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Capitolo 1 Fondamenti di illuminotecnica e fotometria

1.4 L’abbagliamento

Un fenomeno che complica il compito visivo e ha conseguenze negative sulla prestazione visiva di un individuo è l’abbagliamento, il quale si manifesta ogniqualvolta all’interno del campo di osservazione si riscontra una marcata disomogeneità delle luminanze dovuta alla presenza di superfici che emettono o riflettono la luce con valori di tale parametro assai più elevati rispetto quello della luminanza di fondo.

A seconda della tipologia di superficie che causa detto fenomeno e della sua posizione rispetto all’osservatore, è possibile distinguere tra:

 abbagliamento diretto, prodotto da una o più sorgenti luminose poste nella

stessa direzione dell’osservatore;

 abbagliamento indiretto, prodotto da una o più sorgenti luminose che non sono

situate nella stessa direzione del soggetto percipiente ma i cui raggi di luce giungono all’occhio secondo direzioni angolari che rendono comunque difficoltoso il compito visivo;

 abbagliamento riflesso, causato dalla luce che, emessa da una sorgente

primaria, viene riflessa dalle superfici costituenti il campo di osservazione e giungono all’organo della vista.

A seconda delle conseguenze che valori di luminanza molto superiori alla luminanza media di adattamento generano sull’individuo, si possono invece identificare le seguenti due tipologie di abbagliamento:

l’abbagliamento psicologico, o discomfort glare;

l’abbagliamento fisiologico, o disability glare.

All’interno della prima categoria rientrano tutti quei fenomeni che non compromettono lo svolgimento del compito visivo e non alterano la percezione dell’individuo, ma contribuiscono a generare una sensazione indesiderata di discomfort e di affaticamento agli occhi; al contrario, la seconda forma di abbagliamento risulta di gran lungo la più problematica in quanto comporta una riduzione della capacità percettiva che può rivelarsi più o meno pericolosa in relazione al particolare compito visivo a cui è chiamato l’osservatore.

Infatti, considerando il caso, di maggior interesse ai fini della presente trattazione, in cui quest’ultimo si identifica nell’utente di una strada destinata prevalentemente al traffico veicolare, la limitazione dell’abbagliamento fisiologico causato dai corpi illuminanti riveste una fondamentale importanza nel garantire una guida sicura e nell’evitare l’insorgere di sinistri stradali. Un accorgimento in tal senso consiste nel dotare le sorgenti luminose di opportuni schermi in maniera tale da limitare le

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intensità luminose emesse in direzione dell’osservatore e di evitare pericolosi innalzamenti della luminanza media di adattamento, rispetto a quelli caratterizzanti la carreggiata, i quali costringerebbero la pupilla dell’occhio a contrarsi e a convogliare lo stimolo visivo nella porzione centrale della retina ricca di coni. Tali fotorecettori non sono dotati della stessa capacità di discernimento dei contrasti che caratterizza al contrario le parti di retina in cui abbondano i bastoncelli (fig. 17) e la visione risulta quindi disturbata; a tale fenomeno si somma poi, nei casi peggiori, anche l’effetto velante causato dalla diffusione della luce all’interno del bulbo oculare attraverso il suo sistema diottrico centrato, costituito dalla cornea, dall’umor acqueo, dal cristallino e dall’umor vitreo, responsabile della formazione un velo luminoso offuscante che non permette la ricognizione dei contrasti (l’abbagliamento fisiologico viene infatti chiamato anche veiling glare).

Figura 17 - Distribuzione dei fotorecettori sulla retina (fonte: www.rpolillo.it).

L’entità di tale fenomeno può essere valutata quantitativamente introducendo la cosiddetta luminanza velante equivalente, la quale esprime la misura in cui i corpi illuminanti posti all’interno del campo visivo dell’osservatore determinano una proibitiva percezione dei contrasti causata dalla formazione del velo di luminanza parassita sopra descritto all’interno del bulbo oculare; in particolare, la nuova

grandezza introdotta, espressa in cd/m2, è descritta dalla seguente relazione (Fellin et

al.; 1999):

(1.20)

dove

rappresenta l’illuminamento, espresso in lux, del piano verticale su cui si

trova l’occhio dell’osservatore, prodotto dalla generica sorgente luminosa i;

 rappresenta l’angolo, espresso in gradi, tra la congiungente l’occhio

27 quest’ultima assunta diretta verso l’asse longitudinale della corsia di marcia e inclinata di 1° rispetto all’orizzontale;

 è il numero di corpi illuminanti presenti all’interno del campo visivo.

La luminanza velante equivalente concorre a definire, assieme alla luminanza media della carreggiata (L), il parametro operativamente utilizzato all’atto pratico della progettazione illuminotecnica e della verifica dei requisiti richiesti per ciascuna tipologia di strada, chiamato Theresold Increment (TI), ovvero “incremento di soglia”; quest’ultimo è legato alle due grandezze suddette dalla relazione seguente (Fellin et al.; 1999):

(1.21)

Tale parametro, espresso in termini di incremento percentuale relativo del contrasto di soglia, fornisce una misura dell’incremento di luminanza rispetto quella di fondo che un oggetto, di ampiezza assunta convenzionalmente pari a 8’, deve presentare per essere percepito a fronte dell’effetto velante provocato dalle sorgenti luminose presenti all’interno campo visivo.

Tuttavia in alcune situazioni il calcolo di detto parametro può risultare piuttosto complesso; per tale ragione la norma UNI EN 13201:2004 fornisce una tabulazione che introduce sei distinte classi di illuminazione contraddistinte dalla lettera G e da un numero progressivo, a ciascuna delle quali sono associate delle intensità luminose massime ammissibili, espresse in cd/klm, differenziate a seconda dell’angolo di emissione dell’intensità luminosa stessa rispetto alla verticale. La tabella riportata nel seguito, estratta dalla norma europea, può essere quindi utilizzata qualora si vogliano introdurre delle prescrizioni atte a limitare l’abbagliamento fisiologico provocato dai corpi illuminanti, ad esempio vincolandone l’inclinazione oppure rendendo obbligatorio l’utilizzo di opportune schermature.

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Restando in tema di illuminazione stradale, nonostante il sopra citato abbagliamento psicologico non costituisca un pericolo per la circolazione quanto quello fisiologico, esiste un indice che tiene conto della gradevolezza della soluzione impiantistica sotto questo aspetto e che può variare da un valore minimo pari a 1, corrispondente a una condizione di abbagliamento non ammissibile, a un massimo pari a 9, in corrispondenza del quale il fenomeno dell’abbagliamento psicologico non è avvertibile. Tale parametro, identificato con la lettera G, da non confondere quindi con le classi di intensità luminosa sopra presentate, dipende in particolare dalle caratteristiche dei corpi illuminanti, sia in termini di emissione della luce, sia in termini di disposizione geometrica, alle quali è correlato dalla seguente espressione (Fellin et al.; 1999): (1.22) dove

e sono le intensità emesse dalla sorgente luminosa sotto un angolo

rispettivamente di 80° e di 88° rispetto al piano verticale parallelo all’asse stradale;

 è l’area luminosa dell’apparecchio di illuminazione, visto secondo un angolo

di 76° rispetto alla verticale;

 rappresenta la luminanza della carreggiata;

 rappresenta l’altezza delle sorgenti rispetto agli occhi dell’osservatore,

supposti a 1,5 m dal suolo;

 è il numero di punti luce per chilometro;

 è una costante che dipende dalla tipologia di sorgente considerata e vale

sempre 0, eccetto per le lampade a vapori di sodio a bassa pressione (0,4) e per quelle a vapori di mercurio (-0,1).

In merito alla situazione di discomfort causata dall’abbagliamento, la norma UNI EN 13201:2004 introduce un ulteriore parametro di valutazione di tale fenomeno, definito “indice di abbagliamento” (D) e descritto dalla seguente relazione:

29 dove

è il valore massimo di intensità luminosa nella direzione che forma un

angolo di 85° rispetto alla verticale;

A è l’area apparente su un piano perpendicolare alla direzione di .

Detta norma fornisce inoltre la seguente tabulazione inerente una suddivisione in classi di abbagliamento, dalla D0 alla D6, ciascuna delle quali caratterizzata da un valore massimo dell’indice D, che può essere utilizzata qualora si vogliano prescrivere per una specifica installazione delle restrizioni volte alla limitazione dell’abbagliamento psicologico.

Tabella 3 - Suddivisone in classi di abbagliamento in funzione del valore massimo dell’indice di abbagliamento (fonte: EN 13201-2:2003).

1.5 Caratteristiche delle sorgenti luminose