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L’Italia della Costituzione

Nel documento Diritti Doveri Solidarietà (pagine 29-34)

Mercoledì 23 dicembre. Il titolo in programma è: “La Costituzione italiana”. L’incontro è guidato da Grazia Zampiccinini, docente di diritto ed economia della scuola Keynes, distaccata alla Dozza per i corsi dell’istruzione secondaria superiore. Gli iscritti sul registro di classe sono diciotto, tre i nomi non arabi.

Iniziamo sottolineando l’importanza della conoscenza della Costituzione del paese nel quale ci si trova a vivere. La Costituzione è in certo senso il “dna” di un Paese, dice la sua identità profonda. La Costituzione dà, perché

riconosce e conferisce un certo numero di diritti, ma anche chiede, esplicita dei doveri. Entrambi i versanti sono irrinunciabili per costruire una convivenza consapevole.

Il passaggio sullo schermo di una serie di immagini consente alla docente di esporre rapidamente alcuni concetti fondamentali, preliminari all’incontro con i contenuti fondamentali della Carta.

Bisogna infatti ricordare che vari articoli della Costituzione saranno letti e commentati lungo tutto il corso, in corrispondenza degli argomenti specifici che verranno trattati. Questa dunque è solo una lezione introduttiva.

Un primo focus è il concetto di Stato, che viene fatto emergere dall’incrocio di tre coordinate:

popolo, territorio, sovranità. Si parla poi di forma di stato e forma di governo, con un’attenzione particolare al binomio monarchia/repubblica, sul quale l’Italia, uscita dalla seconda guerra mondiale, ha compiuto un primo fondamentale discernimento popolare in vista della costruzione del nuovo Stato. Vediamo insieme un filmato di repertorio, già utilizzato nella prima edizione di DDS: “Correva l’anno – 2 giugno 1946”. Immagini in bianco e nero, le abitazioni distrutte, le folle in piazza, lo stesso abbigliamento degli uomini e delle donne di un “altro secolo”, sembrano attirare molto l’attenzione dei presenti. Il messaggio che s’intende dare: una decisione così importante come quella della forma da dare allo stato, non cala dall’alto, non è imposta ma è frutto di una deliberazione del popolo, uomini e donne (queste per la seconda volta alle urne), che nelle sue differenti anime si confronta liberamente e pacificamente attraverso lo strumento del voto. Alla repubblica andrà il 53% delle preferenze, contro il 45% alla monarchia, con uno scarto di circa due milioni di voti. Lo stesso corpo elettorale sceglie, contestualmente, i membri dell’Assemblea costituente incaricati di redigere la Carta Fondamentale del nuovo Stato.

«E voi, cosa scegliereste?». Il riferimento al referendum popolare per la suprema scelta sulla forma di governo in Italia serve anche a interpellare più direttamente la riflessione dei nostri corsisti: chi è favorevole alla monarchia, chi preferisce la repubblica? L’esitazione iniziale lascia il posto a un giro di tavolo veloce ed esplicito, esteso ovviamente non solo agli studenti ma a tutti i presenti in aula: contiamo 15 voti per la repubblica, 6 per la monarchia e 5 astenuti.

C’è anche una dichiarazione di voto: «Scelgo la monarchia perché in Marocco il re, durante la Primavera araba, ha domandato al popolo quali novità era necessario introdurre».

Il tempo non lo consente, ma l’intervento isolato meriterebbe di essere sviluppato invitando i presenti a specificare per quale motivo abbiano espresso la loro scelta. La piccola simulazione di voto infatti non è fine a sé stessa. Oltre a volere mostrare che in momenti supremi della storia di un paese dev’essere il popolo a pronunciarsi, c’è qualcosa in particolare che riguarda le persone di fede islamica: l’islam non fornisce, nel momento della sua formazione, una forma di governo “divinamente rivelata”. Possiamo così far notare che nel Corano non si trovano

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indicazioni a favore di una certa forma di governo e che, allo stesso modo, nella memoria collettiva della prassi di Maometto non si riscontrano indicazioni al riguardo. I testi sacri e le tradizioni profetiche insistono sulla “giustizia” come norma del buon governo, ma lasciano ampia libertà sul modo di arrivarvi. Il principio della “shura” (Corano 42,38) esprime anzi l’idea dell’importanza della scelta sulla base della consultazione popolare, mentre sono condannate fermamente le espressioni arroganti e oppressive del potere. È qui accennato, come si vede, un discorso che potrebbe essere sviluppato su diverse linee: dallo studio della “Carta di Medina”, un documento che la tradizione pone agli inizi dell’islam (oggi tornato alla ribalta con la

“Dichiarazione di Marrakech” dei 250 leader religiosi riuniti a inizio 2016 sotto gli auspici del re del Marocco) interessante per i riferimenti a una comunità che si presenta come interetnica e interreligiosa, alla confutazione delle pretese di legittimità del cosiddetto “Califfato islamico”

dell’Isis. Si tratta qui solo di esempi per richiamare la necessità, in ogni caso, di lavorare anche all’interno del “territorio culturale” di persone di fede islamica.

La docente invitata prosegue la sua esposizione facendo riflettere su altre tre categorie fondamentali: popolo, nazionalità, etnia. Propone un quesito: «Che cosa intendiamo per popolo?». Ciò che emerge anche dalla storia dei paesi dei partecipanti al corso è che, di fatto, l’idea di popolo sia molto variegata, ma l’atto di “darsi delle regole” significa lo sforzo di porre tutti su un piano di parità, senza negare le legittime diversità ma superando quel tipo di frammentazione del corpo sociale fonte d’ingiusta diseguaglianza. Il punto che si vuole sottolineare in questo passaggio è semplice, e si riallaccia alla lezione precedente: per potere vivere insieme in una comunità di “diversi”, devono essere rispettati i diritti di tutti. È qui appunto che entra in gioco la Costituzione.

Compiamo ancora un passo nel nostro discorso in questa direzione, ricorrendo a un esempio banale, legato ai riti della vita quotidiana del carcere: «Se in una sezione trenta detenuti su quaranta fossero contrari alla visione, ad esempio, dei telegiornali o delle partite di calcio, sarebbe giusto imporre questa decisione ai dieci favorevoli?». La risposta unanime della classe:

«No, una cosa così non si può fare». La Costituzione svolge appunto, tra altre cose, anche questa funzione: preservare i diritti di tutti, anche di chi si trova in minoranza. Se possiamo definire la democrazia come l’insieme di regole primarie e fondamentali che stabiliscono chi sia autorizzato a prendere decisioni collettive e con quali procedure, scopriamo che la Costituzione fonda l’esercizio di questo potere ma allo stesso tempo lo limita, per evitare che esso degeneri in

“strapotere”: «Le Costituzioni – dice la nostra docente citando una celebre definizione – sono le regole che i popoli si danno da sobri, ma serviranno loro quando saranno ubriachi».

Ecco affacciarsi, in questo quadro, anche il tema della divisione tra i poteri dello Stato democratico:

chi fa leggi, chi governa, chi giudica. Ogni dittatura – e molti dei nostri corsisti ne hanno fatta esperienza – tende a comprimere o eliminare del tutto l’autonomia di questi ruoli, trasformando il potere nell’arbitrio dello strapotere. I partiti politici fanno da anello di congiunzione tra popolo e potere, sono un servizio alla democrazia e non uno strumento deviato per occuparne le istituzioni.

Quanto illustrato, aggiunge la docente, illu-mina il passaggio in Italia dalla dittatura alla democrazia, dalla monarchia alla repubblica, dallo Stato dei sudditi a quello del popolo so-vrano. Ma attenzione, la storia non si interrom-pe e il passato non lo si cancella con un colpo di spugna: cambia il sistema ma gli uomini rimangono e un popolo cambia lentamente.

Questa osservazione è preziosa per riflettere sugli esiti incerti della “primavera araba”, con i popoli arabi sempre in bilico tra costruzione del futuro e il ritorno al passato. Sullo scher-mo passa improvvisa, a questo punto, la cele-bre scena della “pernacchia di Totò”, nei pan-ni di un maresciallo dei carabipan-nieri che irride il discorso di un gerarca nazista. L’intermezzo comico serve per dire che, tra i tanti tasselli costituenti il passaggio da una dittatura alla democrazia, c’è anche la libertà d’ironia, in particolare la possibilità di prendere in giro il potere.

Scelta repubblicana, parità dei diritti, sovra-nità popolare, divisione dei poteri, dialettica tra maggioranza e opposizione, educazione alla democrazia: questi i temi che, con l’aiuto

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di immagini e filmati, siamo riusciti a propor-re per mettepropor-re a fuoco la filigrana della nostra Costituzione. Si tratterebbe ora di procedere, illustrando in maggiore dettaglio la struttura della Carta, le sue grandi articolazioni. Il tem-po però stringe e non vogliamo chiudere sen-za interpellare nuovamente il “tu” dei nostri corsisti, musulmani per la grande maggioran-za. Cosa significa per loro inserirsi in una cor-nice quale quella descritta? C’è da parte delle persone di fede islamica una riflessione speci-fica su questo punto, che aiuti i singoli e le co-munità a comprendere meglio cosa significa entrare a fare parte del paese e del continente nel quale sono immigrati? Il tema ovviamente percorre tutto il progetto del corso, negli am-biti che verranno trattati, ma avrebbe bisogno anche di uno spazio specifico. Possiamo quin-di appena farne cenno, richiamando qualche concetto espresso nella “Carta dei Valori per i Musulmani d’Europa”, documento nato per iniziativa della federazione delle Organizza-zioni Islamiche d’Europa (FOIE), approvato e firmato il 10 gennaio 2008 da più di 400 orga-nizzazioni islamiche in 28 paesi. Vi si trovano affermazioni degne di interesse sul desiderio dei musulmani di integrarsi nelle società di arrivo, sul rispetto delle regole democratiche, sull’uguaglianza uomo-donna, sulla propo-sta di una via-moderata dell’islam. Per ogni tema sarebbe possibile ovviamente sollevare altrettante criticità, ma resta che l’utilità di un documento come questo, all’interno di un percorso didattico quale quello tentato

speri-mentalmente da DDS, è appunto quella di mettere sul tavolo, “nero su bianco”, una serie di pro-posizioni prodotte da musulmani europei, che offre materiale per il dialogo e facilita il lavoro di raffronto e comparazione con le nostre Carte Fondamentali. La modalità comparativa è una delle opzioni metodologiche del corso. È per questo che nel prossimo incontro ci sposteremo idealmente al di là del mare prendendo in considerazione le Costituzioni degli arabi.

Nel documento Diritti Doveri Solidarietà (pagine 29-34)