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ITI. Gli assistenti sociali in Danim arca

Notizie generali

Sebbene la Danimarca non faccia parte, in seneo geografico, della penisola scandinava, i suoi legami storici e culturali con gli altri due paesi nordici sono così stretti da rendere naturale la sua inclusione nell’« area scandi­ nava ». Più piccola dei tre per estensione (escludendo l’enorme isola di Groenlandia, che formalmente ne fa parte), ne è la seconda per popolazione: 4,6 milioni di abitanti al 1960. Un fenomeno particolare, rispetto alla bassa densità media di popolazione nel resto della Scandinavia, è l’altissimo grado di inurbamento della popolazione danese, di cui approssimativamente i tre quarti sono concentrati nelle città e nei centri urbani.

Paese tradizionalmente agricolo, con livelli di produttività per ettaro particolarmente alti, la Danimarca è oggi all’avanguardia anche nel set­ tore industriale. Benché quasi del tutto privo di risorse minerarie, ha fatto dell’industria meccanica la sua principale fonte di guadagno, seguita dalle industrie di trasformazione dei prodotti agricoli e dal settore del commercio e servizi. Del prodotto nazionale lordo di circa 50 mila miliardi di lire al 1963, più del 30% proveniva dalla produzione indu­ striale, il 20% circa dal commercio e dai trasporti, e quasi il 15% dal­ l’agricoltura, che impiega anche la stessa percentuale di manodopera (1). Come negli altri paesi scandinavi, il tenore medio di vita è relativamente alto, ed è caratterizzato da una equità di distribuzione del reddito, forse ancora più pronunciata che negli altri due paesi. Questo si riflette, tra l’altro, nelle modeste dimensioni medie delle aziende agricole e industriali, e nel ruolo particolare che hanno avuto le cooperative di produzione e di servizi nello sviluppo del paese. Va anche ricordato, in questo contesto, la posizione di guida che ha assunto la Danimarca nel campo dell’edu­ cazione popolare — creando le prime « scuole superiori popolari » a metà del secolo scorso ■— e nella formazione professionale dei lavoratori.

L’ordinamento amministrativo prevede anche qui un alto grado di auto­ nomia locale. Le unità più piccole, rappresentate dai distretti (comuni) rurali, fanno capo ad un consiglio provinciale rurale e, tramite questo, al Ministero degli Interni ; però, non diversamente dai comuni urbani, direttamente sottoposti al Ministero, sono retti da consigli popolari con ampia autonomia anche in campo tributario. Come in Norvegia, è in corso

un processo di unificazione di molti comuni di piccole dimensioni, al fine di rendere le unità amministrative più funzionali e di potenziare le loro capacità di autogoverno. Sia le amministrazioni comunali che quelle pro­ vinciali operano tramite le commissioni popolari previste dalla legge. La città di Copenaghen, in cui vive quasi un quarto della popolazione totale, gode tradizionalmente di uno status amministrativo particolare, con un esecutivo nominato dal consiglio comunale e diviso in sei dipartimenti. Le isole Faroe, nel Mare del Nord, già colonia danese, hanno da pochi anni uno status semi-autonomo.

L’economia nazionale è caratterizzata — come negli altri due paesi studiati — da un alto grado di controllo dell’apparato produttivo da parte dell’iniziativa privata, ma nello stesso tempo da una crescente influenza deH’amministrazione pubblica sull’utilizzazione e distribuzione del reddito. La spesa pubblica — consumo ed investimenti — copre circa un terzo del prodotto nazionale lordo, risultando triplicata rispetto all’inizio del ’900. Contemporaneamente, è andato aumentando l’intervento nell’economia del­ l’apparato amministrativo centrale, il cui bilancio è ora tre volte superiore all’insieme dei bilanci locali. Questo sviluppo riflette in parte il considerevole aumento, verificatosi negli ultimi decenni, delle spese sociali (che per lo più hanno carattere di redistribuzione del reddito), in gran parte coperte dallo stato sotto forma di sovvenzioni concesse alle amministrazioni locali. Queste spese rappresentano già da tempo la voce più rilevante della spesa pub­ blica: 6 miliardi circa su un totale di quasi 15 miliardi di corone danesi nel 1963. Inoltre l’istruzione pubblica e le attività culturali gravano per 2,2 miliardi, la difesa per 1,6 miliardi, ecc. La voce riguardante le attività sociali comprende le spese relative alle pensioni agli anziani e agli invalidi, ai servizi sanitari e di assistenza ai minorati, alla riqualificazione, ai sussidi di disoccupazione, ecc.

La politica sociale

Per lo sviluppo del sistema di sicurezza sociale danese vale, con poche varianti, quanto è stato osservato per gli altri paesi scandinavi. Anche qui si tratta di una forte tradizione di solidarietà sociale per cui, spe­ cialmente nelle piccole comunità rurali, i cittadini privilegiati si occu­ pavano, in nome della carità cristiana, della sorte dei poveri e dei diseredati ; tradizione man mano superata sia dal crescente livello di benessere gene­ rale, sia dall’acquisizione dell’idea che la « sicurezza » deve essere garantita dalla società come diritto e non concessa come oblazione. Benché questo

•concetto fosse già espresso nella Costituzione del 1849, fino a pochi decenni fa l’assistenza pubblica mantenne il suo carattere di beneficenza e di straor­ dinarietà, atta ad alleviare solo le situazioni più disperate. Solo nel 1930, con l’unificazione della legislazione sociale e assicurativa in un testo unico, questa responsabilità della società fu codificata. Più recentemente, nel 1960, la legislazione sociale venne nuovamente aggiornata sotto forma di nuovi testi speciali per i vari settori dell’assistenza e della previdenza sociale, in base a criteri più ampi sia come estensione delle attività pub­ bliche in materia, che in termini di spesa.

Parallelamente a questo, però, si è mantenuta relativamente forte anche l’iniziativa privata, articolata in numerose società ed associazioni indi- pendenti o semi-pubbliche, specialmente nel campo dell’assistenza e ria­ bilitazione dei minorati fisici e della loro riqualificazione professionale.

Questo è un primo carattere che differenzia il sistema danese da quello vigente in Svezia, ove l’area lasciata alla iniziativa privata è piuttosto ristretta e le responsabilità, assunte direttamente dallo stato, maggiori.

Un secondo carattere distintivo è dato dalla maggiore gradualità con cui il sistema di sicurezza sociale è stato introdotto in Danimarca a diffe­ renza della Svezia, e anche dell’incompletezza del sistema danese: in Danimarca, ad esempio, sono relativamente recenti i provvedimenti circa le pensioni di vecchiaia non sottoposte al criterio del bisogno individuale; la legge per la erogazione di una pensione base per tutti, libera da detrazioni e continuamente adeguata agli indici del costo della vita, entrerà in vigore solo nel 1970.

Un terzo carattere distintivo è dato dalla maggiore attenzione data, in Danimarca ed in Norvegia, ai minorati psichici e fisici, ai malati di mente, ecc. ; questa maggiore attenzione si riflette anche nelle strutture: è significativo il numero totale di quasi 46 mila posti-letto negli ospedali e negli istituti di cura, pari a 10,16 posti per 1.000 abitanti, di cui 2,12 posti per 1.000 abitanti nei soli ospedali psichiatrici (2).

Un quarto carattere che distingue la politica sociale danese è dato da un certo ardimento' con il quale si sono affrontati problemi particolarmente delicati, quali ad esempio l’aborto legale e la sterilizzazione di determinate categorie di malati mentali.

Oli assistenti sociali

Nel descrivere la situazione di lavoro degli assistenti sociali danesi, non incontriamo le difficoltà terminologiche che abbiamo incontrato trat­ tando della Svezia e della Norvegia. Il titolo che rilascia la scuola è quello

•di socialràdgiver (letteralmente « consigliere sociale ») che senza esitazione tradurremo con la voce « assistente sociale ».

La politica sociale della Danimarca —• leggiamo in un testo molto autorevole pubblicato recentemente -— si orienta adesso chiaramente in direzione di un’assistenza individuale che permetta di risolvere i problemi del singolo, tenendo conto della sua situazione situazione speciale. Questa evoluzione porta con sé un bisogno crescente di personale bene addestrato, che da un lato possieda conoscenze generali nel campo della legislazione e del lavoro sociale, ed allo stesso tempo cono­ scenze più specifiche delle istituzioni. La formazione degli assistenti sociali è quella che meglio soddisfa queste esi­ genze (3).

Tale formazione come vedremo in seguto è univoca, prepara al lavoro

diretto con gli individui o i gruppi, alle dipendenze di enti privati e

pubblici.

Il titolo, anche se non giuridicamente riconosciuto, viene riservato a chi ha frequentato la Scuola di servizio sociale, che è un ente parastatale ; ed in senso più ristretto, a chi sia membro attivo del sindacato di categoria,

Dansk Socialràdgiverforening. Questa organizzazione, a giudicare dallo

statuto, che tra l’altro vieta ai membri di impiegarsi presso enti da essa non riconosciuti, e in base a bandi di concorso non approvati, conduce una politica sindacale piuttosto attiva, che ha contribuito non poco alla compat­ tezza della categoria (4). Proprio per la chiara destinazione che ha l’attività professionale, non troviamo assistenti sociali nelle alte sfere dell’ammi­ nistrazione pubblica o in posizioni di potere. Se in Svezia una parte degli assistenti sociali ha assunto poizioni politiche di qualche importanza, e per la gran maggioranza sono saldamente insediati nelle varie posizioni amministrative del settore pubblico, in Danimarca l’assistente sociale è soltanto l’operatore a diretto contatto con le persone, e i suoi compiti amministrativi rappresentano delle sgradevoli interruzioni delle attività •che gli sono proprie. Il numero rilevante di donne assistenti sociali, a differenza di quanto abbiamo notato in Svezia e Norvegia, probabilmente conferma il carattere che ha la professione in Danimarca: esse rappre­ sentavano l’82% degli attivi nel 1965.

Il numero totale di assistenti sociali diplomati al 1965 è di 825 circa (5). Poiché abbiamo avuto a disposizione soltanto i dati del censimento del sindacato, riguardanti i suoi 777 membri al 1965, ci limiteremo soltanto all’esame della situazione di questa maggioranza (6).

Il 20% circa dei membri del sindacato non è professionalmente attivo, per ragioni sia temporanee che definitive, il che limita ad un numero totale di 622 assistenti sociali attivi, così distribuiti:

E n t i sta ta li , 143 23,0%

E n t i p a ra sta ta li 291 46,5

A m m in istr a z io n i com unali 129 21,0

E n t i e aziende p riva te 59 9,5

Totale 622 100,0%

La percentuale degli assistenti sociali occupati nelle amministrazioni comunali è più bassa ed è di gran lunga inferiore a quella riscontrata per la Svezia e per la Norvegia, dove troviamo rispettivamente il 63% e il 62%. E’ da notare che in Danimarca si tratta esclusivamente di comuni urbani e che la metà di questi assistenti sociali lavora nella città di Copenaghen, ove del resto si addensa più di un quarto dell intera popola­ zione del paese. Un’altra differenza che si nota confrontando questa tabella con quelle analoghe della Svezia e della Norvegia, è 1 assenza di assistenti sociali occupati nelle amministrazioni provinciali.

Quanto agli enti statali interessati, essi sono soprattutto i grandi ospedali e i centri di riabilitazione ; quelli parastatali sono per lo più organizzazioni di origine privata sovvenzionate in parte o interamente dallo stato, parti­ colarmente attive in vari settori dell’assistenza.

I settori di lavoro

La tabella che segue presenta la distribuzione degli assistenti sociali per settore di lavoro. Anche qui notiamo delle differenze con la situazione svedese e norvegese. Manca, per esempio, la voce « servizio sociale gene­ rico » proprio perché manca il servizio sociale nei piccoli comuni, e nei grandi comuni gli assistenti sociali operano in settori specializzati.

1. S e rv izio socia le con fa m ig lie e m in o ri

2. S e rv izio socia le p e r la ried u ca zion e, riqua lificazione e a ssisten za d ei m in ora ti

3. S e rv izio m edico-socia le

4. S e rv izio socia le p e r d e te n u ti ed e x -d e te n u ti

5. S e rv izio socia le aziendale e nelle f o r z e a rm a te

6. V a r ie (la voro org a n izza tivo, in fo r m a tiv o , ecc.)

220 35,0% 193 30,5 130 20,5 29 4,5 9 1,5 39 6,0

1. Il primo settore comprende un’area vastissima: assi­ stenza prenatale, assistenza alla maternità e infanzia, madri nubili, casi di adozioni e di affidamento, orfani e abbandonati, famiglie disgregate, minori minorati fisici o psichici, nonché minori disadattati. E’ da tener presente, infatti che anche nei casi di violazioni del codice penale da parte di minori al di sotto dei 18 anni (e in certi casi al di sotto dei 21 anni), è competente la Direzione generale dei servizi per la prote­ zione dell’infanzia e della gioventù del Ministero degli Affari sociali e, per essa, i suoi organi periferici, dato che non esistono in Danimarca tribunali per i minorenni.

Disponiamo di un dato globale molto significativo anche se risale al 1957 : in questo anno le autorità competenti si occu­ pavano di 41.500 casi di minori assistiti in varie forme, pari al 2,5% della popolazione al di sotto dei 18 anni (7).

In questo settore operano, come vediamo dal prospetto, il 35% degli assistenti sociali danesi e un gran numero di enti statali, privati e parastatali.

Tra questi il più importante è l’Opera nazionale assistenza materna (M ó d reh ja elp en )t ente parastatale con un articola­ zione molto capillare di uffici e consultori presenti in tutto il paese. L’Opera potrebbe essere paragonata per i suoi fini istituzionali all’Opera Nazionale Maternità e Infanzia, se non si tenesse conto del fatto che svolge un lavoro di carat­ tere più sociale che sanitario (fatto del resto comprensibile in un paese dove il servizio medico nazionale esiste già da tanti anni). Il M ó d r eh ja e lp occupa 116 assistenti sociali. Secondo un dato, anche questo significativo, ma che risale al 1955, i due terzi di tutto il personale occupato dal

M ó d r eh ja e lp era costituito da assistenti sociali. E’ infatti l’unico ente tenuto per legge ad assumere assistenti sociali.

Sempre tenendo presente il paradosso che la Danimarca è « un paese agricolo » con una popolazione che vive però per il 70% in centri urbani, si comprende perché dei 116 assistenti sociali occupati dall’Opera nazionale di assistenza materna, 64 si trovino nella citta di Copenaghen.

L’Opera collabora strettamente con le Commissioni comu­ nali e provinciali per l’infanzia e la gioventù, e con tutti gli enti privati che si occupano di questo ampio settore.

L’assistente sociale svolge un lavoro d’informazione, con­ sulenza, di trattamento di casi difficili, decide per i ricoveri in istituto, svolge attività di educazione sessuale, anche al di fuori dei casi che si presentano al consultorio, ed è incaricato di indagare sui casi in cui viene richiesto l’aborto legale, specialmente se in base a indicazioni sociali o psichiatriche, per fornire le informazioni necessarie alla commissione medica incaricata della decisione su casi del genere. In alcuni casi l’assistente sociale svolge compiti che in Italia sono propri dell’assistente sociale giudiziario.

A proposito dei ricoveri in istituto, bisogna tener presente che il M ó d r eh ja e lp partecipa alle spese di ricovero o ad

altre spese, quando il normale sussidio statale non sia suf­ ficiente.

Trenta dei 220 assistenti sociali occupati in questo settore lavorano alPinterno degli istituti educativi, tutti ormai larga­ mente sovvenzionati dallo Stato anche quando si tratta di istituti privati.

L’intervento degli enti pubblici a tutela dell’infanzia viene regolato da criteri molto precisi, specialmente per i casi in cui viene preso in considerazione l’allontanamento del bam­ bino dalla propria famiglia e il suo ricovero presso un istituto. Il termine generico di istituti educativi — alla fine degli anni ’50, erano 335, con una ricettività di circa 9.000 posti per bambini e ragazzi — comprende tutte le istituzioni di vario carattere per bambini subnormali o malati mentali^ elementi con particolari difficoltà di comportamento, o comun­ que nei cui confronti, a giudizio delle commissioni di controllo, l’ambiente familiare è nocivo o incapace di provvedere ai loro bisogni particolari. Alcune di queste istituzioni hanno un carattere meno clinico, e provvedono al ricovero tempo­ raneo, all’istruzione professionale, ecc.

L’addestramento professionale delle équipes addette alle istituzioni per minori viene rispettivamente impartito, per il personale degli asili-nido, orfanotrofi, ecc., in collegi per infermiere e puericultrici; e per le varie categorie di istituti educativi — per cui una parte del personale è reclutato tra le insegnanti elementari — in due scuole d’addestramento di base in cui i corsi coprono un periodo di dieci mesi, cui segue un’altro periodo di dieci mesi presso la Scuola di servizio sociale, che organizza dei corsi appositi per questo tipo di operatori.

2. La responsabilità principale dell’assistenza alle varie categorie di minorati fisici e psichici, grava, per legge sullo stato, che però opera in questo settore in stretta collabora­ zione con un numero molto vasto di organizzazioni o private o parastatali, le quali in genere fruiscono di una larga par­ tecipazione finanziaria da parte dello stato stesso. Alcune organizzazioni sono molto efficienti, spesso dotate di una rete di ambulatori e istituti specializzati per i ciechi e sordomuti, per il trattamento dei poliomielitici e degli spastici, per l’igiene mentale e i malati psichici, per i tubercolotici, ecc. Per lo più queste istituzioni sono indirizzate tanto alla riabilitazione fisica e professionale dei pazienti, quanto alle cure cliniche. Molte sono perciò attrezzate come scuole o come laboratori di terapia occupazionale.

Una parte rilevante degli assistenti sociali di cui abbiamo trattato risulta attiva nel settore dei malati mentali e dei minorati psichici. Di questi, 70 sono occupati nei « centri statali di cura per minorati psichici », dislocati in undici zone del paese, che si occupano sia dell’assistenza generale a questa categoria, sia dei problemi di ricovero e tratta­

mento negli appositi istituti. Poiché la legislazione in materia prescrive non solo servizi di riabilitazione, ma anche l’istru­ zione primaria obbligatoria per gli assistiti sotto i 21 anni, gli assistenti sociali attivi nell’ambito delle istituzioni appo­ site sono in una certa misura anche occupati in queste attività didattiche. Un’altro compito delicato per l’assistente sociale è la partecipazione alle commissioni — composte anche da psichiatri e presiedute da un magistrato — che decidono in materia di sterilizzazione dei malati mentali affetti da gravi tare ereditarie.

Nel settore dell’assistenza ai minorati di altre categorie, vi sono tra l’altro 50 assistenti sociali occupati nei « centri statali di riabilitazione », pure essi dislocati in undici zone che coprono tutto il paese, 47 presso vari enti parastatali e altri in istituzioni più piccole, quale ad esempio l’istituto « Filadelfia » per gli epilettici. Anche in questo settore, è significativo l’interesse rivolto sia alla istruzione di base che alla riabilitazione professionale dei pazienti: tutti i bambini, ciechi, sordi o muti che siano, devono seguire i corsi speciali di istruzione elementare, per lo più tenuti da personale specializzato e con l’aiuto di sussidi tecnici moderni.

Secondo una nuova legge per l’assistenza ai minorati, que­ sta è completamente gratuita; inoltre, gli enti statali e le aziende con partecipazione statale sono tenute ad occupare un certo numero di minorati lievi, capaci di svolgere deter­ minati tipi di lavoro. Ad una commissione speciale spetta l’ultima decisione circa le varie forme di assistenza, terapia e addestramento da adottare nei vari casi, ma sono general­ mente le commissioni sociali dei comuni urbani, spesso tramite gli assistenti sociali, a prendere le decisioni di normale amministrazione. Per i problemi di riabilitazione professionale e il collocamento dei minorati viene anche sollecitata la partecipazione degli enti locali e delle provincie, presso i quali operano per legge apposite commissioni.

Nel settore privato, vi sono otto assistenti sociali presso la « Lega nazionale contro la poliomielite » e undici — in questo caso, quasi tutti uomini — nell’organizzazione R in g i R in g ,

che si occupa del ricupero degli alcolisti per mezzo di tecniche terapeutiche e psicologiche simili a quelle dell ’A lc o h o lic e A n o n y m o u s (AA). Risulta inoltre a questo proposito che un numero non precisato di assistenti sociali occupati in istituti pubblici di terapia delle malattie psichiche è pure attivo nel settore del trattamento degli alcolisti.

3. Dei 130 assistenti sociali occupati nell’ambito degli ospedali generali, 50 dipendono dallo stato, mentre il resto lavora a livello comunale, compresi gli oltre 40 elementi che operano presso gli ospedali del comune di Copenaghen. Nella maggior parte dei casi, essi si occupano del trattamento di casi individuali, ad esempio per risolvere i problemi di adat­ tamento all’ambiente ospedaliero nei casi di lunga degenza,

o problemi di riadattamento al mondo esterno dopo il rico­ vero. Anche se va ricordato che furono proprio gli ospedali a promuovere l’istituzione della Scuola di servizio sociale, e si nota che il numero degli assistenti in questo settore è piuttosto alto, questo va visto in rapporto al totale di oltre 26.000 posti-letto nei soli ospedali generali (statali, provin­ ciali e privati: in tutto 144), al numero di infermiere diplo­ mate, che sono oltre 15.000 e alle 1.150 infermiere visitatrici. 4. Negli altri specifici campi di attività che occupano assi­

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