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2.2 Adhortatio di Mnesteo

2.2.1 La geminazione dell'avverbio nunc

L'adhortatio si apre con l'avverbio geminato temporale nunc che ha valore quasi deittico in quanto carico di tutta l'urgenza di compiere proprio nell'hic et nunc un atto eroico, che porterà loro gloria imperitura (benché questo aspetto rimanga sempre implicito, ma è confermato dall'epos stesso). La geminazione, ossia la ripetizione immediata e in genere asindetica di una parola, è «un modo di esprimersi prediletto e di grande importanza nella lingua quotidiana e, partendo da questa, è stata ammessa anche nell'alta poesia come pure nel tono vivace dell'oratoria e in genere prosastici affini. Compare senz'altro quando aumenta l'attività o in presenza dell'affettività»189. Nel passo in esame ritroviamo entrambe

la cause scatenanti: c'è bisogno di un'attività vogatoria extra-ordinaria e il traboccante pathos di Mnesteo ha bisogno di duplicare le coordinate (spazio)temporali dell'azione per sfogare del tutto quello che ha dentro, sottolineando l'elemento a cui vuole che i suoi uomini facciano attenzione. L'imperativo, usualmente privilegiato nella forma geminata190, non viene qui

ripetuto, forse per la sua ingombranza prosodica, che smorzerebbe la vivacità e la velocità, a differenza per es. dell'imperativo i, replicato invece da Virgilio in Aen. 6.546191 e 7.425192. La geminazione di nunc, nota Wills, compare quasi sempre

senza elementi interposti e nei discorsi diretti, a conferma dell'aspetto conversazionale del fenomeno, cf. per es. Plaut. Rud. 169 nunc, nunc periclumst; e in due autori che sembrano aver recepito il magistero eneadico, come Ov. Met. 10.657-8 Nunc, nunc incumbere tempus/ Hippomene, propera! Nunc viribus utere totis193! e Sen. Tro. 107 Nunc, nunc uires exprome, dolor, che sembra riprendere

proprio il discorso di Mnesteo. L'enfasi e la vivacità suscitate dovevano piacere particolarmente ai parlanti in latino, se, come registra Wills194, troviamo delle

introduzioni gratuite di tale geminazione, come per es. nella traduzione di Cic. a

dimidiatus.

189 Hofmann, Ricottilli 2003, p. 179 §59. 190 Ibid.

191 Verg. Aen. 6.546 i decus, i, nostrum; melioribus utere fatis ha geminazione con

elemento interposto, che Traina 1989a, pp. 133-37 ha individuato come modulo del teatro greco ellenistico, ripreso dai Romani. Vd. passim nel presente lavoro.

192 Verg. Aen. 7.425 i nunc, ingratis offer te, inrise, periclis;/ Tyrrhenas, i, sterne acies,

tege pace Latinos ha semplicemente l'anafora.

193 In questo caso la somiglianza più stretta è con Aen. 12.528 Nunc totis in uulnera

uiribus itur.

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Soph. Trach. 1088-89195: nunc nunc dolorum anxiferi torquent uertices,/ nunc

serpit ardor196, rispetto all'originale greco privo.

Virgilio fa uso in genere parco e sempre consapevole della geminazione all'interno dell'Eneide, e anche nel caso dell'avverbio nunc le occorrenze sono rare. Oltre al passo in esame, l'avverbio nunc geminato si registra solo197 in Aen. 12.526 nella

descrizione dello scontro finale198. Si noti che in Aen. 12.526 la geminazione è

straordinariamente affidata alla voce del narratore: a Virgilio preme convogliare tutta l'attenzione del lettore su questi versi, preceduti e seguiti dall'elenco delle vittime cadute per mano dei due eroi antagonisti (una sorta di aristia in diretta in Aen. 12.505-25 e 529-47), perché in questi versi risiede la descrizione dell'ardore e dell'ira di cui sono preda Enea e Turno:

quisque suum populatus iter: non segnius ambo Aeneas Turnusque ruunt per proelia; nunc, nunc fluctuat ira intus, rumpuntur nescia uinci

pectora, nunc totis in uulnera uiribus itur. (Aen. 12.525-28)

Così, spiega Traina199, si «introduce il momento eroico» attraverso la geminazione

dell'avverbio temporale nunc ribadito in anafora. La voce dell'enunciazione tiene

195 Soph. Trach. 1088-89 δαίνυται γὰρ αὖ πάλιν,ἤνθηκεν, ἐξώρμηκεν. 196 Cic. fr. 30.32-33.

197 Si segue l'edizione Conte 2009, in cui l'unica occorrenza di nunc geminato, oltre

all'adhortatio di Mnesteo, si ha in Aen. 12.526. Secondo altre edizioni, invece, la geminazione dell'avverbio nunc si leggerebbe anche nel patetico commiato di Evandro dal giovane Pallante in Aen. 8.578-83, che invoca la subitanea morte nella sventurata evenienza della fine della vita del figlio: sin aliquem infandum casum, Fortuna, minaris,/ nunc, nunc o liceat crudelem abrumpere uitam/ dum curae ambiguae, dum spes incerta futuri,/ dum te, care puer, mea sola et sera uoluptas,/ complexu teneo, grauior neu nuntius auris/ uulneret.'. Per Conte 2009, p. 251, a cui rimando per i problemi testuali (insieme a Gransden p. 71 e Geymonat 2008, p. 485) la lezione da preferirsi sarebbe nunc, o nunc. Tale lezione ha il vantaggio di presentare la reiterazione del modulo di stampo tragico ellenistico della geminazione con elemento interposto, rintracciato da Traina 1989a, pp. 133-37 e che si legge per es. in Aen. 12.95-96 uociferans: 'nunc, o numquam frustrata uocatus/ hasta meos, nunc tempus adest: te maximus Actor, che sembra riecheggiare in Stat. Theb. 3.360 nunc, o nunc tempus in hostis, ma che si trova anche, seppur con parole diverse, in Aen. 2.644 sic o sic o in Aen. 3.369 fugite o miseri fugite e in Aen. 6.258 procul o procul. Il tono fortemente drammatico e patetico, che insiste di più sulla sofferenza che non sull'urgenza, sembra dare ragione alla scelta fatta da Conte.

Fordyce 1977, p. 266 nota la somiglianza di situazione e parola per quanto riguarda crudelem abrumpere uitam e sera uoluptas tra Aen. 8.579ss. e Aen. 9.497ss. (e, seppur sia meno stringente, con Aen. 4.631). Sull'analisi del commiato di Evandro dal giovane figlio e sull'allusione virgiliana della scena catulliana del commiato di Egeo dal giovane Teseo cf. Ricottilli 2018b.

198 Un uso simile anche nelle parole risolutive di Turno alla sorella in Aen. 12.676 'iam

iam fata, soror, superant, absiste morari.

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la suspense del lettore e attualizza l'evento di un passato eroico al presente storico, come se la scena prendesse vita davanti agli occhi dell'immaginazione del lettore, che sa che in quel preciso momento e su quel campo di battaglia (anche qui il nunc è deittico) si stanno decidendo le sorti della storia e quindi poi anche di Roma. Secondo Wills200 la descrizione seppur coi verbi all'indicativo, richiama

molto da vicino l'adhortatio di Mnesteo e diventa una sorta di incoraggiamento fatto ai due eroi.

Virgilio ha sfruttato tutte le possibilità offerte dalla geminazione dell'avverbio temporale nunc, consapevole dello scarto esistente tra la forma singola e quella ripetuta. L'episodio di Mnesteo mostra un comandante in preda a un forte desiderio di vittoria, o meglio di eroismo, nel tentativo di persuadere i propri uomini. Gli preme che loro sappiano che è in questo preciso momento che devono vires et animos promere: questo è il momento eroico, questa è l'occasione di gloria, dopo sarà troppo tardi. Se confrontiamo il tono di questa adhortatio e di altre prive della geminazione, ci accorgiamo di quanto le prime acquistino in vivacità201 e verosimiglianza. In momenti concitati Virgilio si serve dell'espediente

dell'anafora, come quando Iride incita Turno ad assaltare il campo Troiano in Aen. 9.12-13 "quid dubitas? nunc tempus equos, nunc poscere currus./ rumpe moras omnis et turbata arripe castra" o in Aen. 10.280 quando Turno ordina ai suoi di occupare la spiaggia: in manibus Mars ipse, uiri!. Nunc coniugis esto/ quisque suae tectique memor, nunc magna referto/ facta, patrum laudes. ultro occurramus ad undam202. L'anafora del nunc sicuramente sottolinea l'urgenza e la necessità di

un'azione pronta, ma anche scandisce le diverse fasi, come se fungesse da connettivo. Esso infatti coordina -in maniera più concitata del neutro et- le azioni richieste. Tra le funzioni che assolve l'anafora, specialmente l'anafora di particelle e congiunzioni, c'è anche proprio quella di sottolineare il parallelismo delle frasi e di correlarle in vario modo203. Lo stesso procedimento si vede anche nel discorso

di Mnesteo in cui la ripresa anaforica dell'avverbio nunc coordina i due complementi oggetti: illas vires e animos. Chiaramente non si tratta di mera coordinazione, in quanto l'insistenza sul deittico nunc ribadisce l'urgenza della situazione e l'affettività del parlante. Eppure è evidente lo scarto, seppur a livello di sfumatura, con la geminazione, che, priva della funzione organizzatrice permette lo sfogo dell'emittente e garantisce la fedele mimesi della lingua in quel dato contesto informale. Anche Harrison204 equipara l'anafora retorica di nunc

nell'esortazione di Aen. 10.280 a Aen. 8.441-42 (Nunc uiribus usus,/ nunc manibus rapidis, omni nunc arte magistra./ Preacipitate moras)205, Aen. 6.261 (nunc

animus opus, Aenea, nunc pectore firmo206) e solo a Aen. 5.191-92 (nunc illas

promite uires,/ nunc animos), ma non alla geminazione di Aen. 5.189 (nunc, nunc

200 Wills 1996, p. 108.

201 L'urgenza è simile a Aen. 2.701 iam iam nulla morast, anche se il contesto è diverso. 202 Anche in Ge. 1.266-67 nunc facilis rubea texatur fiscina uirga,/ nunc torrete igni

fruges, nunc frangite saxo.

203 Hofmann, Ricottilli 2003, pp. 184-87 § 63. 204 Harrison 1991, p. 149.

205 Fratantuono, Smith 2018, p. 526 parlano di un «tricolon of urgency».

206 Norden 19574, p. 207 nota che pectus firmus si trova nel fr. 259 di Ennio e che spesso

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insurgite remis). Altri due esempi arricchiscono il quadro di sfumature della ripetizione. Il primo è l'incipit del discorso di Tarconte che incoraggia i propri uomini a remare ancora fino ad approdare sul lido in Aen. 10.294-95 'nunc, o lecta manus, ualidis incumbite remis;/ tollite, ferte rates. Questa adhortatio comincia in maniera molto meno concitata e animosa, rispetto a quella di Mnesteo e tra le divergenze linguistiche che si ravvisano c'è proprio la forma non geminata dell'avverbio nunc207. Queste due esortazioni forniscono una prova tangibile

dell'abilità di Virgilio di non appiattire mai la lingua, ma di svilupparla su diversi livelli di stile, di tono e di sfumature in maniera funzionale al contesto. Mentre l'esortazione di Mnesteo punta all'eroismo per fuggire dalla vergogna e ha quindi bisogno di una lingua che esprima con forza tutta la concitazione e la passione del comandante; Tarconte incita per l'approdo a riva, nella speranza -poi delusa208- di

gettarsi in mare dai ponti, pertanto l'ordine viene impartito senza troppa enfasi. Il secondo es. è costituito dall'apostrofe di Turno alla sua lancia in Aen. 12.95-97, immediatamente prima del duello finale 'nunc, o numquam frustrata uocatus/ hasta meos, nunc tempus adest: te maximus Actor, / te Turni nunc dextra gerit209.

Si noti come l'anafora del nunc in medesima posizione metrica riveli tutta l'importanza del momento. Il solenne ed emotivo vocativo è geniale perché permette da un lato di aprire uno spiraglio sul passato e dall'altro di giocare con le parole, come abbiamo già visto fare, probabilmente, con limen ama e litus ama. Numquam è allitterante rispetto a nunc e anzi sembra introdurre la più scontata pseudo-formula nunc o nunc, che forse è ravvisabile in Aen. 8.579 e la cui esistenza sembra essere confermata dalla ripresa in Stat. Theb. 3.360 nunc, o nunc tempus in hostis. Tuttavia col numquam l'aspettativa viene tradita e il lettore si trova di fronte qualcosa di inaspettato che arricchisce ed epicizza le parole di Turno. Senza l'anafora del nunc l'espressione di Turno sarebbe stata più piatta e priva di enfasi; mentre senza l'apostrofe solenne e allitterante l'enunciato di Turno perderebbe di epicità. In un momento così decisivo ed eroico in senso epico Virgilio evita la geminazione nunc nunc tempus est, che richiamerebbe un modo di parlare troppo quotidiano. Adatta è invece la geminazione per l'esortazione di Mnesteo, che invita sì all'eroismo, ma su un piano più basso rispetto a Aen. 12.95- 97 e in un contesto meno epico e, appunto, ludico.