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L’ALFBETIZZAZIONE FINANZIARIA

3.3 OBBIETTIVI E BENEFIC

Rifacendosi alla definizione dell’Osce (2005) si desume che l’obiettivo dell’educazione finanziaria sia quello di trasmettere ai consumatori la capacità di prendere scelte consapevoli, efficienti e coerenti coi propri bisogni di carattere finanziario: risparmio, investimento, indebitamento, assicurazione e previdenza. Riducendo il concetto ai minimi termini ed esagerando, il processo di alfabetizzazione sui fenomeni economici e finanziari mira a rendere gli agenti economici capaci di operare secondo i principi della razionalità economica posti alla base del modello di finanza tradizionale. Se così fosse, il loro comportamento sarebbe in grado di massimizzare la loro funzione di utilità producendo dei benefici non esclusivamente a livello individuale ma per il sistema economico nel suo complesso: benefici quali lo sviluppo della concorrenza tra gli intermediari che cercano di offrire prodotti e servizi di più alta qualità ed efficienza, una spinta alla crescita economica e lo sviluppo del risparmio.

Numerosi autori hanno confermato questa associazione positiva tra conoscenza e comportamenti finanziari. Ad esempio, Calvert, Campbell, e Sodini (2005) riscontrarono che più le famiglie sono finanziariamente sofisticate più sono propense ad acquistare asset rischiosi e di investire in modo più efficiente. Kimball e Shumway (2006), invece, evidenziano l’esistenza di una grande correlazione positiva tra sofisticazione finanziaria e scelte di portafoglio. Hilgerth, Hogarth, e Beverly (2003) documentano la presenza di un legame positivo tra conoscenza finanziaria e comportamento finanziario. Un ulteriore esempio è offerto da Hogarth, Anguelov e Lee (2005), che dimostrano che i consumatori poco istruiti figurano in modo sproporzionato tra i c.d. "unbanked" ossia tra i soggetti privi di ogni tipo di conto transazione. Hoghart et al. (2003), Bell e Lerman (2005), Lyons (2005) evidenziano che i cittadini dotati di maggior financial literacy mettono in atto comportamenti più virtuosi in ambito creditizio, assicurativo e pensionistico . Lusardi and Mitchell (2006) mettendo in relazione il grado di alfabetizzazione finanziaria con la capacità di pianificare la fase di pensionamento riscontrano come la popolazione al di sopra dei cinquant’anni maggiormente competente finanziariamente sia stata quella ad aver pensato al proprio pensionamento. Campbell (2006) sottolinea la forte confusione delle famiglie americane, finanziariamente poco istruite circa i termini del loro mutuo e evidenzia la loro tendenza a non rifinanziare lo stesso quando i tassi di interesse scendono notevolmente. Stango e Zinman (2006), invece, han ben documentato la tendenza sistematica delle persone a sottovalutare il tasso di interesse associato a un flusso di pagamenti di prestito. In generale la letteratura ci da prova che l’alfabetizzazione è associata una vasta gamma di secisioni finanziarie, come la partecipazione al mercato azionario, la diversificazione del portafoglio e la tendenza ad evitare il sovra indebitamento (Guiso e Jappelli 2008, Kimball e Shumway 2007, Lusarsi e Tufano 2008, Van Rooi 2011).

Nello specifico, l’avvio di interventi efficaci che determinino una più alta alfabetizzazione comporta benefici per tutti: consumatori, intermediari, istituzioni, società. Essi potrebbero101:

 ridurre il numero di controversie finanziarie, e quindi i costi della giustizia civile;

 accelerare il passaggio verso forme pensionistiche complementari assicurando che ciò avvenga tramite il miglioramento delle capacità di gestire le proprie responsabilità decisionali da parte delle famiglie;

 contenere l’assunzione da parte delle famiglie di debiti eccessivamente onerosi riducendo così la necessità di futuri interventi di sostegno, quali quelli legati alla onerosità delle rate dei mutui a tasso variabile;

 ridurre i fenomeni di stress e ansia derivanti da tensioni finanziarie può generare minori spese per la sanità;

 incoraggiare gli intermediari a sviluppare nuovi prodotti e servizi, con la conseguente crescita di innovazione, il miglioramento della qualità dell’offerta, l’aumento dei livelli di efficienza dei mercati, l’eventualità di creare nuove opportunità di business;

 determinare una maggiore possibilità di attrazione e fidelizzazione della clientela grazie ad una domanda più consapevole che può essere più facilmente soddisfatta dagli intermediari;  migliorare la possibilità di comprendere e soddisfare le esigenze della clientela

promuovendo indirettamente le corrette e trasparenti relazioni tra intermediari e clientela, con riduzione di rischi legali e reputazionali legati a eventuali controversie.

Inoltre, gli individui che acquisiscono una maggior familiarità con i concetti finanziari, come rischio e rendimento, interesse composto e inflazione, riescono a controllare l’operato degli intermediari e a capire in termini reali quanto viene loro offerto. In caso contrario, come mostrano numerosi esempi recenti, spesso si verificano collocamenti di strumenti finanziari in modo non necessariamente idoneo con il grado di avversione al rischio, la situazione finanziaria e gli obiettivi di investimento dei risparmiatori.

Nonostante i benefici derivanti dall’educazione finanziaria siano particolarmente evidenti, i soggetti interessati (consumatori, regolatori, industria finanziaria) non devono considerarla come una cura. In primo luogo, l’accumulazione di conoscenza non è un processo immediato ma richiede del tempo. In secondo luogo, la reale capacità dell’educazione finanziaria di migliorare il comportamento economico dipende comprensibilmente dal tipo di programma predisposto. In terzo luogo, è sbagliato aspettarsi che vi sia un comportamento perfettamente razionale da parte dei consumatori dotati di sufficiente educazione finanziaria. A essere rilevante è sempre il comportamento reale.

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“Educazione finanziaria: l’utilità di una strategia unitaria” a cura di G. Chionsini, e M. Trifilidis consultabile dal sito www.bancaditalia.it

È fondamentale che l’educazione finanziaria fornisca agli individui gli strumenti necessari per operare sui mercati finanziari ma prima di tutto deve soddisfare la sete di responsabilità della realtà contemporanea: grazie ad un adeguato livello di alfabetizzazione finanziaria, gli investitori dovrebbero abbandonare il ruolo di semplici soggetti passivi, che delegano le decisioni relative alla gestione delle loro risorse ad un consulente esterno, e assumere un ruolo da protagonisti e, quindi, di soggetti attivi nel loro processo decisionale. Per rendere possibile questo passaggio e sviluppare una vera e propria partecipazione attiva dei soggetti è indispensabile che da parte loro vi sia un’effettiva volontà di apprendere e imparare dai programmi predisposti dalle autorità. In sostanza l’educazione finanziaria non deve essere un dovere ma un diritto che tutti i cittadini, consapevoli delle loro carenze in campo finanziario, desiderano esercitare.