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Intervista a Michele Matteoli presidente del consorzio conciatori di Ponte

CAPITOLO II – IL SETTORE CONCIARIO

2.3 Intervista a Michele Matteoli presidente del consorzio conciatori di Ponte

Quali sono i vantaggi che le imprese hanno all’interno del distretto?

Sicuramente quello che ha permesso di mantenere il distretto attivo e addirittura in crescita è la presenza dei depuratori centralizzati, di conseguenza si è creato tutto un tessuto legato al distretto fatto di specializzazioni sia per quanto riguarda il lavoro per conto terzi, sia per quanto riguarda i meccanici, i prodotti chimici, l’assistenza ai nuovi articoli, alle vendite, a tutto il settore che poi si è sviluppato insieme al distretto.

Storicamente le concerie non erano definite nei tre distretti principali che sono quello di Arzignano, quello Toscano e quello Campano. C’erano anche in Lombardia, in Piemonte o addirittura in altre parti in Italia, e la non presenza di un distretto le ha fatte scomparire.

Come sono stati gli andamenti negli ultimi anni?

Diciamo che c’è stato un cambiamento per quanto riguarda le specializzazioni, quindi ci sono delle aziende che hanno avuto una crescita, soprattutto quelle legate al mondo dell’alta moda, le quali si sono dovute modificare in base a questa nuova esigenza di mercato. C’è stata anche una diminuzione delle stesse e una crescita di quelle rimaste. Infatti le aziende più piccole hanno sofferto, mentre quelle più grandi hanno avuto la possibilità di investire in questo nuovo servizio che viene dato ai clienti e hanno trovato maggior risposta sul mercato.

Questa è una visione globale, ovviamente ci sono anche esempi di imprese che sono al di fuori di questo standard, quindi aziende grandi che si sono dovute ridimensionare, e aziende piccole che si sono espanse.

Questa comunque sarà anche la tendenza futura, perché se ti immagini una grande firma, come può essere Gucci, Hermès, LV, hanno bisogno di garanzie, sia per quanto riguarda la tipologia del prodotto, sia per quanto riguarda le consegne.

Sicuramente quindi un’azienda più strutturata ha la possibilità di avere questo tipo di clienti, e quindi ha la possibilità di perdurare nel futuro se il target dell’alta moda continua.

Quindi il distretto si concentra prevalentemente su prodotti per l’alta moda.

Si, credo che il 50% del mercato il distretto lo faccia con l’alta moda. Mentre il distretto di Arzignano è molto più improntato sull’auto motive e l’arredamento. E quello Campano si concentra su un settore più piccolino con un prodotto più particolare, infatti sono specializzati nella concia di pelli piccole.

Quello toscano invece si differenzia perché è riuscito a dare questo servizio legato alla moda, legato alla creatività, ai nuovi prodotti, a una serie di peculiarità che l’alta moda vuole.

Negli ultimi anni abbiamo visto soprattutto le firme francesi che stanno crescendo del 15-20%, quelle italiane invece stanno soffrendo un pochino di più ma senza avere delle perdite.

Da un punto di vista di costi, ricavi e guadagni?

Dipende molto da azienda e azienda, però si vede che ci sono aziende che iniziano a fare utili industriali, mentre prima eravamo abituati a vedere aziende sottocapitalizzate, aziende che facevano utili non credibili sul mercato, oggi si vedono dai bilanci utili lordi sopra il 10% del fatturato e seguono un po’ l’andamento di tutto ciò che è il settore legato al conciario.

Quali sono invece le prospettive future?

Questo comparto è vero che è legato all’alta moda, però non ha un programma, cioè non ci sono aziende che hanno un programma per più di sei mesi, a differenza del distretto di Arzignano che ha delle aziende più grandi proprio perché i loro clienti sono le aziende automobilistiche che fanno dei piani quinquennali. Quando esce il

modello di un auto che sia una 500 o un Audi fanno una programmazione a cinque anni, quindi si coprono anche sull’acquisto del pellame, altrimenti immaginati dover bloccare la produzione perché non arriva la pelle, e stipulano contratti con queste concerie con il prezzo legato a dei parametri per tutta la durata del contratto.

Nel comparto toscano questo non succede: vive stagione per stagione chi ha fortuna, chi non ha fortuna vive mese per mese, fermo restando che la continuità poi c’è, però da imprenditore ti rimane difficile fare una programmazione aziendale non avendo una visione un pochino più lunga di quello che vai a fare perché il campo della moda non è quello delle auto.

Ad esempio Stella McCartney, stilista britannica, è un’animalista e non vuole assolutamente la pelle all’interno della sua produzione, e se questa tendenza venisse sempre più presa in considerazione effettivamente si rischia una diminuzione della domanda.

Sono anche nel gruppo del consiglio di amministrazione dell’UNIC, unione nazionale industria conciaria, dove ci sono anche gli arzignanesi, e loro stessi sono preoccupati di questa tendenza. All’ultimo consiglio è stato proprio parlato di una visione senza il pellame, ad esempio la Tesla ha già comunicato che non metteranno la pelle all’interno delle loro automobili, perché sembra un’attenzione maggiore al nostro ambiente che poi è un errore, e l’UNIC sta proprio lavorando per far capire che la pelle è solo uno scarto dell’industria alimentare.

Quindi questa potrebbe essere una minaccia per il distretto.

Si, questa è una minaccia a causa di questa tendenza di vegani e animalisti che stanno sempre più prendendo campo.

Sai benissimo che se vai nei negozi, che tu vada a comprare un divano o che tu vada a comprare una macchina con gli interni in pelle, fino ad ora nei cataloghi, ad esempio anche in quello della Mercedes, c’era scritto pelle ecologica, che non è pelle, ma è plastica.

Quindi stiamo lavorando anche sul modo in cui viene utilizzata la parola “pelle”, un po’ come ha fatto il latte quando c’era la tendenza del latte di soia, e sono riusciti

a far capire che il latte è ciò che produce la mucca, tutto il resto è una bevanda a base di soia. Quello che bisogna riuscire a fare noi è proprio questo, cioè l’uso della parola pelle si possa utilizzare solo quando si tratta di pelle vera e non di altri materiali che poi si spacciano per pelle.

Ci sono anche esempi di pelle fatta dagli scarti della frutta, ma non è pelle è un materiale diverso e poi ci sono sicuramente anche prodotti legati alla plastica perché c’è bisogno di qualcosa che tenga insieme le fibre.

Un’altra minaccia è una serie di considerazioni fatte sul mondo della moda come ti dicevo prima che è molto volatile, cambia in maniera molto veloce, e specialmente per il comparto toscano potrebbe essere una cosa che le da debolezza.

Invece quali sono le opportunità del distretto.

Direi che è la creatività degli italiani, che per conto mio sarà sempre un valore aggiunto, e quindi tutto ciò che i nostri imprenditori sapranno proporre di nuovo, di diverso. Infatti oggi rispetto a venti anni fa si lavora certificando i nostri prodotti, dando delle garanzie.

Quali sono i problemi maggiori che il distretto sta affrontando e dovrà affrontare, oltre a quelli già citati?

Si, sicuramente questa debolezza del mercato di cui ti dicevo prima, e poi tutto ciò che è legato al mondo ambientale, paradossalmente questi distretti hanno investito e hanno risultati riconosciuti proprio perché oggi i nostri depuratori sono riconosciuti e sono in cima ai quattrocento depuratori analizzati in area sensibile.

Acquarno e Cuoiodepur sono i depuratori più efficienti certificati dalla regione toscana perché la loro dimensione li porta ad avere un processo molto aggressivo che non sarebbe possibile in depuratori più piccolini che magari possono essere poco più che biologici. Noi riusciamo ad aggredire anche ciò che gli altri depuratori non fanno perché non sarebbe economicamente vantaggioso.

E quindi ci sono delle norme che da una parte tollerano queste differenze tra un depuratore civile e un depuratore industriale, come sono riconosciuti i nostri, e quindi è un valore aggiunto, però è sempre normato in maniera particolare e c’è sempre un’attenzione anche un po’ troppo esagerata da parte degli organi di controllo che spesso ci porta nella condizione di essere deboli. Possiamo dire che servirebbe una collaborazione un pochino più ampia da parte degli organi di controllo e chi effettivamente svolge questo tipo di lavoro.

Senza poi considerare la gestione dei rifiuti, e il nostro distretto ha saputo investire in queste aziende per la gestione dei rifiuti, però siccome il rifiuto è sempre uno scarto e le norme sui rifiuti sono sempre più difficili da portare avanti, questi saranno una criticità se non cambiamo il passo perché manca proprio una collaborazione per la gestione degli stessi.

Cosa rende competitivo il nostro distretto rispetto agli altri distretti italiani?

Diciamo che non c’è proprio una competizione, perché il distretto di Arzignano ha preso una strada mentre quello Toscano un’altra. Quindi la fortuna nostra non è quella di riuscire a competere con gli altri distretti italiani, ma con gli altri distretti mondiali.

Ciò in cui siamo più forti noi è sicuramente la creatività, la ricerca, lo sviluppo, lo stesso distretto che lavora tutto insieme, dai terzisti, ai prodotti chimici, da tutta la ricerca che viene fatta dall’aziende all’interno del distretto e poi tutti gli investimenti sull’ambiente, infatti gli altri distretti mondiali sono molto indietro da questo punto di vista, e viene tollerato ciò che qui non sarebbe tollerato.

Ciò che dispiace, e che facciamo presente anche alla comunità europea è che non è giusto che un’azienda italiana abbia dei costi ambientali importanti rispetto alla stessa concorrenza di un’azienda argentina o indiana, e che poi il materiale prodotto da queste aziende venga sui nostri mercati senza nessun tipo di tutela: loro non depurano però il loro prodotto viene comunque venduto anche in Italia.

Qui si apre un mondo sulla concorrenza mondiale, ed immaginati un calzaturificio che ha molti operai con un costo della manodopera molto importante deve subire la

concorrenza di un calzaturificio cinese dove non esistono le tutele sociali, dove non esistono i costi che i nostri dipendenti hanno, come la maternità, la pensione, la sanità che poi sono anche un valore aggiunto per i lavoratori, ma la loro scarpa arriva lo stesso in Italia ad un costo molto più basso.

Invece quali potrebbero essere le opportunità e le minacce per La Patrie, che è l’azienda con la quale sto elaborando la mia tesi?

Io credo che sia un’azienda che ha un prodotto particolare, un prodotto di nicchia con un mercato molto definito.

Le minacce che può avere La Patrie sono quelle legate a tutto ciò che è la visione animalista, che effettivamente l’animale viene allevato per la pelle e non per l’industria alimentare, quindi questa potrebbe essere una minaccia, ma è talmente un articolo particolare che è sempre in crescita sul mercato, e sarà sempre un articolo che verrà a mancare, perché le quote sono quelle e più di quello non possono fare.

Inoltre loro pongono una grossa attenzione nella propria produzione, infatti non utilizzano i metalli all’interno della loro conciatura e questo sta attraendo le grandi firme che richiedono un Metal Free.

Questo si è già respirato negli anni precedenti quando i clienti non richiedevano solventi. Le concerie investendo in questa ricerca grazie ad un comparto che lavora insieme, quindi imprenditori, produttori di prodotti chimici e delle vernici, ai terzisti, sono riusciti a lavorare senza solventi e ad abbattere percentuali importantissime di questi. Riuscendo a fare un prodotto sempre con le stesse resistenze, magari però con colori ad acqua.

CAPITOLO III

CASO DI STUDIO: L’AZIENDA LA PATRIE

3.1 LA LOCALIZZAZIONE

La Patrie è un’azienda nuova, medio-grande, che nasce a Ponte a Egola all’interno del Distretto Conciario Toscano, il cuore dell’industria conciaria, rinomato per la qualità dei prodotti in pelle realizzati, famoso in tutto il modo per le sue caratteristiche: artigianalità, flessibilità, tradizionalità e differenziazione produttiva. All’interno del distretto possiamo osservare piccole-medie imprese e attività direttamente o indirettamente collegate alle concerie, come prodotti chimici, servizi, macchine per conceria, manifatture dell’abbigliamento, della pelletteria e delle calzature.

Inoltre ci sono varie associazioni che svolgono ruoli importanti di accompagnamento allo sviluppo industriale del distretto, ed assistenza alle aziende associate.

La posizione non è casuale date le caratteristiche del distretto e si ha una fondamentale collaborazione con le grandi firme della moda poiché è il centro dell’industria conciaria per le aziende appartenenti al “Made in Italy”, infatti l’intera area collabora con Gucci, Prada, Versace, Ferragamo, Armani, ecc.

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