2. La valutazione giudiziale del modello organizzativo e le attuali difficoltà
2.2. La valutazione giudiziale di idoneità del modello adottato ex post
soltanto le circostanze conosciute dall’ente o che erano generalmente riconoscibili, occorrerebbe valutare tutte le circostanze esistenti, con un evidente pregiudizio a carico dell’impresa. In un contesto garantistico sembra, dunque, irrinunciabile una valutazione ex ante, e quindi necessariamente parziale, dell’idoneità del modello organizzativo18.
2.2. La valutazione giudiziale di idoneità del modello adottato ex post.
I modelli organizzativi, per avere efficacia esimente ai fini del d.lgs. n. 231/2001, devono essere adottati dall’ente prima della commissione del reato che possa dare seguito ad un procedimento penale.
Tuttavia, nella pratica può accadere che l’ente non abbia tempestivamente adottato un modello organizzativo e che si trovi coinvolto in un procedimento penale per fatti commessi nel suo interesse o vantaggio.
Nulla esclude una regolarizzazione ex post, ossia dopo la commissione dell’illecito. Anche un intervento successivo ha o può avere per l’ente un costo notevole dal punto di vista organizzativo e gestionale, perché il vaglio del giudice è sicuramente più rigoroso.
Con riferimento alla struttura, anche per il modello organizzativo adottato post reato valgono le ordinarie prescrizioni degli artt. 6 e 7 d.lgs. n. 231/2001 e resta identica la metodologia elaborativa ed attuativa19.
Inoltre, il modello organizzativo adottato dopo la contestazione anche provvisoria dell’illecito non potrà prescindere dalle concrete vicende che hanno visto coinvolto l’ente ed, anzi, dovrà considerare seriamente i segnali di rischio che tali concrete vicende hanno evidenziato. Pertanto, quando già determinati
18 Cfr. RORDORF R., I criteri di attribuzione della responsabilità. I modelli organizzativi e gestionali idonei a prevenire i reati, in Le Soc., 2001, p. 1301.
reati si sono verificati, il contenuto programmatico del modello organizzativo, in relazione all’area in cui gli indicatori di rischio sono più evidenti, dovrà necessariamente essere calibrato e mirato all’adozione di più stringenti misure idonee a prevenire o a scongiurare il pericolo di reiterazione dello specifico illecito già verificatosi20.
In definitiva, può ben dirsi che, nel caso di istituzione successiva del modello organizzativo – magari per evitare l’applicazione delle misure cautelari (art. 45 d.lgs. n. 231/2001: in particolare, per escludere il rischio di recidiva) o per ottenerne la revoca (art. 50 d.lgs. n. 231/2001) oppure per evitare l’applicazione delle sanzioni interdittive (art. 17 d.lgs. n. 231/2001) oppure per ottenere la riduzione delle sanzioni pecuniarie (art. 12 d.lgs. n. 231/2001) – il controllo del giudice sul modello organizzativo può essere oltremodo rigoroso e condizionante.
In particolare, come si è accennato, l’apprezzamento dell’idoneità del modello ex post deve essere molto rigoroso per escludere il rischio di recidiva.
Il parametro di valutazione del modello ex post, infatti, deve essere diverso da quello utilizzabile in occasione dell’apprezzamento dell’idoneità del modello ex ante, cioè del modello organizzativo costituito dall’ente prima della commissione dell’illecito, ex artt. 6 e 7 d.lgs. n. 231/2001, rilevante, nella ricorrenza delle altre condizioni di legge, per escludere la stessa responsabilità dell’ente per i reati commessi nonostante l’istituzione del modello. In quest’ultimo caso, come già affermato, il giudizio sull’idoneità non può che essere effettuato riportandosi al momento dell’istituzione del modello, dovendosi giudicare idoneo, per escludere la responsabilità, quello che, appunto ex ante, potesse e dovesse essere astrattamente ritenuto tale da azzerare o, quanto meno, minimizzare il rischio della commissione degli reati.
Diverso è il ragionamento logico che si impone quando si discute di un modello ex post, cioè costituito dopo la commissione del reato. In tal caso, il giudizio sull’idoneità del modello organizzativo non può essere effettuato in termini generici, ma deve essere rigoroso ed attento alle specificità del caso concreto21. In altre parole, dovrà operarsi, da parte del giudicante, una valutazione «non in termini esclusivamente prognostici ed ipotetici, ma anche in considerazione del dato fattuale desumibile dalla prospettiva accusatoria»22.
La regola di valutazione di maggior rigore è desumibile dall’art. 17, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 231/2001, il quale stabilisce che le sanzioni interdittive non possono applicarsi quando l’ente ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato, mediante l’adozione e l’attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello sub iudice.
Ne deriva che il modello ex post può essere ritenuto idoneo solo quando risulti tale da avere eliminato, in concreto, tutte le situazioni di rischio che hanno determinato la commissione del reato23.
21 Cfr., sul punto, Trib. Roma, (ord.) 4 aprile 2003, cit., secondo cui «i protocolli rivolti a “procedimentalizzare” la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente […] non potranno non tener conto nel concreto della situazione che ha favorito la commissione dell’illecito, sì da eliminare le carenze organizzative che hanno determinato il reato. Si tratta di una valutazione da formularsi dunque non in termini esclusivamente prognostici ed ipotetici, ma anche in considerazione del dato fattuale desumibile dalla prospettazione accusatoria. Conseguentemente, in siffatta ipotesi, il contenuto programmatico dell’attività dell’ente, specificato nei modelli, in relazione al quale l’intervento normativo non prevede rigide formule o cristalizzazioni, dovrà essere mirato e calibrato espressamente sulle carenze organizzative che hanno favorito la commissione del reato». In pratica, si richiede «una valutazione da formularsi non in termini esclusivamente prognostici ed ipotetici, ma anche in considerazione del dato fattuale» pregresso, di modo che i modelli adottati dopo la realizzazione del reato, «dovranno necessariamente risultare maggiormente incisivi in termini di efficacia dissuasiva e dovranno valutare in concreto le carenze dell’apparato organizzativo e operativo dell’ente che hanno favorito la perpetrazione dell’illecito».
22 Così AMATO G., Con l’eliminazione delle situazioni di rischio le misure cautelari diventano superflue, in Guida dir., 2003, n. 31, p. 72.
2.3. Idoneità del modello in caso di malattia professionale o di infortunio sul lavoro.
L’art. 9, l. n. 123/2007 ha introdotto nel d.lgs. n. 231/2001 l’art. 25-‐‑septies, poi modificato dal T.U. in materia di salute e sicurezza sul lavoro, d.lgs. n. 81/2008. Con tali norme la responsabilità da reato degli enti è stata estesa ai delitti di omicidio colposo e di lesioni colpose, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sui luoghi di lavoro.
In particolare, il legislatore del 2008, con l’art. 30 d.lgs. n. 81/2008, ha specificato il contenuto dei modelli di organizzazione e gestione cui l’ente si deve dotare per andare esente da responsabilità in relazione alla commissione dei reati di omicidio e lesioni colpose in violazione di norme antinfortunistiche.
Si precisa che l’art. 30 d.lgs. n. 81/2008 non pone un obbligo normativo di adozione della sezione del modello considerata, ma prevede, invece, un onere organizzativo esattamente come prevedono a livello generale gli artt. 6 e 7 d.lgs. n. 231/2001 in relazione al modello di organizzazione, gestione e controllo nella sua completezza. Ciò equivale ad affermare che l’ente che voglia esimersi da responsabilità nel caso dei reati-‐‑presupposto di cui all’art. 25-‐‑septies d.lgs. n. 231/2001 «dovrà dotarsi di apposita sezione del modello che assicuri l’adempimento degli obblighi costituiti in funzione di prevenzione, sviluppando un protocollo predittivo degli infortuni sul lavoro inerente alla tutela della sicurezza e della salute sui luoghi di lavoro doverosamente elaborato tenendo presente gli specifici contenuti tecnici elencati, da intendersi come regole cautelari di settore, essenziali per l’applicazione successiva della scriminante della responsabilità»24.
24 Così ROSSI A., La responsabilità degli enti da reato, otto anni dopo – Modelli di organizzazione, gestione e controllo: regole generali e individuazioni normative specifiche, in Giur. it., 2009, p. 7.