1.3 Plasticità ed effetti biochimici dell’esercizio fisico
1.3.1 L'ipotesi del fattore di crescita neutrofico cerebrale
Sono numerosi i meccanismi biochimici considerati alla base della modificabilità del tessuto cerebrale. Come è stato già sottolineato, i cambiamenti indotti dall’esercizio fisico possono essere generali e specifici, e altrettanto numerose sono le aree cerebrali che vengono modificate dall’attività. Non è ancora chiaro quale sia la quantità dell’esercizio necessaria per scatenare la cascata di alterazioni molecolari, e se tali cambiamenti siano stabili o semplicemente temporanei.
Tuttavia, esiste un limite principale che ostacola l’analisi dei parametri biochimici che sottendono il cambiamento, ovvero l’impossibilità di valutazione diretta del tessuto cerebrale che, negli esseri umani, è limitata alle tecniche di valutazione in vivo. Per questo motivo sono stati condotti studi su animali tramite i quali è possibile analizzare direttamente tutti i meccanismi molecolari che, indotti dall’esercizio fisico, sono alla base della proliferazione neurale. Negli esseri umani, tali alterazioni possono essere solo dedotte indirettamente, pur sempre con una serie di variabili interferenti che negli studi animali si ha la facoltà di controllare maggiormente (Hillman, Erickson, & Kramer, 2008).
L’esercizio fisico produce una serie di benefici a livello cerebrale che si manifestano con un miglioramento delle funzioni cognitive, del flusso sanguigno cerebrale e una resistenza al danno (Cotman, Berchtold, & Christie, 2007); tali effetti benefici sembrano essere direttamente correlati ai cambiamenti del BDNF. Il BDNF promuove la differenziazione neurale, ma soprattutto è alla base della crescita dendritica e assonale e della sopravvivenza di diversi sottotipi di neuroni. Per esplorare l’ipotesi sopra menzionata, vengono utilizzati paradigmi sperimentali con animali, in cui la variabile dell’esercizio fisico è isolata, e il contesto è caratterizzato dalla possibilità di scegliere se si vuole o meno svolgere l’attività, e in quale quantità (voluntary wheel-running). Tali paradigmi sono stati associati ai classici esperimenti di arricchimento ambientale (environmental enrichment, EE), che sembrano stimolare la neurogenesi, ma con meccanismi biologici diversi. Uno dei fattori maggiormente associati all’esercizio fisico è l’aumento della proliferazione e della sopravvivenza delle cellule nel giro dentato dell’ippocampo; nuovi neuroni in questa area sono correlati ai cambiamenti, evolutivi e non, che rappresentano la base per l’apprendimento e la memoria (Eadie et al., 2005; Sleiman et al., 2016). Sembra che l’esposizione ad un EE permette la sopravvivenza delle nuove cellule (Kempermann, Kuhn, & Gage, 1997), ciononostante, non è ancora chiaro il meccanismo tramite cui avviene. Alcuni autori (es. Van Praag, Kempermann, et al., 1999),
hanno creato un paradigma sperimentale nel quale i roditori venivano esposti a diverse condizioni, affinché fosse possibile isolare quale fattore risultasse maggiormente collegato alla sopravvivenza nel tempo dei nuovi neuroni. In modo molto simile all’EE, hanno dimostrato che l’esercizio “volontario” era correlato ad una maggiore presenza di cellule BrdU-positive, rispetto alle condizioni di controllo (Ehninger & Kempermann, 2003).
Detto ciò, bisognerebbe riassumere tutti quei fattori legati al BDNF che potrebbero essere responsabili, a livello sia centrale che periferico, della plasticità cerebrale nelle varie aree. Gli studi su animali hanno dimostrato che sole due settimane di esercizio fisico nei topi conducono ad un aumentato del livello di BDNF nell’ippocampo; nello specifico si verifica un cambiamento dell’mRNA dei neuroni del giro dentato, dell’ilo e dell’area CA3 (Neeper, Goauctemez-Pinilla, Choi, & Cotman, 1995). Tali cambiamenti sono visibili sia in maschi che in femmine, si estendono anche ad altre aree come il cervelletto e la corteccia (Neeper, Gómez-Pinilla, Choi, & Cotman, 1996), e le alterazioni proteiche sono visibili anche parecchie settimane dopo. Nonostante sembrano essere presenti altri fattori tropici considerati possibili canditati a spiegare i cambiamenti plastici, ad esempio il fattore di crescita nervoso (NGF), sembra che la loro regolazione sia transitoria e meno robusta; ciò ha condotto a prendere in considerazione il BDNF come principale fattore candidato per la mediazione tra attività fisica e plasticità. Esistono numerosi fattori a livello biochimico che possono direttamente e indirettamente influenzare il BDNF; ad esempio l’attività neurale e l’interazione tra diversi neurotrasmettitori condizionano l’espressione dei geni del fattore di crescita nell’ippocampo. Tra questi sembra che l’influenza maggiore provenga soprattutto da quelli che convergono sui neuroni dopaminergici, quindi acetilcolina (ACh), GABA e monoammine. Diverse teorie sostengono che l’ACh media l’attivazione dell’ippocampo, per cui è possibile che influenzi direttamente il BDNF, soprattutto nello stadio basale (Knipper et al., 1994). Il meccanismo però non è così lineare, infatti lesioni specifiche in aree in cui sono presenti neuroni colinergici non ostacola l’effetto che l’esercizio fisico ha sul BDNF, mentre se combinate con lesioni ad aree gabaenergiche la regolazione è interrotta, soprattutto nell’ilo e nel GD (Berchtold, Kesslak, & Cotman, 2002). Ciò dimostra che l’effetto di mediazione deriva dalla combinazione di più sistemi neurotrasmettitoriali tra loro.
Come già precedentemente esposto, accanto agli effetti diretti sembra che anche quelli periferici abbiano un'importanza centrale, riferendosi ad esempio agli effetti di mediazione degli estrogeni, del corticosterone e del IGF-1. Vi è ormai la consapevolezza che diversi ormoni sono in grado di influenzare il cervello, e sembra che gli effetti
dell’esercizio fisico possano dipendere anche dalla presenza o meno di estrogeni (Berchtold, Kesslak, Pike, Adlard, & Cotman, 2001); ciononostante non è ancora chiaro se a livello ormonale ci sia o meno un effetto diretto sul BDNF. Anche l’esposizione a situazioni altamente stressanti (che aumentano la produzione di corticosteroidi) sembra avere effetti negativi, soprattutto sui neuroni dell’ippocampo; alti livelli di stress cronico sono associati a cambiamenti morfologici, come ad esempio l’atrofia dendritica, che hanno un effetto negativo sulla plasticità (Woolley, Gould, & McEwen, 1990). Infine la proliferazione di nuove cellule richiede un aumento del fabbisogno nutritivo; questa esigenza conduce alla stimolazione di nuovi vasi sanguigni in diverse aree cerebrali e tali cambiamenti possono essere mediati dall’IGF-1, un fattore fondamentale per la differenziazione e la crescita neurale. Anche quest’ultimo potrebbe essere un fattore di mediazione per il BDNF, infatti l’IGF-1 presenta un aumento sia periferico che centrale dopo l’esercizio fisico (Schwarz et al., 1996).
Una ricerca molto recente ha permesso di delineare nel dettaglio come l’esercizio fisico induce una catena di eventi biochimici che influenzano l’espressione del BDNF (Sleiman, et al. 2016). Tale studio ha provato che quattro settimane di esercizio possono influenzare i livelli del fattore di crescita; questo processo può essere così schematizzato:
• l’esercizio fisico aumenta il fabbisogno energetico, accelerando il metabolismo e il consumo di ossigeno;
• si ha la conseguente produzione di un Ketone (DBHB), un metabolita che aumenta nel fegato dopo l’esercizio fisico;
• il DBHB è influenzato dall’ambiente (stati nutrizionali e livelli energetici), per cui è stato ipotizzato che tali sostanze servono come intermediari per la regolazione dell’espressione genetica e la struttura cromosomica;
• con la carenza dei livelli di glucosio nel sangue, il cervello, come meccanismo compensatorio, inizia a consumare il DBHB che si è accumulato nell’ippocampo dopo l’esercizio fisico;
• nell’ippocampo il DBHB blocca la produzione di cataboliti (HDAC2/HDAC3) inibitori del BDNF;
• tutto ciò si traduce in un aumento della trascrizione genetica del BDNF nell’ippocampo che si riflette come meccanismo epigenetico indotto dall’esercizio fisico.
Tali risultati forniscono una prova concreta che lega l’esercizio fisico a meccanismi metabolici periferici, i quali inducono cambiamenti nel controllo epigenetico e dell’espressione genetica nel cervello. Nonostante vi siano numerosi meccanismi che, con alta probabilità, non sono ancora stati analizzati, non è possibile escludere comunque che l’esercizio fisico abbia effetti significativi su uno dei fattori trofici fondamentali nel cervello (BDNF), indispensabile per la proliferazione neurale.