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Segue La condotta costitutiva tipica ed il momento consumativo del

Le fattispecie di “abuso”

2. I delitti di corruzione (artt 318 s.)

2.4. Segue La condotta costitutiva tipica ed il momento consumativo del

reato

Le fattispecie incriminatrici in esame descrivono la condotta costitutiva in via alternativa: ricevere-versare denaro (o altra utilità) ovvero accettarne la pro-

111 Cfr. C.F.GROSSO, Novità, omissioni e timidezze della legge anticorruzione in tema di

modifiche al codice penale, cit., 10.

112 Cfr. sul punto M.R

OMANO, I delitti contro la pubblica amministrazione, I delitti dei

pubblici ufficiali, cit., 134 s.

V. in argomento, in senso critico, l’ampia disamina di M. AMISANO TESI, Le tipologie della

corruzione, Torino, 2012, 44 s., secondo cui se si intende “il reato plurisoggettivo come quel-

lo in cui i soggetti devono necessariamente porre in essere condotte sorrette dal medesimo elemento soggettivo, allora la corruzione non può considerarsi reato plurisoggettivo, bensì l’incontro (eventuale) di due reati monosoggettivi”.

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messa-farne promessa. Al riguardo è stata sollevata la problematica se le di- verse descrizioni legislative configurino ciascuna un autonomo comporta- mento tipico ovvero costituiscano semplici modalità di realizzazione di un medesimo fatto criminoso. In particolare, in giurisprudenza, soprattutto al fi- ne di individuare (rectius, spostare in avanti) il momento consumativo del reato, contraddittoriamente si è parlato, per un verso, di delitto di corruzione quale “fattispecie a duplice schema” che si consumerebbe (nella forma ordi- naria) con il ricevimento dell’utilità nel caso in cui alla promessa segua la da- zione ovvero colla semplice accettazione della promessa ove questa, poi, non venga mantenuta 113; per l’altro, si è inteso affermare il principio secondo cui

“dazione” e “promessa” individuerebbero due distinti precetti (da sanzionare, pertanto, in modo autonomo) 114.

Ora, ciò che qui – pur sinteticamente – va puntualizzato è che prima di af- frontare il profilo della integrazione della fattispecie (ovvero della tipicità del fatto) e, dunque, della consumazione del reato (aspetto da non confondere con l’altro, diverso, della valutazione della gravità dell’offesa, rilevante esclu- sivamente ai sensi dell’art. 133 c.p. in sede di quantificazione della pena), oc- corre accertare se ci si trovi di fronte ad una pluralità di precetti ovvero a plu- rime modalità di violazione del medesimo precetto e, dunque, in tal caso ad una fattispecie incriminatrice unitaria. Nei delitti di corruzione, analogamen- te a quanto avviene in ipotesi consimili (artt. 255, 353, 367, 391, 635 c.p. e co- sì via), si pone appunto il problema di stabilire se, nel caso di realizzazione congiunta delle diverse condotte, la disposizione che le prevede trovi applica- zione una sola volta o tante volte quante sono le fattispecie concretamente po- ste in essere 115.

Intendendo optare per la formulazione proposta in argomento dal Frosali, appare opportuno distinguere le “norme a più fattispecie” dalle “disposizioni a più norme”: nelle prime la pluralità di fattispecie, contenute in un’unica norma incriminatrice, vale ad integrare un’unica figura di reato; nelle seconde alla pluralità di modelli descritti fa riscontro una pluralità di norme incrimi- natrici e di autonomi titoli di reato 116.

Come comunemente ritenuto, la distinzione tra le due classi individua un comune problema di esegesi del dato normativo 117. In tal senso va, innanzi-

tutto, osservato che le disposizioni normative in esame, anche nella loro più recente formulazione, sanciscono il fatto del pubblico agente che, in relazione ad un atto del proprio ufficio o, più genericamente, per l’esercizio della fun-

113 Cfr. Cass. pen., sez. VI, 10.7.1995, Caliciuri, in Cass. pen., 1996, 2549 s.

114 Cfr. Cass. pen., sez. VI, 12.11.1996, Rapisarda ed altri, in Cass. pen., 1998, 1994 s. 115 Per una trattazione più ampia del tema v. R.RAMPIONI, Nuovi virtuosismi interpretati-

vi in tema di condotta costitutiva e momento consumativo del delitto di corruzione: l’art. 319 c.p. quale disposizione a più norme, in Cass. pen., 1998, 1995 s.

116 Cfr. R.A.F

ROSALI, Concorso di norme e concorso di reati, Milano, 1971, 266.

117 Cfr. G.VASSALLI, Le norme penali a più fattispecie e l’interpretazione della “legge Merlin”,

in Studi in onore di F. Antolisei, vol. III, Milano, 1965, 397; A.PAGLIARO, voce Concorso di

zione, “riceve denaro od altra utilità o ne accetta la promessa”; corrisponden- temente, all’art. 321 c.p. si statuisce che le pene previste per il corrotto “si ap- plicano anche a chi dà o promette … denaro od altra utilità”. E se sul piano dei criteri formali di identificazione non sembra dubitabile che il termine “o” individua una disgiunzione, il carattere “fungibile” (rectius, equivalente) delle fattispecie si profila con maggiore pregnanza in forza della interpretazione letterale della disposizione, anche alla luce della sua rubrica. La semplice ac- cettazione della promessa di una qualche utilità integra ed esaurisce l’unitario delitto di corruzione, come evidenzia la collocazione della condotta di “accet- tazione della promessa” nella struttura dello schema tipico e, soprattutto, la particella pronominale “ne” che, legando la accettazione della promessa alla (ricezione di una) utilità, delinea chiaramente la alternatività delle due fatti- specie.

È tuttavia, sul piano sostanziale dell’offesa che si manifesta la “fungibilità” delle condotte considerate. La realizzazione, pur differita nel tempo, di en- trambi i comportamenti tipici integra, infatti, una lesione unitaria dell’oggetto di tutela, pena un’inammissibile violazione del principio del ne bis in idem so- stanziale: l’integrazione della prima condotta consuma la possibile conformità al tipo della realizzazione della seconda. L’aggressione portata agli interessi del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione con la condotta di “accettazione della promessa di denaro” – funzionalmente colle- gata ad una attività determinata dell’intraneus – costituisce l’offesa tipica, per qualità e grado, della fattispecie delittuosa.

Presupposto del concorso di reati è, appunto, la pluralità di offese, mentre nel caso in esame il fatto rimane strettamente unitario per l’unicità della le- sione dei beni protetti. La realizzazione di più fattispecie – anche se differita (ovvero frazionata) nel tempo – vale qui ad individuare il concretarsi di fatti normativamente omogenei, i quali sul piano valoritativo vanno ad integrare un’unica ipotesi di reato, essendo appunto la norma congegnata in modo da abbracciare tanto un’unità, quanto una pluralità di comportamenti tipici. Nel- le fattispecie alternative l’offesa resta – appunto – unica, pur nella varietà delle condotte suscettive di realizzarla; erroneo si presenta, dunque, il secondo orientamento giurisprudenziale sopra citato.

Alla luce di quanto sin qui detto, tuttavia, appare chiaro al contempo che la fattispecie incriminatrice risulta integrata con la semplice accettazione del- la promessa, essendo del tutto ininfluente ai fini del perfezionamento del rea- to che, in concreto, non si concretizzi la dazione-ricezione dell’utilità pattuita. Ogniqualvolta intervenga il pactum sceleris, quale che sia la modalità esecuti- va del reato cui si è fatto (alternativamente) ricorso, il delitto di corruzione si appaleserà perfetto nei suoi estremi costitutivi, rivelandosi irrilevanti sul pia- no normativo le sorti dell’illecito accordo e, in particolare, le attività even- tualmente compiute in adempimento del “contratto”. D’altra parte, sul piano della logica, come della esperienza comune, non appare agevole ipotizzare una dazione-ricezione di utilità che prescinda totalmente da una preventiva fase di contrattazione (al di là dell’ipotesi scolastica dell’invio a mezzo posta del prezzo della corruzione con tutte le indicazioni del caso), così che si profi-

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la maggiormente conferente ricostruire in via interpretativa la fattispecie in- criminatrice nel senso che sussidiaria in senso proprio si atteggia, piuttosto, la fase esecutiva degli accordi illeciti in antecedenza intervenuti.

Nel primo orientamento giurisprudenziale sopra richiamato si annida, per- tanto, un equivoco: far discendere lo “spostamento in avanti” del momento consumativo dal c.d. approfondimento dell’offesa tipica, significa invero con- fondere il profilo della integrazione della fattispecie e, dunque, della consu- mazione (che scatta ogniqualvolta il fatto materiale corrisponde interamente al modello legale) con l’altro, diverso, della valutazione della gravità dell’of- fesa, che ha rilievo esclusivamente – nel quadro dell’art. 133 c.p. – in sede di commisurazione della pena.

Nei reati istantanei non è dato distinguere tra “perfezione” (concetto che esprimerebbe il realizzarsi di tutti i requisiti richiesti dal tipo) e “consuma- zione” (concetto che, diversamente, estrinsecherebbe l’idea del raggiungimen- to della massima lesività concreta di un reato, già in precedenza integratosi), dal momento che quest’ultima nozione esprime la compiuta realizzazione de- gli elementi costitutivi della fattispecie criminosa.

Del resto, ai fini del perfezionamento del reato si appalesa del tutto indiffe- rente l’effettiva esecuzione dell’accordo, allo stesso modo in cui la mancata consegna dell’utilità promessa non degrada il reato da consumato a tentato 118.