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Ipotesi di “nullità relativa” di eventuali clausole derogatorie

L’art. 7 della direttiva 1999/44/CE, nel limitarsi a prevedere la non vincolatività di eventuali pattuizioni derogatorie, ha lasciato libertà ai legislatori nazionali in merito alla scelta dello strumento giuridico più idoneo per realizzare tale obiettivo262.

L'art. 134 cod. cons., dando attuazione all'art. 7 della direttiva, prevede la nullità di ogni patto, anteriore alla denuncia di difetto di conformità, volto ad escludere o limitare, anche indirettamente, i diritti riconosciuti all'acquirente di beni di consumo.

Con riguardo al regime giuridico, il predetto articolo dispone che “la nullità può essere fatta valere solo dal consumatore e può essere rilevata d'ufficio dal giudice”.

L'art. 134 prevede una nuova ipotesi di “nullità relativa”, analoga a quella prevista nell'art. 1469 quinquies, in materia di clausole abusive.

Nella relazione di accompagnamento al d.lgs. n. 24/2002, peraltro, si chiarisce, opportunamente, che “l'utilizzo del termine “nullità”, pur dando la stura ad una discrasia rispetto al riferimento all'“inefficacia” contenuto, in tema di clausole abusive, dall'art. 1469 quinquies263 del codice civile, restituisce correttezza dogmatica

all'istituto in esame, posto che l'inefficacia è solo un effetto di una patologia derivante da norme imperative, patologia qualificabile in termini di nullità di

261 È il caso, più frequente, di garanzia convenzionale offerta dal produttore del bene di consumo.

262 La stessa tecnica era stata utilizzata, dal legislatore comunitario, nella direttiva 1993/13/CE. Cfr., in tal

senso, G. ALPA, G. DE NOVA e altri, op. cit., 77.

263 In realtà, nella relazione, si fa riferimento testuale all'art. 1519-quinquies, ma si tratta chiaramente di un lapsus calami.

protezione.

Con l'art. 1519 octies c.c., in sostanza, il legislatore nazionale ha voluto fornire una sorta di interpretazione autentica dell'art. 1469 quinquies, ponendo fine al dibattito, precedentemente sviluppatosi, circa la natura giuridica della patologia ivi prevista”.

La sostituzione dell’espressione “inefficacia” di cui al vecchio art. 1469 quinques, c.c., con quella, più opportuna, di “nullità di protezione” è stata attuata dal nuovo codice del consumo (art. 36), ponendo fine, in via definitiva, alle discussioni interpretative sorte sul punto e riconsegnando coerenza alla disciplina consumeristica, mediante l’espressa previsione di una medesima sanzione.

Con riferimento al regime di rilevabilità, bisogna ritenere che la nullità prevista dalla norma in esame, può essere rilevata d’ufficio solo nell’ipotesi in cui tale rilevazione vada a vantaggio del consumatore: un'interpretazione attenta alla ratio dell'istituto, anche in chiave sistematica, dunque, dovrebbe portare a ritenere che nell'art. 134, così come nell'art. 36 (un tempo art.1469 quinquies) trattandosi in entrambe i casi di “nullità di protezione”, la rilevabilità d'ufficio, da parte del giudice, non possa che avvenire ad esclusivo vantaggio del consumatore.

Tuttavia, tanto l'art. 1519 octies c.c. quanto il nuovo art. 134 d.lgs. 206/2005 non prevedono, a differenza dell'art. 1469 quinquies c.c., che l'inefficacia delle singole clausole abusive non pregiudica l'efficacia delle restanti parti del contratto.

Ci si chiede, allora, se l'invalidità del patto, disposta dall'art. 134, comporti una nullità solo parziale, limitata alla singola clausola viziata, nel rispetto del fondamentale principio di conservazione contrattuale di cui è espressione anche la disciplina dettata dall'art. 1469 quinquies, c.c.; ovvero se, nel silenzio della legge, debba applicarsi il regime generale di cui all'art. 1419 del codice civile - in base al quale la nullità di singole clausole può estendersi all'intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto colpita da nullità - rispetto al quale la deroga di cui all'art. 1469 quinquies costituisce norma eccezionale, non estensibile analogicamente.

forza della quale, in sostanza, l'art. 134 disciplinerebbe un'ipotesi di “nullità parziale necessaria”264: una soluzione diversa, infatti, si porrebbe in chiaro contrasto con la

ratio di tutela del consumatore, perseguita dalla normativa comunitaria, perché comporterebbe una drastica limitazione, se non proprio una totale vanificazione, dei rimedi in essa previsti.

La caducazione dell'intero contratto, conseguente all'inserzione di una clausola limitativa dei diritti spettanti al consumatore, infatti, impedirebbe concretamente al consumatore di ottenere alcun tipo di utilità, magari avvantaggiando, al contrario, proprio il venditore, interessato ad evitare l'azione di esatto adempimento prevista dalla disciplina comunitaria.

A sostegno dell’assunto, è possibile richiamare anche il dato letterale della norma, il cui riferimento terminologico alla nullità del “patto” volto a limitare o escludere i diritti del consumatore, non possa ritenersi casuale ma, al contrario, sia frutto di una scelta attentamente ponderata.

Il legislatore, in tal modo, ha inteso evitare ogni riferimento sia alla “nullità di singole clausole” che alla “nullità parziale del contratto”, in ciò volutamente differenziando il tenore letterale dell'art. 1519 octies da quello dell'art. 1419 c.c..

A ben guardare, la terminologia adottata nella norma in commento non sembra potersi riferire ad una mera clausola contrattuale, la cui nullità, in presenza dei requisiti di cui all'art. 1419, c.c., sia idonea a travolgere l'intero contratto in cui è inserita; il termine “patto” sembra, piuttosto, evocare una stipulazione autonoma, un accordo a sé stante che, ove intercorso tra le parti, resta autonomamente travolto da nullità, senza inficiare la validità del contratto cui accede.

E’ opportuno rilevare, infine, che la nullità di cui all'art. 133 riguarda i soli patti anteriori alla comunicazione del difetto di conformità, con conseguente totale riespansione dell'autonomia contrattuale delle parti nella fase successiva all'attivazione del meccanismo giuridico previsto dalla legge perché il consumatore possa far valere i suoi diritti.

Non essendo colpite da nullità le eventuali pattuizioni intervenute successivamente alla denuncia di cui all'art. 132, comma 2, in sostanza, le parti restano libere di stipulare accordi di carattere lato sensu transattivi, purché il consumatore abbia in precedenza posto in essere quell'attività prodromica all'esercizio dei diritti riconosciutigli dalla legge, avendo, così, acquisito preventivamente una posizione di forza sufficiente a trattare, ad armi pari con il professionista, un'eventuale soluzione concordata della controversia.