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L'evento-morte dell'ostaggio quale previsione aggravante la

prevista per il fatto base.

L'aspetto più delicato e certamente più interessante, per le inevitabili complicazioni che ne derivano, perfettamente in linea con i caratteri dell'offesa tipica del delitto di cui all'art. 630 c.p., è la previsione di disposizioni che aggravano il regime penale del fatto- base, di cui al primo comma dell'art. 630 c.p.572.

Non è un caso che il legislatore del 1978, posto di fronte ad una tragica casistica di mutilazioni, sofferenze ed abusi subiti dalle vittime dei sequestri di persona a scopo estorsivo, si sia determinato a contemplare573, quale possibile evento in grado di inasprire la già elevata sanzione comminata per il fatto tipico, la morte dell'ostaggio.

Il generico carattere di offesa alla persona, che abbiamo potuto riscontrare nel delitto in commento, appare di per sé destinato a 572 BRUNO, Sequestro di persona a scopo di estorsione, op. cit., 448; DALIA,

Sequestro a scopo di estorsione, op. cit., 205.

573 Ricordiamo come il testo originario dell'art. 630 c.p., nonché quello dell'art. 605 c.p., risultassero privi di disposizioni aggravanti la pena-base in vista di esiti criminosi di questo tipo.

“specificarsi” in funzione del possesso che del soggetto passivo debba essere conseguito in vista del raggiungimento dell'intentio criminis propria della fattispecie de qua, e si vedrà come il decesso della vittima costituisca una delle plausibili conclusioni di un programma criminoso volto al conseguimento di un indebito arricchimento patrimoniale perpetrato attraverso la strumentalizzazione dell'individuo574.

Sarebbe stato certamente più opportuno, in prospettiva de iure

condito, modulare una più ampia gamma di disposizioni aggravanti in

funzione delle conseguenze “fisiche” scaturibili da un rapimento. Non si può tuttavia biasimare eccessivamente il legislatore che, di fronte ad una già elevatissima comminatoria penale entro cui il fatto base di sequestro estorsivo si mostrava ormai “imprigionato”, abbia ritenuto di prendere in considerazione, tra tutte, solo l'ipotesi massima e particolarmente allarmante della morte dell'ostaggio, per cui ha disposto la pena massima dell'ergastolo in misura fissa575.

In questo senso, si è cercato quantomeno di prevedere tutte le possibili modalità secondo le quali il decesso del sequestrato si potesse atteggiare come idoneo a determinare un incremento della sanzione- base, in misura dipendente e assorbente rispetto alla pena eventualmente applicabile in forza delle disposizioni che già di per sé tutelano, in via generale, il bene della vita.

Così si contempla, al secondo comma dell'articolo 630 c.p.576, la pena fissa di trent'anni di reclusione per il caso in cui la morte dell'ostaggio sia comunque derivata dal sequestro «quale conseguenza

non voluta dal reo».

Al terzo comma577 si prevede poi che alla scomparsa della 574 Per un approfondimento della tematica, si rimanda a BRUNELLI, Il sequestro di

persona a scopo di estorsione, op. cit., 317 ss.

575 BRUNELLI, ult. op. cit., 319.

576 «Se dal sequestro deriva comunque la morte, quale conseguenza non voluta dal

reo, della persona sequestrata, il colpevole è punito con la reclusione di anni trenta».

vittima «cagionata» dal colpevole consegua la pena – sempre in misura fissa – dell'ergastolo, ed al quarto comma578, disciplinante il fenomeno dissociazione del sequestratore dal consesso criminoso al fine di far riacquistare la libertà al soggetto passivo, si stabilisce la pena della reclusione da sei a quindici anni, in luogo della più favorevole comminatoria prevista all'art. 605 c.p., per l'ipotesi in cui il decesso dell'ostaggio si sia verificato «in conseguenza del sequestro,

dopo la liberazione».

È evidente come il tragico evento letale si prefiguri come veramente voluto dall'agente solo nell'ipotesi di cui al comma 3, mentre i casi rimanenti, di cui ai commi 2 e 4, si distinguono per essere fondati su un impianto meramente causale579.

Sembra giusto accennare al fatto che le prime due ipotesi siano state distinte a seguito della legge n. 191/1978 che ha convertito il d.l. n. 59/1978, nel quale veniva contemplata la sanzione dell'ergastolo parimenti per le ipotesi di «morte cagionata» dal colpevole e per quelle in cui, al contrario, l'evento risultasse «comunque» derivato.

Si era con ragione constatata, sul punto, l'esistenza di un'evidente disparità di trattamento, dal momento che erano state disciplinate in maniera identica – sotto il profilo sanzionatorio – due situazioni ben diverse dal punto di vista soggettivo580.

dell'ergastolo».

578 «Al concorrente che, dissociandosi dagli altri, si adopera in modo che il

soggetto passivo riacquisti la libertà […] si applicano le pene previste dall'art. 605. Se tuttavia il soggetto passivo muore, in conseguenza del sequestro, dopo la liberazione, la pena è della reclusione da sei a quindici anni».

579 BRUNELLI, ult. op. cit.: «Nel primo caso è espressamente sancito che l'evento

morte deve essere non voluto; nel secondo tale carattere si ricava dal fatto che presupposto della previsione è un'attività recessiva del concorrente dissociato, il quale, accantonato l'intento estorsivo, si è adoperato in modo da far riacquistare la libertà al soggetto passivo».

580 ALIFUOCO, Profili problematici della nuova disciplina del sequestro di

persona a scopo di estorsione, GP, III, 1982, 21-22, assume che «Si sentì […] la necessità di distinguere l'eventualità che la morte del sequestrato fosse

conseguenza non voluta dal reo, da quella in cui la morte fosse realmente cagionata dal colpevole, perché, in caso contrario, si sarebbe trascurato il necessario coordinamento delle pene previste con quelle relative alle diverse

Compiuta questa debita precisazione e prima di apprestarci ad analizzare le singole ipotesi di morte «comunque derivata», «cagionata», «quale conseguenza non voluta» del sequestro, è doveroso anticipare come, in realtà, rispetto al bene della vita il pericolo insito nella fattispecie di sequestro di persona a scopo di estorsione non sia in grado di tramutarsi in danno per il solo fatto del compimento – o della protrazione – della condotta criminosa.

Perché ciò si realizzi, invero, nonostante la morte del sequestrato rappresenti, secondo la maggior parte della dottrina, «un

logico sviluppo della condotta intenzionale» di base581, occorrerebbero nuove deliberazioni integranti una condotta diversa da quella disciplinata al primo comma dell'art. 630 c.p., in quanto la privazione della libertà del soggetto passivo, unitamente all'intento estorsivo perseguito dal reo, non parrebbero di per sé soli in grado di aumentare il rischio della causazione dell'evento letale, o per lo meno non in misura più intensa e specifica rispetto al sequestro di persona semplice o alle altre figure di sequestro con finalità tipica582.

Ci accingiamo dunque ad esaminare, per prima, l'ipotesi della morte del sequestrato «cagionata» dal soggetto attivo, contemplata – come si è visto – al terzo comma dell'articolo di cui si tratta.

2.1 La morte della vittima «cagionata» dal sequestratore.

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