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47 niera obbligatoria nelle scuole ed è la prima lingua straniera studiata a scuola a partire dalla scuola primaria, grazie alla legge Moratti del 2003. Come riportato nella relazione di sintesi dell’indagine conoscitiva Ef Epi in- dice di conoscenza dell'inglese 201530, il dibattito sull’insegnamento dell’inglese nella scuola pubblica non riguarda più inglese si inglese no, ma quale inglese insegnare, come valutarlo e quanta formazione linguistica sia necessario impartire. Dal rapporto EF Epi del 2015 si apprende che l’Italia risulta essere 28esima, su 70 paesi partecipanti e che le competenze in lin- gua inglese sono particolarmente in crescita tra gli adulti italiani con età in-
feriore a 30 anni.
"La padronanza dell’inglese tra gli adulti – hanno concluso gli autori del rapporto - è determinata per lo più dai sistemi scolastici pubblici, non sem- pre noti per la loro agilità. Questi fattori di inerzia e stasi non sono, tuttavia, necessariamente negativi. Essi sono, infatti, presenti anche in parti del mondo caratterizzate da un’elevata padronanza dell’inglese tra gli adulti".
1.2.6 L’insegnamento dell’inglese nelle scuole italiane
30English Proficiency Index, indagine internazionale elaborate da EF, è il più ampio rapporto inter-
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48 L’insegnamento dell’inglese nelle scuole italiane di ogni ordine e grado ha avuto un sviluppo consistente a partire soprattutto dagli anni Ot- tanta, sotto l’impulso di diverse azioni normative e legislative dei vari gover- ni che da allora si sono succeduti e che hanno saputo intercettare i bisogni di una società sempre più orientata verso la conoscenza della lingua ingle- se, trasformandoli in norme specifiche e disposizioni generali. Sicuramente grande importanza e influenza ha avuto la politica linguistica europea.
Alcune informazioni salienti sull’insegnamento delle lingue straniere a scuola arrivano dalla inchiesta europea Cifre chiave dell’insegnamento delle lingue a scuola in Europa31, del 2012, frutto della collaborazione stret- ta tra Eurydice ed Eurostat in sinergia con la Commissione europea.
Come già riportato, l’inglese è prima lingua straniera ed è un inse- gnamento obbligatorio a partire dai 6, nella scuola primaria; a partire dagli 11 anni, nella scuola secondaria di secondo grado, si aggiunge una secon- da lingua, generalmente francese o spagnolo. La riforma italiana relativa all’ ordinamento del secondo ciclo, del 2010, rende obbligatorio l’apprendimento delle lingue straniere sino al termine della scuola seconda-
31 Questo documento è pubblicato dall’Agenzia esecutiva per l’istruzione, gli audiovisivi e la cultura
(EACEA P9 Eurydice and Policy Support). Testo completato nel luglio 2012 Traduzione in italiano di Loredana Serratore
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49 ria di secondo grado e questo obbligo si traduce sempre nell’obbligatorietà della lingua inglese in tutte le scuole secondarie di secondo grado, con eventualmente una ulteriore lingua, in alcune tipologie di scuola, ad esem- pio negli istituti alberghieri. nei licei linguistici. Inoltre, La tendenza alla pre- cocità è in aumento per cui si tende a insegnare l’inglese già dalla scuola dell’infanzia. Il carico orario obbligatorio dell’insegnamento della lingua in- glese è così suddiviso: nella scuola primaria, un'ora nel primo anno, due nel secondo e tre nelle classi degli anni successivi; nella scuola secondaria di primo grado, tre ore la settimana; nella scuola secondaria di secondo grado tre ore la settimana.
Il documento guida di questa sistemazione curriculare dell’insegnamento della lingua inglese è il Quadro Comune Europeo di Rife- rimento per le lingue straniere32 (QCER),Per i livelli minimi di apprendimen- to, l’Italia ha fissato, come la maggior parte dei paesi europei, il livello B1 (utilizzatore indipendente, livello “soglia”) del Quadro Comune europeo di riferimento per la prima lingua straniera al termine di ISCED33 e i livelli B2
32 Commom European Framework of Reference
33 International Standard Classification of Education, sviluppato dall’UNESCO a metà degli anni ’70.
Il Primo documento fu pubblicato nel 1997; il secondo nel 2011 ed a questo che qui si fa riferimen- to.
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50 (livello indipendente34 avanzato) per la prima lingua straniera al termine di ISCED 3 insegnamento generale.
Per quanto riguarda i risultati qualitativi, l’Italia non prese parte all’Indagine Europea sulle Competenze Linguistiche del 2011, per cui non abbiamo dati sui risultati effettivi di queste politiche sugli apprendimenti. Vi sono però i dati dell’ Ef Epi35, parametro ormai riconosciuto per misurare il livello di competenza in inglese di un Paese, che ci danno alcuni dati sulle competenze dell’inglese in Italia. Dato negativo emergente dal Epi è che l’Italia si colloca in basso nella classifica, in Europa solo la Francia fa peg- gio. Nel 2015 è stato redatto il rapporto Ef Epi-s36 , cioè una valutazione delle competenze di ragazzi della scuola secondaria e dell’università. Da questo rapporto emerge che il grado di miglioramento degli studenti nella competenza della lingua inglese, è maggiore nella scuola secondaria di primo grado, che vi è un forte divario tra competenze scritte e competenze orali. Inoltre, emerge chiaro che la maggior parte dei ragazzi impara l’inglese a scuola.
34 Common European Framework of Reference
35English proficiency index è un’indagine effettuata da EF in diversi Paesi del mondo, per
valutare le competenze degli adulti nella lingua inglese
36 English proficiency index- school 2015 è la prima indagine di EF effettuata su ragazzi
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51 1.2.7 Visione europea
L'Unione Europea considera le lingue una delle sue priorità più im- portanti e sin dal 2000 ha adottato una politica linguistica tesa a potenziare l’insegnamento e l’apprendimento linguistico. A partire dagli anni settanta, sotto la spinta della ricerca portata avanti da nuove discipline linguistiche, come la sociolinguistica e la pragmatica, si sviluppa in Europa, un fervido dibattito sull'apprendimento linguistico che si focalizza soprattutto sull'uso della lingua in contesto e su coloro che la usano; la lingua viene vista come strumento di comunicazione pragmatica e si ripensano quindi gli obiettivi di apprendimento linguistico intesi non più in termini di strutture grammaticali ma come comportamenti linguistici, modi di fare lingua. Le teorie di riferi- mento sono la psicologia umanistica e gli studi di Maslow e Rogers37, uniti
37 De Carvalho, Roy José, The founders of humanistic psychology.
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52 alle teorie di psicodidattica e agli studi sull’intelligenza emotiva, sul ruolo del filtro affettivo, sulla ricerca dell’ordine naturale di acquisizione della lingua e sull’interlingua. Sotto la spinta di questo forte dibattito, il Consiglio d'Europa promuove il ''Progetto Lingue Moderne (1971-1981)'', con l’importante com- pito di individuare obiettivi e metodi condivisi al fine di favorire la diffusione e l’insegnamento delle lingue comunitarie. Si sviluppa il cosiddetto approc- cio funzionale che, negli anni 80, dà come risultato più rilevante i Livelli So- glia di competenza linguistica. Nel 1991, in occasione di un convegno in- tergovernativo svoltosi a Rüschlikon (Svizzera), veniva evidenziata la ne- cessità, al fine di favorire l’elaborazione dei programmi di apprendimento e il riconoscimento reciproco delle certificazioni nei sistemi di istruzione dei diversi Paesi membri, di avere un quadro di riferimento “europeo” ovvero una descrizione dei livelli di competenza linguistica raggiungibili da chi stu- dia una lingua straniera e si raccomandava l’elaborazione del QCER. Gli anni 90 vedono anche l’attuazione dei Programmi Lingua e Socrates. Nel 1995 viene pubblicato il Libro bianco della Commissione europea Insegnare e apprendere — Verso la società conoscitiva, curato dall'allora commissaria delegata per la formazione e la cultura, Édith Cresson. Infine, con decisione
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53 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 luglio 2000, il 2001 viene proclamato Anno europeo delle lingue.
1.3 Il Quadro Comune Europeo di Riferimento