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L’illecito endofamiliare nell’ordinamento giuridico italiano

2. L’affermazione del rimedio aquiliano nelle relazioni familiari

2.1. L’illecito endofamiliare nell’ordinamento giuridico italiano

L’affermazione del rimedio aquiliano nell’ambito delle relazioni familiari costituisce una delle principali novità che ha caratterizzato il diritto di famiglia degli ultimi tempi, in quanto “nell’arco di pochissimi anni si è passati da una (se non formale, almeno) sostanziale preclusione al suo generalizzato accoglimento da parte della giurisprudenza”112. Sebbene si sia trattato, in verità, di un processo lento che ha colto il mutamento della posizione dell’individuo all’interno della famiglia, l’inversione della tendenza giurisprudenziale sul tema dei danni è stata pressoché repentina. L’ultimo decennio ha infatti registrato un numero sempre crescente di decisioni con cui i giudici hanno accordato somme, più o meno sostanziose, a titolo di risarcimento del danno.

Il principio secondo cui la riparazione del pregiudizio non patrimoniale non è limitato ai soli casi previsti dalla legge, ma comprende anche quelle ipotesi in cui l’illecito determina la lesione di valori costituzionalmente tutelati, andrebbe così esteso, secondo l’orientamento della giurisprudenza e della dottrina maggioritaria, anche alla violazione dei doveri coniugali e genitoriali.

La prima decisione con cui la Suprema Corte ha mostrato una timida apertura in tal senso risale alla metà degli anni novanta, in cui pronunciandosi in tema di addebito della separazione, ed escludendone nel caso concreto la rilevanza aquiliana, subordinava, allo stesso tempo, la risarcibilità di eventuali danni “alla ricorrenza dell’illecito ipotizzato dalla clausola generale di responsabilità” di cui all’art. 2043 cod. civ113. Si trattava solamente di un piccolo passo, in quanto si è dovuto attendere un

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Così M.PARADISO, Famiglia e responsabilità civile endofamiliare, cit., p. 14.

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decennio per assistere ad una vera inversione di tendenza che ha determinato l’ammissibilità della responsabilità civile endofamiliare114. Nonostante l’apertura mostrata dai giudici di merito, la giurisprudenza di legittimità si era, infatti, trovata per lungo tempo a condividere le argomentazioni di quella parte della dottrina contraria all’ammissibilità del rimedio risarcitorio115.

La Suprema Corte giustifica l’apertura al rimedio aquiliano sulla base del superamento della presunta completezza del diritto di famiglia e dei rimedi previsti in tema di composizione dei contrasti familiari. Gli interessi familiari non si pongono più, alla luce del nuovo indirizzo, su un piano sovraordinato, ma si identificano con quelli dei componenti della comunità familiare, che non costituisce, pertanto, un luogo di compressione e di mortificazione di diritti irrinunciabili.

Secondo la Corte, il riconoscimento dei diritti del singolo all’interno della compagine familiare aderisce perfettamente al disposto dell’art. 2 Cost., che riconosce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità. Ed è proprio il rispetto della personalità e della dignità della persona che assurge a diritto inviolabile del singolo familiare rispetto alla formazione sociale costituita dalla famiglia, “non potendo chiaramente ritenersi che diritti definiti come inviolabili ricevano diversa tutela a seconda che i loro titolari si pongano o meno all’interno di un contesto familiare”116.

Nella decisione in esame, i giudici di legittimità chiariscono, inoltre, che la natura giuridica dei doveri matrimoniali fa sorgere in capo al coniuge un diritto soggettivo nei confronti dell’altro in ordine all’esigibilità di condotte conformi a tali obblighi.

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Cfr. Cass. 10 maggio 2005, n. 9801, cit. Per l’ipotesi di danni subiti dal figlio, v. già Cass. 7 giugno 2000, n. 7713, in Giust. civ., 2000, I, p. 1352.

115

Cfr. Cass. 22 marzo 1993, n. 3367, cit.; Cass. 6 aprile 1993, n. 4108, cit.

116

Ai fini dell’applicabilità del rimedio aquiliano, tuttavia, non verrebbero in rilievo comportamenti di minima efficacia lesiva, destinati a trovare naturale composizione all’interno della famiglia, in un’ottica di tolleranza e comprensione propria del dovere di assistenza morale, ma rilevano esclusivamente le condotte “che per la loro intrinseca gravità si pongono come fatti di aggressione ai diritti fondamentali della persona”117.

Da ciò deriverebbe, a parere della Corte, che la mera violazione del dovere coniugale o la pronuncia di addebito della separazione, non rileva di per sé a giustificare una pretesa risarcitoria. È, invece, necessario che venga leso un diritto costituzionalmente qualificato.

Scartando, dunque, l’ipotesi di ogni automatismo tra violazione del dovere e azione risarcitoria, la Corte richiede, a fondamento della pretesa risarcitoria, il filtro selettivo della “gravità della lesione” che muove da una condotta gravemente lesiva e riprovevole, tale da ledere beni di altissima rilevanza costituzionale.

Tale pronuncia, che nella specie ha sanzionato un’ipotesi di omessa informazione riguardante la propria impotenza da parte del marito, ha segnato l’inizio di una serie di decisioni di legittimità e di merito tutte orientate nel senso di ritenere ammissibile, in linea anche con la giurisprudenza in tema di danni alla persona, il rimedio risarcitorio aquiliano nel rapporto tra familiari. La Corte di Cassazione prende, dunque, atto dell’insufficienza e dell’inadeguatezza dei rimedi tipici familiari per fronteggiare le nuove istanze di valorizzazione della persona, conformandosi al nuovo assetto in tema di danno alla persona.

Numerose sono le sentenze di merito e di legittimità che si sono conformate all’orientamento in esame118. Successivamente la Corte è tornata sul tema dell’illecito endofamiliare chiarendo anche il rapporto tra i rimedi tipici e i

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Cass. 10 maggio 2005, n. 9801, cit.

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rimedi di carattere generale119. La Corte ha avuto modo di soffermarsi anche su questioni di ordine processuale, osservando, in particolare, che la natura degli istituti familiari non si pone di certo in contrasto con la tutela generale dei diritti, tanto più se si considera che la separazione e il divorzio sono istituti volti a porre rimedio a situazioni di intollerabilità della convivenza e di dissolvimento del vincolo coniugale, che i relativi assegni hanno natura assistenziale e non risarcitoria e che, infine, l’istituto dell’addebito della separazione, di cui all’art. 151 cod. civ., è idoneo a «colpire» solo il coniuge economicamente svantaggiato.

In merito alla disciplina dell’addebito della separazione, è stata rilevata da più parti la minima efficacia rimediale che è chiamato a svolgere tale istituto: in primo luogo, esso appresta una tutela circoscritta alla sola, ed eventuale, ipotesi in cui il coniuge responsabile della separazione sia proprio quello economicamente più debole dal punto di vista economico. Viceversa, se l’inosservanza del dovere coniugale provenisse dal coniuge economicamente più forte le conseguenze dell’addebito non spiegherebbero nei suoi riguardi alcun effetto. L’insufficienza di tale rimedio è inoltre limitata alle questioni di ordine patrimoniale e non anche alla tutela di diritti fondamentali120.

La sentenza in esame chiarisce, peraltro, che la mancanza di addebito della separazione non preclude l’azione risarcitoria ex art. 2059 cod. civ., smentendo così la ricostruzione di merito secondo cui l’azione “sarebbe preclusa ove i coniugi, come nel caso di specie, siano addivenuti a separazione consensuale, rinunciando il coniuge interessato alla pronuncia di addebito, dovendosi tale rinuncia interpretare come rinuncia

119

Cfr. Cass. 15 settembre 2011, n. 18853, cit.

120

Sul tema cfr. S.OLIARI, Addebito della separazione e tradimento plateale: funzioni diverse e azioni autonome, in Danno e resp., 2012, 4, p. 393; D. AMRAM, Rimedi giusfamiliari e tutela aquiliana: dall’immunità all’autonomia. Qualche riflessione sul danno intrafamiliare, in Danno e resp., 2012, 4, p. 386.

all’accertamento della cause della crisi del matrimonio, in quanto giudizialmente accertabili solo nel giudizio di separazione con specifica domanda di addebito”121.

Non è riscontrabile, pertanto, alcuna preclusione, dovendosi ritenere che l’azione risarcitoria sia autonoma e indipendente rispetto ai rimedi tipici del diritto di famiglia.