Il compito che il Giudice si trova a svolgere quando gli elementi a sua disposizione fanno ipotizzare la sussistenza di un’operazione fraudolenta non è sicuramente di poco conto; egli deve, infatti, sulla scorta degli elementi in suo possesso, vagliare e scandagliare la reale sostanza dell’operazione stessa.
Qualora l’interprete si trovi di fronte ad un caso che lascia presumere la sussistenza di una violazione di legge, e qualora essa non risulti direttamente violativa di una norma imperativa, dovrà indagare se, analizzate le circostanze del caso concreto, si trovi al cospetto di una costruzione negoziale finalizzata all’elusione dell’apparato ordinamentale.
Ciò che il Giudice è chiamato a compiere può essere, con una metafora, definito come un’opera di “chirurgia”: una volta “aperta” la questione sottoposta al suo esame, deve sviscerarla in tutte le sue parti, al fine di disvelare e far venire alla luce la reale consistenza dell’operazione economica posta in essere dalle parti, così curando il male della frode.
Date le numerose componenti di cui bisogna tener conto, l’indagine sull’individuazione di una effettiva frode alla legge non è semplice e deve, necessariamente, tenere conto dei numerosi fattori che, di volta in volta, contraddistingueranno il caso specifico.
L’analisi che conduce allo svelamento della frode102 passa attraverso distinti momenti che, successivamente analizzati nel complesso delle loro risultanze, consente di concludere per la sussistenza o meno di un’operazione fraudolenta.
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L’espressione è efficacemente utilizzata e presa in prestito da F. DI MARZIO, La nullità del
contratto, op. cit., pag. 632, a cui si deve anche il frazionamento dell’opera di “svelamento” nei tre
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Perché possa aversi frode alla legge, l’art. 1344 del codice civile espressamente richiede l’elusione di una norma imperativa: pertanto, il primo step è quello di verificare che l’oggetto di violazione sia proprio una norma imperativa. Come sappiamo, nonostante nel nostro ordinamento non si trovi una definizione di noma imperativa (o cogente o inderogabile), una disposizione può definirsi tale quando il suo precetto, consistente in un obbligo o un divieto103, non può essere derogato, ovverosia, le parti104 non possono liberamente decidere se applicarla o meno, neppure sulla base di un accordo comune. E ciò in quanto la norma è portatrice di interessi supremi, che la rende immune da qualsiasi contraria volontà espressa da coloro che sono soggetti a quel determinato assetto normativo105. Si distinguono, dunque, dalle norme dispositive (o relative o derogabili) perché in quest’ultimo caso le parti possono regolare i loro rapporti in maniera difforme rispetto a quanto da esse previsto, senza incorrere in alcuna sanzione106: si applicano, cioè, salvo diversa volontà delle parti o salvo patto contrario. Le norme imperative sono, quindi, asservite a scopi reputati essenziali ai fini del corretto funzionamento dell’ordinamento e hanno la funzione di preservare l’assetto che, in quel determinato momento storico, caratterizza l’apparato legislativo107. Il carattere
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Oggetto di una norma, sia imperativa che derogabile, può essere, infatti, tanto un facere, quanto un non facere.
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Quando si trovano ad agire in un campo i cui interessi sono regolati da quella determinata previsione.
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E. RUSSO, in Norma imperativa, norma cogente, norma inderogabile, norma indisponibile,
norma dispositiva, norma suppletiva, in Rivista di diritto civile, 2001, pag. 585 e segg., definisce la
norma imperativa come «la norma proibitiva che, sulla base dell’esigenza di protezione di valori morali e sociali e di quelli fondamentali della comunità giuridica, tende non solo a negare efficacia giuridica alla programmazione negoziale ad essa contraria, ma tende più radicalmente a proibire l’azione programmata».
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Che, nel caso di violazione di una norma imperativa, consiste della nullità del contratto, secondo quanto disposto dall’art. 1418 c.c.
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Queste caratteristiche evidenziano il carattere distintivo delle norme imperative, che è dato dalla loro rispondenza ai valori ritenuti indispensabili per il corretto svolgimento della vita civile tra i cittadini di un determinato Stato e che non possono, di conseguenza, essere oggetto di deroga e/o sostituzione ad opera di altre norme, anche se reputate dai contraenti meglio rispondenti ai loro interessi.
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imperativo di una disposizione è, dunque, strettamente correlato alla (e conseguenza della) indisponibilità dell’interesse da essa tutelato.
Una volta appurato che la norma oggetto di violazione è imperativa, il passo successivo sarà quello di valutarne l’effettiva consistenza: bisognerà, cioè, verificare se la disposizione in questione vieta un determinato comportamento (norma formale) oppure uno specifico risultato (norma materiale). In questa seconda ipotesi, solo qualora la legge limiti l’autonomia privata nel senso di rendere un determinato risultato non raggiungibile per mezzo di alcune condotte, ma perseguibile con altre, allora, e solo allora, potrà aversi frode alla legge108. Si deve, dunque, essere in presenza di una norma imperativa di tipo materiale, che presenti le peculiarità ora menzionate.
A questo punto, esaurita la fase cognitiva che potremmo definire formale, l’interprete è chiamato a percorrere la strada, ben più irta e ripida, dell’analisi sostanzialistica dell’affare compiuto dalle parti. Necessario risulta, infatti, valutare il negozio o il complesso di negozi posto in essere dagli agenti, al fine di verificarne l’effettiva portata: se il risultato concretamente realizzato e avuto di mira coincide con quello vietato dalla norma, allora ci si troverà con ogni probabilità di fronte ad una ipotesi di frode.
In questa analisi, è bene ricordare che l’intento elusivo109 delle parti non ha alcun rilievo, dal momento che non costituisce un presupposto della frode alla legge, come chiarito dai più moderni approcci dottrinali e giurisprudenziali alla materia. E ciò non soltanto perché nessuna traccia di
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«In un primo momento, si deve prestare attenzione alla norma imperativa. Si deve valutare se essa sanziona una modalità contrattuale, uno specifico comportamento, un particolare movimento dell’autonomia privata, o un risultato economico conseguibile con i comportamenti espressamente vietati ma anche con altri, e tuttavia stigmatizzato con l’esplicito divieto di talune soltanto delle condotte offensive. In tale secondo caso si avrà una norma materiale che, a causa della inesatta tecnica di formulazione, è suscettibile di frode». Così F. DI MARZIO, op. cit., pag. 632.
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Che, come chiarito, consiste nella volontà dei contraenti di eludere, con l’operazione negoziale da essi posta in essere, la norma imperativa che dovrebbe trovare applicazione al caso di specie.
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tale elemento si rinviene a livello normativo110; ma anche, e soprattutto, perché se rimane a livello di motivo, esso risulta irrilevante, a meno che il motivo illecito non sia comune e costituisca la ragione unica che ha spinto le parti ad agire e troverà, allora, applicazione l’art. 1345 c.c.111.
L’ultimo passo della strada che conduce verso la (quasi) sicura sussistenza di un’ipotesi fraudolenta è costituita dalla presenza dei cosiddetti indici sintomatici. Si tratta di elementi la cui presenza, cioè, unita alle circostanze summenzionate, porta a concludere nel senso dell’esistenza di una frode alla legge.
A ciò va aggiunta l’inesistenza di un legittimo interesse delle parti all’adozione di quella determinata forma contrattuale112.
Una volta appurato, dunque, che: si è in presenza di una norma imperativa, la quale consente il raggiungimento di un risultato anche attraverso condotte differenti da quelle espressamente vietate; l’operazione posta in essere persegue un risultato economico corrispondente a quello oggetto di divieto normativo; sussistono gli elementi indicatori; le parti non avevano alcun interesse obiettivo
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L’art. 1344 c.c. che prevede e sanziona il contratto in frode alla legge non prevede, tra i requisiti di configurabilità dell’istituto, il motivo fraudolento.
111
Secondo F. DI MARZIO, La nullità del contratto, pag. 633, «l’intento elusivo non costituisce un presupposto della frode alla legge. Di intento elusivo, infatti, la legge non parla. Del resto, se inteso quale stato psicologico, non può che essere irrilevante, se non quando integra un motivo (certamente illecito) comune ed esclusivo al contratto: nel qual caso si applica non l’art. 1344 c.c., ma l’art. 1345 c.c. Se inteso quale volontà oggettivata nel contratto, e come tale sicuramente rilevante, altro non è che parte della (in nulla si distingue dalla) causa concreta (e immeritevole)».
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Siamo, dunque, in presenza di una certezza relativa: parte della dottrina ha acutamente sottolineato che «la presenza o l’assenza degli elementi spia della frode non basta a far ritenere o a escludere l’elusione in atto: ciò che conta essenzialmente è l’interpretazione dello scopo del divieto e del fine concreto raggiunto con il contratto, nonché […] la sussistenza o l’insussistenza di un interesse meritevole delle parti all’adozione di quelle particolari modalità negoziali. […] Tirando le fila del discorso: la norma che, a un’attenta lettura, si rivela non formale ma materiale va interpretata con riguardo non al comportamento contrattuale che sanziona ma al risultato economico che vieta: il contratto o l’insieme di contratti collegati vanno analizzati non per la veste formale che assumono ma per il risultato pratico che consentono di raggiungere. Se quest’ultimo corrisponde a quello vietato, dovendosi escludere che le parti abbiano un interesse meritevole alle forme adottate, il contratto (si reputa, nel senso che) è illecito. Non in via diretta, in quanto la modalità negoziale esperita è diversa dalla modalità negoziale sanzionata dal precetto imperativo. Ma in via indiretta, in quanto in entrambi i casi si ottiene un (identico) risultato pratico immeritevole». F. DI MARZIO, op. ult. cit., pag. 633, che riprende U. MORELLO, Frode alla legge, cit.
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giuridicamente tutelabile all’utilizzo di quella specifica tipologia (o operazione) contrattuale, allora si sarà, con altissima probabilità, in presenza dell’ipotesi prevista e sanzionata dall’art. 1344 c.c.