Le fattispecie di “abuso”
2. I delitti di corruzione (artt 318 s.)
2.6. L’introduzione del delitto di induzione indebita a dare o promettere
utilità: si sposta il confine tra corruzione e concussione, scatta la pu- nibilità del privato
La riforma del 2012, almeno nelle intenzioni, elide il risalente problema del- la corretta fissazione della linea di confine fra corruzione e concussione. Se sul piano descrittivo i due reati risultavano nettamente differenziati (nella corru- zione il privato era il co-protagonista necessario del “turpe mercato”, nella con- cussione individuava il soggetto passivo del fatto illecito, essendo costretto od indotto ad una certa condotta), sul piano della prassi giudiziaria la distinzione non era così netta e tendeva a sfumare, in particolare allorquando il compor- tamento dell’agente non fosse palesemente vessatorio (come, ad es., nella c.d. concussione ambientale), ma al più suggestivo, ovvero allorquando dalla da-
123 Così S.VINCIGUERRA, I delitti contro la pubblica amministrazione, cit., 210. 124 Cfr. G.V
ASSALLI, Corruzione propria ed impropria, in Giust. pen., 1979, II, 324 s., il quale si chiede perché mai “avventurarsi nel malfido terreno della ‘psicologizzazione’ delle fattispecie quando viceversa la legge positiva, come nei delitti di corruzione, offre ed impo- ne all’interprete sicuri dati oggettivi e a questi soltanto àncora il pur decisivo elemento sog- gettivo”.
I reati contro la persona nei rapporti istituzionali 820
zione-promessa discendesse un tornaconto per il privato. Com’è intuibile, del resto, in siffatte ipotesi l’accertamento probatorio non si presentava facile.
Ora, con la scissione, lo spacchettamento – come impropriamente si è inte- so affermare – dell’art. 317 quella di “costrizione” attualmente diviene l’unica condotta costitutiva del delitto di concussione, mentre quella di “induzione” è la condotta che va ad integrare il modello legale della nuova fattispecie incri- minatrice di cui all’art. 319 quater c.p.
A non voler considerare che la tipizzazione autonoma del delitto di con- cussione (a dispetto delle critiche mosse) è una “specificità positiva” del si- stema italiano (meno rudimentale di altre esperienze giuridiche), anche in ma- teria va segnalato che le raccomandazioni provenienti da OCSE (Organizza- zione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) e GRECO (Groupe d’Etats contre la Corruption), diversamente da quanto si è preteso assumere, stigma- tizzavano una prassi applicativa (da parte della giurisprudenza) del tutto “ec- centrica”: la propensione ad inquadrare nello schema della concussione per induzione condotte in concreto corruttive, garantendo l’impunità al privato pur di ottenerne la “collaborazione” sul piano processuale.
La condotta di “induzione”, dunque, viene così attratta nell’orbita dei delit- ti di corruzione e, conseguentemente, scatta la punibilità dell’extraneus.
Per certo, colla delineazione di tre figure contigue, si assiste ad uno spo- stamento dei confini tra concussione e corruzione, “scelta foriera di non po- che complicazioni” 125, tuttavia; anche perché non si va lontani dal vero quan-
do si afferma, con buona pace del principio di legalità e dei suoi diversi corol- lari, che “i lineamenti concreti della fattispecie (art. 319 quater) saranno defi- niti dall’esperienza giudiziaria” 126.
Ecco che si profila, in effetti, un problema di “precisione” e, soprattutto, di “determinatezza” del precetto, quest’ultima intesa – in particolare – come ac- certabilità del fatto-reato nel giudizio.
Cosa si intende, infatti, per “induzione”? Già prima della novella, col parlare di “confine conteso”, si è rilevato che la capacità selettiva delle fattispecie di corruzione e di concussione dovrebbe esprimersi in termini nettamente diffe- renziali; capacità divenuta pressoché nulla a causa della progressiva erosione ermeneutica dei requisiti costitutivi (in particolare, dell’atto) della prima dispo- sizione, da un lato; e, dall’altro, a causa dello snaturamento e/o dilatazione, in sede applicativa, della nozione di induzione nello schema della seconda 127. Di-
mentichi che l’art. 317 c.p. nasce come fattispecie a selettività spiccatamente se- condaria (nella forma per costrizione rispetto all’estorsione, in quella per indu- zione rispetto alla truffa) 128, si è finito per offrire un concetto di induzione del
tutto evanescente, sottratto ad una rigorosa delimitazione in chiave descrittiva, che ha ampliato in modo incontrollabile l’ambito applicativo della fattispecie.
125 Cfr. Relazione dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, 7. 126 Cfr. P.JELO, Prime note sulla riforma dei reati contro la P.A., cit., 14 s. 127 Cfr. T.P
ADOVANI, Il confine conteso. Metamorfosi dei rapporti tra concussione e corru-
zione ed esigenze ‘improcrastinabili’ di riforma, in Riv. it. dir. proc. pen., 1999, 1302 s.
128 Cfr. T. P
Oggi, dunque, il problema rischia di acuirsi e nel passaggio dal c.d. diritto vi- vente al nuovo art. 319 quater c.p. emergono, altresì, profili di discontinuità strut- turale. La prima giurisprudenza formatasi sul tema, affrontando appunto temati- che di diritto intertemporale, pur negando detta discontinuità, svaria da un crite- rio “oggettivizzante”, fondato sull’ingiustizia del danno prospettato al privato, ad uno “soggettivizzante”, basato sul grado di coartazione morale esercitata, affian- cato o meno da un indice integrativo costituito dal tipo di vantaggio che il privato ottiene per effetto della promessa-dazione 129. E prontamente la questione è stata
rimessa all’esame – come si dirà più avanti (infra, § 8.3) – delle sezioni unite. È con fondamento, pertanto, che si è inteso parlare di effetti “preterinten- zionali”, in termini di assetto ed equilibri di tutela, della riforma 130. La condotta
costitutiva del soggetto pubblico è sempre quella dell’abuso dei poteri o della qualità; il metus continua ad individuare il criterio differenziale tra il nuovo art. 319 quater e le fattispecie proprie di corruzione, dal momento che il privato è sempre destinatario della condotta abusiva. Un effetto “preterintenzionale” del- la riforma può, dunque, essere individuato nel fatto che nasce per l’extraneus un obbligo giuridico di “resistenza”, in quanto egli è comunque chiamato a rispon- dere dell’intesa raggiunta. Si strumentalizza, in definitiva, il privato, per avan- zare l’argine che frena il malcostume e, al contempo, si esprime un messaggio socioculturale secondo cui spetta innanzitutto al cittadino respingere gli “ap- procci” del pubblico agente. Sennonché, non può essere compito della legge penale quello di prefiggersi lo scopo – per quanto nobile – di trasformare l’abito culturale dei cittadini. E, peraltro, una simile svolta – se mai affidabile al diritto penale – varrà realmente ad offrire maggiori chances probatorie o, all’opposto, sancirà in via definitiva la indisponibilità del privato a collaborare?