla legge 14 agosto 1971, n. 817, consente al coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti con fondi offerti in vendita di esercitare, qualora ricorrano determinate condizioni, il diritto di prelazione. La norma fa riferimento solo a trasferimenti a titolo oneroso, così limitando il novero delle situazioni in cui è possibile esercitare il diritto di prelazione ai casi in cui il proprietario intenda alienare il fondo dietro corrispettivo. Rimanendo fedeli alla lettera della norma si dovrebbe, dunque, ritenere rispettata la legge ogni qualvolta la cessione del fondo avvenga a titolo diverso. Tuttavia, proprio grazie ad una interpretazione estensiva della norma, la giurisprudenza si è pronunciata nel senso della elusività di ogni trasferimento che avvenga senza il rispetto del diritto di prelazione.
Orbene, in casi simili, il Giudice è chiamato a svolgere un ruolo molto importante: egli deve, infatti, non solo far applicare la legge, ma, prima ancora, determinare la norma applicabile. E ciò mediante una delicata operazione ermeneutica, che tenga conto dei vari e numerosi aspetti che caratterizzano l’ipotesi sottoposta al suo esame.
Riprendendo la tradizione romana, molti autori ritengono che la frode, qualificata comunemente come una divergenza tra la “lettera” della legge ed il suo “spirito”, possa essere agevolmente scoperta mediante una corretta interpretazione dell’operazione negoziale.
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È stato obiettato che, in questo modo, si finisce con il rendere la frode alla legge una questione di interpretazione, negandole conseguentemente autonomia e finendo con l’eliminare ogni differenza tra il contra legem e l’in fraudem legis agere.
Tuttavia, si è ribattuto che quest’ultima concezione è frutto di una non ben chiara distinzione tra interpretazione estensiva e analogia: la prima mira ad attribuire alla norma un significato più ampio rispetto a quello proprio della sua lettera; la seconda ha lo scopo di colmare una lacuna, nel caso in cui la fattispecie concreta non trovi la propria disciplina in norme dell’ordinamento giuridico65. Di conseguenza, alla interpretazione estensiva non trovano applicazione le limitazioni, cui invece è soggetta l’analogia, di cui all’art. 14 delle preleggi66.
Alcuni Autori hanno addirittura sostenuto che, mediante la frode alla legge, il Giudice attribuisce alle espressioni un senso più ampio di quello fatto proprio dalle parole, creando una eccezione alla stessa67.
Pertanto, in molti casi è possibile sventare casi di frode proprio mediante una interpretazione estensiva della norma, che le parti utilizzano
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Né vale obiettare che, in alcuni settori dell’ordinamento, risulta più pregnante l’esigenza di certezza del diritto, che imporrebbe una interpretazione più restrittiva delle norme: la certezza del diritto, infatti, è un valore che permea l’intero ordinamento e non viene pregiudicata da un tipo di interpretazione (quella estensiva) più che da altri. Per queste osservazioni, cfr. G. CRICENTI, I
contratti in frode alla legge, cit., pag. 20 e segg.
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Che impedisce di fare uso della analogia per le leggi penali e quelle eccezionali, che «non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati» (art. 14 prel.).
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M. ATIENZA-J.R. MANERO, Ilícitos Atípicos cit., pag. 91, espressamente ritengono che «ciò che si produce con la frode alla legge è qualcosa di più di un’interpretazione. […] Con la figura della frode non si intende semplicemente applicare certe regole semantiche ad un testo per produrne un altro; quello che si compie è, piuttosto, la sostituzione di una regola con un'altra, e questo, chiaramente, non in modo arbitrario, ma ricorrendo ai principi che giustificano le regole preesistenti. Il Giudice che nell’applicare il diritto utilizza la figura della frode alla legge compie un’operazione parallela a quella che compie quando utilizza l’analogia. Come, quindi, si distingue tra interpretazione estensiva e analogia (l’analogia rappresenta un passo ulteriore rispetto alla semplice interpretazione), così bisognerebbe dire che la frode alla legge va oltre l’interpretazione restrittiva della regola: non s’intende una determinata espressione nel senso più limitato possibile, ma piuttosto si crea un’eccezione alla stessa».
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magari confidando in una interpretazione letterale e puntuale della stessa68.
Altro strumento che può affiancare l’interpretazione (e che ad essa necessariamente consegue) nella lotta alle elusioni è costituito dalla qualificazione del contratto. La qualificazione consente all’interprete, una volta indagata l’effettiva consistenza e natura degli interessi ad essa sottesi, di dare il corretto nomen iuris all’operazione negoziale e, cioè, attribuire la giusta veste formale a ciò che le parti hanno inteso regolamentare. Attraverso tale strada, si possono smascherare eventuali frodi perpetrate dalle parti per il tramite di una nomenclatura negoziale non rispondente alla reale sostanza economica dell’affare. Si pensi, ancora una volta, al datore di lavoro che, al fine di sottrarsi alla disciplina maggiormente vincolistica del lavoro subordinato, qualifichi il contratto come di lavoro autonomo.
Si è detto che, così facendo, si rischia di far sì che il ruolo del Giudice sia non più quello di interpretare, ma di integrare e correggere la volontà delle parti, che finirebbe, per tale via, con l’essere disattesa e modificata69. Si giungerebbe, si dice, ad operare uno stretto controllo sulla autonomia privata, e il principio di libertà negoziale sarebbe, in concreto, di continuo violato.
Tuttavia, tale ragionamento presuppone una identità tra interpretazione e qualificazione che, come sottolineato dalla dottrina più attenta70, sono due facce della stessa medaglia, ma, benché strettamente collegate, costituiscono operazioni distinguibili. L’interpretazione ha come
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Questo non significa che la interpretazione estensiva sia lo (unico) strumento idoneo a risolvere tutti i casi di elusione: ciò risulta di tutta evidenza quando, ad esempio, l’operazione elusiva sia il frutto di un collegamento negoziale o di una combinazione di più negozi.
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Di tale avviso è U. MORELLO, Frode alla legge, Milano, Giuffrè, 1969, pag. 191, in cui si legge: «chi stipula una vendita con patto di riscatto vuole chiaramente ed effettivamente porre in essere la convenzione dichiarata e se poi s’accerta che si tratta di un’alienazione a scopo di garanzia non può dirsi che tale è stata l’intenzione delle parti, ma piuttosto che il Giudice ha corretto in quel senso il tipo prescelto che non corrispondeva alla sostanza economica dell’affare».
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P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-
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scopo quello di analizzare e conoscere la reale sostanza economica dell’affare, in modo da applicare la norma più rispondente e, in tale operazione, il Giudice deve rispettare la volontà delle parti; la qualificazione, invece, che presuppone la interpretazione, prescinde dal volere dei contraenti, avendo quale fine quello di dare la giusta veste formale (il nomen iuris) alla operazione negoziale. Si pensi alla classica ipotesi dell’alienazione in garanzia, mascherata da vendita con patto di riscatto: in questo caso, ciò che le parti realmente volevano non corrisponde al nome che esse hanno attribuito all’affare economico; pertanto, è inesatto dire che l’interprete ha “corretto” la volontà delle parti: egli, una volta interpretato il reale contenuto del contratto e valutato che le parti, sotto le vesti di una lecita vendita con patto di riscatto, intendevano in realtà porre in essere una vendita con funzione di garanzia, eludendo così il divieto previsto all’art. 2744 c.c., non può che procedere alla corretta qualificazione di quella operazione, denominandola come alienazione in garanzia.
Ne consegue che, all’evidenza, tentativi di elusione possono essere sventati anche grazie alla semplice riqualificazione dell’operazione negoziale.