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Rassegna della letteratura sui grafici nei bilanci Selettività

Capitolo 2: Rassegna della letteratura sull’uso dei grafici nei bilanci ed ipotesi

2.4. Rassegna della letteratura sui grafici nei bilanci Selettività

L’evidenza empirica ha evidenziato come le aziende siano solite essere selettive nell’uso dei grafici in quanto tendono ad inserire i grafici ed a scegliere le variabili da rappresentare graficamente con l’obiettivo di dare un’immagine favorevole della loro performance. La selettività nell’uso dei grafici sembrerebbe, inoltre, aumentare al crescere di politiche di bilancio “favorevoli” per la società245

. La figura successiva contiene un esempio di selettività. L’azienda ha usato i grafici, nella pagina “highlights” con una sintesi dei principali risultati, nel 2007-2008 mentre li ha eliminati, nella stessa sezione del bilancio, nel 2008-2009.

Figura 2.1.: Un esempio di selettività nell’uso dei grafici

Bilancio (annual report) 2007-2008 Bilancio (annual report) 2008-2009

Dalla figura 2.1 emerge, considerando la stessa parte del bilancio (pagina con la sintesi dei principali risultati), il venir meno dei grafici dal 2008 al 2009. La struttura grafica del bilancio si presenta, pertanto, poco comparabile nel tempo.

Fonte: Yell Group Plc. Annual report 2007-2008, pagina 1; Annual report 2008-2009, pagina 1.

Sull’uso selettivo dei grafici, ad esempio, Steinbart, in una ricerca del 1989, ha evidenziato che il 74% delle società statunitensi inserisca grafici su vendite, redditi e dividendi nell’anno in cui il reddito netto è aumentato mentre solo il 53% di esse lo faccia nell’anno in cui il reddito netto si è ridotto246. Anche un altro studio di Beattie e Jones del 1992, già citato, ha fatto emergere, in Regno

244 Si vedano F. Muino, M. Trombetta, Does graph disclosure bias reduce the cost of equity capital?, cit., pp. 83-102. 245

Cfr. J. Godfrey, P. Mather, A. Ramsay, Earnings and impression management in financial reports: the case of CEO changes, cit., p. 120.

246 Si veda P. J. Steinbart, The Auditor’s Responsibility for the Accuracy of Graphs in Annual Reports: Some Evidence

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Unito, un’associazione positiva tra la presenza dei grafici e le performance aziendali247

. Più precisamente, tra le società presenti nel campione il cui utile per azione è cresciuto rispetto all’anno precedente, il 73% ha incluso almeno un grafico sugli indicatori critici economico-finanziari248 mentre, tra le società il cui utile per azione è diminuito rispetto all’anno precedente, solo il 41% lo ha fatto. La ricerca si è concentrata, inoltre, sull’associazione tra la presenza di un grafico su un certo indicatore critico economico-finanziario ed il trend annuale di questo indicatore ed è emersa un’associazione positiva, con l’eccezione della variabile “vendite”249

.

Un’altra ricerca condotta dai medesimi due autori nel 2000 ha mostrato una tendenza delle società ad utilizzare un maggior numero di grafici su indicatori critici economico-finanziari al crescere della performance a livello aggregato e viceversa250. L’associazione tra livello aggregato dell’indicatore e numero dei grafici su quell’indicatore ha riguardato, però, solo due dei quattro indicatori critici economico-finanziari: il reddito pre-imposte e l’utile per azione, mentre non ha riguardato le vendite ed il dividendo per azione. Gli stessi autori hanno evidenziato, inoltre, un’associazione positiva tra la decisione di inserire od eliminare un grafico su un indicatore critico economico-finanziario da un anno ad un altro ed il trend in aumento od in diminuzione della performance complessiva251.

Cassar si è focalizzato, invece, sui grafici sulla performance di borsa delle aziende australiane evidenziando una relazione positiva tra la presenza dei grafici sul prezzo di borsa e la performance azionaria ed anche una comparazione tra la performance borsistica del settore e quella dell’azienda generalmente favorevole a quest’ultima con l’obiettivo di enfatizzare un migliore risultato rispetto al mercato od al settore252. Lo studio di Cassar ha evidenziato, inoltre, che la selettività nei grafici inseriti volontariamente in Australia sia maggiore rispetto a quella evidenziata in un altro studio sui grafici sulla performance borsistica richiesti obbligatoriamente dalla SEC alle aziende statunitensi, a conferma del fatto che i manager approfittino della maggiore discrezionalità concessa253.

Sempre Beattie e Jones, insieme a Dhanani, comparando l’utilizzo dei grafici nei bilanci dell’anno 1989 con quello nei bilanci del 2003-2004, hanno evidenziato selettività nell’inserimento dei grafici ma in misura ridotta al 1989254.

Anche un altro studio condotto da Mather, Ramsay e Steen in Australia ha evidenziato selettività nel ricorso ai grafici, dato che le società con un trend dell’utile positivo tendono ad inserire più grafici sugli indicatori critici economico-finanziari rispetto a quelle con un trend del profitto negativo. Lo studio è stato condotto con focus non sui bilanci ma sui prospetti informativi relativi all’offerta pubblica iniziale di vendita delle azioni. I tre autori hanno, inoltre, evidenziato una riduzione della selettività dopo il 1991, anno di modifica di una legge (Corporations Law) che ha introdotto, con riferimento a questi prospetti informativi, maggiori sanzioni in presenza di informazioni false e/o distorte255. La selettività sembrerebbe diffusa anche nei bilanci di

247 Lo studio è quello di V.A. Beattie, M.J. Jones, The Use and Abuse of Graphs in Annual Reports: Theoretical

Framework and Empirical Study, cit., pp. 291-303.

248 In questo studio, come già scritto, gli indicatori critici economico-finanziari sono la variabile vendite, il reddito,

l’utile per azione ed il dividendo per azione.

249 In questo studio, il confronto veniva fatto anche tra la presenza del grafico su un certo indicatore critico economico-

finanziario ed il trend di quest’ indicatore in cinque anni ed emergeva un’associazione positiva, ma meno significativa.

250 Lo studio in questione è il seguente: V.A. Beattie, M.J. Jones, Changing graph use in corporate annual reports: A

time-series analysis, cit., 220. Gli indicatori critici economico-finanziari su cui si fa riferimento per la scelta dei grafici sono le vendite, il reddito pre imposte, l’utile per azione ed il dividendo per azione.

251

Si veda V.A. Beattie, M.J. Jones, Changing graph use in corporate annual reports: A time-series analysis, cit., 222.

252 Cfr. G. Cassar, Self-serving behaviour and the voluntary disclosure of capital market performance, cit., pp. 135-136. 253 Ibidem, dove ulteriori riferimenti bibliografici.

254 Il confronto con il 1989 è stato fatto considerando i tradizionali indicatori critici economico-finanziari: reddito,

fatturato, utile per azione e dividendo per azione. Lo studio in questione è quello di V.A. Beattie, M.J. Jones, A. Dhanani, Investigating presentational change in UK annual reports: A longitudinal study, cit., pp. 181-222.

255 Si veda P. Mather, A. Ramsay, A. Steen, The use and representational faithfulness of graphs in Australian IPO

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sostenibilità, dato che la presenza di grafici con trend favorevoli è maggiore rispetto a quella con trend sfavorevoli256.

In conclusione, l’evidenza empirica è a favore della selettività anche se, negli ultimi anni, la tendenza a variare il contenuto ed il numero dei grafici sembra essersi ridotta257.

2.5. Rassegna della letteratura sui grafici nei bilanci – Distorsione