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L’influenza delle caratteristiche istituzionali

Capitolo 7: Le caratteristiche aziendali ed istituzionali che influenzano l’uso dei grafici:

7.2. L’influenza delle caratteristiche istituzionali

7.2.2 - Influenza del contesto istituzionale

7.1. L’influenza delle caratteristiche aziendali:

7.1.1 Performance

I sostenitori dell’impression management prevedono l’opportunismo dei redattori del bilancio, i quali utilizzano la discrezionalità loro concessa per dare ai lettori una presentazione dell’informazione più favorevole482. La discrezionalità riguarda anche l’uso dei grafici, che sono

inseriti volontariamente in bilancio. Gran parte delle ricerche sui grafici nei bilanci hanno ipotizzato un utilizzo opportunista degli stessi con l’obiettivo di dare al lettore un’impressione favorevole della dinamica economico-finanziaria in linea con l’impression management483.

Gli studi precedenti sui grafici, in particolare, si sono focalizzati sulla selettività e sulla distorsione484. La selettività indica la tendenza ad incrementare l’uso dei grafici quando il livello/variazione della performance aziendale è positivo e a ridurre tale uso in presenza di performance negative485. La distorsione deriva, invece, dal fatto che le dimensioni del grafico non sono proporzionali ai valori numerici che si stanno rappresentando e danno luogo a sovrastime o a sottostime dei trend486. Mentre la selettività lede la chiarezza nel contenuto del bilancio, dato che limita la comparabilità dei bilanci nel tempo, la distorsione lede la veridicità poiché le misure del grafico non riflettono le variazioni numeriche delle variabili rappresentate. Selettività e distorsione, pertanto, non favoriscono il rispetto della clausola generale del bilancio “true and fair view”487. In questo studio, in primis, si è analizzata l’associazione tra la performance e l’uso dei grafici sugli indicatori critici economico-finanziari488 considerando sia la performance complessiva aziendale, stimata attraverso tre indicatori (ROA, margine operativo netto ed utile per azione489) sia la performance specifica, cioè quella rappresentata graficamente. Contrariamente a quanto svolto in

482 Cfr. Cfr. D. M. Merkl-Davies, N. Brennan, Discretionary disclosure strategies in corporate narratives: Incremental

information or impression management?, cit., p. 116-196.

483

Per una rassegna della letteratura, si veda V.A. Beattie, M. J. Jones, Corporate reporting using graphs: A review and synthesis, cit., pp. 71-110.

484 Ibidem.

485 Cfr. V.A. Beattie, M.J. Jones, Changing graph use in corporate annual reports: A time-series analysis, cit., pp. 213-

226.

486 Cfr. V.A. Beattie, M.J. Jones, Impression management: the case of inter-country financial graphs, cit., pp. 159-83

dove ulteriori riferimenti bibliografici

487 Sul principio della chiarezza e rappresentazione veritiera e corretta, si rimanda a quanto scritto nel paragrafo 1.1. 488

Come scritto nei capitoli precedenti, sono stati individuati sei indicatori critici economico-finanziari: dividendo per azione, reddito netto, reddito pre-imposte, trend di borsa, utile per azione e vendite

489 Come scritto nel paragrafo 3.4, EBIT ed EPS sono state scelte seguendo la letteratura precedente mentre il ROA è

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diversi studi precedenti490, l’associazione tra la performance e l’uso dei grafici è stata analizzata attraverso dei test di regressione che permettono di stimare l’influenza di molteplici variabili sull’uso dei grafici.

Se dai test di associazione emergeva un’associazione positiva tra le performance e l’uso degli specifici grafici sugli indicatori critici economico-finanziari, dai test di regressione tale associazione non si evince. Piuttosto, altre caratteristiche aziendali ed altri effetti istituzionali sembrano influenzare l’uso dei grafici.

Gli unici grafici il cui uso è legato alle performance sono i grafici sull’utile per azione e, considerando la performance rappresentata graficamente, i grafici sulle vendite. L’utile per azione è un indicatore rappresentato graficamente con frequenza in due dei quattro Paesi analizzati: Francia e Regno Unito. Si tratta dell’indicatore su cui gli analisti finanziari si basano per fissare gli obiettivi di redditività attesi delle aziende491. L’associazione tra l’uso dei grafici sull’utile per azione e le performance aziendali potrebbe essere spiegata in questi termini: le aziende con una performance elevata mirano ad inserire più grafici sull’utile per azione per enfatizzare la propria redditività ed apparire più in linea con gli obiettivi attesi dagli stakeholder, a cominciare dagli investitori e dagli analisti finanziari.

Se si escludono i grafici sull’utile per azione, però, i risultati sull’associazione tra le performance e l’uso dei grafici non sono in linea con gli studi precedenti492

. Non emerge, pertanto, un uso selettivo ed opportunista, legato ai livelli della performance, dell’uso dei grafici sugli indicatori critici economico-finanziari. Viceversa, includendo tutti gli indicatori e non solo quelli critici economico- finanziari, si evince che le aziende con un ROA più basso siano maggiormente propense ad inserire i grafici. Quest’ultimo risultato potrebbe essere interpretato in questi termini: le società con un ROA più basso possono adottare una strategia di legittimazione attraverso l’uso dei grafici, con l’obiettivo di apparire conformi alle aspettative esterne.

Varie ragioni potrebbero spiegare l’assenza di un legame significativo tra l’uso dei grafici sugli indicatori critici economico-finanziari ed il livello della performance. Intanto, le aziende analizzate sono le grandi società quotate, i cui bilanci sono soggetti ad un maggiore scrutinio e le cui dinamiche economico-finanziarie sono soggette ad un maggiore interesse degli stakeholder493. Tali società sembrano poco propense a modificare l’uso di grafici nel tempo e più interessate, invece, a mantenere invariato tale uso, facilitando la comparazione dei bilanci di anno in anno.

Inoltre, l’assenza di di un legame significativo tra l’uso dei grafici ed il livello della performance può essere dovuto al fatto che, rappresentando, di norma, dei trend crescenti494, cioè una variazione positiva della performance aziendale, molte aziende non siano tanto interessate a modificare l’utilizzo dei grafici quanto piuttosto ad inserire i grafici ogni anno495

..

490

Quasi tutta l’evidenza empirica sull’uso dei grafici deriva da test di associazione e non da test di regressione. Per una rassegna completa della letteratura, si rimanda a V.A. Beattie, M. J. Jones, Corporate reporting using graphs: A review and synthesis, cit., pp. 71-110. Tra i pochi studi che hanno condotto dei test di regressione, ci sono i seguenti: G. Cassar, Self-serving behaviour and the voluntary disclosure of capital market performance, cit., pp. 126-137; W. N. Dilla, D. J. Janvrin, Voluntary disclosure in annual reports: the association between magnitude and direction of change in corporate financial performance and graph use, cit., pp. 269-271; C. H. Cho, G. Michelon, D. M. Patten, Enhancement and obfuscation through the use of graphs in sustainability reports: An international comparison, cit., pp.74 – 88; C.H. Cho, G. Michelon, D.M. Patten, Impression Management in Sustainability Reports: An Empirical Investigation of the Use of Graphs, cit., p. 31. Gi ultimi due studi, tuttavia, si focalizzano sui bilanci di sostenibilità.

491 Si veda, in proposito, il contributo di M. Washburn, P. Bromiley, Managers and analysts: An examination of mutual

influence, Academy of Management Journal, in corso di pubblicazione, 2013, pp. 1-50.

492 Per una rassegna della letteratura sull’utilizzo selettivo dei grafici in linea con le teorie di impression management, si

rimanda a quanto scritto nel capitolo 2.

493 Cfr. W. Aerts, Picking up the pieces: impression management in the retrospective attributional framing of

accounting outcomes, cit., pp. 493–517 dove ulteriori riferimenti bibliografici.

494 È emerso che circa il 70% dei grafici rappresentino dei trend favorevoli crescenti. Si veda, in proposito, la tabella 4.7

contenuta nel paragrafo 4.5.

495 Uno studio precedente ha considerato “selettivo” il comportamento delle aziende volto a rappresentare graficamente

dei trend favorevoli in misura significativamente maggiore ai trend sfavorevoli. Lo studio in questione è il seguente: C. H. Cho, G. Michelon, D. M. Patten, Enhancement and obfuscation through the use of graphs in sustainability reports:

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Le pratiche di impression management potrebbero, inoltre, essere divenute più sofisticate. Ad esempio, le aziende possono enfatizzare i propri risultati rispetto a quelli dei concorrenti, inserendo nei grafici delle comparazioni ad esse favorevoli496.

Infine, l’impression management potrebbe non emergere perché si considerano i grafici all’interno dei bilanci, che sono documenti sottoposti al controllo contabile delle società di revisione. Viceversa, pratiche di impression management potrebbero essere più diffuse in documenti non soggetti alla revisione, come le presentazioni agli analisti o i siti web aziendali497.

Dunque, la selettività sembrerebbe poco diffusa. Anche la variazione nel numero di grafici totali sugli indicatori critici economico-finanziari non sembrerebbe dipendere dalla variazione della performance, contrariamente a quanto evidenziato in altri lavori498.

Nel presente lavoro, si è verificato anche se le pratiche di impression management aumentassero durante la crisi, con l’obiettivo di nascondere i trend negativi del periodo. I risultati, ancora una volta, non sembrano in linea con l’impression management: la selettività non sembra emergere né prima né durante la crisi. Le uniche due eccezioni sono rappresentate dai grafici sull’utile per azione e sulle vendite, il cui uso è legato al livello della performance nel solo periodo della crisi (anni 2008 e 2009). Si ricordi che tali pratiche, qualora siano comprese da un lettore attento, potrebbero ledere la reputazione aziendale e dare luogo a dei giudizi negativi sulla trasparenza dell’informazione contabile resa pubblica attraverso il bilancio499.

Oltre all’aumento della selettività, si era ipotizzata, durante la crisi economico-finanziaria, la sostituzione dei grafici di natura economico-finanziaria con quelli di natura non economico- finanziaria, con l’obiettivo di spostare l’attenzione dei lettori dei bilanci dalla dinamica economico- finanziaria, che potrebbe evidenziare dei trend negativi durante la crisi, ad altri aspetti500.

Tale sostituzione, però, non è emersa. Durante la crisi, infatti, sono aumentati sia i grafici di natura non economico-finanziaria sia quelli di natura economico-finanziaria. L’aumento di entrambi, peraltro, dal periodo pre-crisi al periodo della crisi, non è statisticamente significativo. Futuri studi possono indagare se, durante la crisi, le aziende abbiano modificato altri aspetti legati, ad esempio, al design del grafico (colori, sfondi, dimensioni) con l’obiettivo di sviare o attirare l’attenzione del lettore del bilancio su taluni risultati aziendali. L’effetto sostituzione, inoltre, potrebbe emergere in altre forme di comunicazione volontaria, come le descrizioni sui risultati aziendali elaborate dal management nella relazione sulla gestione.

Oltre ad analizzare la selettività in termini di uso dei grafici, l’analisi ha riguardato anche la selettività nella localizzazione dei grafici all’interno del bilancio. La localizzazione del grafico ha una sua rilevanza, in quanto emerso studi precedenti hanno evidenziato che i lettori del bilancio dedichino un tempo limitato alla lettura dell’informazione contabile501. Si è ipotizzato, in particolare, che i grafici fossero maggiormente inseriti in posizione strategica all’interno del bilancio in presenza di livelli della performance più elevati. Ancora una volta, però, i risultati non sono in linea con l’impression management. Infatti, le aziende non inseriscono più grafici in posizione strategica in presenza di livelli di performance più elevati. La scelta di localizzare i grafici

An international comparison, cit., p.81. Tuttavia, a parere di chi scrive, per capire se il comportamento sia selettivo è necessario analizzare l’associazione tra l’uso dei grafici ed il trend della performance.

496 Cfr. G. Cassar, Self-serving behaviour and the voluntary disclosure of capital market performance, cit., pp. 126-137. 497

Cfr. S. Y. Huang, S. M. Huang, T. H. Wu, T. Y. Hsieh, The data quality evaluation of graph information, Journal of Computer Information Systems, 51(4), 2011, pp. 81-91.

498 Per una rassegna della letteratura, si vedano V. A. Beattie, M.J. Jones, Corporate reporting using graphs: A review

and synthesis, cit., pp.71-110; J.M. Penrose, Annual report graphic use: a review of the literature, Journal of Business Communication, 45 (2), 2008, pp. 158-180.

499 Cfr. J. Barton, M. Mercer, To blame or not to blame: Analysts’ reactions to external explanations for poor financial

performance, cit., pp. 509-533; D. M. Merkl-Davies, N. Brennan, Discretionary disclosure strategies in corporate narratives: Incremental information or impression management?, cit., pp. 116-196.

500

Cfr. M. K. Muheki, K.Lueg, R. Lueg, C. Schmaltz, How business reporting changed during the financial crisis: a comparative case study of two large US banks, cit., p. 192.

501 Cfr. V.A. Beattie, M. J. Jones, A six-country comparison of the use of graphs in annual reports, cit., p. 211, dove

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in posizione strategica sembra dipendere, piuttosto, dal contesto istituzionale e dalla presenza del consulente di comunicazione.

Oltre alla selettività, il presente studio ha analizzato la distorsione dei grafici con l’obiettivo di verificare se la distorsione favorevole prevalesse rispetto a quella sfavorevole, in linea con l’impression management. Studi precedenti hanno evidenziato che le aziende mirano, attraverso la distorsione, a dare una rappresentazione favorevole, sovrastimando un trend in aumento o sottostimando un trend in diminuzione502. La presente ricerca evidenzia una prevalenza significativa della distorsione favorevole, dovuta per lo più ad una sovrastima di trend in aumento.

Il seguente grafico evidenzia un caso di distorsione favorevole, con una sovrastima di un trend in aumento. Il grafico a sinistra rappresenta il grafico distorto; quello a destra lo stesso grafico ma riprodotto da chi scrive seguendo i corretti standard, tenuto conto dei valori numerici rappresentati. Figura 7.1. Un esempio di un grafico distorto, contenuto in un bilancio, e dello stesso grafico, riprodotto da chi scrive in modo non distorto.

Grafico distorto Grafico corretto

Il grafico a sinistra rappresenta il grafico distorto, contenuto in bilancio; quello a destra lo stesso grafico ma riprodotto seguendo i corretti standard. Dall’esempio si evince che il grafico sulla sinistra sovrastimi la crescita dell’utile dal 2004 al 2008 e, nello specifico, il confronto tra il 2004 ed il 2008. La distorsione del grafico a sinistra, misurata attraverso l’indice di discrepanza relativo, è pari al +243%.

Fonte: Annual report 2008 Landsecurities Plc, pagina 6.

Se si compara il periodo “pre-crisi” con quello della “crisi”, si evince che la prevalenza della distorsione favorevole è maggiore nel periodo pre-crisi mentre durante la crisi le aziende sembrerebbero attenuare la distorsione dei grafici503. Tale risultato potrebbe essere dovuto all’aumento dell’attenzione sulla rendicontazione delle aziende504

ma anche alla maggiore capacità dei redattori del bilancio di disegnare un grafico seguendo i corretti standard. Inoltre, è emerso che

502

Si veda, sulla distorsione dei grafici spiegabile dalle teorie di impression management, i contributi di V.A. Beattie, M.J. Jones, The Use and Abuse of Graphs in Annual Reports: Theoretical Framework and Empirical Study, cit., pp. 291–303; P. Mather, A. Ramsay, A. Serry, The Use and Representational Faithfulness of Graphs in Annual Reports: Australian Evidence, cit., p. 56-63; V. A. Beattie, M. J. Jones, Australian Financial Graphs: An Empirical Study, cit., p. 60; V.A. Beattie, M.J. Jones, Impression management: the case of inter-country financial graphs, cit., pp. 159-183.

503 L’attenuazione della distorsione riguarda sia la percentuale di grafici distorti favorevolmente sia i valori mediani

dell’indice di distorsione.

504 Cfr. W. A. Van der Stede, Management accounting research in the wake of the crisis: some reflections, cit., 606.

301.9 361.8 391.3 392.2 379.1 0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 Revenue Profit (£m) 04 05 06 07 08

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la prevalenza di grafici con distorsioni favorevoli sia maggiore quando il grafico è meno accurato, cioè quando non contiene all’interno i valori numerici associati al primo ed ultimo anno. Uno studio di Bannister e Newman aveva evidenziato, in linea con il presente risultato, che le aziende che non inserivano i valori numerici all’interno dei grafici fossero anche quelle con un maggiore intento opportunista finalizzato a non fare cogliere al lettore una performance relativa in calo505.

Infine, le distorsioni favorevoli sembrano prevalere rispetto a quelle sfavorevoli nei bilanci britannici e tedeschi. Si tratta dei bilanci con il maggiore utilizzo di grafici e, pertanto, le aziende che inseriscono più grafici sembrano anche essere quelle più propense a distorcerli favorevolmente. Il risultato ottenuto con riferimento alla distorsione dei grafici non è privo di implicazioni. La distorsione favorevole di un grafico sembrerebbe, infatti, influenzare, nel breve termine, le stime degli analisti sul costo del capitale506. Pertanto, essa può avere delle ripercussioni negative sulle decisioni prese da alcuni stakeholder aziendali.

Un esperimento ha evidenziato, inoltre, che la distorsione dei grafici dia luogo a dei giudizi fuorvianti da parte dei lettori e, quando fa apparire un trend “negativo” come “positivo”, influenzi le decisioni dei lettori anche dopo un certo periodo507.

7.1.2 - Analisti finanziari

Tra le caratteristiche aziendali che potrebbero influenzare l’uso dei grafici, si è considerato anche il numero degli analisti finanziari. Gli analisti finanziari elaborano dei report sulla redditività attesa delle aziende ed individuano dei target attesi508, tenuto conto dell’andamento prospettico. Studi precedenti hanno evidenziato come gli analisti finanziari prestino importanza non solo alle informazioni obbligatorie contenute nei prospetti contabili ma anche a quelle volontarie inserite nella relazione sulla gestione509. È in questa parte del bilancio dove sono inseriti, di norma, i grafici. Si è supposto che la presenza degli analisti sia di impulso alle aziende ad incrementare la quantità della disclosure volontaria, attraverso l’uso dei grafici. In linea con le ipotesi, è emerso che il numero degli analisti finanziari incida positivamente sull’uso dei grafici sugli indicatori critici economico-finanziari, controllando anche per altre variabili, come la dimensione.

Si è, inoltre, cercato di comprendere se la selettività e la distorsione nell’uso dei grafici dipendessero dal numero degli analisti finanziari.

Da un lato, ci si attende che, in presenza di un numero elevato di analisti finanziari, le aziende aumentino le pratiche di impression management per apparire più profittevoli ed essere in linea con i target attesi510.

D’altro lato, però, la presenza di analisti finanziari potrebbe porre un freno alle pratiche di impression management, che potrebbero essere considerate poco plausibili e giudicate negativamente dagli analisti511. Essendo, infatti, gli analisti dei lettori con più sofisticate competenze contabili512, essi dovrebbero cogliere le pratiche di impression management non

505 A differenza del presente studio, quello di Bannister e Newman si focalizza solo su un tipo di grafico, quello sul

valore totale azionario creato, inserito obbligatoriamente negli Stati Uniti. Si veda J.W. Bannister, H.A. Newman, Disclosure biases in proxy performance graphs: The influence of performance and compensation committee composition, Review of Accounting and Finance, 5 (1), 2006, p. 40.

506 Cfr. F. Muino, M. Trombetta, Does graph disclosure bias reduce the cost of equity capital?, cit., pp. 83-102.

507 Cfr. R. Pennington, B. Tuttle, Managing impressions using distorted graphs of income and earnings per share: The

role of memory, International Journal of Accounting Information Systems, 10(1), 2009, pp. 40-42.

508 Cfr. Lang M., Lundholm R., Corporate disclosure policy and analyst behavior, cit., p. 467.

509 Cfr. Breton G., Taffler R. J., Accounting information and analyst stock recommendation decisions: a content

analysis approach, Accounting and business research, 31(2), 2001, pp. 91-101; E. Garcia-Meca, I. Martínez, The use of intellectual capital information in investment decisions: an empirical study using analyst reports, The International Journal of Accounting, 42(1), 2007, pp. 57-81.

510 Cfr. F. Degeorge, Y. Ding, T. Jeanjean, H. Stolowy, Analyst coverage, earnings management and financial

development: An international study, cit., p. 2.

511

Cfr. J. Barton, M. Mercer, To blame or not to blame: Analysts’ reactions to external explanations for poor financial performance, cit., pp. 509-533.

512 Cfr. W. B. Elliott, Are investors influenced by pro forma emphasis and reconciliations in earnings announcements?,

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considerarle oppure considerarle negativamente nei loro report513. Alla luce di queste considerazioni, si era ipotizzata una riduzione di comportamenti in linea con l’impression management da parte delle aziende seguite da un numero elevato di analisti finanziari.

Contrariamente a quanto ipotizzato, è emerso che il numero degli analisti finanziari incrementi la selettività nell’uso dei grafici. Le aziende sembrano maggiormente propense a usare selettivamente i grafici quando seguite da un numero elevato di analisti. La crescita nella domanda di informazioni, stimata attraverso il numero degli analisti514, sembra spingere le aziende ad enfatizzare, attraverso i grafici, le proprie performance positive.

La maggiore selettività registrata in presenza di “molti” analisti riguarda, in particolare, i seguenti indicatori: dividendo per azione, trend di borsa ed utile per azione.

Mentre il numero degli analisti sembra incrementare la selettività, non sembra incidere significativamente sulla distorsione favorevole. Sia le aziende seguite da “pochi” sia quelle seguite da “molti” analisti, infatti, distorcono i grafici con l’obiettivo di dare una rappresentazione favorevole al lettore del bilancio515.

7.2. L’influenza delle caratteristiche istituzionali

7.2.1 - Tendenza allo status quo

I processi decisionali possono essere influenzati non solo dalla propensione al cambiamento ma anche dalla tendenza a mantenere lo status quo, cioè a replicare i comportamenti passati516. Lo status quo è emerso, ad esempio, nel contenuto dei bilanci di sostenibilità517. Anche gli strumenti di programmazione e controllo aziendali possono essere applicati in quanto “routine”, cioè come delle procedure/ prassi abitualmente seguite e tendenzialmente stabili518. Precedenti studi, ad eccezione di quello di Dilla e Janvrin del 2010, non avevano supposto l’esistenza di status quo nell’uso di tali strumenti ma avevano ipotizzato un utilizzo variabile degli stessi, in linea con i trend della