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L'attività svolta e la documentazione raccolta

Se la volontà dei soci fondatori e le finalità statutarie della Fondazione erano chiare, cioè la conservazione, valorizzazione e trasmissione della memoria storica del grande artista, le modalità con le quali realizzarle potevano essere le più diverse. E infatti l'ente trascorse i primi anni alla ricerca di una propria identità specifica. La Fondazione Fellini fu in effetti un'entità anomala nel

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panorama culturale italiano, forse anche internazionale. Esistevano soprattutto entità museali o archivistiche legate al nome di vari autori (nel nostro paese ad esempio Antonioni a Ferrara, Pasolini a Bologna), ma nulla che potesse essere accostato, nella sua natura,

a questo nuovo ente riminese147.

Ricordò Gianfranco Angelucci, che ebbe il merito di organizzare la Fondazione nei suoi primi anni di vita:

“Quando Federico è scomparso, la sostanza ancora magmatica di tanti anni trascorsi al suo fianco è iniziata spontaneamente a tracimare; forse anche in virtù del ruolo che ero stato chiamato a ricoprire, incaricato dal 1997 al 2000 di formare e dirigere l'Associazione Fellini istituita a Rimini. La sorella del regista, Maddalena, aveva ricevuto nel lascito la biblioteca del fratello e alcune casse di effetti personali, appunti, progetti di lavoro, rimasti nell'ufficio di Corso d'Italia. Con quell'eredità (la cui parte più preziosa fu messa al sicuro nel caveau della Cassa di Risparmio di Rimini), era possibile costituire una prima base di archivio; da arricchire con altro materiale di acquisizione, centinaia di disegni, ma anche lettere, documenti e quote di proprietà del “Libro dei sogni”, da me recuperati grazie al finanziamento della Regione Emilia-Romagna, lungimirante e sollecita nella prospettiva di un museo cittadino e di una vera e propria Fondazione”148.

L'attività principale restava quella dell'acquisizione di materiale felliniano, cosa che la Fondazione svolse con assiduità e con risultati apprezzabili, che hanno arricchito l'ente di un patrimonio consistente. Semmai il dubbio poteva porsi sulle azioni da porre in essere in relazione all'altra finalità, quella della promozione di

147 V. BOARINI, “Ritorno al futuro. La Fondazione Fellini e la memoria storica del Maestro”, in F.

FELLINI,La mia Rimini… op. cit.,pp. 125-126.

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eventi, che facevano conoscere tanto le opere di Fellini quanto l'esistenza stessa della Fondazione.

Nel corso degli anni la Fondazione cambiò pelle. Dal 2001 entrò come socio la Cinecittà Holding spa, società pubblica impegnata nella produzione, promozione e distribuzione di opere cinematografiche e più in generale nel sostegno al settore del cinema. La Fondazione acquisì una nuova fisionomia, ricordò il direttore Boarini, diventando anche un centro studi dedicato a Fellini149.

In quegli anni in effetti si avvicendarono anche i direttori: dopo il triennio di Angelucci, il compito di rilanciare l'ente era toccato nel 2001 a Vittorio Boarini, già fondatore e direttore della Cineteca di Bologna. Tra l'altro, furono gli anni in cui venne a mancare la Presidente Maddalena Fellini, sostituita prima da Ettore Scola e poi a lungo da Pupi Avati. La famiglia Fellini era già rappresentata all'interno della Fondazione da Francesca Fabbri Fellini, figlia di Maddalena e nipote di Federico. Francesca, con il direttore Boarini, aveva presentato a Roma la ripresa delle attività della Fondazione alla presenza del presidente di Cinecittà Holding, che aveva ringraziato la famiglia Fellini e l'allora ministro Melandri. Il presidente onorario della Fondazione fu il regista newyorchese

Woody Allen150.

Già allora c'era in nuce l'idea di costituire un museo, che in effetti si realizzò negli spazi ristretti della sede della Fondazione, con l'auspicio di allestire in futuro, in locali più idonei, esposizioni permanenti con i disegni di Fellini e ogni altro materiale conservato nell'archivio.

149 V. BOARINI, “Ritorno al futuro. La Fondazione Fellini e la memoria storica del Maestro”… op. cit., p.

126.

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A proposito di archivio, questo cresceva grazie alle continue acquisizioni della Fondazione: oltre ai disegni vi erano raccolte fotografiche, spartiti musicali, costumi originali, video, libri, insomma una documentazione eterogenea che andava anno dopo anno a comporre il quadro complesso e affascinante di una personalità artistica tra le più straordinarie del Novecento.

Per quanto concerne l'attività di divulgazione, essa si manifestò principalmente attraverso l'organizzazione di convegni e mostre. Dal 2003 al 2005 furono organizzate ogni anno un paio di giornate di studio su Fellini, i cui atti furono pubblicati sul sito della Fondazione. Due di questi eventi si svolsero all'interno del Cinema Fulgor (quello dove il piccolo Federico vide il suo primo film), prima della ristrutturazione completata con la riapertura nel 2018.

Le mostre furono altrettanto significative: alcune di esse si tennero proprio nei locali della Fondazione, in quello che già allora veniva chiamato “Museo Fellini”, altre in sedi più istituzionali come quella del 2003 (“Federico in costume”) al Palazzo comunale dell'Arengo e quella del 2007 a Castel Sismondo (“Il lungo viaggio di Fellini”). Pubblicazione ufficiale della Fondazione e anche principale strumento di divulgazione dell'attività sistematica di studio dell'opera artistica del Maestro fu la rivista trimestrale “Fellini Amarcord”, edita in forma bilingue con la traduzione in inglese. Essa ospitò dal 2001 fino al 2009, ultimo anno di pubblicazione, contributi di artisti e studiosi relativi ad aspetti della personalità di Fellini, cosi come monografie di film e atti di convegni.

Non vanno tralasciate quelle iniziative promosse dalla Fondazione che potremmo chiamare “spot”, nel senso di uniche in quanto occasionali: ad esempio il restauro de Il bidone, film del 1955 che seguì La strada e precedette Le notti di Cabiria, non certamente l'opera di maggior successo della filmografia felliniana ma

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importante per il suo sviluppo artistico e facente parte di quella che

è stata definita “la trilogia della grazia e salvezza”151. Oppure

l'organizzazione di eventi popolari come la proiezione nel centro storico di Rimini della copia restaurata de La dolce vita, l'opera di

Fellini senz'altro più conosciuta nel mondo152.

Ultimo e forse più prezioso tassello della memoria del Maestro fu l'acquisizione e in seguito la pubblicazione del famoso Libro dei

Sogni, in cui Fellini disegnò e commentò per molti anni le sue

esperienze oniriche. L'iniziativa, realizzata anche grazie al contributo della Regione Emilia-Romagna, ebbe una vasta eco: il libro, stampato in diverse lingue, venne presentato all'Italia e all'estero in più occasioni.

Proprio nella conferenza stampa di inaugurazione a Roma della mostra “Fellini Oniricon. Il libro dei miei sogni”, poi allestita a Rimini a Castel Sismondo, il presidente della Fondazione Pupi Avati colse l'occasione per sottolineare il lavoro della Fondazione in un contesto di sostanziale disinteresse per l'opera di Fellini.

“Fellini si allontana in campo lungo, in dissolvenza, verso lo sbiadimento. All'estero è amato e stimato. È addirittura un simbolo del cinema come lo sono in altri settori la Ferrari, la moda, Pavarotti. Da noi, purtroppo, l'interesse dei giovani per il cinema classico sta scomparendo. È triste, ma è un dato di fatto. L'unica fortuna di Fellini è l'esistenza di una Fondazione che ne tiene viva la memoria”153.

Era il 2008, a quindici anni dalla morte di Federico. Un'affermazione troppo pessimista del regista bolognese? O la descrizione di

151 P. BONDANELLA, Il cinema di Federico Fellini… op. cit., pp. 128-134.

152 V. BOARINI, “Ritorno al futuro. La Fondazione Fellini e la memoria storica del Maestro”… op. cit., p.

125.

153 Pupi Avati: "L'Italia ha dimenticato Federico Fellini", 17/11/2008,

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un'amara realtà che induce a una seria riflessione sul rapporto tra il cinema, i giovani e l'eredità artistica del grande maestro? In ogni caso, è un fatto che alla Fondazione si debba la riconoscenza per aver operato, anche in modo incisivo, nel perseguimento degli scopi per i quali era stata costituita, e che la disaffezione nei confronti di Fellini, percepita in quegli anni da molti e non solo da Avati, non si limitasse alla sua città ma si estendesse all'Italia intera.