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LA FINANZA COMPORTAMENTALE

2.2 LA TEORIA DEL PROSPETTO

2.2.1 L’EFFETTO CONTESTO

L’effetto contesto, noto anche col termine framing, da frame (letteralmente cornice), stabilisce che le decisioni di investimento dipendono in maniera rilevante dal contesto in cui viene operata la decisione stessa: in particolare, le modalità (linguaggio utilizzato, grafica, presentazione etc.) con le quali le alternative di scelta vengono presentate al soggetto influiscono sulle sue preferenze e sulle sue scelte.

Questo fenomeno, molto frequente, si pone in aperto contrasto con l’idea che le preferenze dipendano unicamente da una funzione di utilità definita a priori e alla distribuzione di probabilità degli eventi possibili.66

Un celebre esempio di questo effetto è dimostrato dall’esperimento condotto da Tversky e Kahneman67 chiamato “il problema della malattia asiatica”. Ai partecipanti (divisi in due gruppi) fu

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Tversky A., Kahneman D. (1991) “Loss aversion in riskless choice: A reference-dependent model” Quarterly Journal of Economics

64 Kahneman D., Tversky A. (1979) “Prospect Teory: An analysis of decision under risk” Econometrica.

66 Kahneman-Tversky, 1979

sottoposta la seguente situazione: di fronte ad una grave malattia tropicale, che avrebbe potuto uccidere 600 persone, si presentano due programmi di cura alternativi.

Al primo gruppo questi ultimi furono descritti nei termini seguenti: Programma A  consente di salvare 200 persone

Programma B  con 1/3 di probabilità consente di salvare 600 persone, coi restanti 2/3 non salva nessuno.

Al secondo gruppo, invece, questi medesimi programmi furono presentati così: Programma C  400 persone moriranno

Programma D  con 1/3 di probabilità nessuno morirà, coi restanti 2/3 moriranno tutti e 600 La maggioranza del primo gruppo, il 72%, di fronte alle due alternative scelse il programma con esito sicuro (A). La maggioranza del secondo, invece, il 78%, scelse il programma D che non è altro che il programma B rappresentato in una prospettiva di morte anziché di sopravvivenza.

Il valore atteso di tutti i programmi è 200 sopravvissuti e 400 morti. Tuttavia, mentre A e C sono programmi con esito certo, B e D sono programmi con esito incerto (morti e sopravvissuti potrebbero essere più o meno).

Grazie a questo esempio si nota come il comportamento dei soggetti cambi a seconda che vi sia una “prospettiva di morte” (ovvero una prospettiva di perdita) oppure una “prospettiva di sopravvivenza” e quindi una prospettiva di guadagno. Se il problema viene formulato con la prima modalità gli individui tendono a ragionare nel dominio dei guadagni: sono avversi al rischio, preferiscono salvare 200 persone piuttosto che rischiare di salvarne meno. Se invece il problema viene presentato con la seconda modalità gli individui tendono a ragionare nel dominio delle perdite: sono propensi al rischio, si evita la certezza di 400 morti nella speranza che, affrontando il rischio, se ne avranno meno.

2.2.2 AVVERSIONE ALLE PERDITE

Questo errore di ragionamento può essere ricondotto ad un naturale istinto di sopravvivenza che induce gli individui ad avere una maggior motivazione nell’evitare una perdita piuttosto che nel realizzare un guadagno68. Di conseguenza, se esiti identici vengono rappresentati al soggetto come perdite anziché come mancati guadagni, questo tipo di rappresentazione potrà dar luogo a scelte opposte. Come prima, quindi, si hanno variazioni nelle decisioni di investimento dovute a variazioni nella modalità di presentazione delle alternative. Ad esempio: è più facile che un soggetto sia disposto a rinunciare ad uno sconto (10) su di un prezzo (110) maggiorato per via di un servizio

accessorio piuttosto che accettare un aumento di prezzo (10) per ottenere lo stesso servizio accessorio69.

A causa di tale bias molto spesso, in ambito finanziario, pur di evitare chiusure di posizioni in perdita i soggetti sono spinti a mantenere in portafoglio (quindi a non liquidare) i titoli, seppur in presenza di prospettive future negative.

Questo bias, infine, può essere ricondotto all’euristica dell’“ancoraggio”.

2.3 LE EURISTICHE

Molte decisioni degli individui sono basate su credenze inerenti la probabilità di eventi incerti come il risultato di un'elezione, la colpevolezza di un imputato, o il valore futuro del dollaro.

Queste credenze sono solitamente espresse tramite dichiarazioni come le seguenti: "Penso che..", "Le probabilità sono..", "È improbabile che.." e così via. Di tanto in tanto, le credenze relative ad eventi incerti sono espresse in forma numerica come probabilità o soggettiva probabilità. Che cosa influenza tali credenze? Come fanno le persone a valutare la probabilità di un evento incerto o il valore di una grandezza incerta?

Le persone si basano su un numero limitato di principi euristici che riducono i complessi compiti di valutazione della probabilità e riducono la previsione di valori a semplici operazioni di giudizio. In generale, queste euristiche sono piuttosto utili, ma a volte portano a gravi errori sistematici.

Nella sostanza le euristiche consistono in delle regole elementari che consentono di semplificare decisioni e problemi complessi o in presenza di informazioni incomplete. Per cui l’individuo prende le sue decisioni in modo essenzialmente spontaneo, senza seguire le teorie normative e probabilistiche. Gli autori, Kahneman e Tversky, sostengono che “il giudizio intuitivo costituisce spesso l’unica modalità pratica per valutare elementi incerti” (Kahneman & Tversky, 1982).

La valutazione personale delle probabilità assomiglia alla valutazione soggettiva di grandezze fisiche quali distanza o dimensione. Ma i giudizi sono tutti basati su dati di limitata validità, che vengono elaborati secondo regole euristiche. A differenza di quanto avviene in un calcolo formale non si prendono in considerazione tutti i fattori in gioco. Vi sono alcuni elementi comuni ai diversi problemi di stima della probabilità che ne influenzano l’esito: caratteristiche peculiari dell’oggetto di valutazione, il modo in cui è formulato il problema, la chiarezza con la quale viene descritta la situazione, il modo in cui è strutturato l’evento, quanto l’euristica influisce sul decisore (forza dell’euristica) e le abilità e competenze possedute dai soggetti.

Ad esempio, l'apparente distanza di un oggetto è determinata in parte dalla sua chiarezza: più nettamente si vede l’oggetto, più esso sembra essere vicino. Questa regola ha qualche validità, perché, in una determinata scena gli oggetti più distanti sono visti meno nettamente degli oggetti più vicini. Tuttavia, il ricorso a questa regola comporta errori sistematici nella stima della distanza. In particolare, spesso le distanze sono sovrastimate quando la visibilità è scarsa perché i contorni degli oggetti sono offuscati. D'altro canto, le distanze sono spesso sottostimate quando la visibilità è buona perché gli oggetti sono visti nettamente. Così, l’affidamento sulla chiarezza come un'indicazione di distanza porta a pregiudizi comuni.

Tali pregiudizi si trovano anche nell’intuitivo giudizio di probabilità.

Diversi autori sostengono che il giudizio euristico riduce il carico cognitivo e consente pertanto risposte rapide e, generalmente, efficaci alla domanda decisionale (Hamilton & Gifford, 1976; Nisbett & Ross, 1980; Mac Leod & Campbell, 1992). Tuttavia, è stato dimostrato che le euristiche possono portare a prendere decisioni sbagliate, incorrendo in bias o errori di giudizio (Kahneman & Tversky, 1982).

Le euristiche che incorrono nel processo di valutazione di probabilità e previsione di valori sono essenzialmente tre e verranno analizzate grazie al prezioso contributo di Amos Tversky e Daniel Kahneman.