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La “maternità surrogata” nell’esperienza comparatistica e l’interesse del minore.

TRA RISPETTO DELLE NORME E TUTELA DEI DIRITT

5. La “maternità surrogata” nell’esperienza comparatistica e l’interesse del minore.

Un altro ambito che può facilmente essere oggetto di fenomeni elusivi è quello che riguarda la cosiddetta “maternità surrogata”. Il considerevole numero di ipotesi di frode alla legge in tale ambito deriva essenzialmente dal fatto che in alcuni Paesi tale pratica è vietata, laddove in altri viene, invece, ammessa.

Prima di addentrarci nel cuore del fenomeno e verificare concretamente come esso venga disciplinato e aggirato in varie esperienze giuridiche, occorre un breve cenno sulla sua nozione.

Per maternità surrogata (o per sostituzione o su commissione)67 s’intende il ruolo assunto da una donna che prende in carico l’obbligo di provvedere alla gestazione e portare a compimento il parto per conto di

single o, più spesso, di coppia sterile, nei confronti dei quali si impegna a

consegnare il neonato68. La surrogazione può avvenire o mediante

materie esplodenti; se il fatto è stato commesso per sfruttare minori e stranieri o, comunque, al fine di trarne profitto, anche indiretto).

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Per una panoramica anche in chiave comparatistica sulla maternità surrogata, A. B. FARAONI, La maternità surrogata, Giuffré, Milano, 2002.

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Si tratta, cioè, di un accordo in forza del quale «una donna, per soddisfare esigenze di maternità e di paternità altrui, dietro corrispettivo, o a titolo gratuito, contrattualmente noleggia,

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fecondazione del seme e/o degli ovuli della “coppia committente” o mediante impianto dell’embrione ottenuto tramite fecondazione in vitro da materiale biologico dei committenti. Il fenomeno vede, dunque, generalmente la presenza di tre soggetti: una donna che vuole avere un figlio, ma non può in quanto sterile (madre “surrogata” e adottiva o sociale o intenzionale); un uomo (padre naturale e biologico), marito della prima, che, pur fertile, non può generare a causa della impossibilità della moglie; un’altra donna che mette a disposizione della coppia la propria capacità generativa (madre naturale, “surrogante” o uterina).

con il richiesto consenso del marito, se sposata, il proprio utero ad una coppia di coniugi impossibilitata ad avere figli per sterilità della partner, impegnandosi a farsi fecondare artificialmente con il seme del marito di quest’ultima, a condurre a termine la gravidanza, nel rispetto di determinate norme di comportamento, ed a consegnare alla predetta coppia di coniugi committente il figlio così concepito, rinunciando ad ogni diritto su di esso»: A. B. FARAONI, op. cit., pag. 21. Vi sono due tipi di surrogazione: totale (o affitto d’utero) e parziale (maternità surrogata propriamente detta. La FIVET (fecondazione in vitro e trasferimento degli embrioni), si realizza mediante «prelievo degli ovuli e il loro incontro con gli spermatozoi in provetta, con impianto successivo degli embrioni nell'utero materno» (la definizione è di F. SANTOSUSSO, La procreazione medicalmente assistita.

Commento alla Legge 19 Febbraio 2004 n. 40, Giuffré, Milano, 2004). Secondo A. PIZZO, Una questione bioetica: la maternità surrogata. Problematica e prospettive, Dialegesthai, 2006, «la FIVET

consente la pratica dell' “affitto d'utero” (se si vuol considerare il concepito in legame biologico con entrambi i genitori committenti), che è cosa diversa dalla “maternità surrogata”. Infatti, il primo caso è quello di un rapporto preciso tra una coppia committente e una donna che accetta la gestazione di embrione non suo, ottenuto tramite fecondazione in vitro da materiale biologico dei committenti (p. e. ovulo e spermatozoi), fecondato e trasferito nel proprio utero che funge, dunque, da utero

surrogato». Affinché, invece, si abbia “maternità surrogata” è necessario che la madre surrogata non

offra soltanto il proprio utero, ma anche i propri gameti. E, ancora più chiaramente, l’Autore prosegue: «quando una coppia desiderosa di figli, ma sterile (o per la sterilità di entrambi o di uno dei due) trova una seconda donna disposta ad accogliere nel proprio grembo l'embrione, fecondato in vitro, della coppia, si ha allora l'affitto d'utero. Se, invece, la donna offre oltre al proprio utero tutta la sua capacità riproduttiva (ella accetta di farsi fecondare col seme del marito della coppia committente), ecco allora che si ottiene una surrogazione di maternità. [...] La definizione fornita però mette capo ad almeno due possibilità di realizzazione della maternità per surrogazione: 1. una donna (locatoria del proprio utero) che porta a termine la gestazione ricevendo l'ovulo fecondato di un'altra donna. L'ovulo appartiene a colei che desidera il figlio (madre committente e, in questo caso, anche genetica) ma può anche provenire da altra donna (terza donatrice). In tal caso si parla di

surrogazione totale (meglio, di affitto d'utero). 2. una donna (madre sostituta e anche genetica)

s'incarica sia di fornire l'ovulo che di portare a termine la gravidanza. Si parla, così, di surrogazione

parziale (meglio, di maternità surrogata propriamente detta)». Per una completa trattazione del

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Di solito la copertura giuridica a tale pratica viene fornita da un accordo tra le parti69, attraverso il quale la “madre surrogante” si impegna a sottoporsi a fecondazione artificiale, ricevendo il seme dell’uomo della coppia committente o facendosi impiantare l’ovulo fecondato, a portare avanti la gravidanza e a consegnare il bambino ai committenti al momento del parto, rinunciando ad esercitare qualsiasi ruolo genitoriale. Tale accordo in alcuni casi prevede un compenso o un rimborso, in altri è a titolo gratuito; e proprio dalla gratuità o onerosità della prestazione, alcuni ordinamenti fanno derivare la liceità o meno di tali accordi70. Poi, a seguito del parto, vi sono due ulteriori atti che conferiscono sostegno legale a tale operazione: il riconoscimento del bambino da parte del padre genetico e la sua adozione da parte della madre “surrogata” (genetica e/o intenzionale).

I primi ordinamenti a occuparsi compiutamente del fenomeno sono stati quelli di matrice anglosassone, che, come vedremo tra poco, sono anche quelli che si sono rivelati più liberali e permissivi nei suoi confronti. I sistemi giuridici dell'Europa continentale, invece, legislativamente mantengono un rigoroso divieto di tali tecniche, mentre sul panorama giurisprudenziale si assiste a scenari non ben definiti, caratterizzati ora dalla strenua difesa del divieto legislativo, ora da timide aperture modellate sui riferimenti degli ordinamenti di common law in materia.

Nei Paesi nei quali è riconosciuta la genitorialità genetica, quali Inghilterra, Stati Uniti, Canada e più di recente Russia, Ucraina ed India71, il principio sul quale si basa tale pratica è che sono genitori coloro i quali trasmettono il loro patrimonio genetico: infatti, alla luce di ciò, colei che porterà avanti la gravidanza non sarà la madre legale.

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Sugli accordi di maternità surrogata, I. CORTI, La maternità per sostituzione, Giuffré, Milano, 2000, pag. 91 e segg, che definisce il fenomeno come l’accordo attraverso il quale delle donne «si prestano ad avere una gravidanza e a partorire un figlio non per sé ma per un’altra donna».

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Tra gli Stati americani che ammettono la liceità di tali accordi, alcuni quali Kentucky, Nebraska, Louisiana e Utah, ne fanno derivare la nullità se gli stessi sono basati su un pagamento.

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Anche se, in queste ultime Nazioni, il sistema giuridico pone qualche difficoltà in più rispetto agli Stati americani, a fronte di costi leggermente più contenuti.

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Per comprendere più compiutamente il fenomeno è necessario calarsi all'interno di casi concreti, anche al fine di individuare le varie sfaccettature legislative e giurisprudenziali esistenti tra i diversi ordinamenti.

Il primo riscontro giurisprudenziale in materia è quello di Baby

Cotton72, nel Regno Unito. Il caso riguardava una coppia committente statunitense, la quale, grazie a un ente intermediario, fu inviata nel Regno Unito, dove avvenne l'inseminazione artificiale e il parto. Fu permesso alla coppia statunitense di ritornare in patria con la bambina, con l'unica condizione che il potere di guardianship sulla minore sarebbe rimasto in capo alle Corti inglesi. Il caso fece talmente scalpore in Inghilterra da indurre il Parlamento ad approvare una legge che disciplinasse la materia: il

Surrogacy Arrangement Act del 16 luglio 1985. Tale provvedimento

proibiva, punendo penalmente, soltanto gli accordi di maternità surrogata animati da un intento commerciale73, ammettendo, di contro, quelli che avvenissero su base volontaria. La legislazione inglese in materia si è arricchita nel 1990 attraverso lo Human Fertilization and Embriology Act, il quale, al fine dell'attribuzione dello status genitoriale ai “genitori genetici”, ha introdotto la procedura del parental order74, ovvero un provvedimento dell'autorità giurisdizionale attraverso il quale si attribuisce la potestà genitoriale ai soggetti committenti qualora vengano rispettati i requisiti previsti dalla legge75. Nel caso in cui non sussistano le condizioni per

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Re C (a Minor) (Wardship: surrogacy),[1985] FLR 846.

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Anche se tale posizione è stata, in seguito, superata dalla giurisprudenza delle Corti inglesi, le quali sono giunte a considerare come legittimo il pagamento nei confronti della madre che porta avanti la gestazione, qualora tale pagamento non avvenga come corrispettivo per l'adozione del bambino, ma rappresenti soltanto un rimborso delle spese effettuate e dei servizi resi. Conclusioni alle quali la giurisprudenza inglese era già pervenuta nella già citata sentenza Baby Cotton.

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Ed è, dunque, tale provvedimento giurisdizionale che dovrebbe impedire eventuali aggiramenti delle norme in materia.

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Tra i requisiti: i committenti devono essere sposati; per la creazione dell'embrione devono essere utilizzati i gameti di uno dei committenti o di entrambi; la richiesta dell’ordinanza da parte dei genitori committenti deve avvenire entro sei mesi dalla nascita; domicilio nel regno Unito di uno o entrambi i genitori committenti; il Tribunale deve accertarsi che il padre genetico del bambino e la madre surrogata acconsentono liberamente, con piena comprensione delle conseguenze, e

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ottenere un parental order, i “genitori committenti” possono cercare di ottenere l'adozione del bambino, che è quanto avvenuto nel citato caso

Baby Cotton: in tale ipotesi la Corte inglese ha autorizzato l'adozione del

bambino da parte dei genitori surrogati, in base ad un paradigma che sarà in seguito riconfermato in situazione analoghe, cioè quello del best interest

of child. Dunque, i giudici inglesi, hanno messo da parte le problematiche

relative a possibili ipotesi di elusione e hanno espresso chiaramente il principio che ogni questione relativa all’affidamento del bambino deve avere essenzialmente riguardo all’interesse dei nati, non dovendo basarsi su considerazioni relative alla validità del contratto sottostante76.

Nel diritto statunitense, invece, vi sono soluzioni diverse a seconda degli Stati: mentre nel New Jersey, la Supreme Court77, ribaltando una decisione della Superior Court78, ha dichiarato la nullità degli accordi di maternità surrogata, in California la Supreme Court79 ha affermato che il contratto di maternità surrogata non è contrario all'ordine pubblico.

incondizionatamente all’emissione dell’ordinanza; nessuna somma di denaro (salvo le spese ragionevolemente sostenute) deve essere data a o ricevuta dalla madre surrogata e dal di lei marito in relazione all’emissione dell’ordinanza, al consenso che essi devono prestare, alla consegna del bambino o agli accordi in vista dell’ordinanza.

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Sul punto, il giudice Latey ha affermato: «First and foremost, and at the heart of the

prerogative jurisdiction in wordship, is what is the best for the child or children concerned. That and nothing else. Plainly, the methods used to produce a child as this baby has been, and the commercial aspects of it, raise difficult and delicate problems of ethics, morality and social desirability. These problems are under active consideration elsewhere. Are they relevant in arriving at a decision on what and now and, so far as one can tell, in the future is best for this child? If they are relevant, it is incumbent on the court to do its best to evaluate and balance them. In my judgment, however, they are not relevant. The baby is here. All the matter is what is best for her now that she is here and not how she is arrived. If it be said (though it has not been said during these hearings) that because the father and his wife entered into these arrangements it is some indication of their unsuitability as parents, I should reject any such suggestion. If what they did was wrong (and I am not sayng that it was) they did it in a total innocence. It follows that the moral, ethical and social considerations are for others and not for this court in its wardship jurisdiction». Nel caso Re P, i giudici hanno invece

ritenuto «in this and in any other wardship dispute, the welfare of the children, or child, concerned is

the first and the paramount consideration which the court must, by statute, take into account and this is what I do». Re P (Minors) (Wardship Surrogacy), in Fam. Law Rep., 1987, 429.

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Supreme Court of New Jersey, 3 febbraio 1988, in Foro it., 1989, IV, 293, con nota di G. PONZANELLI, Ancora sul caso Baby M.: l’illegittimità dei "contratti di sostituzione di maternità".

78

Superior Court of New Jersey, 31 marzo 1987, nella traduzione italiana in Foro it., 1988, 104.

79

Supreme Court of California, 20 maggio 1993, in Foro it., 1993, IV, 337, con nota di G. PONZANELLI, California e ‘vecchia’ Europa: il caso del contratto di maternità surrogata.

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Per quanto riguarda la vicenda esaminata dai giudici del New Jersey, esso è noto come caso Baby M., il quale ha avuto ad oggetto il rifiuto della mamma partoriente di consegnare il bambino ai genitori genetici, nonostante avesse firmato un accordo di maternità surrogata. La Superior

Court, in prima battuta, affermò che un contratto del genere non era

contrario all'ordine pubblico, in quanto non aveva ad oggetto la vendita di un bambino, ma un semplice servizio personale al quale le parti avevano assentito liberamente. Da ciò conseguiva che il contratto era eseguibile in forma specifica e la bambina doveva essere consegnata ai genitori genetici in base al paradigma del best interest of child. Come già preannunciato, però, in appello la Supreme Court ha ribaltato la decisione di primo grado, statuendo, invece, la nullità del predetto accordo, in quanto contrario alla legge e all'ordine pubblico, dovendosi considerare il pagamento della madre surrogata penalmente illecito e degradante per la donna. Altri profili di illegittimità devono rinvenirsi nella contrarietà alle norme sull'adozione e allo stesso principio del prevalente interesse del minore.

A opposte conclusioni giungono i Giudici nel caso Johnson v. Calvert, concernente una ipotesi di “affitto d’utero”. Paradigmatica è la citata sentenza della Corte suprema californiana, all'interno della quale si tracciano con chiarezza e precisione i profili che giustificano la validità degli accordi di surrogazione di maternità. Ai fini della legittimità della pratica, l'elemento determinante è la decisione della coppia committente di impiantare l'embrione nell'utero della “madre in affitto”: tale accordo preventivo diviene l'antecedente causale di tutta l'operazione; inoltre, non è dato riscontrare alcuna contrarietà di un negozio di tal fatta rispetto alle norme penali dello Stato della California. Dunque, lo status di genitore è stato attribuito dalla Corte essenzialmente in base a quella che era la

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volontà delle parti: le parti hanno scelto a chi doveva essere attribuita la potestà genitoriale80.

Nei Paesi che, invece, non riconoscono la legittimità degli accordi di maternità surrogata, la ragione primaria di tale impostazione può essere tutta riassunta nell'antico brocardo “mater est quam gestatio demonstrat”, secondo il quale la maternità viene attribuita in base al parto81.

Fra gli ordinamenti che ritengono del tutto illegittimi gli accordi di maternità surrogata sulla base di esplicite disposizioni legislative rientrano la Francia, la Spagna, alcuni Stati australiani e l'Italia82.

Per quanto riguarda la Francia83, qualsiasi accordo di maternità surrogata è stato dichiarato nullo, in quanto contrario all’ordine pubblico dall’art. 16 code civil, introdotto dalle leggi sulla bioetica del 29 luglio 1994, secondo la cui lettera «è nulla ogni convenzione concernente la procreazione o la gravidanza per conto altrui». La norma, dunque, non fa alcuna distinzione tra accordi di tipo patrimoniale ed accordi aventi carattere solidaristico. È inoltre punibile penalmente colui il quale fa da tramite tra la coppia e la donna disposta ad affrontare la gravidanza ed il successivo parto per conto altrui84.

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Anche in tale decisione, i giudici californiani, al pari dei colleghi inglesi, hanno dato piena applicazione al principio del best interest of child e hanno individuato come elemento idoneo a scongiurare eventuali ipotesi di elusione la volontà delle parti.

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In tal senso autorevole dottrina, C.M. BIANCA,Diritto civile. 2. La famiglia. Le successioni,

Milano, 1998, pag. 295 e segg. e A. TRABUCCHI,Inseminazione artificiale (diritto civile), in Novissimo Dig. It., VIII, Torino, 1962, pag. 732 e segg. Tale principio si può rinvenire nel nostro ordinamento

positivo all'art. 269, co. 3, cod. civ. e anche dalla Convenzione di Strasburgo del 1975, Convention

européenne sur le statut juridique des enfants nés hors mariage.

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Sul tema cfr. R. TORINO, Gli accordi di maternità surrogata fra diritto a essere genitori,

disponibilità degli status e interesse del figlio, in Nuovi modelli familiari, ed. provv. Aracne, 2003,

pag. 299.

83

Per una panoramica degli accordi di maternità surrogata nel sistema giuridico francese, A.M. PRINCIGALLI, Maternità surrogata nell'esperienza francese: frode alla legge e interesse dei figli, in Rivista critica del diritto privato, 2005, III, pag. 519 e segg.

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Art. 227-12, commi terzo e quarto, code pènal: «È punito con le pena previste dal secondo alinea il fatto di esercitare un’intermediazione tra una persona o una coppia desiderosa di accogliere un bambino e una donna che accetta di portare nel proprio corpo questo bambino allo scopo di consegnarlo alla coppia. Le pene sono raddoppiate quando questi fatti sono commessi abitualmente o con uno scopo di lucro. È punito con le stesse pene il tentativo delle violazioni previste per il secondo e terzo alinea del presente articolo».

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Tuttavia, oltralpe è tuttora acceso un ampio dibattito su una possibile revisione delle leggi che riguardano tale fattispecie, che andrebbero adeguate, secondo i favorevoli a tali pratiche, alle leggi di Nazioni più possibiliste riguardo al tema della maternità surrogata.

L’illiceità della surrogazione di maternità fu stabilita per la prima volta dalla Cassazione civile francese, nel 198985, nei confronti di un’associazione che promuoveva tale tipo di accordi: questi ultimi furono dichiarati illeciti in quanto contrari al principio dell’ordine pubblico dell’indisponibilità delle persone; in particolare, fu richiamato l’art. 1128 del code civil, il quale prevede espressamente che solo le cose in commercio possono essere oggetto di un contratto, escludendo, di conseguenza, che questo possa avere ad oggetto dei nascituri. La nullità del contratto consegue anche dall’art. 311-9 code civil, secondo il quale le azioni relative alla filiazione non possono essere oggetto di rinuncia.

Già prima della legge n. 94-653 del 29 luglio 199486, in diverse occasioni i Giudici francesi si erano espressi per l'illegittimità degli accordi di maternità surrogata87. In particolare dopo la riforma del 1994, la

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Cass. Civ., 13 dicembre 1989, in Dalloz, 1990, Jur., 273, rapp. J. Massip.

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Legge n. 94-653 del 29 luglio 1994 in JCP, 1994, I, 3788 e 3802 bis con commenti di BYK C.,

La loi relative au respect du corps humain.

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Un caso particolarmente interessante è quello trattato dal Tribunal de grande Istance de

Crèteil (ord.) 30 settembre 2004, in Dalloz, 2005, pag. 476, con nota di DEPADT-SEBAG, Non-lieu

dans une affaire de maternité pour autri), in quanto venivano affrontati per la prima volta anche gli

aspetti penali della vicenda. Il Tribunale analizzò il caso di una coppia francese che prese contatti con alcuni cittadini americani, raggiungendo un accordo di surrogazione di maternità. A procedura conclusa, i coniugi si recarono al Consolato di Francia a Los Angeles, per ottenere la trascrizione degli atti di nascita, ricevendo, però, un rifiuto. Successivamente, aperto un procedimento istruttorio, la coppia non negò l’accaduto ma, all’esito del procedimento penale, il tribunale adito optò per il non luogo a procedere, in quanto la legge francese è applicabile per reati commessi al di fuori del territorio nazionale, solo nel caso in cui tali reati siano punibili anche nel paese dove sono avvenuti. Nel caso di specie, la procedura era stata portata a termine secondo le leggi vigenti nello stato della California, dunque il reato non risultò punibile penalmente. Diverso fu l’iter logico-giuridico adottato dalla Corte d’Appello di Parigi, in una sentenza del 1990 (App. Parigi 15 giugno 1990, in Dalloz, 1990, pag. 540, con nota di F. BOULANGER), riguardante un bambino nato nel Kentucky da una donna americana, la quale aveva stipulato un contratto di maternità surrogata con una coppia francese. La richiesta di adozione del bambino da parte della moglie del padre naturale era stata dapprima