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L’importanza del modus philosophandi valliano

Uno degli elementi spesso decisivi per la valutazione della Dialectica, considerato soprat- tutto dagli studiosi di area anglofona, è quello del modus philosophandi valliano: la selezione dei testi, il modo in cui li recepisce, l’inventio dei temi, la loro dispositio, i criteri di argo- mentazione ecc. Non a caso, esso fa da sfondo a una delle più importanti monografie sulla

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solco di un dibattitto risalente almeno agli inizi degli anni ottanta del secolo scorso77, se- condo lo studioso olandese Valla va considerato un filosofo sui generis non già perché la sua opera non sia ricca di interessanti spunti filosofici, ma perché in molti casi questi man- cano dell’approfondimento, della consistenza e della sistemazione richiesti a una tradizio- nale opera di filosofia. Così, Valla tralascia ampie sezioni della metafisica e della logica (soprattutto scolastica) o ne analizza soltanto alcuni aspetti78. Già Peter Mack aveva formu- lato giudizi simili, in particolare a proposito del modus argumentandi dell’umanista: inade- guato e inconsistente in alcuni casi, incurante delle tesi dei suoi avversari in altri – e ciò ne farebbe tutt’altro che un buono storico della filosofia79.

Queste considerazioni rivelano a mio avviso il merito principale dei due studiosi, e cioè aver valutato la Dialectica col medesimo rigore riservato alle altre opere di filosofia, e non averne nascosto le criticità dietro l’essere stato Valla un ‘uomo di lettere80. Egli infatti non è un filosofo stricto sensu, essendo la sua una formazione tipicamente umanistica basata sugli studia humanitatis: grammatica, retorica, storia, letteratura e filosofia morale. Tale cur-

riculum non prevede né le discipline del quadrivio, né l’insegnamento della filosofia e della

dialettica – già da Petrarca e dagli altri umanisti considerate sterili perché incapaci di contri- buire al perfezionamento etico e sociale dell’uomo81. Insomma, i limiti del Valla filosofo deriverebbero dal suo essere essenzialmente un filologo.

77 Mi riferisco alla dura critica di John Monfasani all’interpretazione che della concezione valliana del

linguaggio diedero Richard Waswo e Sarah Gravelle – riprendendo quanto già Hanna Gerl aveva sostenuto in un saggio del '74. Qui non prenderò in considerazione questo dibattito perché non riguarda direttamente i temi della logica. Cf. H. B. GERL, Rhetorik als Philosophie. Lorenzo Valla, Monaco 1974; R. WASWO, The “Ordi-

nary Language Philosophy” of Lorenzo Valla, in «Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance», 41 (1979), 2,

pp. 255-271; ID., Language and Meaning in the Renaissance, Princeton 1987; S. S. GRAVELLE, Lorenzo Valla’s

Comparison of Latin and Greek and the Humanist Background, in «Bibliothèque d’Humanisme et Renais-

sance», 44 (1982) pp. 269-289; J. MONFASANI, Was Lorenzo Valla an Ordinary Language Philosopher?, in «Journal of the History of Philosophy», 50 (1989), 2, pp. 309-323; R. WASWO, Motives of Misreading, e S. S. GRAVELLE, A New Theory of Truth, entrambi in «Journal of the History of Ideas», 50 (1989), 2, pp. 324-336.

78 Cf. NAUTA, In Defense of Common Sense cit., pp. 269-273. 79 Cf. MACK, Renaissance Argument cit., pp. 66-68 e 113. 80 Cf. NAUTA, ibid., p. 4.

81 Cf. GRAY, Renaissance Humanism cit. Tuttavia, benché i primi umanisti non si interessassero espli-

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Da un lato sembrerebbe naturale soffermarsi sulle differenze tra il Valla filologo e il Valla filosofo per sottolineare come i risultati e i meriti del primo, insieme a tutto ciò che essi comportano (competenze, conoscenza dei testi, padronanza dei temi ecc.), non valgano

ipso facto anche per il secondo. Come dire che un ottimo strumento sarà pur sempre ineffi-

cace, se l’oggetto per cui ne è richiesto l’impiego supera la capacità di utilizzarlo. Tuttavia, come invitava a fare Garin, non bisogna mai perdere di vista il filo rosso delle opere valliane, perché solo così verrà ricostruita a pieno la personalità dell’autore82. Se da un lato è utile – e doveroso – sottolineare le differenze tra gli scritti dell’umanista, dall’altro è doveroso – e utile – ricordare che si sta parlando pur sempre dello stesso autore. Il rapporto tra le opere filosofiche e le opere filologiche del Valla è una questione delicata e complessa, e non può essere risolta in una semplicistica dicotomia tra Valla filologo e Valla filosofo – anche se un loro confronto diretto aiuterebbe a far luce su molti punti.

Lungi dal voler affrontare il tema in questa sede, osservo soltanto che per valutare adeguatamente il modus philosophandi della Dialectica occorre non isolarlo dal resto della produzione valliana. Qui di seguito darò qualche indicazione, benché senza alcuna pretesa di esaustività83. Lo si è già visto con le fonti della logica laurentiana, ma più in generale va osservato come non si può non tener conto delle caratteristiche tipiche del nostro umanista: conoscenza vasta e approfondita dei testi classici, scrupolosità analitica tipica del filologo,

opere scolastiche che godettero di un’ampia diffusione in Italia. Cf. GARIN, L’età nuova cit., pp. 137-177; ); VASOLI, La dialettica e la retorica dell’Umanesimo cit., pp. 15-27; ID., The Renaissance Concept of Philoso-

phy, in The Cambridge History of Renaissance Philosophy cit. [pp. 57-74], p. 60; FOIS, Il pensiero cristiano di

Lorenzo Valla cit., pp. 12-14; BOITANI, Petrarca e i barbari Britanni cit., pp. 359-365; LAFFRANCHI, Dialettica

e filosofia in Lorenzo Valla cit., pp. 15-22 (sulla ricezione di Aristotele da parte dei primi umanisti). Questo aspetto è molto importante perché mostra come le questioni principali della logica terminista erano tutt’altro che sconosciute ai primi umanisti, benché le recepissero criticamente.

82 Cf. GARIN, Lorenzo Valla e l’Umanesimo cit., pp. 4-5.

83 Sebbene in un contesto diverso dal nostro, la medesima esigenza di una lettura comparata delle

opere del Valla, nel tentativo di non isolarne i molteplici aspetti o, peggio, di anteporli ai testi, è stata esplicitata da Riccardo Fubini. Cf. FUBINI, Lorenzo Valla tra il concilio di Basilea e quello di Firenze, e il processo

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lettore attento e rigoroso84. Non a caso, vedremo come molte delle obiezioni sollevate da Valla prendano spunto da effettive lacune della logica tradizionale (soprattutto latina), e que- sto non sarebbe certo potuto avvenire se non attraverso una lettura meticolosa delle opere.

Verosimilmente, dunque, quelle che appaiono omissioni, sviste o lacune sono il frutto di scelte pienamente consapevoli. Più dei limiti del Valla nel comprendere adeguatamente un problema filosofico o nel contestualizzarlo, o anche di trarre fino in fondo le conseguenze di alcune sue critiche, interviene proprio un modus philosophandi del tutto coerente con le sue strategie argomentative. Questo punto è stato giustamente sottolineato dagli studiosi, ma spesso è servito non già a mostrare i tratti tipici della Dialectica, bensì a giustificare i limiti argomentativi e tematici della repastinatio valliana (vedi Mack e Nauta), o la sua a-sistema- ticità come peculiare modo di fare filosofia85.

Qui invece vorrei sottolineare che i limiti di quest’opera non vanno ascritti alla man- canza di una vis filosofica in Valla, bensì alla natura e alla portata dei suoi scopi. Ad ecce- zione del confronto sistematico con la tradizione medievale, infatti, le obiezioni riportate sopra sembrano non valere per le altre due opere filosofiche dell’umanista, il De vero bono e il De libero arbitrio. La loro struttura dialogica e il loro carattere monotematico, concer- nente oltretutto questioni ampiamente presenti nella cultura umanistica, agevolano in senso positivo la valutazione della vis filosofica valliana86. Non è un caso se l’importante testimo-

84 Sulla scrupolosità del modus operandi valliano cf. M. REGOLIOSI (a c. di), Pubblicare il Valla,

Firenze 2008, pp. 8-19. Si vedano anche le osservazioni della Cesarini Martinelli a proposito dell’apprezza- mento del metodo di Quintiliano da parte del Valla; cf. CESARINI MARTINELLI, Prefazione a VALLA, Post. ad.

Quint., p. XCIV, passim. Cf. inoltre QUINTILIANO, Inst., I, 2, 17, e I, 10, 37.

85 Su Mack e Nauta cf. supra, pp. 29-30. Sia Nancy Struever sia Brian Copenhaver hanno giudicato

positivamente la mancanza di sistematicità della Dialectica in quanto rifletterebbe una forma tipica del filoso- fare, tesa a far dialogare le idee più che i contesti e le ricostruzioni storiche. Cf. N. STRUEVER, Lorenzo Valla's

Grammar of Subject and Object. An Ethical Inquiry, in «I Tatti Studies in the Italian Renaissance», 2 (1987),

pp. 239-267; B. P. COPENHAVER, Valla Our Contemporary. Philosophy and Philology, in «Journal of the Hi- story of Ideas», 66 (2005), pp. 507-525.

86 Su questo tema rimane ancora valido lo studio del Fois, Il pensiero cristiano di Lorenzo Valla cit.,

pp. 95-131. Sul metodo del De vero bono cf. M. DE PANIZZA LORCH, A Defense of Life. Lorenzo Valla’s Theo-

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nianza di Leibniz, secondo cui Valla «n’étoit pas moins Philosophe, qu’Humaniste», si rife- risca a questi due dialoghi87. Viceversa, la Dialectica richiedeva tutt’altro lavoro di prepara- zione: dalla selezione dei testi a quella dei temi, dalla loro disposizione al modus argumen-

tandi, fino, non ultimo, alla conoscenza del greco – elemento sottolineato dallo stesso Valla.

Basti leggere le preziose osservazioni dello Zippel sull’evoluzione dell’opera all’interno delle diverse fasi redazionali88.

Vediamo dunque più da vicino la composizione dell’opera.