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L’occasionalismo e la leibniziana dottrina dell’armonia prestabilita 99

Con Cartesio sorge la problematica della “causalità psicofisica”, ossia si pone il problema di quale relazione sussista tra la sostanza anima e la sostanza corpo. Leibniz, fermo critico dell’occasionalismo, a questo proposito, porta l’esempio, spesso utilizzato dai cartesiani, dei due orologi che si accordano tra di loro (qui i due orologi sono rispettivamente la sostanza psichica e quella corporea): ciò può avvenire secondo Leibniz in tre differenti modi: per influsso ossia in modo tale che una influisca sull’altra, ma non essendo possibile concepire un passaggio di materia dall’una all’altra di queste due sostanze, ciò è da escludersi apriori; secondo la via dell’assistenza continua da parte di Dio (e questa sarebbe secondo Leibniz, la via scelta dall’occasionalismo, quella delle cause occasionali), dove egli interviene di volta in volta per “aggiustare” e mettere così in accordo le due sostanze; e poi vi

9 Teodicea, p. 257. 10 Teodicea, p. 271. 11 Ivi, p. 269.

sarebbe la via dell’armonia prestabilita, secondo la quale il Creatore ha generato queste due sostanze secondo una natura (prestabilita) che, seguendo le proprie leggi ricevute assieme al suo essere, mette reciprocamente in accordo psiche e corpo. L’occasionalismo di Geulincx (1627-1669) e di Malebranche (1638-1715) cerca perciò di spiegare l’influsso reciproco tra anima e corpo con un “accordo disposto da Dio”12, l’accordo però è visto secondo un continuo intervento del Creatore sull’iterazione delle due sostanze, ove, perciò, entrambi dipendono dalla comune attività creativa. Non è l’anima a muovere il corpo o il corpo a produrre sensazioni nell’anima, ma è Dio che genera le sensazioni nell’anima in concomitanza con una modificazione del corpo e quindi in occasione di tale modificazione: di ciò consterebbe la causa occasionale. L’insieme delle cause occasionali, pur riguardando solo quel che avviene tra anima e corpo, quindi, riguardando le cause finite, discendono dall’unica vera causa che è Dio e, di conseguenza, la comunanza che si instaura tra anima e corpo è dovuta alla comune dipendenza dalla medesima attività creatrice.

Ma il presupposto della causa occasionale non riesce ad essere causa, perché la sola causa, che è vera causa dell’intero dominio delle cause occasionali è in realtà Dio: le cause occasionali starebbero perciò al complesso psicofisico come la condizione necessaria e non sufficiente sta al condizionato, mentre Dio sta alle cause occasionali come la condizione necessaria e sufficiente sta al condizionato. Gentile ci vuol suggerire che il legame che le cause occasionali instaurano fra le due sostanze, viene sussunto da Leibniz come regola generale del rapporto universale vigente tra tutte le monadi, dove “nel sistema dell’armonia prestabilita diventa il concetto della irrelatività reciproca delle monadi, nella loro comune dipendenza da Dio”13.

Il termine correlativo dell’occasione (che è forma), l’occasionato, o anche il contenuto dell’occasione stessa, è il condizionato di cui appunto l’occasione è condizione; tra questi, appunto, s’instaura un rapporto di reciprocità causale che svincolando dalla morsa empirista della rigida successione causale l’intero sistema dell’occasionalismo, concede che, a quest’ultimo, sia conferito un carattere prettamente metafisico. Il rapporto di reciprocità deve sottostare alla relazione necessaria con Dio ossia con quella sostanza che stabilisce ciò che è occasione e ciò che è occasionato,

12 GENTILE G.,Teoria generale dello spirito come atto puro, op cit., p. 156. 13 Ivi, p. 157.

determinando che se, per un versante, Dio interviene come condizione imprescindibile del rapporto, perché è condizione, della condizione e del

condizionato, per un altro verso il contenuto del rapporto è sì reciproco, ma di

condizione necessaria e non sufficiente.

In questo modo l’occasionalismo “duplicherebbe” il rapporto di condizione necessaria e non sufficiente, perché tra occasione e occasionato v’è un rapporto di “condizionamento reciproco” a sua volta condizionato da Dio che determina il darsi dell’evento: ma, poiché la contingenza della causa rispetto all’effetto può invertirsi nella contingenza dell’effetto rispetto alla causa, si aprono le porte all’avvento dell’empirismo più radicale; è qui che l’occasionalismo inciampa nella trappola empirista; perché tale contingenza che dall’alto della causa scende verso l’effetto e dall’effetto risale alla causa, svincola, per l’avvento della loro “non sufficienza”, il molteplice empirico da ogni unità metafisica, cosicché, una volta disciolto il legame necessario con Dio, non resta che affermare l’insufficienza dell’una a spiegare l’altro e viceversa. Ma ciò può avvenire solo se si abolisce la supervisione di Dio - grazie al quale, infatti, si va a risaldare la necessità e non tanto la contingenza - come necessario presupposto di tutti i legami di causalità.

Stando all’idea di armonia prestabilita di Leibniz, per cui ogni cosa è regolata “fin da principio”14, per un lato avremo la preordinazione divina di ogni rapporto di causalità mentre per un altro lato l’evento, in sé stesso considerato, non ha più nulla che lo renda necessario:

“Così essendo ogni cosa regolata fin da principio, è soltanto questa necessità ipotetica, sulla quale tutti sono d’accordo, a far sì che, dopo la previsione di Dio, o dopo la sua risoluzione, niente possa esser cambiato: e tuttavia gli eventi in se stessi restano contingenti. Infatti [...] l’evento non ha nulla in sé che lo renda necessario, e che non permetta di concepire che poteva accadere una qualunque altra cosa al suo posto.”15

14 Teodicea, p. 279. 15 Ibidem

L’occasionalismo – secondo ciò che ci dice Leibniz – farebbe intervenire Dio in qualità di Deus ex machina cioèegli si dedicherebbe “a muovere i corpi come l’anima vuole e a dare all’anima le percezioni che il corpo richiede”16: Dio perciò agirebbe sul corpo solo all’occasione di un moto dell’anima e viceversa. Questo carattere dell’occasionalismo però si troverebbe, secondo Gentile, perfettamente in linea con l’armonia prestabilita: non esiste cioè, a ragion veduta, differenza di rilievo tra le due dottrine, l’unica differenza è lo spostamento dell’azione divina dall’occasione, ossia un momento del processo del reale – dottrina dell’occasionalismo - al principio, o origine, della realtà – che è l’ordine prestabilito “fin da principio” della dottrina leibniziana; spostare da un punto ad un altro del processo l’azione di Dio, non altera il suo essere essenza (ragione) del reale, essenza che per questo resta invariata ed estrinseca rispetto al reale stesso.

Così l’occasionalismo che per un versante “raddoppia e conferma la contingenza” e per un altro versante “raddoppia e rinsalda la necessità della causa rispetto all’effetto”17, troverebbe, su questo piano, la sua adeguata corrispondenza nella

Monadologia dove si afferma appunto che “ogni monade suppone Dio creatore di

tutte le monadi, e suppone quindi tutte le altre monadi”18 e la necessità della relazione tra causa ed effetto diviene necessità assoluta escludendo, per questo lato, ogni forma di contingenza. Definitivamente bisognerà constatare con Gentile che:

“Tra l’unità, dunque, della metafisica e la molteplicità dell’empirismo ogni sforzo di fissare un rapporto di condizione e condizionato, come rapporto che medii tra l’unità e la molteplicità, è destinato a fallire.”19

In base a quanto detto si comincia ad intravvedere nell’intento gentiliano della Teoria

generale dello spirito come atto puro, non tanto il bisogno di stillare una semplice

16 Teodicea, p. 291. 17 Op. cit., p. 160. 18 Ibid.

critica contro il manicheismo dell’occidente dibattutosi tra metafisica ed empirismo, quanto più una volontà di indicare in che modo sia impossibile l’instaurarsi di una forma logica intermedia tra i due, cioè come sia impossibile, pena il cadere in un diacronico contraddirsi, il sussistere di una filosofia che stia in mezzo tra l’unità professata dalla metafisica e la molteplicità dell’empirismo.

Procedendo su di un crinale che separa molteplice e unità, oscillando tra l’una e l’altra concettualizzazione del reale, Leibniz cerca di inserirsi all’interno della sintesi concettuale realizzata dalla logica dell’astratto e istituisce un compromesso logico che, sulla scia dell’occasionalismo, si configura ancora una volta come sforzo teoretico che riesca a testimoniare che l’“Harmonia est unitas in moltitudine”20 tentativo di conciliare cioè l’unità e la molteplicità, conciliare l’unità del pensiero con il molteplice che appare nell’esperienza.