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Rassegna della letteratura sui grafici nei bilanci – Distorsione

Capitolo 2: Rassegna della letteratura sull’uso dei grafici nei bilanci ed ipotesi

2.5. Rassegna della letteratura sui grafici nei bilanci – Distorsione

Il principio fondamentale nel creare un grafico è che le misure rappresentate siano proporzionali e corrispondenti ai sottostanti valori numerici258. Qualora questo principio non sia rispettato, si scrive di distorsione nella misurazione (“measurement distortion”)259

. La distorsione è, di norma, causata dalla dimensione grafica differente rispetto ai valori numerici rappresentati, pur in presenza di un grafico corretto secondo i principali standard. Potrebbe, però, essere dovuta anche al fatto che ascisse ed ordinate non convergano nel punto 0, come correttamente dovrebbe accadere, alla presenza di scale non aritmetiche e/o con intervalli numerici non continui260. Per calcolare questa distorsione, si era soliti utilizzare un indice, proposto da Taylor ed Andersen e corrispondente ad una variazione di quello elaborato da Tufte261. L’indice di distorsione del grafico, (in inglese GDI)262, è dato dalla differenza percentuale tra la variazione dell’altezza delle righe/colonne del grafico e la variazione dei dati numerici.

In base ai livelli dell’indice GDI, la distorsione di un grafico viene considerata rilevante o non rilevante. Tradizionalmente, per la separazione tra una distorsione rilevante e non, si considerava un indice GDI del +/- 5%263. Così, solo i grafici con indici di discrepanza superiori al 5% davano luogo ad una distorsione rilevante. Con un recente esperimento, Beattie e Jones hanno evidenziato, però, che il lettore di un grafico sia influenzato solo da grafici distorti con un indice GDI superiore al 10% e suggeriscono di considerare questo livello come soglia minima264.

Il limite di tale indice di distorsione è che esso assume valori assoluti elevati, in presenza di lievi differenze tra il primo anno e gli anni seguenti oppure in presenza di valori molto piccoli nel primo anno rispetto a quelli seguenti265. Inoltre, l’indice, per come costruito, assume valori indefiniti

256 Cfr. C. H. Cho, G. Michelon, D. M. Patten, Enhancement and obfuscation through the use of graphs in sustainability

reports: An international comparison, cit., pp.74 – 88.

257 Cfr. P. Mather, A. Ramsay, A. Steen, The use and representational faithfulness of graphs in Australian IPO

prospectuses, op.cit., p. 71; V.A. Beattie, M.J. Jones, A. Dhanani, Investigating presentational change in UK annual reports: A longitudinal study, cit., pp. 181-222.

258 Cfr. Tufte, E. R., The visual display of quantitative information, cit., p. 56.

259 Cfr. V.A. Beattie, M.J. Jones, The Use and Abuse of Graphs in Annual Reports: Theoretical Framework and

Empirical Study, op. cit., p. 293.

260 Cfr. J. R. Johnson, R. R. Rice, R. A. Roemmich, Pictures that Lie: The Abuse of Graphs in Annual Reports, cit., p.

52 e ss.

261 Si veda, con riferimento al primo indice, E. R. Tufte, The visual display of quantitative information, cit., p. 57 e, con

riferimento alla variazione di questo indice, B.G. Taylor, L.K. Anderson, Misleading graphs: guidelines for the accountant, Journal of Accountancy, 1986, pp. 126-35.

262 GDI è l’acronimo di Graph Discrepancy Index, indice di discrepanza del grafico.

263 Cfr. E. R. Tufte, The visual display of quantitative information, cit.; V.A. Beattie, M.J. Jones, The Use and Abuse of

Graphs in Annual Reports: Theoretical Framework and Empirical Study, op. cit., p. 298; J.K. Courtis, Corporate Annual Report Graphical Communication in Hong Kong: Effective or Misleading?, cit., p. 278; P. Mather, A. Ramsay, A. Steen, The use and representational faithfulness of graphs in Australian IPO prospectuses, op.cit., p. 79.

264 L’esperimento in questione è il seguente: V.A. Beattie, M.J. Jones, Measurement distortion of graphs in corporate

reports: An experimental study, cit., p. 561.

Anche Steinbart, invece, considerava come soglia minima per una distorsione rilevante quella del +100% con riferimento alla sovrastima o sottostima di un trend in aumento e quella del +30% con riferimento alla sottostima di un trend in diminuzione. Tuttavia, a mio avviso, mancava un criterio oggettivo per giustificare questa scelta. Cfr. P. J. Steinbart, The Auditor’s Responsibility for the Accuracy of Graphs in Annual Reports: Some Evidence of the Need for Additional Guidance, cit., p. 66.

265 Alcuni autori escludono alcuni casi limite ai fini dell’analisi. Cfr. V. A. Beattie, M.J. Jones, A Comparative Study of

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quando non vi sono variazioni nei dati ed assume sempre il valore del -100% quando la variazione in cm rappresentata graficamente è pari a 0, a prescindere dalla variazione nei dati. Tenuto conto di tali limiti, è stata costruita una variante a tale indice, l’indice di discrepanza relativo (RGD)266. Esso è pari alla differenza percentuale tra l’altezza dell’ultima colonna di un istogramma (in cm) del grafico “distorto” e quella dello stesso istogramma, qualora lo stesso grafico fosse corretto.

I parametri utilizzati per il calcolo di questo indice sono i seguenti: d1 = misura del primo anno (dato effettivo);

d2 = misura dell’ultimo anno (dato effettivo); g1 = altezza della prima colonna (grafico): g2 = altezza dell’ultima colonna (grafico);

g3 = altezza corretta dell’ultima colonna (grafico) pari a: g3 = g1*d2/ d1

La formula finale dell’indice di discrepanza relativo è la seguente: RGD = (g2 – g3)

g3

Ad esempio, si consideri la figura successiva, in cui il grafico sulla sinistra è distorto. Si ha che: d1 = 9060

d2 = 16280 g1 = 1,4 cm g2 = 4,8 cm

g3 = 1,4*16280/9060 = 2,52 cm

L’indice relativo sarà pari a [(4,8-2,52)/2,52]% ossia pari a +90,80%.

Figura 2.2: Un esempio di grafico distorto e della modalità di misurazione della distorsione attraverso l’indice di discrepanza relativo (RGD).

GRAFICO DISTORTO GRAFICO CORRETTO

Il grafico sulla sinistra è il grafico distorto, tratto da un bilancio di un’azienda del campione. Il grafico sulla destra è lo stesso grafico, perché rappresenta lo stesso trend, ma riprodotto, da chi scrive, correttamente, seguendo i corretti standard di design.

266 RGD è l’acronimo di Relative Discrepancy Index, indice di discrepanza relativo. L’indice è stato proposto da P.

Mather, D. Mather e Ramsay. Si veda: D. Mather, P. Mather, A. Ramsay, An investigation into the measurement of graph distortion in financial reports, Accounting and Business Research, 35 (2), 2005, pp.147–159.

9060 9224 11314 13908 16280 0 2000 4000 6000 8000 10000 12000 14000 16000 18000 2002 2003 2004 2005 2006

45 Dalle due figure, si evince che il grafico a sinistra, quello “distorto”, sovrastima il trend in aumento, rappresentando una variazione in aumento più ampia di quella effettiva. In particolar modo, il grafico distorto rende più marcata la divergenza tra il primo (2002) e l’ultimo anno rappresentato (2006).

Fonte: Annual Report 2006 di Bouygues S.A., pagina 9.

L’indice di discrepanza relativo assume valori pari a 0 quando il grafico rappresenta correttamente il trend. Assume, invece, valori maggiori di 0 in presenza di una distorsione favorevole e valori minori di 0 in presenza di una distorsione sfavorevole. La distorsione favorevole può essere conseguenza di una sovrastima di un trend in aumento o di una sottostima di un trend in diminuzione. La distorsione sfavorevole, invece, è espressa da una sottostima di un trend in aumento o da una sovrastima di un trend in diminuzione.

Secondo gli autori che hanno proposto l’indice relativo, esso risulterebbe meno volatile rispetto a quello tradizionale in quanto distorsioni simili visivamente darebbero sempre luogo a valori simili dell’indice. Inoltre, l’indice di discrepanza relativo supera i limiti descritti sopra dell’indice GDI, limiti derivanti dalla presenza di valori indefiniti o di valori eccessivamente alti, in presenza di lievi differenze267.

2.5.2. Evidenze empiriche sulla distorsione

Vari studi hanno evidenziato che i grafici utilizzati nei bilanci siano distorti, con determinati obiettivi268. La distorsione di un grafico potrebbe essere dovuta ad errori od incapacità del redattore oppure ad una volontà di enfatizzare o nascondere taluni trend. Alcuni studi si sono focalizzati proprio sull’associazione esistente tra la distorsione dei grafici ed il trend della performance d’impresa. Secondo le teorie dell’impression management, la distorsione dei grafici favorevole per l’impresa prevarrebbe rispetto a quella sfavorevole269

.

Steinbart è stato il primo ad evidenziare la presenza di distorsione che, tuttavia, dava più spesso un’impressione sfavorevole rispetto ad una favorevole e, pertanto, non poteva essere spiegata come pratica tesa a dare un’impressione favorevole della realtà aziendale270

.

Altri studi, però, in seguito, hanno evidenziato come la distorsione sembrerebbe proprio finalizzata a migliorare l’impressione del lettore sulla performance societaria. Ad esempio, Beattie e Jones, in una ricerca del 1992, hanno evidenziato che il 30% dei grafici sia significativamente distorto, con un valore medio dell’indice di distorsione pari, all’incirca, al +10%, e che la distorsione miri a sovrastimare più che a sottostimare un trend in aumento271. A risultati simili sono giunti gli stessi

267 Cfr. D. Mather, P. Mather, A. Ramsay, ibidem. In questa ricerca, gli autori hanno riscontrato che l’utilizzo del

tradizionale indice di discrepanza (GDI) avrebbe dato origine a 18 casi anomali su 128 grafici distorti.

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Mentre gli studi iniziali utilizzavano, come misura di distorsione, l’indice GDI, gli studi più recenti utilizzano l’indice di discrepanza relativa RGD, proposto, come scritto, da Mather ed altri autori. Cfr. E. R. Tufte, The visual display of quantitative information, cit., p. 57 ; B.G. Taylor, L.K. Anderson, Misleading graphs: guidelines for the accountant, cit., pp. 126-35; D. Mather, P. Mather, A. Ramsay, An investigation into the measurement of graph distortion in financial reports, cit., pp.147–159; F. Muino, M. Trombetta, Does graph disclosure bias reduce the cost of equity capital?, cit., p. 86; C. H. Cho, G. Michelon, D. M. Patten, Enhancement and obfuscation through the use of graphs in sustainability reports: An international comparison, cit., pp.85-86.

269 Cfr. V.A. Beattie, M.J. Jones, Corporate reporting using graphs: A review and synthesis, cit., p. 84. 270

Cfr. P. J. Steinbart, The Auditor’s Responsibility for the Accuracy of Graphs in Annual Reports: Some Evidence of the Need for Additional Guidance, cit., p. 69. La distorsione superiore al 10% riguardava il 26% dei grafici. Steinbart suggeriva, inoltre, criteri costanti per separare, nella classificazione, una distorsione rilevante rispetto ad una poco rilevante, con lo scopo di facilitare anche il ruolo del revisore nel giudicare l’attendibilità dei grafici.

271

Cfr. V.A. Beattie, M.J. Jones, The Use and Abuse of Graphs in Annual Reports: Theoretical Framework and Empirical Study, op. cit., pp. 291-303. Nello studio del 1992, Beattie e Jones considerano i grafici il cui indice di distorsione è superiore al 5% distorti in maniera rilevante, mentre i grafici il cui indice di distorsione è inferiore al 5% distorti in maniera non rilevante.

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due autori, comparando le pratiche di Stati Uniti e Regno Unito272 ed in un altro studio con focus sulla realtà australiana273.

Inoltre, Mather, Ramsay e Serry, in uno studio sui bilanci di aziende australiane con fine di lucro e no profit, hanno evidenziato, con riferimento alle società con fine di lucro, una distorsione nel 30% dei grafici e, con riferimento agli enti no profit, nel 51%274.

Infine, Mather, Ramsay e Steen, con focus sui comunicati IPO di società australiane, hanno evidenziato che la distorsione dei grafici non riguardi solo gli indicatori critici economico-finanziari “tradizionali”275

ma, ancora di più, altre variabili, come ad esempio le attività, i fondi, i costi, i prezzi di mercato276. Dunque, la strategia della società di dare un’impressione favorevole attraverso la distorsione dei grafici sembrerebbe riguardare anche tematiche non strettamente attinenti il reddito e le vendite. Rispetto ai bilanci, inoltre, questi comunicati contenevano una maggiore frequenza di grafici distorti.

La distorsione dei grafici dei bilanci sembrerebbe essere più accentuata nei Paesi più orientati al mercato, come gli Stati Uniti, rispetto a quelli dell’Europa continentale, come la Germania277

. La distorsione, inoltre, sembrerebbe mirare a dare un’immagine favorevole dell’impresa anche per quanto concerne gli aspetti socio-ambientali278.