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Lo stile informale: l'ellissi e l'uso del pronome generico e deittico al posto del sostantivo

2.2 Adhortatio di Mnesteo

2.2.3 Lo stile informale: l'ellissi e l'uso del pronome generico e deittico al posto del sostantivo

Due fenomeni meno evidenti ma interessanti in questa sede perché tipici dello stile informale260 sono l'ellissi e l'utilizzo di un comodo e generico pronome

dimostrativo al posto di un sostantivo più appropriato alla situazione. Pur essendo questi dei fatti linguistici diversi, la motivazione della loro presenza nel discorso è la medesima e consiste nella libertà dell'emittente di non esplicitare e precisare tutti gli elementi, perché un contesto condiviso, l'intonazione, la prossemica ne permettono la ricostruzione e perché il rapporto tra i parlanti è confidenziale e rilassato per cui il parlante non si sente nella necessità di servirsi di certe convenzioni linguistiche che rendono la lingua formale e meno immediata. La premura dell'emittente è rivolta allo scopo di farsi capire, senza doversi preoccupare della forma. Ovviamente questi fenomeni occorrono molto più spesso nel latino colloquiale e, come abbiamo visto, lo stile informale è proprio una delle tre categorie di cui la lingua d'uso si compone.

La lingua latina viva, come ogni lingua, e anche la lingua poetica latina prevedono diverse ellissi, molte delle quali non sono degne di nota, in quanto usuali. Di fronte a queste l'interlocutore e l'ascoltatore/lettore (nel caso della lingua letteraria) a volte non si accorgono nemmeno della loro presenza, come per alcuni tipi di ellissi del verbo essere, o per l'ellissi del sostantivo che comporta la sostantivazione dell'aggettivo. Anche nel discorso di Mnesteo ci sono delle ellissi comuni che non destano l'attenzione, come in Aen. 5.194 non iam prima (loca) peto, 195 sed superent (ii) quibus e 196 extremos pudeat (vos)261 rediisse. Rara

risulta invece l'ellissi del verbo esse alla seconda p., come si legge al v. 192 quibus in Gaetulis Syrtibus usi (estis), come notano anche Page262, Williams263 e Farrell264.

Stando agli studiosi l'ellissi del verbo esse alla 2 p. sono infrequenti e le uniche altre occorrenze nell'Eneide si trovano in Aen. 1.200-202 (uos et Scyllaeam rabiem penitusque sonantis/accestis scopulos, uos et Cyclopia saxa/ experti), e con la seconda singolare in 1.234-37 (Romanos...fore ductores...pollicitus), 5.687- 88 ('Iuppiter omnipotens, si nondum exosus ad unum/ Troianos') e 10.827 (arma, quibus laetatus, habe tua). In tutti questi casi si tratta di verbi deponenti (utor, experior, pollicitor, laetor) o usati, come exodi, soprattutto al perfetto, pertanto l'ausiliare esse, elemento sempre coinvolto con il participio perf., risultava di facile ricostruzione per il destinatario. É difficile valutare in che misura abbiano

260 Per la definizione di stile informale rimando all’Introduzione, p. 30.

261 Si potrebbe ricostruire anche nos, ma data la separazione dei ruoli che Mnesteo attua,

per cui si veda supra, credo sia più appropriato sottointendere vos. Della medesima opinione anche Monaco 1953, p. 27, che tuttavia non esplicita una motivazione.

262 Page 1894, p. 207 ad Aen. 2.2. 263 Williams 1961, p. 84.

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inciso la comodità metrica e la volontà di riecheggiare lo stile informale, soprattutto visto che nei passi sopra elencati, con la sola eccezione del discorso di Mnesteo, il contesto è formale o solenne e nella lingua non ci sono evidenti riecheggiamenti del latino colloquiale. Al contrario, per quanto riguarda le parole di Mnesteo in 5.192 quibus in Gaetulis Syrtibus usi (estis) non si può escludere l'eventualità della mimesi dello stile informale.

Nella chiusa della sua esortazione, Mnesteo invita: hoc vincite cives. Hoc potrebbe essere un generico pronome dimostrativo deittico neutro singolare al posto di un sostantivo più specifico, quale poteva essere victoriam265 o certamen o

meglio propositum. Potrebbe altresì essere un aggettivo dimostrativo deittico ed ellittico del sostantivo di riferimento e quindi hoc vincite al posto di hoc certamen vincite. Sia che si tratti di un'espressione comoda e generica al posto della più adatta alla situazione266, sia che si tratti di una ellissi di risparmio267, siamo di

fronte a dei procedimenti tipici dello stile informale. Il confronto con altri passi ascrivibili alla lingua colloquiale, più precisamente allo stile informale ci conferma ciò: dalla commedia di Plauto (Capt. 337 Faciam. sed te id oro, Hegio; Curc. 119 Lúmen hoc vide.) e Terenzio (Eun. 311 hoc hercle factumst.; Phorm. 152 cape, da hoc Dorcio.), a Petronio (30.3 quarum altera, si bene memini, hoc habebat inscriptum; 45.11 Quod si hoc fecerit, eripiet Norbano totum favorem.). Gli esempi si moltiplicano e non sono solo nei testi letterari ma anche in quelli non ufficiali e privi di intento artistico, come ad es. nei dicta non ufficiali dell'imperatore Augusto 'Hoc me' inquit 'putas facturum, cum ego vos in gratiam reduxerim?'268, nelle tavolette di Vindolanda, ad es. in tab. Vindol. III 664.2-3269

omni tempore cupio ego certẹ/ cụm hoc scribsi ualebam recte/ dies est tertius frater quod e in una defixio risalente alle prima metà del I sec. d.C. e rinvenuta in Germania, nell'odierna Köln (allora Colonia Claudia Ara Agrippinensium): Vaeraca sic res tua/ perve(r)se agas quomodo hoc/ perverse scriptu(m) est// Quidquid exopt[a]s nobis/ in caput tuum/ eveniat270.

Lo stesso Virgilio, nell'Eneide riutilizza il comodo e deittico pronome dimostrativo hoc con l'altrettanto comodo «Allerweltsverba» habere al posto di un'espressione più precisa e meno colloquiale anche in Aen. 12.296 in cui Messapo, impietoso, uccide l'avversario Auleste. Le parole con cui accompagna il

265 Nel senso relativo, in quanto per loro la vittoria sarebbe di non arrivare ultimi.

266 Hofmann, Ricottilli 2003, pp. 335-39 §150-53. Il fenomeno è analizzato soprattutto

per quanto riguarda i verbi, ma coinvolge anche i sostantivi. Per lo stile informale, vd. Introduzione, p. 30.

267 Hofmann, Ricottilli 2003, pp. 339-43 § 154-55.

268 M dicta V (Sen. Dial. 3.23.8). Cf. Beghini 2018, pp. 63-64 ma si veda l'intero

contributo.

269 Inv. no. 94.1584. Cf. http://vto2.classics.ox.ac.uk/index.php/tablets/search-for-

tablets?tablet=664#hic per l'edizione e il commento, che riporta nella piattaforma online Bowman, Thomas 2003. Cf. anche Halla-aho 2009, p. 45.

270 La defixio è catalogata come HD067460 presso il database epigrafico curato dalla

Heidelberg Acamedy of Scinces and Humanities. Cf. http://edh-www.adw.uni- heidelberg.de/edh/inschrift/HD067460. Cf. Blänsdorf, Kropp, Scholz 2010; Blänsdorf 2010, pp. 168-69.

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gesto sono hoc habet, che, stando alla testimonianza di Don. ad Ter. Andr. 83271 è

l'espressione che si usava per i gladiatori spacciati. "È andato" traduce A. Traina e considerano colloquiale già L. P. Wilkinson e G. Williams272. Non è certo che

Virgilio avesse in mente la suddetta fraseologia romana in uso all'anfiteatro, tuttavia è innegabile che questo modo di dire sfrutti al massimo lo stile informale grazie all'utilizzo del generico verbo habere e del generico pronome dimostrativo e deittico hoc273. L'affascinante ipotesi di Conington, Nettleship274, per la quale

hoc vincite sarebbe un'espressione idiomatica, come «gain this point!» purtroppo non trova conferme nei testimonia latini letterari e non275. La forza deittica del

pronome hoc è in riferimento non tanto a un oggetto fisico, ma alle parole che Mnesteo ha appena pronunciato, ovvero al propositum che si sono prefissati. Questo aspetto sottolinea ancora di più quanto il procedimento appartenga allo stile informale, in quanto il pronome deittico non vale per un oggetto davanti agli occhi di tutti e quindi più facilmente rimpiazzabile da hoc, bensì per un concetto. Non è da escludere, infine, la motivazione scaramantica, che fa tacere il fulcro della speranza, in modo che questa possa realizzarsi. Non sembra infatti un caso che sia taciuto proprio il sostantivo che rappresenta il cuore del discorso di Mnesteo, ossia la necessità di evitare la vergogna di arrivare ultimi, fatto non accettabile dall'eroe valoroso capace di guidare i Troiani nei momenti di difficoltà (Aen. 9.171-73 Instat Mnestheus acerque Serestus,/ quos pater Aeneas, si quando aduersa uocarent,/ rectores iuuenum et rerum dedit esse magistros.).