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L’incompatibilità tra rimedio aquiliano e diritto di famiglia

problematico dell’ingiustizia del danno. 4. La responsabilità per inadempimento dei doveri coniugali. 4.1. La questione della (ir)risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento. 5. Sulla teoria degli obblighi di protezione. 5.1. Gli obblighi di protezione «in connessione» e «allo stato puro». 6. Obblighi familiari di protezione.

1. L’incompatibilità tra rimedio aquiliano e diritto di famiglia

Il generale accoglimento del rimedio aquiliano nei rapporti familiari, benché largamente condiviso dalla giurisprudenza e dalla dottrina, non va esente da rilievi critici da parte di quegli autori che ne denunciano l’incompatibilità strutturale e l’inconciliabilità delle rispettive discipline137.

137

L’impossibilità di far discendere, quantomeno, in via esclusiva, una responsabilità aquiliana dalla violazione dei doveri matrimoniali deriverebbe dalla natura giuridica degli obblighi ex artt. 143 ss cod. civ. Sebbene tali doveri, come si vedrà nel prosieguo dell’indagine, non abbiano natura patrimoniale, sono pur sempre connotati da “specificità”, e ciò in quanto individuano soggetti determinati di un rapporto. L’orientamento della dottrina e della giurisprudenza prevalente, che ha accolto il rimedio aquiliano nel diritto di famiglia, sembra limitato esclusivamente al riconoscimento nella famiglia di quelle fattispecie “autonomamente rilevanti ai sensi degli artt. 2043 e 2059 c.c., determinando la lesione di un interesse giuridicamente tutelato in via primaria nella vita di relazione”. Benché si tratti, ad ogni modo, di un importante passo in avanti nella tutela dei diritti della persona, ciò non risolve la questione della risarcibilità dei danni causati dalla «mera» violazione dei doveri coniugali.

Cfr. A.MORACE PINELLI, La responsabilità per inadempimento dei doveri matrimoniali, cit., p. 1234.

I punti di maggiore interesse riguardano obiezioni che mettono in crisi il nuovo corso intrapreso dai nostri giudici.

Si ritiene che l’apertura del diritto di famiglia ai rimedi di carattere generale abbia l’effetto di alterare quel bilanciamento operato dal legislatore che, nel delineare l’equilibrio tra la tutela dell’interesse familiare e la protezione dei diritti dei singoli, ha operato precise scelte di politica del diritto.

È stato osservato che l’approdo giurisprudenziale favorevole al rimedio aquiliano, ispirato, in apparenza, a garantire e a rafforzare la tutela della dignità dell’individuo sia, invece, uno strumento che nella pratica comprometta il diritto di autodeterminazione nella scelta di porre fine al vincolo matrimoniale, considerato, sempre dalla giurisprudenza di legittimità, un bene di altissima rilevanza costituzionale, finalizzato a garantire la libertà della persona138.

Su questa linea si è osservato che la scelta di rimediare all’illecito endofamiliare per via aquiliana avrebbe l’effetto di comportare una vera e propria “opera di giuridificazione di situazioni e di scelte attinenti alla sfera intima, affettiva, emotiva, sessuale [...] scelte che innervano e caratterizzano i rapporti familiari, e che appaiono legate imprescindibilmente alla libertà del singolo nella famiglia e, pertanto, risultano difficilmente riconducibili entro lo schema normativo predisposto dall’art. 2043 cod. civ., se non a pena di una compressione evidente della sfera di libertà dell’individuo e delle sue libere scelte in ambito familiare”139.

Occorre, dunque, interrogarsi sulla compatibilità tra famiglia e regole che governano la responsabilità civile: il più recente dibattito dottrinale, che

evidenzia l’“eccedenza di motivazioni e di entusiasmo”140

138

Cfr. Cass. 6 aprile 1993, n. 4108, cit.

139

Così G. RAMACCIONI, I cd. danni intrafamiliari: osservazioni critiche sul recente dibattito giurisprudenziale, cit., p. 195.

140

L’espressione è utilizzata da M. PARADISO, Famiglia e responsabilità civile endofamiliare, cit., p. 19 ss.

dell’orientamento maggioritario, fa leva proprio sull’inconciliabilità tra questi due settori dell’ordinamento, in virtù della preesistenza di un rapporto giuridico tra danneggiato e danneggiante.

Ciò non può non direzionare il discorso sul ruolo che assume lo status coniugale e sul modo in cui si intendano coordinare gli strumenti di tutela propri del diritto di famiglia e le regole di responsabilità. In altre parole occorre chiedersi se a fondamento di un’eventuale pretesa risarcitoria rilevi «semplicemente» lo status di persona oppure sia «necessario» lo status di coniuge. La distinzione non è di poco conto e anche la giurisprudenza sembra avvedersene, salvo poi non considerarne gli effetti: dalle decisioni in tema di illecito endofamiliare, infatti, i giudici distinguono le conseguenze che si ricollegano alla «mera» violazione del dovere coniugale, in cui ciò che rileva è lo status di coniuge, da quelle in cui tale

status rileva in maniera indiretta e mediata.

In quest’ultimo caso si fa riferimento alle ipotesi risarcitorie in cui non sarà sufficiente la mera violazione del dovere, di per sé, dunque, sanzionabile con i rimedi tipici del diritto di famiglia, ma è necessario il ricorrere di un

quid pluris, ovvero la violazione del dovere generale del neminem laedere

idoneo a ledere un diritto costituzionalmente qualificato. A ben vedere, però, questa è un’ipotesi nella quale rileva non già la posizione di coniuge, ma quella di persona in quanto tale e la cui tutela rileverebbe in ogni caso perché portatrice di situazioni soggettive comunque rilevanti, a prescindere dalla qualità di coniuge141.

141

Cfr. A. MORACE PINELLI, La responsabilità per inadempimento dei doveri matrimoniali, cit., p. 1230; G.F.BASINI, Infedeltà matrimoniale e risarcimento. Il danno «endofamiliare» tra coniugi, cit., p. 99. L’A. rileva come dall’analisi della casistica sul tema della responsabilità endofamiliare emerge chiaramente che ancora oggi non può ammettersi la risarcibilità per i danni derivanti dalla violazione dei doveri coniugali. Dalla lettura della giurisprudenza si evince che “[...] la semplice violazione di uno dei doveri di cui all’art. 143 c.c. non è sufficiente, da sé, a giustificare la risarcibilità del danno che ne discenda [...]”. Non è, infatti, sulla “violazione di uno specifico e preesistente dovere che

Tale ricostruzione, nel tentativo di determinare il rapporto tra rimedi specifici e rimedi generali, sembrerebbe dare esiti poco rassicuranti, perchè pare abbia l’effetto di (ri)affermare la specialità della disciplina familiare: in dottrina si è osservato che se si esclude la rilevanza della «mera» inosservanza del dovere e si richiede, ai fini della responsabilità del coniuge, la lesione di un diritto fondamentale della persona, non si fa altro che ammettere la specialità di tale settore dell’ordinamento142. Ciò comporterebbe, tra l’altro, la contestuale duplicazione di una tutela, quella della persona, già apprestata dall’ordinamento giuridico.

Da ciò si potrebbe facilmente concludere che la violazione dei doveri coniugali non è, di per sé, risarcibile e che, dunque, l’unica eventuale «sanzione» all’inosservanza degli obblighi ex art. 143 cod. civ. è l’addebito della separazione. La responsabilità endofamiliare, allo stato delle decisioni giurisprudenziali, non è altro che un’applicazione della tutela generale della persona alle ipotesi in cui venga in essere una lesione di un diritto costituzionalmente qualificato.

Per evitare di tornare al punto di partenza e di rievocare immunità e privilegi che si ritengono sostanzialmente superati, si dovrà cercare di reimpostare la questione, in relazione alla possibilità di applicare il rimedio risarcitorio alle ipotesi di inosservanza dei doveri matrimoniali, chiedendosi, in primo luogo, se vi sia spazio per una responsabilità del terzo o se, invece, il risarcimento sia configurabile solo in capo al familiare143. In realtà, la questione relativa alla posizione del terzo è stata risolta dalla giurisprudenza nel senso di escluderne la responsabilità, tenuto conto che questi, a differenza del coniuge, non è soggetto ai doveri coniugali. Ma ciò i giudici fondano il risarcimento, bensì sulla generica violazione del neminem laedere, e sulla previsione dell’art. 2043 c.c.”.

142

Sul punto cfr. M.PARADISO,Famiglia e responsabilità civile endofamiliare, cit., p 16.

143

La questione è approfondita soprattutto da M.PARADISO, Famiglia e responsabilità civile endofamiliare, cit., p 17.

che qui interessa è proprio il motivo per il quale il terzo non può essere ritenuto responsabile: la condotta è illecita solo se posta in essere dal familiare, e non anche da un soggetto estraneo al consortium familiare, poichè quest’ultimo non ha alcun legame o vincolo da cui scaturiscono determinati obblighi. Da ciò sembrerebbe agevole concludere che è proprio la relazione qualificata a determinare l’illiceità della condotta.

A ben vedere, la valutazione della condotta del terzo144 è utile per comprendere la contraddizione che potrebbe derivare dall’applicazione della disciplina ex art. 2043 cod. civ. alle ipotesi di violazione dei doveri coniugali: se ciò che rileva non è la mera violazione del dovere coniugale, ma la lesione di un diritto costituzionalmente garantito, non si vede come sia possibile, in applicazione della clausola generale di responsabilità, escludere anche l’eventuale responsabilità del terzo.

Se ciò che viene in rilievo, ai fini dell’esperimento dell’azione risarcitoria è non già il semplice dovere coniugale individuato dall’art. 143 cod. civ., bensì addirittura un valore di rango costituzionale, non si può cadere in contraddizione affermando che poi il terzo, perché estraneo alla famiglia, rimarrebbe, in quesa sede, impunito per la sua condotta, tanto più se si considera che la violazione potrebbe riguardare un diritto della personalità. Se è vero, invece, che il terzo non può essere ritenuto co-responsabile per violazione degli obblighi matrimoniali, allora si potrebbe concludere positivamente circa la sua estraneità ad ogni forma di responsabilità per violazione dei doveri ex art. 143 cod. civ., dovendosi riconoscere responsabile solo il coniuge «inadempiente» ai sensi dell’art. 1218 cod. civ. Escludere la responsabilità del terzo nei termini qui descritti consente di porre l’attenzione sull’elemento della «relazionalità» e permette di

144

Sul punto cfr. E.GIACOBBE, Il matrimonio. L’atto e il rapporto, cit., p. 693; C.RIMINI, Violazione dei doveri familiari: verso la tutela aquiliana della serenità familiare?, cit., p. 6 ss.

risolvere, inoltre, la questione relativa alla necessità, o meno, che la condotta venga posta in essere da chi abbia lo status di familiare.