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2.2 Adhortatio di Mnesteo

2.2.5 L'apostrofe al dio Nettuno

Quando Mnesteo abbandona il pensiero (e le parole) relativo alla vittoria, volge la

324 Verg. Aen. 1.575-76 atque utinam rex ipse Noto compulsus eodem/ adforet Aeneas!;

2.108-10 'Saepe fugam Danai Troia cupiere relicta/ moliri et longo fessi discedere bello;/ fecissentque utinam!; 3.614-15 nomine Achaemenides, Troiam genitore Adamasto/ paupere (mansissetque utinam fortuna!) profectus. E Verg. Ecl. 10.35-36 atque utinam ex uobis unus uestrique fuissem/ aut custos gregis aut maturae uinitor uuae!.

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sua attenzione al ruolo divino nella decretazione del vincitore, attraverso non un consueto riferimento alle divinità alla 3 p., ma apostrofando direttamente il dio del mare Nettuno: sed superent quibus hoc Neptune dedisti. Questa è una delle rare aversiones ab auditoribus contenuta all'interno di un discorso diretto, ossia proferita dalla voce di un personaggio che stava dialogando con altri. Rimando alla trattazione del fenomeno della apostrofe, analizzata infra in occasione del primo discorso di Enea agli uomini del libro V (Aen. 5.44-71), mentre mi limito in questa sede ad alcune precisazioni. A differenza del sic di voluistis di Aen. 5.50, in cui la comodità metrica non può essere chiamata in causa, in questo caso, la comodità prosodica offerta dal vocativo Neptune e dalla 2 p. dedisti in Aen. 5.195 non può essere taciuta. Se anche l'aspetto ritmico avesse dato origine a tale apostrofe, tuttavia non può non essere riconosciuto l'effetto realistico e patetico che questa fa assumere alle parole del personaggio che le pronuncia. Basti pensare, per es., a Aen. 12.41 dove la parentesi con lo scongiuro di Latino alla dea Sors non prevede l'apostrofe alla stessa: Fors dicta refutet in chiusa di esametro, ed è evidente lo scarto nel modo di esprimersi e di porsi degli emittenti. Attraverso le apostrofi agli dei il personaggio viene caratterizzato come molto più coinvolto emotivamente, inoltre il suo modo di esprimersi si allontana dall'oggettività e lascia intravedere la soggettività del parlante. La carica emotiva e soggettiva che la apostrofe agli dei riesce a dare, sia essa, come vedremo, sfogo rassegnato come in Aen. 5.50 o richiesta disperata come in Aen. 3.620, sia essa, come stiamo analizzando, speranzosa constatazione come in Aen. 5.195, è elemento certo e non discutibile. L'apostrofe in sé è elemento conversazionale e patetico, pertanto la sua caratteristica è proprio quella di veicolare, all'interno di un dialogo, le emozioni ed accrescere il pathos. Nel caso specifico dell'adhortatio di Mnesteo, l'apostrofe conferisce non solo maggior pathos ma anche una miglior verosimiglianza rispetto al discorso informale che un animoso e orgoglioso comandante avrebbe potuto tenere ai suoi uomini, perché c'è una serie di elementi che conferiscono anche una sfumatura colloquiale alle parole del comandante. Infatti, la geminazione urgente del nunc, le comode ellissi, anche quella inconsueta di estis, la rarissima aposiopesi, l'apostrofe, un parlare semplice e veloce, l'uso del generico e comodo pronome dimostrativo al posto del sostantivo -e di un sostantivo tanto importante!-, l'utilizzo di parole forti come pudeat e nefas e del verbo concreto e con buna probabilità colloquiale promite sono tutti fenomeni che permettono di definire il modo di parlare di Mnesteo come patetico, informale, diretto ed incisivo.

Non sono fenomeni tipici del latino colloquiale, eppure sono degni di nota nell'analisi del modo di esprimersi di Mnesteo, la simplicitas e la perspicuitas326.

La sintassi è semplice e lineare: le frasi si susseguono legate tra loro in modo coordinato esplicito, e più di rado implicito, con un minimo di subordinazione, che coinvolge solo la relativa (quos v. 190, quibus vv. 192 e 195) e l'accenno di concessiva (quamquam v. 195). Le scelte lessicali sono semplici ed incisive, in particolare notiamo un notevole semplicità nelle espressioni allitteranti ed echeggianti prima peto e vincere certo. Per quest'ultima Virgilio non si sforza nemmeno di cercare un sinonimo, ottenendo due effetti che agiscono su piani

326 Simplicitas e perspicuitas sono anche tra le caratteristiche principali della lingua

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diversi. Da un lato l'idea centrale del discorso è enfatizzata, e quindi più facilmente individuabile per il destinatario, attraverso il poliptoto del verbo vincere, prima nella frase negativa neque uincere certo e poi nella positiva hoc uincite ciues. Dall'altro manca un sinonimo, che potesse variare e ampliare il lessico di Mnesteo: in un momento tanto concitato e informale il comandante non ha la cura di diversificare il proprio vocabolario, ma si limita a usare verbi comodi e densi di significato. Incisivi sono il verbo promite in forza della sua concretezza quotidiana, il verbo pudeat e prohibete nefas. Il verbo pudere, che richiama il greco ἐλεγχείην (Hom. Il. 23.408), insieme al compl. ogg. extremos327, ottiene una

particolare enfasi grazie all'accentuazione prosodica contrastiva rispetto a quella usuale, come anche il termine nefas, che, immediatamente prima della forte cesura pentemimera, costituisce il solo «clash» del verso 197. Nefas ha urtato la sensibilità di diversi commentatori per la valenza religiosa di cui è portatore e per l'exaggeratio che produce328. In realtà, Bettini329 dimostra, sia da un punto di vista

antropologico sia da un punto di vista linguistico, che fas/nefas non è la legge divina che promana direttamente dalla divinità, ma una vis innata che è o, comunque dovrebbe essere, riconosciuta da tutti. La derivazione di fās da bhā-, la stessa radice di fari, ossia del "dire in modo autorevole e capace di produrre effetti sulla realtà", conferma che fas è "ciò che viene detto e quindi riconosciuto" da sempre e da tutti, pertanto è ciò che produce la regola sociale, il νόμος ἄγραφος. Si vede, quindi, come l'aspetto religioso, che ha diviso le interpretazioni dei commentatori virgiliani, urtando la sensibilità di alcuni, non sia in realtà coinvolto nell'origine del sostantivo indeclinabile fas e del suo composto nefas, anche se non ci sono certezze sulla percezione del termine una volta entrato nell'uso. Nefas è come «un sigillo, un timbro, che si imprime sui comportamenti o sugli avvenimenti»330 e se ci mettiamo dal punto di vista di Mnesteo, soprattutto

consapevoli della funzione parenetica del suo discorso, capiamo che esso rappresenta la parola giusta al momento giusto, per ottenere la reazione voluta su eroi tanto forti da essere stati o comunque definiti Hectorei comites331. Anzi, se ci

poniamo nella prospettiva degli uomini destinatari dell'esortazione di Mnesteo e del pubblico, non notiamo nessun disallineamento tra la forma e il contenuto. Infatti gli uomini certamine summo procumbunt senza risparmiarsi tanto che creber anhelitus artus/ aridaque ora quatit sudor fluit undique riuis. Ma

327 Peerlkamp 1843, p. 310 vi vede un'espressione proverbiale, desunta dal gioco dei

bambini cf. Hor. ars 417 occupet extremum scabies. Secondo il commentatore ottocentesco Virgilio ha aggiunto i più solenni o cives hoc vicite et nefas prohibete per controbilanciare extremos. L'ipotesi è affascinante, tuttavia non trova conferme.

328 Servio ad Aen. 5.197 ha cura di precisare che l'aspetto religioso è qui estraneo: nefas

modo obprobrium. Sulla stessa linea anche Heyne, Wagner 1830-1833⁴, vol. II p. 753 e Williams 1961, p. 85 che trova prohibete nefas un po' esagerato. Per Farrell 2014, p. 46 invece nefas ha un «religious overtone». Fabbrini 1968, p. 523 è convinto dello stretto rapporto semantico tra nefas e religiosus e Sini 1987, p. 677 ritiene «singolare» l'uso di nefas per Aen. 5.197 e gli autori che riporta nel suo compendio, a cui rimando per la bibliografia, ritengono che nefas sia indissolubilmente legato all'aspetto religioso. Ampia bibliografia su termine fas in Falcon 2013, nota 102, pp. 240-41.

329 Bettini 2006, sprt. pp. 40-51. 330 Ibid. p. 18.

331 Sabbadini, Marchesi 1964 p. 28 precisano che si tratta davvero di un nefas per loro che

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soprattutto, dopo il casus (Aen. 5.201) di Sergesto, e dopo il sorpasso della Chimera, Virgilio ci presenta non solo le reazioni entusiastiche degli spettatori, ma anche i sentimenti dei Mnesthei comites. La Pristi ha conquistato il cuore del pubblico, come anche del lettore, secondo la ben nota legge espressa nell'ars poetica332 e i vogatori uitamque uolunt pro laude pacisci. Anche questo modo di

sentire la gara sembra esagerato per l'uomo postmoderno, ma per questi eroi, così attaccati al kleos, preferire la morte alla sconfitta ha motivo di essere, tanto quanto il nefas precedente. La forte iunctura prohibete nefas deve essere piaciuta, se si ritrova anche in Ov. Met. 10.321 (in medesima sede) “di, precor, et pietas sacrataque iura parentum,/ hoc prohibete nefas scelerique resistite nostro,/ si tamen hoc scelus est333 e in Sil. 2.372 di, procul o, merita est numquam si talia

plecti/ Carthago, prohibete nefas nostrique solutas/ ductoris seruate manus!'. ma sempre in contesti più consoni a quanto il termine nefas generalmente evoca. Un'ultima considerazione riguarda il minimo sforzo compiuto dal poeta nel controbilanciare con elementi poetici e raffinati la presenza dell'aposiopesi e dei fenomeni che compaiono privilegiatamente nel latino colloquiale. Nel discorso di Mnesteo non c'è nulla che miri ad impreziosire o ad innalzare il tono del discorso ad eccezione di elementi appartenenti al livello fonologico: le coppie allitteranti sorte suprema, mari Maleaque, prima peto, sed superent, una piacevole eco in vincere certo e un tipo particolare di gioco fonetico che potremmo definire "allitterazione chiastica" vincite cives, con cives che ricorda agli uomini che quello per cui stanno lottando è più di mero sport334. Si noti come il concetto

centrale, ossia quello della vittoria, è insistito non solo grazie alla ripetizione del verbo vincere, ma anche grazie alla ripetizione di certi suoni del verbo stesso. La traiectio, così frequente nei versi eneadici, riguarda solo illas promite uires e Troiae quos, mentre manca del tutto quel fenomeno che il Conte aveva individuato come caratteristico della poesia epica virgiliana, ossia l'enallage. Negli altri contesti epici in cui compare l'aposiopesi (Aen. 1.135, 2.200 e 9.51) gli espedienti poetici finalizzati all'elevazione dello stile sono non solo più numerosi, ma anche più consistenti sia dal punto di vista strutturale e sintattico, sia dal punto di vista lessicale, sia dal punto di vista stilistico e fonetico. Rimando ai commenti ad loc. per l'approfondimento335, mentre mi limito a segnalare, a titolo

332 Hor. ars 101-103 Ut ridentibus arrident, ita flentibus adsunto/ humani vultus: si vis me

flere, dolendum est/ primum ipsi tibi. Teoria valida per la tragedia, ma, come riconosce Ricottilli 2018a, p. 14, applicabile anche all’epica virgiliana. Cf. anche Rieks 1989, pp. 206-207.

333 Fa intuire l'associazione tra il verbo prohibere e il sostantivo nefas anche Ov. Fast.

3.705 at quicumque nefas ausi, prohibente deorum/ numine, polluerant pontificale caput.

334 Così anche in Monaco 1953 p. 28 e Farrell 2014, p. 45. Secondo la Delvigo 2001, p.

31 Mnesteo chiama i propri uomini cives perché sta proponendo un modello di virtù civiche. Pomathios 1987, p. 153 rileva che i quattro casi in cui il termine civis viene riferito ai Troiani sono in genere situazioni di pericolo in cui si vuole fare appello alle qualità che apparteranno poi al civis Romanus, ossia coraggio, spirito di sacrificio, lotta per il bene comune. Si spingono troppo oltre nell'interpretazione Fratantuono e Smith 2018, pp. 281-82 (che riprendono Mackail 1930) in quanto vedono in questa occorrenza del sostantivo cives e in Aen. 11.631 e 11.671 non solo il riferimento all'aspetto civile, ma anche l'indicazione che la città anelata sarà ben presto trovata.

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esemplificativo, quanto emerge dall'analisi del discorso di Sinone. Nel suo intervento, astutamente costruito e retoricamente artefatto, la presenza dell'aposiopesi non nasce dall'affettività autentica e contingente bensì da mentita e consapevole premeditazione. É interessante notare come l'aposiopesi poi inneschi l'ingresso di un «conversational turn»336 che continua nella domanda seguente sed

quid ego haec autem nequiquam ingrata reuoluo? Se l'avvio di domanda sed quid ego..? è caratteristico ma non esclusivo della commedia, la vicinanza di sed e autem è attestato altrove solo nella commedia di Plauto337 (cf. Rud. 472 sed autem

quid si hanc hinc abstulerit quispiam? e Truc. 335 sed quid haec hic autem tam diu ante aedis stetit?) e di Terenzio (cf. Phorm. 601 sed quid pertimui autem belua?). «But Virgil has not only brought a lively idiom of conversational drama into epic to suit his context: he has caught its very tones as well»338: infatti sed

quid ego haec autem sembra l'avvio di un senario giambico339. Tuttavia questi

rimangono gli unici elementi che rimandano al latino colloquiale, la parte del discorso che precede e che segue è caratterizzata dallo stile epico e svariati sono gli espedienti linguisitici che allontanano la lingua dal parlato quotidiano. Per es. si vedano dal punto di vista retorico-strutturale la bipartizione del discorso di Sinone (Aen. 2.77-104 e 2.108-144) in cui ciascuna delle due parti contiene un'efficace climax e il parallelismo delle frasi attraverso l'anafora. Sono inoltre rilevanti dal punto di vista lessicale l'evidente solennità in punti icastici come l'incipit e la chiusa del discorso, o anche per es. demisere neci al v. 85. Infine, dal punto di vista stilistico, impreziosiscono la lingua i forti e insistiti iperbati come cuncta..vera vv. 76-77 e le frequentissime e plurime allitterazioni come insontem infando indicio al v. 84, oltretutto con «clash» violento tra ictus e accento e la doppia elisione che, insieme all'assenza della cesura tritemimera, ottiene un effetto di velocità.

In conclusione, Virgilio vuole presentarci un competitivo ma maturo Mnesteo, che riesce a raggiungere pienamente l'obiettivo prepostosi. Lo sguardo stesso del narratore ci guida anche nella valutazione di tale comandante: nella gara del tiro rispetto a quello di Mnesteo, molto più frequenti risultano gli iperbati e le insistite allitterazioni e anche il gioco fonetico aula/ Aeolus. Per il discorso di Sinone cf. Austin 1973², p. 57-78.

Per l'incitamento di Turno in Aen. 9.51-52 cf. Hardie 1994, p. 81. Il contesto narrativo presenta i consueti elementi della lingua dell'epica, pertanto i fenomeni del latino colloquiale riguardano solo la breve battuta del Rutulo. Hardie sottolinea il carattere «vigorously colloquial» di queste parole, per la presenza dell'aposiopesi, ma anche per la presenza dell'interrogativo ecquis frequente in commedia e per la possibilità di spezzare la domanda in due dopo iuvenes. In questo caso l'interrogativo qui per quis potrebbe essere un elemento appartenente al registro basso, ma non si può escludere l'intenzionale apocope di -s per motivi eufonici, come in Aen. 9.146. Cf. anche Leumann, Hofmann 540-41 e Williams 1962, ad Aen. 3.608 (anche per ulteriore bibliografia per il gesto del lancio della prima lancia).

336 Austin 1973², p. 65 ad Aen. 2.101. 337 Cf. anche Williams 1985², p. 738. 338 Austin 1973², p. 65.

339 Similmente a Hor. Sat. 2.3.264 exclusit; revocat: redeam? Non si obsecret. Ecce.. che

adatta Ter. Eun. 49 exclusit; revocat: redeam? Non si me obsecret secondo il giudizio di Austin 1973², p. 66.

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con l'arco Virgilio definisce Mnesteo modo nauali cartamine uictor e lo descrive come uiridi euictus oliua (Aen. 5.493-94). Che con tali parole si intenda che Mnesteo è stato premiato o che si faccia riferimento alla vittoria del propositum, ossia del non redire extremos340, poco importa, in quanto l'aspetto vincente e

glorioso è quello che a Virgilio preme sottolineare. Mnesteo è un comandante che ha saputo raggiungere quanto si era prefissato in forza del solido rapporto che ha coi propri uomini. Proprio sulla base di tale relazione egli può rivolgersi loro, ricorrendo a un linguaggio semplice, incisivo e carico di pathos, e allo stile informale. Tutti questi elementi, mescolati insieme, non solo sono capaci di coinvolgere il destinatario e di agire su di esso, ma anche riproducono, pur sempre poeticamente, un modo di parlare vicino al colloquiale concitato.

340 Il problema interpretativo risale già a Servio ad Aen. 5.493 quem modo id est nuper:

nam ut supra diximus, uictor fuit duorum. Urbanus uero dicit 'modo' propemodum, paene: nam secundus fuit. alii 'uictor' uoti compos uolunt, ut “rapidusque rotis insistere uictor”: optauerat enim ne rediret extremus, ut “hoc uincite ciues”.

112 3 LA GARA DI PUGILATO1