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L’elaborazione del linguaggio in shadowing

CAPITOLO 4 LO SHADOWING NELLA DIDATTICA DELLA L2

4.4 Lo shadowing negli studi sulla percezione, elaborazione e produzione del linguaggio

4.4.2 L’elaborazione del linguaggio in shadowing

4.4.2.1 Il contributo di Marslen-Wilson

Nel 1973 Marslen-Wilson condusse una ricerca per approfondire le dinamiche di elaborazione del linguaggio “at very short latencies”, nonché il rapporto fra il décalage tenuto dallo

shadower e il grado di complessità degli stimoli in ingresso. A tale scopo vennero utilizzati

materiali di diverse tipologie, da singole parole isolate fino ad input presentati sotto forma di testo formato da interi enunciati costituenti strutture sintattiche e semantiche di ordine superiore. I risultati dello studio permisero a Marslen-Wilson di affermare che, contrariamente a quanto si possa pensare20, è possibile riprodurre in shadowing un input con queste ultime

20 E’ infatti lecito pensare che più aumenta la complessità degli item in ingresso, più possa aumentare il décalage

caratteristiche in modo tanto accurato e con un décalage tanto breve quanto quello utilizzato nello shadowing di termini isolati.

Un’altra interessante osservazione è che i close shadower iniziano a ripetere l’input organizzato sotto forma di testo mediamente dopo circa 250 ms, il che significa che, data la velocità di eloquio scelta nell’esperimento, essi tengono un décalage che corrisponde circa a una sillaba. Ciò sembra indicare che l’elaborazione del discorso nei close shadower avvenga a livello sillabico, senza coinvolgere la dimensione semantica o sintattica. Tuttavia, quando in una successiva prova di memorizzazione ai close shadower venne chiesto di rispondere ad alcune domande sul contenuto del materiale ripetuto (il che presupponeva un’elaborazione del messaggio a livello semantico), le loro risposte non presentarono sostanziali differenze rispetto a quelle fornite dai distant shadower, il che fa pensare che nello shadowing l’accesso alle informazioni semantiche e sintattiche sia garantito indipendentemente dal décalage tenuto. Un’ulteriore conferma della fondatezza di questa ipotesi è data dal fatto che entrambe le categorie di shadower durante l’esercizio hanno commesso cosiddetti “constructive errors”, risultanti in parole aggiunte, cambiate o parzialmente modificate, in gran parte coerenti sintatticamente e semanticamente con il contesto precedente.

Marslen-Wilson giunse così alla conclusione che sia i close che i distant shadower analizzano il materiale ripetuto fino al livello semantico; questa operazione consente loro di formulare ipotesi sulle caratteristiche dell’input che segue. Ad esempio, se viene pronunciata una determinata parola che si presenta spesso associata ad una certa preposizione, lo shadower può ragionevolmente aspettarsi che tale combinazione compaia anche nel testo da ripetere in

shadowing.

Sulla base delle conclusioni presentate sopra, lo studioso sottolinea che il close shadowing non è un caso particolare di elaborazione del linguaggio limitato al livello dell’unità minima della sillaba. Infatti

the significance [...] of very short shadowing is not that it indicates some anomalous minimal mode of speech processing, but that it seems congruent with what we know of normal speech perceptual processes (Marslen-Wilson, 1973: 523).

Una volta constatato che close e distant shadower elaborano il materiale da ripetere al medesimo livello di profondità, ossia non limitandosi solo alla dimensione acustica, fonologica e articolatoria, ma arrivando ad includere anche quella sintattica e semantica,

Marslen-Wilson afferma che ciò che contraddistingue i due gruppi di shadower è l’utilizzo di una diversa strategia di output (1985: 67).

I close shadower iniziano a ripetere il messaggio prima che le parole che lo costituiscono “have fully emerged into the light of conscious awareness” (Marslen-Wilson, 1985: 68), mentre i distant shadower cominciano la propria produzione a seguito di un’analisi percettivamente più completa dell’input. Secondo Marslen-Wilson, dunque, la differenza fra le due categorie può essere descritta “in terms of their dependence on an explicit, conscious knowledge of the lexical identity of what they are repeating” (ibid.).

In un successivo approfondimento del confronto fra close e distant shadower, lo studioso ha notato che una manipolazione del materiale audio a livello semantico, sintattico e lessicale (Jabberwocky) porta, rispetto ad una condizione di input non modificato, ad un aumento del

décalage in entrambe le tipologie di shadower, seppur con alcune differenze. Il venir meno

della coerenza semantica, ad esempio, causa un incremento generalizzato del décalage osservabile in tutti i soggetti; le alterazioni generate dalle altre due manipolazioni producono invece effetti più marcati sui distant shadower, la cui strategia di produzione dell’output sembra infatti dipendere maggiormente da informazioni di natura sintattica e lessicale.

4.4.2.2 Individuazione di errori in shadowing come indice del livello di profondità di elaborazione

In continuità con gli studi di Marslen-Wilson, Tonelli e Riccardi (1995) realizzarono un esperimento per approfondire ulteriormente le dinamiche di elaborazione del linguaggio durante l’attività di shadowing. A tale scopo, le studiose utilizzarono un input contenente frasi caratterizzate da vari tipi di errori, con l’obiettivo di osservare in che misura i soggetti fossero in grado di individuare queste anomalie e di correggerle durante lo shadowing.

La ricerca vide la partecipazione di quaranta studenti sia del primo che del secondo anno del corso di laurea magistrale in Interpretazione presso la SSLMIT di Trieste. Per la prova venne utilizzato un testo contenente cinque errori fonologici, cinque lessicali e cinque morfologici, simili a quelli commessi nel parlato comune. I partecipanti vennero divisi in diversi gruppi: al primo, non informato in merito agli errori, venne chiesto di ripetere il testo esattamente così come sentito; il secondo venne informato della presenza di errori, che i soggetti avrebbero dovuto correggere; il terzo gruppo era a conoscenza della presenza di errori ma venne esortato a non correggerli.

Dallo studio emerse che i partecipanti, quando invitati a correggere gli errori, mostravano una capacità di individuazione delle anomalie lessicali e morfologiche di gran lunga superiore rispetto al gruppo che iniziava a fare shadowing ignaro della presenza di errori nell’input. In linea con questo esito, le ricercatrici osservarono che la tendenza generale tra tutti i partecipanti era quella di individuare più prontamente errori di natura lessicale e morfologica rispetto a quelli fonologici. Secondo Tonelli e Riccardi, questo risultato indica che i soggetti, se impegnati in un’attività di decodifica e codifica simultanee di un input, mostrano più sensibilità per errori commessi a livelli linguistici più profondi rispetto a quelli legati ad una dimensione fonetica più superficiale del linguaggio, come nel caso di una pronuncia sbagliata. Le conclusioni dello studio confermano dunque la teoria di Marslen-Wilson, secondo la quale nello shadowing la decodifica e codifica del messaggio coinvolgono non solo processi uditivi e fonologici, ma anche sintattici semantici.