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L’arena comunitaria: dall’ambiente allo sviluppo sostenibile.

3. LA STRATEGIA DI SVILUPPO SOSTENIBILE NELL’ARENA COMUNITARIA: UN MECCANISMO DI SOFT GOVERNANCE.

3.2 Nascita ed evoluzione dello sviluppo sostenibile: dal livello internazionale a quello comunitario.

3.2.2 L’arena comunitaria: dall’ambiente allo sviluppo sostenibile.

La definizione ed istituzionalizzazione del paradigma di sviluppo sostenibile a livello internazionale, rappresenta il punto di partenza per la sua assimilazione anche nell’arena comunitaria. In che modo, ed attraverso quali tappe è stato recepito nell’Unione Europea? Come evidenziato nel precedente capitolo, il progetto di integrazione europeo è stato caratterizzato nelle prime fasi del suo sviluppo da obiettivi di carattere economico. La sua progressiva assimilazione e la costruzione di una strategia tesa a perseguirlo, può essere rintracciata ripercorrendo le fasi di sviluppo della politica ambientale comunitaria. Di fatto, per lo meno nella fase iniziale, lo sviluppo sostenibile si traduce come un intervento diretto a correggere le pratiche impattanti in modo negativo sull’ambiente.

Se si guarda all’arena comunitaria, è possibile individuare una suddivisione temporale in 5 fasi. La prima fase (1957-1972), si caratterizza per l’assenza di una politica ambientale comunitaria. Sebbene negli anni Sessanta iniziasse a prendere piede l’idea della necessità di adottare misure volte alla protezione dell’ambiente204, non vi è alcun riferimento ad

202 Ibid.

203 Organizzazione delle Nazioni Unite. Assemblea Generale. Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030

per lo Sviluppo Sostenibile, (A/RES/70/1), 21 ottobre 2015, p. 6.

204 Cassin, M.; “L’ambiente nella programmazione comunitaria”, Quaderni di Didattica, Dipartimento di

53 esso nel Trattato istitutivo della comunità europea, che si concentra prevalentemente sulle politiche agricole ed industriali.205 In questo periodo, tuttavia, vengono adottati alcuni primi atti (Direttive vincolanti) allo scopo di monitorare gli agenti inquinanti, controllare, etichettare e classificare le sostante chimiche pericolose, e proteggere le acque di superficie.206

La seconda fase (1972-1987) ha come punto d’inizio l’adozione del primo Programma di azione per l’ambiente207 (PAA) nel 1973. Seppure in fase embrionale, viene reso esplicito

da parte delle istituzioni comunitarie un certo interesse verso la protezione ambientale. Le politiche ambientali di questo periodo sottendono motivazioni di carattere principalmente economico; la creazione di standard ambientali comuni e la regolazione dei processi di produzione mirano a rimuovere le barriere non tariffarie al commercio emerse dalla grande differenziazione delle pratiche di regolamentazione a livello nazionale. 208 I primi due programmi di azione ambientale (1973-1977 e 1977-1981) rappresentano il fondamento dell’attenzione istituzionale verso le problematiche legate all’ambiente nella Comunità europea.209

La terza fase (1987-1993), codifica una espressa competenza comunitaria in materia ambientale. Infatti, il Titolo VII dell’Atto unico europeo (1987) fornisce una base legale per la regolamentazione comunitaria nelle questioni riguardanti l’ambiente 210 , introducendo il QMV nel Consiglio ed accrescendo anche il potere decisionale del Parlamento Europeo. Il quarto Programma di azione ambientale (1987-1992), promuovendo la politica della modernizzazione ecologica, rende evidente la necessità di

205 Rota, R.; “Profili di diritto comunitario dell’ambiente”. In: Dell’Anno, P.; Picozza, E.; “Trattato di diritto

dell’ambiente – Volume Primo: Principi generali”, CEDAM, 2012, p. 152.

206 Ibid.

207 I programmi di azione per l’ambiente sono piani pluriennali che definiscono le proposte legislative e gli

obiettivi futuri per la politica ambientale dell’Unione. Sino ad oggi sono stati adottati 8 programmi d’azione dei quali l’ultimo, “Invertire le tendenze insieme”, presentato nelle Conclusioni del Consiglio europeo in

data 4 Ottobre 2019 per il periodo 2021-2030.

[https://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/71/politica-ambientale-principi-generali-e-quadro-di- riferimento]. Accesso effettuato il 27/04/2020.

208 Wallace Helen; Pollack Mark A.; Young Alasdair R.; “Policy-Making in the European Union (The New

European Union Series)”, OUP Oxford, 7 th Edition, 2015, p. 321.

209 Rota, R.; “Profili di diritto comunitario dell’ambiente”. In: Dell’Anno, P.; Picozza, E.; Op. cit., p. 153-

4.

210 Il Titolo VII (art. 130 R, 130 S, 130T), successivamente modificato con il Trattato di Maastricht nel

1992, poi con il Trattato di Amsterdam nel 1997, e con il Trattato di Lisbona nel 2007, ancora oggi rappresenta un solido pilastro della politica ambientale. Ivi, p. 154.

54 considerare le relazioni tra economia ed ambiente soprattutto nel settore industriale.211 Inoltre, nel 1990, viene istituita l’Agenzia europea dell’ambiente (AEA), ai fini di un migliore coordinamento dell’azione degli Stati membri. La quarta fase di questo processo (1992-1999) attraverso il Trattato di Maastricht, segna il consolidamento ulteriore della politica comunitaria. Non solo, è proprio in questa fase che viene accolto anche il concetto di sviluppo sostenibile, sulla scia dei presupposti fissati nei principi della Dichiarazione di Rio (1992).

L’art. 2212 del Trattato di Maastricht, rende esplicita la volontà di promuovere uno

sviluppo armonioso ed equilibrato, sostenibile e che rispetti l’ambiente. L’istituzionalizzazione del paradigma dello sviluppo sostenibile avviene in due modi. Da un lato, fornendovi una base legale nei Trattati, che vi si riferiscono come lo scopo stesso dell’Unione. Dall’altro, il Quinto Piano d’azione ambientale “Per uno sviluppo durevole e sostenibile” (1993-2000), fa emergere un’impostazione alternativa annunciando un approccio di “nuova governance”. Due osservazioni vengono poste in evidenza: i vantaggi dell’uso di strumenti non più esclusivamente settoriali, ma più flessibili e trasversali, che permettano una integrazione orizzontale; e la necessità di una maggiore partecipazione pubblica (e privata) tramite strumenti non tradizionali che mirino ad un cambiamento a tutti i livelli verso una crescita sostenibile.213 In questa fase storica viene finalmente data centralità al concetto di sviluppo sostenibile in senso più ampio per poterlo rendere operativo attraverso tutti i settori e le aree di intervento dell’Unione, non più solamente nel settore produttivo industriale.214

Infine, la quinta fase inizia con l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam nel 1999 e prosegue fino ai giorni nostri. Quest’ultimo, così come il successivo Trattato di Lisbona del 2009, non apporta modifiche rilevanti rispetto al tema dello sviluppo sostenibile ma contribuisce a consolidare il principio di integrazione ambientale nell’ordinamento comunitario. L’integrazione ambientale, che rappresenta uno dei principi cardine

211 Baker, S.; Kousis, M.; Richardson, D.; Young, S.; “The politics of sustainable development. Theory,

policy and practice within the European Union”, Taylor & Francis e-Library, 2005, p. 94.

212 TRATTATO SULL’UNIONE EUROPEA, TITOLO II DISPOSIZIONI CHE MODIFICANO IL

TRATTATO CHE ISTITUISCE LA COMUNITA’ ECONOMICA EUROPEA PER CREARE LA COMUNITA’ EUROPEA, ART 2, Gazzetta ufficiale (92/C 191 /01 ), p. 5.

213 Rota, R.; “Profili di diritto comunitario dell’ambiente”. In: Op. Cit., p. 155.

214 Baker, S.; Kousis, M.; Richardson, D.; Young, S.; “The politics of sustainable development. Theory,

55 dell’azione comunitaria, pone le prime basi nel Consiglio europeo di Cardiff nel 1998, e viene riconfermato dal Sesto programma di azione ambientale “Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta” (2002-2012)215 che sottolinea la necessità di migliorare

l’applicazione della legislazione ambientale esistente da parte degli Stati membri, risultata spesso carente.216

Il mandato iniziale per la formulazione della Strategia europea di sviluppo sostenibile prende forma nelle Conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Helsinki nel 1999. La Commissione viene invitata ad elaborare “una proposta di strategia a lungo termine per il coordinamento delle politiche” per uno sviluppo sostenibile “sotto il profilo economico, sociale ed ecologico”217 da presentare al Consiglio europeo nel Giugno 2001,

come contributo comunitario al riesame decennale del processo iniziato a Rio e previsto nel 2002. Su proposta della Commissione, il Consiglio europeo di Göteborg nel 2001 approva l’adozione della Strategia comunitaria per lo sviluppo sostenibile. Partendo dalla spinta esterna del contesto internazionale, in preparazione del vertice mondiale del 2002 sullo sviluppo sostenibile (Rio +10) a Johannesburg, invita gli Stati membri a “sviluppare strategie nazionali e riferire periodicamente sui progressi compiuti”218.

La Commissione viene incaricata di effettuare una revisione biennale della strategia europea sulla base degli indicatori di sviluppo sostenibile adottati e soggetti a possibili revisioni, in occasione del Consiglio europeo di Dicembre. 219 La verifica sulla permanenza di tendenze non sostenibili (economiche, sociali e ambientali) nello sviluppo dei paesi europei, ha motivato negli anni seguenti un aggiornamento della Strategia di sviluppo sostenibile dell’Unione Europea (2006), e nel 2009 un riesame globale della stessa. Oltre a delineare in via generale le priorità per uno sviluppo sostenibile dell’Unione, la prima formulazione ha rappresentato un tentativo di aggiungere alla

215 Rota, R.; “Profili di diritto comunitario dell’ambiente”. In: Op. Cit., p. 156. 216 Cassin, M.; Op. cit., p. 8.

217 Consiglio europeo di Helsinki 10 e 11 dicembre 1999. Conclusioni della presidenza. III. Economia

concorrenziale, sostenibile e generatrice di occupazione. Ambiente e sviluppo sostenibile.

218 Comunicazione della Commissione del 15 maggio 2001 - Sviluppo sostenibile in Europa per un mondo

migliore: strategia dell'Unione europea per lo sviluppo sostenibile (Proposta della Commissione per il Consiglio europeo di Göteborg) [COM(2001) 264 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].

56 Strategia di Lisbona (introdotta nel 2000), un “terzo pilastro” accanto agli obiettivi strategici di carattere economico e sociale.220

Dal 2010, anno di conclusione della Strategia di Lisbona, l’approccio comunitario allo sviluppo sostenibile si può dire in qualche modo cambiato. Anche se non formalmente, la Strategia europea per lo sviluppo sostenibile sembra essere stata abbandonata, ed i rispettivi obiettivi integrati nella successiva Strategia Europa 2020.221 Il richiamo a livello

internazionale nel 2015 per l’adozione dell’Agenda 2030 ed il perseguimento di Obiettivi di sviluppo sostenibile con validità universale, hanno posto una sfida ulteriore alla sua gestione nel contesto di governance multilivello che caratterizza l’Unione europea. Tuttavia, poiché non vi è ancora un numero sufficiente di studi che possano valutarne l’evoluzione, gli elementi che verranno considerati per la seguente riflessione faranno riferimento principalmente agli studi prodotti prima dell’adozione dell’Agenda 2030.