2.1.1. Il prodotto interno lordo e la domanda interna
In uno scenario nazionale di moderata ripresa1, le stime redatte nello scorso ottobre da Prometeia hanno previsto per il 2015 per l’Emilia-Romagna una crescita reale del Pil pari all’1,2 per cento, più elevata rispetto a quanto previsto per l’Italia dalla stessa Prometeia (+0,8 per cento). C’è stata una significativa accelerazione rispetto al debole aumento del 2014 (+0,3 per cento), che aveva tuttavia posto fine alla fase recessiva che aveva caratterizzato il biennio 2012-2013. La stima proposta lo scorso ottobre è apparsa un po’ più ottimistica rispetto alle previsioni formulate nei mesi precedenti: +1,0 per cento nell’esercizio di luglio; +1,1 per cento in quello di maggio. Il miglioramento ha riflesso in primo luogo la ripresa delle attività industriali e la buona intonazione della domanda estera.
E’ da evidenziare che l’Emilia-Romagna si è collocata tra le regioni più dinamiche, seconda alla sola Lombardia (+1,3 per cento), precedendo il Veneto (+1,0 per cento). Nelle rimanenti regioni i tassi di crescita reali del Pil sono apparsi inferiori all’1 per cento, in un arco compreso tra il +0,9 per cento di Friuli-Venezia Giulia, Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige e il +0,02 per cento della Calabria.
Alla crescita reale del Pil, stimata, come descritto precedentemente, all’1,2 per cento, si dovrebbe associare un andamento ugualmente positivo per la domanda interna, che dovrebbe crescere dell’1,1 per cento rispetto al 2014.
Fig. 2.1.1.1 Prodotto interno lordo dell’Emilia-Romagna. Variazioni percentuali in termini reali sull’anno precedente. Periodo 2002 – 2017.
Fonte: elaborazione Centro studi e monitoraggio dell’economia e statistica Unioncamere Emilia-Romagna su dati Istat e Scenario economico previsionale Unioncamere Emilia-Romagna-Prometeia di ottobre 2015.
1 La stima dell’Istat corretta per i giorni lavorativi prevede una crescita reale dello 0,7 per cento.
-6,0 -5,0 -4,0 -3,0 -2,0 -1,0 0,0 1,0 2,0 3,0
2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015* 2016* 2017*
'* previsioni 2015-2017
Il livello reale del Pil atteso per il 2015 è tuttavia apparso inferiore del 5,5 per cento rispetto a quello del 2007, quando la crisi causata dall’insolvenza dei mutui statunitensi ad alto rischio era ancora in divenire.
Per arrivare al superamento occorrerà attendere il 2019 (+0,4 per cento). Se le previsioni avranno buon fine, saranno occorsi undici anni per riavere l’economia emiliano-romagnola ai livelli pre-crisi, a dimostrazione di come sia stata profonda la ferita inferta al tessuto economico della regione dalla più grave crisi del dopoguerra.
2.1.2. La formazione del reddito
Per quanto concerne la formazione del reddito, nel 2015 il valore aggiunto ai prezzi di base è stato stimato in crescita, in termini reali, dell’1,0 per cento rispetto all’anno precedente, consolidando la timida ripresa riscontrata nel 2014 (+0,3 per cento). Resta tuttavia il deficit nei confronti della situazione ante crisi. Rispetto al 2007, il 2015 fa registrare un calo del 5,3 per cento e solo nel 2018 si avrà un leggero divario (+0,02 per cento), destinato tuttavia ad aumentare negli anni successivi.
Tra i vari rami di attività che concorrono alla formazione del valore aggiunto, l’andamento più dinamico è stato offerto dall’agricoltura, silvicoltura e. pesca, con un aumento reale del 3,0 per cento.
In ambito industriale, quella in “senso stretto”, che comprende i comparti estrattivo, manifatturiero ed energetico, ha fatto registrare una crescita reale del valore aggiunto pari all’1,8 per cento, che ha posto fine a tre anni recessivi. Segno contrario per l’industria delle costruzioni per la quale è prevista una diminuzione in termini reali dello 0,6 per cento, tuttavia in attenuazione rispetto alla flessione del 3,7 per cento registrata nel 2014. E’ dal 2008 che ha avuto inizio la recessione. Tra quell’anno e il 2015 c’è stata una variazione media annua negativa del valore aggiunto pari al 3,8 per cento, largamente superiore al calo dello 0,6 per cento registrato nel totale delle attività economiche. La nuova moderata riduzione reale del valore aggiunto edile, prevista da Prometeia, è tuttavia maturata in uno scenario segnato dalla ripresa del volume d’affari (+2,1 per cento tra gennaio e settembre).
I servizi hanno evidenziato una moderata crescita reale del valore aggiunto (+0,7 per cento), che ha sostanzialmente replicato l’andamento del 2014 (+0,8 per cento). E’ da evidenziare che, contrariamente a quanto previsto per l’industria, già nel 2017 ci sarà un superamento, seppure lieve, del livello pre-crisi del 2007 (+0,3 per cento). I settori del terziario hanno insomma meglio resistito alla bufera del 2009 e alla nuova fase recessiva che ha afflitto il biennio 2012-2013.
2.1.3. L’impiego del reddito. Consumi e investimenti.
La crescita della domanda interna ha riflesso gli andamenti espansivi dei consumi delle famiglie e degli investimenti.
Nel 2015 i consumi finali delle famiglie emiliano-romagnole sono apparsi in ripresa (+1,3 per cento), accelerando sulla crescita dello 0,7 per cento del 2014. Nel 2017 la spesa sarà maggiore dello 0,3 per cento nei confronti del livello pre-crisi. L’aumento del reddito disponibile delle famiglie, unitamente alla crescita della base occupazionale, è alla base del miglioramento.
I consumi delle Amministrazioni pubbliche e Istituzioni sociali private sono invece previsti, per il terzo anno consecutivo, in leggero calo (-0,1 per cento). Le politiche di contenimento della spesa pubblica e il blocco del turn over possono essere tra le cause.
Gli investimenti fissi lordi sono apparsi in crescita dell’1,9 per cento, dopo sei anni contraddistinti da un calo medio annuo del 7,3 per cento. Nonostante l’aumento, il livello reale degli investimenti continua a essere piuttosto basso. Rispetto alla situazione del 2007, prima che la crisi derivata dai mutui subprime cominciasse a manifestarsi in tutta la sua evidenza, si ha una caduta del 34,1 per cento e dovranno passare almeno altri dieci anni, nella migliore delle ipotesi, prima che si abbia un riallineamento.
2.1.4. La produttività
Con questo termine s’intende il rapporto tra il valore aggiunto espresso in termini reali e le unità di lavoro che ne esprimono il volume effettivamente svolto.
Nel 2015 secondo lo scenario predisposto lo scorso ottobre da Prometeia, il valore aggiunto per unità di lavoro è apparso in moderata crescita rispetto al 2014 (+0,2 per cento), replicando nella sostanza l’andamento di basso profilo del 2014 (+0,1 per cento).
2.1. L’economia regionale nel 2015 27
Il basso tono della crescita si è allineato alla situazione sostanzialmente stagnante che ha caratterizzato il periodo 2001-2015, caratterizzato da un aumento medio annuo dello 0,2 per cento. Di ben altro spessore era apparsa l’evoluzione dei quindici anni precedenti, dal 1986 al 2000, rappresentata da una crescita media annua dell’1,9 per cento.
La sostanziale stagnazione della produttività, che è derivata da andamenti annuali divergenti (l’anno nero resta il 2009 con una flessione del 4,5 per cento) assume più rilevanza nelle attività del terziario, la cui evoluzione media annua, tra il 2001 e il 2015, appare negativa (-0,2 per cento), come nelle costruzioni (-0,1 per cento). Nell’industria in senso stretto si ha invece una crescita media annua dell’1,1 per cento,.
L’unico settore che registra un aumento reale relativamente sostenuto è l’agricoltura, silvicoltura e pesca, che tra il 2001 e il 2015 beneficia di una crescita media annua del 4,2 per cento. Se si considera che tale miglioramento è maturato in uno scenario di pressoché costante calo degli addetti, ne discende che il settore ha potuto sopperire affinando le tecniche di produzione.
In tutti i rami di attività emerge un rallentamento del ritmo di crescita della produttività rispetto ai quindici anni precedenti.
La conclusione che si può trarre da questi sommari andamenti è abbastanza scontata. La bassa produttività, specie delle attività terziarie, che costituiscono la parte più rilevante del valore aggiunto reale dell’Emilia-Romagna (67,2 per cento nel 2015) equivale a una minore efficienza del sistema economico regionale, che può avere sviluppi negativi sulle imprese, che rischiano di essere meno competitive, e sugli stessi occupati che vedono ridursi, almeno in teoria, i margini di miglioramento reale dei propri salari e stipendi. La produttività, assieme alla valorizzazione del capitale umano, è nella sostanza uno degli ingredienti necessari alla crescita economica.
2.1.5. La domanda estera
Le esportazioni di beni, in uno scenario caratterizzato dal leggero rallentamento del ritmo di crescita del commercio internazionale2, sono state previste in aumento in termini reali del 4,1 per cento, in misura più contenuta rispetto all’incremento del 4,5 cento rilevato nel 2014. A valori correnti la crescita dovrebbe attestarsi al 4,5 per cento contro il +4,3 per cento dell’anno precedente. Questa previsione riflette una leggera crescita dei prezzi impliciti all’export (+0,5 per cento), segno questo di politiche commerciali piuttosto attente a mantenere quote di mercato spesso conquistate con enormi sforzi, anche a costo di comprimere i margini di guadagno.
L’export è risultato tra i maggiori sostegni all’economia, arrivando nel 2015 a incidere in termini reali per il 37,3 per cento del Pil rispetto al 36,2 per cento del 2014 e 32,2 per cento del 2007.
La previsione contenuta nello scenario di Prometeia è stata confermata dai dati Istat che nei primi nove mesi del 2015 hanno registrato una crescita del valore delle esportazioni pari al 3,9 per cento, tra le più elevate del Paese.
2.1.6. Lavoro, occupazione e reddito per abitante
La ripresa del Pil ha avuto esiti positivi sul mercato del lavoro.
L’occupazione è destinata a crescere nel 2015 dell’1,2 per cento rispetto all’anno precedente, consolidando l’aumento dello 0,4 per cento del 2014, dopo due anni contraddistinti da cali. La stima di Prometeia ha ricalcato la tendenza moderatamente positiva emersa dalle indagini sulle forze di lavoro dell’Istat relative ai primi nove mesi (+0,2 per cento).
Per quanto concerne le unità di lavoro, che in pratica ne misurano il volume effettivamente svolto, emerge uno scenario ugualmente positivo, rappresentato da una crescita dello 0,8 per cento, in accelerazione rispetto all’incremento dello 0,2 per cento del 2014.
Nel biennio 2016-2017 dovrebbe instaurarsi un ciclo virtuoso, sulla scia del consolidamento della ripresa del Pil. Nel 2016 l’occupazione dovrebbe superare dell’1,6 per cento il livello del 2007, alla vigilia della crisi internazionale innescata dai mutui statunitensi ad alto rischio.
Per quanto attiene la disoccupazione, lo scenario di Prometeia prevede per il 2015 una situazione meno critica, anche se attestata su livelli superiori agli standard del passato. Il relativo tasso è atteso al
2 Secondo l’Outlook del Fondo monetario internazionale di ottobre, il commercio mondiale di merci e servizi è destinato a crescere nel 2015 del 3,2 per cento rispetto all’aumento del 3,3 per cento registrato nel 2014.
7,8 per cento, in misura meno accesa rispetto al biennio 2013-2014, quando era stata superata la soglia dell’8 per cento.
Secondo lo scenario economico di Prometeia, il reddito disponibile delle famiglie e istituzioni sociali e private dovrebbe crescere dell’1,3 per cento, accelerando sul moderato incremento del 2014 (+0,1 per cento).
Note positive per il valore aggiunto reale per abitante, stimato in aumento dello 0,6 per cento, dopo tre anni caratterizzati da diminuzioni.
2.1.7. Il grado di soddisfazione dei cittadini
L’aumento del Pil non si è associato al miglioramento della percezione della popolazione in merito alla propria situazione economica, ma è migliorato il giudizio sul relativo livello. Come si può notare, c’è un’apparente contraddizione tra l’accresciuto peggioramento della percezione della situazione economica e il miglioramento della valutazione delle proprie risorse economiche. Evidentemente il deterioramento non è stato giudicato tale da intaccare il livello di ricchezza dell’Emilia-Romagna, che resta tra le regioni italiane con i più elevati livelli di reddito pro capite3.
Secondo l’indagine Istat sul grado di soddisfazione dei cittadini divulgata in novembre, il 41,8 per cento delle famiglie emiliano-romagnole ha giudicato la propria situazione economica un po’ o molto peggiorata, in crescita rispetto alla quota del 37,2 per cento di un anno prima. La percentuale di famiglie che l’ha reputata invariata si è attestata al 51,3 per cento, in diminuzione rispetto alla quota del 57,6 per cento del 2014. Il 7,0 per cento delle famiglie dell’Emilia-Romagna ha invece visto dei miglioramenti, più o meno marcati, in aumento rispetto alla quota del 5,2 per cento di un anno prima. Miglioramenti e peggioramenti sono in sostanza andati di pari passo, quasi a sottintendere un aumento della distribuzione della ricchezza disallineato.
In ambito nazionale l’Emilia-Romagna si è collocata al nono posto, a ridosso della fascia più disagiata, caratterizzata da sette regioni del Sud. Un anno prima l’Emilia-Romagna si era collocata al secondo posto, preceduta dal Trentino-Alto Adige che è nuovamente risultata la regione con il più basso indice di peggioramento (25,3 per cento).
Per quanto concerne le risorse economiche sono emersi segnali sostanzialmente positivi. Le famiglie che le hanno giudicate scarse sono scese al 32,2 per cento del totale contro il 36,1 per cento del 2014.
Chi le ha invece considerate insufficienti ha inciso per il 4,3 per cento, in misura relativamente contenuta, anche se in leggera crescita, rispetto alla percentuale del 3,9 per cento di un anno prima. Di contro è cresciuta dal 59,9 al 63,5 per cento la platea di famiglie che ha giudicato le proprie risorse economiche ottime (1,2 per cento) o adeguate (62,3 per cento).
In termini di risorse economiche ottime o adeguate, l’Emilia-Romagna è risultata la quarta regione del Paese (era quinta nel 2014), preceduta da Lombardia, Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige. Sotto l’aspetto della scarsità delle risorse economiche, l’Emilia-Romagna si è trovata a ridosso delle regioni meno colpite (le sette posizioni più negative appartengono a regioni del Sud), preceduta da Lombardia, Valle d’Aosta, e Trentino-Alto Adige. Una situazione simile ha riguardato le famiglie che le hanno reputate insufficienti.
In questo caso, che sottintende un’area a rischio di povertà, cinque regioni hanno evidenziato una incidenza percentuale inferiore a quella dell’Emilia-Romagna, pari al 4,3 per cento. Ancora una volta è il Trentino-Alto Adige a evidenziare la situazione più positiva, con una percentuale di risorse economiche considerate insufficienti assai ridotta (2,0 per cento). Le posizioni più critiche hanno interessato la quasi totalità delle regioni meridionali, ultima la Calabria con una quota dell’11,0 per cento.
Il livello di soddisfazione per la situazione economica è stato reputato molto o abbastanza buono dal 54,0 per cento dei cittadini di 14 anni e oltre, in aumento rispetto alla percentuale del 52,4 per cento del 2014, mentre è leggermente diminuita, dal 46,0 al 45,3 per cento, la quota di chi l’ha definita poco o per niente buona.
In ambito regionale l’Emilia-Romagna si è collocata tra le regioni con il più elevato livello di soddisfazione, preceduta da Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Valle d'Aosta e Trentino-Alto Adige, prima regione con una quota del 71,7 per cento, agli antipodi rispetto alla percentuale del 33,1 per cento della Calabria.
Passiamo ora a riassumere alcuni temi della congiuntura dell’Emilia-Romagna del 2015, rimandando ai capitoli specifici coloro che ambiscono a un ulteriore approfondimento.
3 Secondo l’edizione Istat di novembre 2015 dei conti economici territoriali, l’Emilia-Romagna è la quarta regione italiana in termini di valore aggiunto per abitante (32.486,9 euro), preceduta da Lombardia, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta.
2.1. L’economia regionale nel 2015 29
2.1.8. La demografia delle imprese
A fine settembre 2015 nei Registri gestiti dalle Camere di commercio dell’Emilia-Romagna la consistenza delle imprese attive è diminuita dello 0,8 per cento rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente, per un totale, in termini assoluti, di 3.285 imprese (-0,2 per cento in Italia). E’ dalla fine del 2011 che la compagine imprenditoriale dell’Emilia-Romagna diminuisce costantemente, in piena sintonia con l’andamento nazionale.4
Dalla generale diminuzione si sono distinte le imprese controllate da stranieri (+3,2 per cento), a fronte della diminuzione dell’1,2 per cento delle altre imprese, mentre dal lato dell’età degli imprenditori sono state le imprese giovanili a soffrire maggiormente5 (-3,2 per cento), a fronte della più contenuta riduzione rilevata nelle altre imprese (-0,6 per cento). Le imprese femminili sono aumentate dello 0,5 per cento, a fronte della riduzione dell’1,1 per cento delle altre imprese.
Il saldo tra iscrizioni e cessazioni, al netto delle cancellazioni d’ufficio che non hanno alcuna valenza congiunturale, è tuttavia apparso positivo per 1.153 imprese, in miglioramento rispetto all’attivo di 261 imprese rilevato nei primi nove mesi del 2014.
In ambito nazionale l’Emilia-Romagna è la seconda regione italiana in termini d’imprenditorialità, dopo il Trentino-Alto Adige, con 150 persone attive (titolari, soci, amministratori, ecc.) ogni 1.000 abitanti, confermando la situazione di un anno prima.
Tra i rami di attività, la diminuzione generale dello 0,8 per cento è stata determinata dalle attività agricole e industriali, con un calo, per entrambi i rami, pari all’1,9 per cento, mentre il terziario ha mostrato una migliore tenuta (+0,1 per cento).
Ogni comparto industriale ha accusato diminuzioni, con l’unica eccezione di quello energetico (+3,6 per cento), che ha tradotto la spinta delle produzioni di energia elettrica ottenuta con fonti alternative. La stabilità del terziario è stata originata da andamenti divergenti dei vari settori. Tra quelli più virtuosi troviamo nuovamente le attività legate alla “sanità e assistenza sociale” (+5,9 per cento) e al “noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese” (+4,5 per cento), che comprende i servizi di pulizia generale (non specializzata) di edifici. E’ continuata l’emorragia d’imprese dei “trasporti e magazzinaggio”
(-2,4 per cento) e del commercio (-0,8 per cento), che resta tuttavia il comparto più consistente del Registro imprese, con poco più di 94.000 imprese attive equivalenti al 22,8 per cento del totale delle attività iscritte nel Registro.
.Si è ulteriormente rafforzato il peso delle società di capitale, in virtù soprattutto degli aumenti delle società a responsabilità limitata e dell’entrata a pieno regime della recente forma di società a responsabilità limitata semplificata6, mentre hanno perso nuovamente terreno le forme giuridiche
“personali”, ovvero società di persone e imprese individuali.
La consistenza delle cariche presenti nel Registro imprese ha ricalcato l’andamento negativo delle imprese attive, con un calo dell’1,3 per cento rispetto a settembre 2014, mentre è continuata l’onda lunga delle persone nate all’estero, che sono arrivate a costituire l’8,9 per cento delle persone attive iscritte nel Registro delle imprese rispetto al 2,7 per cento di settembre 2000 e 8,6 per cento di settembre 2014.
2.1.9. Il mercato del lavoro
L’andamento del mercato del lavoro è stato caratterizzato dal leggero incremento dell’occupazione e dalla riduzione delle persone in cerca di lavoro.
Nei primi nove mesi del 2015 l’occupazione dell’Emilia-Romagna è mediamente ammontata a circa 1.913.000 persone, vale a dire lo 0,2 per cento in più rispetto all’analogo periodo del 2014. Nella più omogenea ripartizione nord-orientale è stata rilevata una diminuzione dello 0,1 per cento, mentre in Italia c’è stato un aumento dello 0,8 per cento, equivalente a circa 187.000 occupati.
Sotto l’aspetto del genere, sono stati le femmine a contribuire alla tenuta dell’occupazione (+0,5 per cento), a fronte della sostanziale stabilità dei maschi (-0,04 per cento).
4 In novembre c’è stato un calo tendenziale delle imprese attive pari allo 0,6 per cento.
5 Si tenga presente che il calo delle imprese giovanili può dipendere anche dall’invecchiamento degli imprenditori. Sono individuate come “giovanili” le imprese la cui percentuale di partecipazione dei giovani fino a 34 anni è superiore al 50 per cento Il livello di partecipazione è misurato sulla base della natura giuridica dell'impresa, dell'eventuale quota di capitale sociale detenuta dalla classe di popolazione in esame e dalla percentuale di genere presente tra gli amministratori o titolari o soci dell'impresa.
6 Dalle 1.459 imprese attive di fine settembre 2014 si è passati alle 3.032 di fine settembre 2015.
Dal lato della posizione professionale, sono stati gli occupati alle dipendenze a determinare la crescita complessiva dell’occupazione (+1,6 per cento), a fronte della flessione del 3,9 per cento degli occupati autonomi.
L’andamento settoriale è apparso divergente.
Nei primi nove mesi del 2015 gli addetti in agricoltura, silvicoltura e pesca, pari al 3,4 per cento del totale, sono cresciuti dell’1,0 per cento rispetto all’analogo periodo del 2014, in misura più contenuta rispetto a quanto avvenuto sia in Italia (+4,0 per cento), che nella ripartizione nord-orientale (+2,1 per cento). L’industria nel suo complesso (in senso stretto e costruzioni) ha chiuso i primi nove mesi del 2015, in ripresa. consolidando la tendenza moderatamente espansiva che aveva contraddistinto i primi nove mesi del 2014 (+0,2 per cento). Per quanto concerne la posizione professionale, la componente più numerosa degli occupati alle dipendenze ha evidenziato una crescita del 4,0 per cento per un totale di circa 20.000 addetti. Non altrettanto è avvenuto per gli autonomi apparsi in diminuzione del 7,8 per cento, per un totale di circa 9.000 addetti.
Dei due comparti che costituiscono le attività industriali, è andata meglio l’industria in senso stretto (+4,7 per cento) rispetto alle costruzioni (-10,0 per cento).
Le attività del terziario hanno fatto registrare una leggera diminuzione dell’occupazione, pari allo 0,7 per cento, che è equivalsa a circa 9.000 addetti. Nel Nord-est il decremento è apparso un po’ più contenuto (-0,4 per cento), mentre in Italia c’è stata una crescita dell’1,0 per cento. La terziarizzazione delle attività si è pertanto un po’ indebolita, con una percentuale sugli occupati che è scesa al 63,6 per cento, contro il 64,2 per cento dei primi nove mesi del 2014 e il 62,0 per cento di sette anni prima. Gli autonomi sono diminuiti del 2,8 per cento, stabili i dipendenti. Tra i comparti, le attività commerciali, assieme ad alberghi e pubblici esercizi, hanno accusato un calo del 3,2 per cento, da ascrivere
Le attività del terziario hanno fatto registrare una leggera diminuzione dell’occupazione, pari allo 0,7 per cento, che è equivalsa a circa 9.000 addetti. Nel Nord-est il decremento è apparso un po’ più contenuto (-0,4 per cento), mentre in Italia c’è stata una crescita dell’1,0 per cento. La terziarizzazione delle attività si è pertanto un po’ indebolita, con una percentuale sugli occupati che è scesa al 63,6 per cento, contro il 64,2 per cento dei primi nove mesi del 2014 e il 62,0 per cento di sette anni prima. Gli autonomi sono diminuiti del 2,8 per cento, stabili i dipendenti. Tra i comparti, le attività commerciali, assieme ad alberghi e pubblici esercizi, hanno accusato un calo del 3,2 per cento, da ascrivere