criminosa 34 , ove sia raggiunta almeno la soglia del tentativo 35 , a legittimare
24. Le richieste del pubblico ministero: la richiesta di convalida dell’ar resto o del fermo
25.1. L’ampliamento dell’area della coercizione cautelare.
Per quanto riguarda l’iniziativa spettante al pubblico ministero per ottenere una misura coercitiva, di assoluto rilievo appare la seconda parte del comma 5
dell’art. 391: l’area entro cui tale iniziativa può esplicarsi, infatti, ne risulta allar-
gata rispetto ai casi in cui il magistrato requirente si attivi al di fuori della proce- dura di convalida di una restrizione già applicata in via provvisoria. In concreto, il successo dell’istanza dipenderà dall’esito del giudizio sulla convalida dell’arresto, in quanto soltanto ove quest’ultimo sia positivo il giudice – in presenza delle con- dizioni di applicabilità previste dall’art. 273 e ricorrendo taluna delle esigenze cautelari – potrà disporre una misura coercitiva al di là dei limiti di pena fissati dagli artt. 280 e 274 comma 1 lett. c320.
Già nella sua versione originaria il codice volle che l’area della coercizione cautelare potesse estendersi per coprire il più vasto ambito di operatività che si era riconosciuto all’arresto nel secondo comma dell’art. 381. La ratio è chiara: s’in- tese coordinare la potestà precautelare con quella cautelare, così da non lasciare senza sbocco gli arresti legittimamente eseguiti oltre gli ordinari confini assegnati alla coercizione cautelare321. Sui rapporti fra l’una e l’altra potestà sono note le
parole spese una decina d’anni fa dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 223
del 2004322: ne risultò ribadita «la configurazione dell’arresto come misura “pre-
cautelare”»323, che trova la sua giustificazione nella necessità di evitare l’infrut-
tuosità di un provvedimento restrittivo tardivo. Sotto tale profilo, è innegabile che la seconda parte dell’art. 391 comma 5 valga proprio ad evitare arresti senza alcu-
stero non è tenuto a motivare la richiesta di convalida dell’arresto, ma la motivazione è indi- spensabile in ordine all’ulteriore richiesta cautelare.
318 Cfr. K. La Regina, L’udienza, 324 ss.
319 V. C. cost., 26.6.1991, n. 304 (ord.): supra, 23.3. 320 Infra, 33.
321 V. C. cost., 8.6.2001, n. 187 (ord.), che affermò la non omogeneità della situazione
«dell’indagato, sia pure per il medesimo titolo di reato, arrestato in flagranza ovvero in stato di libertà», per concludere che «di tale diversità di situazioni il legislatore ha tenuto opportunamente conto» (l’argomentazione fu allora utilizzata per rigettare una questione di legittimità costituzio- nale mirante ad estendere la possibilità della coercizione cautelare per uno dei reati elencati nel- l’art. 381 comma 2 anche al di fuori dei casi di avvenuto arresto). Sul punto, all’indomani del- l’entrata il vigore del “nuovo” codice di rito, v. le osservazioni di E. Fassone, Art. 280, 101.
322 Supra, 1.
no sbocco possibile nella coercizione cautelare324, ma è altrettanto vero che
l’obiettivo è raggiunto attraverso una sorta di inversione del «rapporto di strumen- talità tra arresto e cautele processuali»325.
La deroga agli ordinari limiti oggettivi del potere coercitivo connessa alla le- gittima esecuzione di un arresto, inoltre, è stata oggetto di dubbi interpretativi, alimentati da difetti di coordinamento fra l’eccezione e le modifiche apportate nel tempo alle regole vigenti in materia cautelare. In particolare, margini d’incertezza si crearono quando la legge 8.8.1995, n. 332, introdusse, per il reato oggetto del procedimento, una soglia sanzionatoria differenziata ai fini dell’applicabilità della
custodia cautelare in carcere (nel “nuovo” comma – il secondo – aggiunto nel-
l’art. 280, essa saliva alla reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni326),
senza nel contempo intervenire sul regime derogatorio previsto nella seconda par- te dell’art. 391 comma 5. Rebus sic stantibus, non era pacifico se anche il nuovo limite potesse cadere, tanto più che ne sarebbe derivata una palese incongruen- za327. Infatti, a seguito delle modifiche apportate all’art. 280, erano diventati non
più suscettibili di “conversione” nella custodia carceraria alcuni degli arresti ese- guiti a norma dell’art. 381 comma 1328. Pertanto, ipotizzata la perdurante applica-
bilità della misura più afflittiva in seguito ad arresto per uno dei delitti elencati nell’art. 381 comma 2, si denunciava il conseguente paradosso di un trattamento più benevolo per reati, pur sanzionati con pene maggiori, ma riconducibili ai de- litti selezionati dal comma precedente329. Tale paradosso, tuttavia, sembra non
aver preoccupato il legislatore quando la legge 26.3.2001, n. 128, riformulò la se- conda parte dell’art. 391 comma 5. L’intervento chiarì la portata della previsione a favore della possibilità, a seguito di arresto, di fare eccezione anche alla soglia di pena richiesta dall’art. 280 comma 2 per il ricorso alla custodia carceraria330: in
tal senso depone pure l’esplicita estensione della deroga ai limiti previsti dall’art. 274 lett. c331. Oltre che in caso di restrizione provvisoria ex art. 381 comma 2332,
324 Cfr. S. Allegrezza, Incostituzionale, 4704 s. 325 V. F. Caprioli, Presupposti, 421.
326 Sulla limitata incidenza, in concreto, della riforma, v. G. Illuminati, Presupposti, 70 s.;
F. Rigo, Art. 7, 107.
327 V. G. Illuminati, Presupposti, 72 s.
328 Sull’originaria esiguità del numero dei reati di cui all’art. 381 comma 1 esclusi – a se-
guito della riforma del 1995 – dal novero di quelli per cui l’arresto in flagranza può essere “convertito” nella custodia carceraria, A.M. Bonagura, Udienza, 262.
329 Illustrano tale paradosso A.M. Bonagura, Udienza, 261 ss.; R. Giovagnoli, L’appli-
cazione, 199 s.; V. Grevi, Misure, 308; P. Sechi, sub art. 12, 450 s.; F. Viggiano, Cautele, 133.
330 Fra gli altri, A.M. Bonagura, Udienza, 260; R. Giovagnoli, L’applicazione, 199; K. La
Regina, L’udienza, 407; P. Sechi, sub art. 12, 449.
331 La precedente portata della deroga, limitata alla sola condizione generale di applicabilità
delle misure coercitive riferita all’entità della pena edittale, era stata, peraltro, ritenuta non le- siva del principio di ragionevolezza da C. cost., 23.4.1998, n. 148 (ord.).
la deviazione dai confini ordinari della coercizione cautelare fu autorizzata altresì nelle ipotesi di arresto per uno dei delitti che lo consentono anche fuori flagran- za333. Diversamente, nessun regime derogatorio fu introdotto per i casi di arresto
eseguito a norma dell’art. 381 comma 1334. Una successiva riforma degli artt. 280
comma 2 e 274 lett. c ha poi ulteriormente circoscritto il ricorso alla custodia car- ceraria. Si tratta del d.l. 1.7.2013, n. 78, convertito nella legge 9.8.2013, n. 94. Ai fini dell’applicabilità della misura più afflittiva, è stata infatti innalzata alla reclu- sione non inferiore nel massimo a cinque anni la soglia di pena che deve raggiun- gere il reato oggetto del procedimento335 ed anche quello temuto, là dove la ne-
cessità della carcerazione cautelare si fondi sull’esigenza di fronteggiare il perico- lo della commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede336.
La spinta al contenimento del ricorso alla misura più afflittiva non ha comunque raggiunto i casi di “conversione” degli arresti eseguiti per uno dei delitti indicati nell’art. 381 comma 2 o che consentono la restrizione provvisoria anche fuori fla- granza. Ne sono derivati l’idoneità della legittima esecuzione di un arresto per uno di tali reati a sottrarre la custodia in carcere anche ai suoi “nuovi” confini e, fra i delitti di cui al primo comma dell’art. 381, l’aumento di quelli la cui pena edittale non consente che all’arresto segua l’applicazione della misura più afflitti- va. Successivamente, con la riforma dell’art. 275 comma 2-bis, è stato però intro- dotto il divieto della custodia cautelare in carcere «se il giudice ritiene che, al- l’esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni», senza che si sia fatta salva – per quanto più rileva in questa sede – l’applicabilità dell’art. 391 comma 5 (art. 8 d.l. 26.6.2014, n. 92, conv. nella legge 11.8.2014, n. 117) 337.
per reati puniti con pene che non consentirebbero, in via normale, l’applicazione di misure coercitive», la possibilità di disporle ugualmente, in deroga ai limiti edittali ordinari, deve esse- re espressamente stabilita dalla legge speciale, A. Ferraro, Arresto, 126.
333 Peraltro, l’applicabilità – in sede di convalida – di una misura cautelare in deroga all’art.
280 era già una previsione piuttosto comune in ordine ai casi di arresto consentito anche fuori flagranza: v. R. Giovagnoli, L’applicazione, 196.
334 V., però, M. Bargis, Disposizioni, 26; R. Giovagnoli, L’applicazione, 211.
335 Tuttavia, è stata sganciata dall’entità della pena edittale l’applicabilità della custodia
cautelare in carcere per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all’art. 7 legge 2.5.1974, n. 195.
336 Con la legge n. 47/2015, anche sotto il profilo de quo il trattamento cautelare è stato ir-
rigidito quando viene in gioco il delitto di finanziamento illecito dei partiti.
337 V., fra gli altri, M. Daniele, Il palliativo; A. Laronga, L’art. 275, co. 2°-bis, c.p.p. In
giurisprudenza v., però, con riferimento ad un arresto per evasione, Cass., Sez. VI, 1.10.2015, El Mkhatri, CED, 2015/265609.
26. La discovery degli atti che supportano le richieste del pubblico mini-