3. Il campo di applicazione del d.lgs. n. 231/2001: gli enti destinatari della
3.2. L’ambito di applicazione temporale e spaziale
richiamato dal disposto dell’art. 2 d.lgs. n. 231/2001 – è chiaro e inequivocabile indicatore della natura penale della responsabilità dell’ente63.
3.2. L’ambito di applicazione temporale e spaziale.
Anche le regole che disciplinano l’efficacia spaziale e temporale delle norme punitive degli enti recepiscono le garanzie proprie della materia penale, ricalcando sostanzialmente, agli artt. 3 e 4 d.lgs. n. 231/2001, la disciplina codicistica.
L’art. 3, in particolare, disciplina il fenomeno della successione di leggi nel tempo. Il primo comma prevede l’ipotesi dell’abolitio criminis, prevedendo che l’ente non può essere ritenuto responsabile per un fatto che secondo una legge posteriore non costituisce più reato o in relazione al quale non è più prevista la responsabilità amministrativa dell’ente medesimo e che, qualora vi sia stata condanna, ne cessano l’esecuzione e i relativi effetti giuridici64.
L’art. 3, comma 2, d.lgs. n. 231/2001, che disciplina la successione di leggi in senso proprio, è formulato in termini del tutto analoghi a quanto previsto dall’art. 2, comma 4, c.p.65.
Tuttavia, in tal caso, la norma si riferisce soltanto alle modifiche della legge che prevede la responsabilità amministrativa dell’ente ovvero le sanzioni
63 Cfr. G.i.p. Trib. Milano, (ord.) 9 luglio 2009, Telecom, in Cass. pen., 2010, p. 768.
64 In dottrina, il generico riferimento normativo agli effetti giuridici – e non a quelli penali – ha fatto pensare al travolgimento anche delle obbligazioni civili e del risarcimento del danno. Così, BRUNELLI D., sub art. 2, in PRESUTTI A. -‐‑ BERNASCONI A. -‐‑ FIORIO C. (a cura di), La responsabilità degli enti. Commento articolo per articolo al D. legisl. 8 giugno 2001, n. 231, Padova, 2008, p. 89. Tuttavia, SCOLETTA M. M., La responsabilità da reato delle società: principi generali e criteri imputativi nel d.lgs. n. 231/2001, cit., p. 890, rileva come tale soluzione debba necessariamente essere conciliata con la tutela dei terzi in buona fede destinatari della tutela risarcitoria.
65 L’art. 3, comma 2, d.lgs. n. 231/2001 afferma: «Se la legge del tempo in cui è stato commesso l’illecito e le successive sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli, salvo che sia intervenuta pronuncia irrevocabile».
amministrative irrogabili, dovendosi considerare irrilevanti le eventuali modifiche del precetto che contempla il reato-‐‑presupposto, che produrranno i loro effetti solo sul piano del trattamento sanzionatorio applicabile alla persona fisica autrice del reato66.
Si rileva, altresì, come l’art. 3, comma 3, d.lgs. n. 231/2001 – che prevede l’esclusione dell’applicazione delle norme previste dai commi precedenti qualora si tratti di leggi eccezionali e temporanee – riproduca solo in parte la regola stabilita dall’art. 2 c.p., in quanto non contempla, a differenza di quest’ultimo, le vicende modificative connesse alla decretazione d’urgenza67.
Il d.lgs. n. 231/2001 ha affrontato, altresì, il problema dell’applicazione nello spazio della nuova normativa, soffermandosi a disciplinare, in particolare, le ipotesi nelle quali l’ente può essere chiamato a rispondere dell’illecito amministrativo derivante da un reato commesso all’estero.
Le condizioni e i limiti di efficacia della responsabilità degli enti per fatti commessi all’estero sono previste dall’art. 4 d.lgs. n. 231/200168, il quale recepisce la disciplina codicistica attraverso il rinvio espresso alle disposizioni degli artt. 7-‐‑10 c.p.. In particolare, viene stabilito che la responsabilità sia attribuibile ad enti che abbiano in Italia la propria sede principale, sempre che
66 Si veda, PECORELLA C., Principi generali e criteri di attribuzione della responsabilità, cit., p. 78; Contra, vedasi DE VERO G., La responsabilità penale delle persone giuridiche, in GROSSO C. F. -‐‑
PADOVANI T. -‐‑ PAGLIARO A. (diretto da), Trattato di diritto penale, Parte Generale, Milano, 2008, p. 68, il quale sostiene che «il richiamo testuale alle “leggi diverse” e l’interpretazione sistematica fanno ritenere che il regime di retroattività della disposizione più favorevole vada applicato non solo alla legge che prevede la responsabilità dell’ente ma altresì a quella che contempla il reato-‐‑presupposto».
67 Al riguardo, la Relazione governativa al d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, cit., p. 16 afferma che «le questioni che involgono la normazione attraverso la decretazione d’urgenza nonché quelle legate alla dichiarazione di legittimità costituzionale delle leggi sembrano infatti trovare più agevole soluzione alla luce dei rispettivi principi generali».
68 Art. 4 d.lgs. n. 231/2001: «1. Nei casi e alle condizioni previsti dagli articoli 7, 8, 9 e 10 del codice penale, gli enti aventi nel territorio dello Stato la sede principale rispondono anche in relazione ai reati commessi all’estero, purché nei loro confronti non proceda lo Stato del luogo in cui è stato commesso il fatto. 2. Nei casi in cui la legge prevede che il colpevole sia punito a richiesta del Ministro della giustizia, si procede contro l’ente solo se la richiesta è formulata anche nei confronti di quest’ultimo».
nei confronti dell’ente non proceda lo Stato del luogo in cui è stato commesso il fatto69.
Una questione ampiamente dibattuta sia in dottrina che in giurisprudenza riguarda la possibilità o meno di punire enti stranieri per reati-‐‑presupposto commessi da propri agenti nel territorio dello Stato italiano.
In dottrina, tale possibilità è stata esclusa, rilevando come la condotta costitutiva dell’illecito dell’ente (inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza) si radicherebbe interamente all’estero; peraltro, sul piano dell’accertamento della responsabilità, sarebbe difficile valutare l’efficacia esimente del modello organizzativo di una società estera70.
La giurisprudenza di merito, invece, ha riconosciuto, sin dalle sue prime pronunce in materia di d.lgs. 231/2001, come il sistema punitivo ivi previsto sia pacificamente applicabile agli enti stranieri che svolgono la propria attività nel territorio nazionale, sulla base della semplice osservazione per cui «quando un ente opera in Italia è tenuto ad osservare le leggi italiane, così come qualsiasi persona fisica che agisca sul medesimo territorio»71.
69 Attenta dottrina ha rilevato come, tuttavia, sia ben possibile che, per reati commessi all’estero, alla persona fisica (italiana o straniera) sia applicabile la legge penale italiana sulla base della disciplina degli artt. 7-‐‑10 c.p., ma la persona giuridica di appartenenza abbia sede principale all’estero e risulti quindi al di fuori della portata sanzionatoria del d.lgs. n. 231/2001. Così, SCOLETTA M. M., La responsabilità da reato delle società: principi generali e criteri imputativi nel d.lgs. n. 231/2001, cit., p. 892.
70 In questo senso, DI GIOVINE O., Lineamenti sostanziali del nuovo illecito punitivo, cit., p. 39; AMODIO G., Rischio penale d’impresa e responsabilità degli enti nei gruppi multinazionali, in Riv. it. dir. proc. pen., 2007, p. 1289.
71 Così, G.i.p. Trib. Milano, 27 aprile 2004, Siemens, in Le Soc., 2004, n. 10, p. 1275; più recentemente, si veda, Trib. Milano, sez. IV, 4 febbraio 2013, n. 13976, ivi, 2013, p. 869 ss.
4. I reati-‐‑presupposto: una categoria in continua espansione.
Come già anticipato, il d.lgs. n. 231/2001 introduce nel nostro ordinamento una responsabilità diretta a sanzionare gli enti qualora la persona fisica – inserita nell’organigramma dell’ente – compia taluno dei reati indicati nel decreto medesimo agli artt. 24 ss., nell’interesse o a vantaggio dell’ente stesso.
La legge-‐‑delega n. 300/2000 distingueva, all’interno del catalogo dei reati-‐‑ presupposto della responsabilità amministrativa dell’ente, da un lato, gli illeciti collegati a delitti contraddistinti dalla finalità del conseguimento di ingiustificati profitti e, perciò, riconducibili a una politica d’impresa rivolta ad aggirare le regole che disciplinano la concorrenza72; dall’altro, gli illeciti derivanti da reati che si situano, criminologicamente, nel cono d’ombra del rischio d’impresa (quali, inquinamento, infortuni sul lavoro, ecc.). Il Governo, in sede di attuazione, privilegiando l’illiceità del profitto, ha operato una «drastica potatura» degli illeciti che la legge-‐‑delega imponeva di fronteggiare73.
Pertanto, al momento dell’entrata in vigore, il d.lgs. n. 231/2001 delineava una ridottissima categoria di reati: in particolare, la responsabilità dell’ente conseguiva solamente alla commissione da parte del soggetto in posizione apicale o in quella subordinata di uno dei specifici delitti elencati agli artt. 24 e 25 del decreto in esame. Tali disposizioni si riferiscono ai reati di malversazione a danno dello Stato, truffa, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, frode informatica, concussione e corruzione.
Con il tempo però, anche al fine di rispondere ad esigenze di armonizzazione internazionale e di conformità alle previsioni della legge-‐‑ delega, il d.lgs. n. 231/2001 ha subito una continua evoluzione. Nella versione
72 Sono questi i reati previsti dalle Convenzioni internazionali oggetto di ratifica.
73 In questi termini, PIERGALLINI C., I reati presupposto della responsabilità dell’ente e l’apparato sanzionatorio, cit., p. 214.