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Intervista a Moustapha Mawri, presidente dell’associazione “Noi Ci Siamo” di Pieve di Soligo (Tv).

Luoghi di culto islamici in Veneto per provincia Anno 2009.

MUSULMANI STRANIERI PER NAZIONALITÀ AL 01/01/

4.6 Intervista a Moustapha Mawri, presidente dell’associazione “Noi Ci Siamo” di Pieve di Soligo (Tv).

Il giorno 28/04/2019 ho avuto un colloquio con Mustapha Mawri, presidente dell’associazione “Noi Ci Siamo”, presso la sua abitazione di Falzè di Piave, frazione di Sernaglia della Battaglia, località sita nell’alta trevigiana.

Mi può parlare dell’associazione da lei presieduta?

Si chiama “Noi Ci Siamo” ed esiste da due anni, consta di 15 soci e si tratta di un’associazione senza scopo di lucro che ha sede a Pieve di Soligo in via Battistella vicino al comando della polizia comunale e che vanta una buona partecipazione di giovani. Noi poi abbiamo ottimi rapporti con la squadra comunale sia di Pieve di Soligo, con cui partecipiamo al progetto “Terra Mia”, sia con quella di Sernaglia della Battaglia, visto che cooperiamo per prestare servizi di pubblica utilità e fare attività di volontariato.

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Quali sono le attività promosse dall’associazione?

Sempre presso la nostra sede sita a Pieve di Soligo teniamo corsi di arabo per i nostri figli, i corsisti quest’anno sono circa una trentina, mentre l’anno scorso a titolo gratuito abbiamo lanciato un corso sempre di arabo, ma per italiani, e quest’iniziativa devo dire che ha riscosso molto successo al punto che ha ricevuto il plauso sia dell’università di Padova che di quella di Venezia. Poi una volta all’anno nel mese di ottobre curiamo e partecipiamo alla festa multietnica che si tiene al Parco Vela di Pieve di Soligo, una rassegna multiculturale in cui le comunità straniere più rappresentative del pievigino, ovvero quella marocchina, senegalese, macedone e bangladese, si fanno conoscere al resto della comunità tramite l’installazione di stand gastronomici e sfoggiando inoltre manufatti artigianali, musiche e vestiti tradizionali dei paesi d’origine, segue poi una sfilata dei vestiti tradizionali marocchini. I soci si rendono inoltre disponibili presso il Comune per fare volontariato nel ramo dei servizi sociali, accompagnando magari le persone non autosufficienti a fare visite mediche oppure facendo la spesa per gli anziani o per i malati. Io stesso mi presto per fare attività di volontariato in Comune. Collaboriamo inoltre attivamente col progetto “Terra Mia”, per il quale quest’anno abbiamo curato e partecipato alla festa della donna, occasione per la quale abbiamo portato a Pieve una poetessa marocchina residente a Firenze, Dalya Hiaoui, alla presenza di una rappresentante provinciale della sigla sindacale Cgil e degli amministratori e assessori locali. Iniziativa di molto successo anche questa perché ha visto la partecipazione di molti italiani e non. Lo scorso ottobre abbiamo inoltre partecipato ad un convegno in cui, assieme agli amministratori locali e alle associazioni di stranieri, abbiamo affrontato temi come lo sviluppo economico locala ed il turismo, presso il Teatro Careni di Pieve di Soligo. C’erano anche i consoli delle quattro comunità straniere più nutrite e per il Marocco c’era per l’appunto Amina Selmane, console di Verona. In questo modo cerchiamo di costruire dei canali d’amicizia tra i vari paesi.

Perché è nata quest’associazione?

Abbiamo creato quest’associazione per instaurare una collaborazione attiva all’interno del territorio tra comunità marocchina ed italiana, e per favorire l’integrazione della prima ed in sintesi per il bene collettivo, ovvero dell’intera comunità. Lo scopo era creare un’associazione di ispirazione laica che lavorasse su argomenti come l’integrazione e la fornitura di servizi sociali a tutti. Noi in quanto associazione ed in quanto marocchini, pur se molti di noi hanno ormai la cittadinanza, non abbiamo problemi né con i cittadini italiani né con le amministrazioni locali.

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Servono molti miglioramenti per la condizione dei musulmani e dell’islam qui in Italia, perciò qualsiasi cosa vada in questa direzione lo accogliamo favorevolmente, ben venga insomma.

3.7 Moschea si, moschea no.

Talvolta la richiesta di una concessione di uno spazio da adibire a luogo di culto da parte delle comunità musulmane alle amministrazioni, da sola basta, come ormai la cronaca ci ha ampiamente edotto, a scatenare una lunga scia di polemiche e proteste agitata da più attori sociali sia in loco che a livello regionale e nazionale. Non di rado si assiste infatti alla formazione di veri e propri comitati di quartiere che, spesso spalleggiati dagli attori politici in loco, si oppongono anche solo alla ventilata possibilità di edificazione di un luogo di culto islamico. Ma da cosa è realmente motivata tale riluttanza e diffidenza, quando non aperta ostilità, nei confronti dell’esercizio di un diritto inalienabile e costituzionalmente garantito, come è tra l’altro l’ottemperamento privato e pubblico ai dettami della propria fede religiosa, che si estrinseca quindi anche nell’edilizia di culto? Le motivazioni talvolta addotte, sia dagli amministratori locali che da parte dell’opinione pubblica, possono spaziare dalla non conformità a livello urbanistico e dal conseguente impatto negativo a livello paesaggistico e sulla viabilità ad un timore generalizzato che la presenza di un luogo di culto musulmano potrebbe nel lungo termine portare al deprezzamento del valore degli immobili presenti, oltre che all’aumento della delinquenza nell’area nel breve e medio termine. Le amministrazioni comunali poi talvolta, come successo spesso in provincia di Treviso, si dimostrano apertamente poco collaborative e altamente discrezionali ed arbitrarie nell’ottemperamento ai regolamenti regionali in materia di edilizia di culto, e talvolta questo atteggiamento sfocia nell’ostruzionismo vero e proprio. Tale dibattito è poi stato negli anni strumentalizzato a vario titolo, da varie forze afferenti al centro destra, una su tutte la Lega Nord, al fine di polarizzare l’opinione pubblica contro l’invasore, il nemico, identificato nel musulmano incapace o non disposto ad integrarsi nella società italiana. In tali occasioni il suddetto partito cercava spesso di fare leva sulla sensibilità dei più, paventando ora il rischio di “islamizzazione” di intere aree sul suolo italiano, ora la mancanza di reciprocità posta in essere in merito alla possibilità di edificazione di luoghi di culto nel mondo arabo-islamico ed infine facendo leva sull’attaccamento identitario alle proprie radici contro un sistema altro di valori considerato spesso erroneamente come arcaico, sessista, oscurantista ed insomma in ultima analisi incompatibile con la modernità laica occidentale. Per ciò che concerne la non reciprocità nel diritto di edificare luoghi di culto diversi da quelli musulmani in terra d’islam e

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di gente proveniente dalle zone rurali del Marocco e che pertanto hanno poi difficoltà di integrazione in Italia, ma si tratta comunque di casi limitati. Io per esempio sono originario di Derb Sultan, un quartiere di Casablanca, ma risiedo qua da 32 anni e le mie figlie sono nate tutte qui.

Cosa pensa del festival italo-marocchino di Treviso? Ha partecipato a questa edizione?

Ho presenziato solo all’ultima giornata, ovvero sabato 20 aprile. Penso che si tratti di un’iniziativa molto interessante, che dietro presuppone un’enorme mole e tempo di lavoro, sia in termini pratici che organizzativi. Abdallah Kazraji poi, che è il presidente dell’associazione (Club Marocaine 99 nda) che organizza il festival è molto bravo perché anche quest’anno ha portato un sacco di personalità importanti dal Marocco a Treviso, tra artisti, accademici, cantanti, musicisti ed artisti famosi.

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