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La permanenza del reato, il momento consumativo e la

configurabilità del tentativo.

4.1 Permanenza e consumazione.

Il delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione è riconosciuto dalla dottrina unanime, il linea con il suo archetipo disciplinato all'art. 605 c.p., quale reato permanente469, poiché in grado di realizzare un'offesa al bene giuridico della libertà personale del rapito suscettibile di protrarsi nel tempo, per effetto della persistente condotta volontaria del soggetto attivo470.

Invero, il bene giuridico tutelato dalla norma, in linea con i caratteri tipici dei reati permanenti, lungi dal poter essere diminuito o distrutto dal comportamento del soggetto agente, ben si presta a subire la permanenza dell'infrazione comprimendosi, per riespandersi nuovamente nella sua pienezza al momento della cassazione della condotta tipica471.

Il perfezionamento del reato de quo si riscontra nel momento in cui risultino posti in essere tutti i requisiti richiesti dalla fattispecie legale e si produca l'offesa al bene precipuamente protetto dalla norma, 469 PIOLETTI, Sequestro di persona, op. cit., 238; DALIA, Sequestro, op. cit., 205;

FIANDACA-MUSCO, Diritto penale, op. cit., 166; VELOTTI, Il sequestro di

persona a scopo di estorsione, GP, 1978, 468; BONFIGLIOLI, Sequestro di persona a scopo di estorsione, op. cit., 283.

470 MANTOVANI, Diritto penale. Parte generale, Padova, 2007, 445. 471 PIOLETTI, op. cit., 227.

sussistente nella privazione della libertà della vittima per un tempo giuridicamente apprezzabile472.

Le affermazioni appena riportate, così come sostenute dalla pressoché unanime della dottrina, contrastano con l'impostazione cosiddetta “bifasica” del reato elaborata da Giovanni Leone473 e riportata in auge tra gli anni '70 ed '80 del secolo scorso da un isolato orientamento giurisprudenziale474.

Secondo tale impostazione, i reati permanenti si comporrebbero di due momenti: ad una prima attività commissiva, consistente nella realizzazione del fatto vietato dall'ordinamento, ne seguirebbe una omissiva di mancata rimozione dello stato antigiuridico creato, di modo che la fase della permanenza risulterebbe riconducibile alla violazione del secondo precetto.

Così, nel sequestro di persona a scopo di estorsione, una volta verificatosi l’evento consistente nella privazione della libertà del rapito, la condotta del reo sarebbe sempre e solo di tipo omissivo e dipendente dal fatto che il soggetto agente ometta di restituire la libertà all’ostaggio, come invece imporrebbe l'art. 630 c.p.

La teoria “bifasica” è stata sottoposta negli anni a dure critiche, di cui la principale è senz'altro quella che si appunta sulla «impossibilità di fissare l'obbligo di controagire»475 di cui non vi sarebbe traccia nell'ordinamento, trattandosi di un puro “prodotto dottrinale”; inoltre, riguardo al delitto che ci interessa, essa non troverebbe comunque corrispondenze nell'assetto sistematico, dal momento che il legislatore ha espresso sin dal 1930 la volontà di 472 PADOVANI, Sequestro di persona, op. cit., 4619.

473 LEONE, Del reato abituale, continuato e permanente, Napoli, 1933, per il quale la peculiarità del delitto risiederebbe in una presunta duplicità di contenuto, ove “il secondo è condizionato al primo, nel senso che in tanto viene in funzione in

quanto è stato disobbedito il primo”.

474 Cass. pen., sez. II, 13 novembre 1984, Amante, op. cit., 1037

475 DE SANTIS, Gli effetti del tempo nel reato. Uno studio tra casistica e

tipizzare un unico titolo di reato, sottolineandone il valore univoco e la rinnovata autonomia, per cui è pacifico che la fattispecie risulti integrata in presenza di tutti gli elementi costitutivi.

Poste certe premesse e riconosciuta la natura unitaria del reato di cui si tratta, è possibile affermare che il dies a quo della consumazione abbia inizio nel momento in cui il reato si considera perfezionato e, per la precisione, non appena si sia verificata una privazione giuridicamente apprezzabile della libertà del soggetto rapito, volta al conseguimento di un ingiusto profitto476.

Coerentemente, anche la giurisprudenza ritiene la consumazione iniziata nel momento in cui l'agente abbia sequestrato la vittima, senza esigere né la cessazione della permanenza, né tanto meno il pagamento del riscatto477.

In dottrina si è peraltro osservato che, se l'attitudine della condotta di sequestro a conseguire lo scopo sia data da un sufficiente potere di disposizione del sequestratore sulla vittima, i comportamenti dell'agente risulteranno idonei allo scopo perseguito soltanto qualora si atteggino in maniera tale da potersi concludere che la privazione della libertà sia stata tradotta in vero e proprio “possesso” della persona478.

Secondo il Brunelli, sarebbe dunque la privazione «in modo

apprezzabile» della libertà personale l'elemento capace di discriminare

il reato consumato da quello tentato479.

Tuttavia, se la dottrina è sostanzialmente compatta nel ravvisare 476 MARINUCCI DOLCINI, Sequestro di persona, op. cit., 6254; DALIA, op. cit.,

210; MANZINI, Trattato, op. cit., 474.

477 Cass. pen., sez. II, 13 novembre 1984, Amante, in RP, 1985, 1037; Cass. pen., sez. II, 21 febbraio 1984, Parnoccia, in GI 1987, II, 182.

478 BRUNELLI, Il sequestro di persona a scopo di estorsione, op. cit.: «la

attitudine del sequestro a conseguire lo scopo sarà pertanto data dal

raggiungimento di un sufficiente potere di disporre della vittima, ma la condotta potrà essere omogenea allo scopo, solo quando essa sia descritta in una prossimità dello scopo tale da potersi concludere che il soggetto attivo, avendo nelle mani la persona, ha nelle mani anche l'evento finale», 276;

BACCAREDDA BOY-LALOMIA, op. cit., 746. 479 RONCO, Sequestro di persona, op. cit., 138.

la necessità che la compressione della sfera di libertà altrui si protragga per una durata «giuridicamente considerabile»480 o comunque «di un

certo rilievo»481, la giurisprudenza ha assunto sul punto un atteggiamento discordante.

La Corte di Cassazione ha riconosciuto la sussistenza del reato servendosi di canoni tutt'altro che univoci, esigendo talvolta limitazioni di libertà protrattesi per «un tempo giuridicamente

apprezzabile»482, talaltra accontentandosi di privazioni “brevi” o “brevissime”483, fino a sancire una sorta di generale indifferenza per la durata della privazione484, escludendo dalla fattispecie di cui all'art. 630 c.p. «le sole condotte momentanee e fugaci, ovvero circoscritte alla

fulmineità di un singolo atto»485.

Possiamo concludere, quindi, che ai fini della consumazione del delitto in oggetto si considerano irrilevanti il grado di privazione della libertà personale, i mezzi usati per ottenerla, il pagamento del riscatto, la circostanza che il soggetto passivo abbia avuto effettiva conoscenza del sequestro in un momento successivo all'avvenuto rapimento: quello che conta è che sia trascorso quel «minimo lasso di

tempo necessario per ravvisare una (giuridicamente significativa) privazione della libertà»486 tale da ritenere avvenuta la consumazione del reato.

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