II. Conversazione in Sicilia
II. 2. L’opera: storia di una conversazione
Conversazione in Sicilia rappresenta il romanzo in cui Vittorini riesce meglio a
conseguire un linguaggio simbolico e allusivo col fine di rappresentare, trasfigurandola, la storia e gli avvenimenti politici e sociali che caratterizzano gli anni Trenta e Quaranta del Novecento.
Uno dei cardini fondamentali della poetica di Vittorini è costituito – come abbiamo visto – dall’aspirazione al libro, a una sola verità che ogni volta bisogna ricominciare a dirla.67
Lo stile di Conversazione in Sicilia è in pratica non un mero esercizio letterario ma è il frutto di un atteggiamento intellettuale che ha delle proprie implicazioni ideologiche di fondo, che hanno come tema centrale l’uomo, come sostiene Domique Ferndandez:
Elio Vittorini nei suoi lavori più riusciti ha creato lo stile moderno della parola “uomo” : e ha adempiuto alle due condizione necessarie di sgonfiare, cosa naturale del resto, questa parola di tutta la retorica e il romanticismo, e di farla esattamente coincidere con il suo contenuto.68
Il romanzo mette in scena un doppio viaggio, fisico e della coscienza interiore, del protagonista Silvestro spinto “da astratti furori”.
Io ero, quell’inverno, in preda ad astratti furori. Non dirò quali, non di questo mi son messo a raccontare. Ma bisogna dica ch’erano astratti, non eroici, non vivi; furori, in qualche modo, per il genere umano perduto.69
Il viaggio fisico prende avvio a Milano, dove Silvestro lavora come tipografo ed ha famiglia, fino a giungere in Sicilia, terra natia e dell’infanzia.
Il pretesto del viaggio è esplicitamente familiare, una lettera del padre, ma esso darà avvio ad un percorso prettamente interiore, nei meandri della coscienza quindi trasformandosi in un percorso introspettivo e d’analisi.
Tutto ruota intorno alle “conversazioni”, cariche di valori simbolici, che Silvestro avrà modo di fare durante il suo percorso: dai dialoghi con i compagni di viaggio alla
67 S. Pautasso, Guida a Vittorini, Rizzoli, Milano, 1977, p.100.
68 D. Fernandez, Il romanzo italiano e la crisi della coscienza moderna, trad. di F. Lerici, Lerici, Milano,
1960, p.187.
69 Tutte le citazioni da Conversazione in Sicilia vengono dall’edizione : E. Vittorini, Conversazione in
Sicilia, Einaudi, Torino, 1975, p.5.
comunicazione con la madre, che lo riporteranno ai luoghi e ricordi del passato, fino alla conoscenza di alcuni paesani.
In effetti il ritorno alle origini, alla casa natia, in un piccolo paese rurale siciliano, coincide con l’innesco di una serie di ricordi legati al passato, e su più livelli temporali, che divengono strumenti di un approfondimento psicologico intrapreso da Silvestro. Le conversazioni del romanzo inoltre si confondono tra il reale e l’onirico, in un continuo avvicendarsi di elementi concreti e allusivi.
Il romanzo prende avvio con una sorta di monologo interiore, una conversazione possiamo dire con sé stesso, in cui predominano l’angoscia esistenziale di Silvestro che spinto da una lettera del padre, decide di dar avvio al suo viaggio a ritroso nel tempo e nello spazio.
Questa decisione appare, ad un livello di lettura più profondo, come la volontà d’una fuga di fronte al male che offende il mondo alla ricerca d’un qualcosa, di un’altra realtà, in cui l’uomo può riscattarsi.
La prima vera e propria conversazione avviene sul traghetto, che Silvestro prende per giungere in Sicilia, dove incontra dei suoi conterranei che rappresentano quell’umanità straziata dalla miseria e dalla fame che Vittorini avrebbe voluto riscattare:
Il piccolo siciliano parve disperato, e rimase in ginocchio, una mano in tasca, l’arancia nell’altra. Si rialzò in piedi e così continuò a stare, col vento che gli sbatteva la visiera molle del berretto contro il naso, l’arancia in mano, bruciato dal freddo nella piccola persona senza il cappotto, e disperato, mentre a picco sotto di noi passavano, nel mattino di pioggia, il mare e la città. 70
La successiva parte del viaggio avverrà in treno dove Silvestro incontrerà personaggi dalla differente tipologia, dai prepotenti questurini fino al cosiddetto Gran Lombardo, una delle figure chiave del romanzo.
Inoltre è da sottolineare come Vittorini si riferisca a questi personaggi con nomi riferenti alle connotazioni fisiche con lo scopo di universalizzare queste figure come essere umani, escludendone perciò la connotazione individuale.
Il Gran Lombardo e le sue parole possono essere prese come il giro di chiave che darà avvio ad una riflessione più profonda nella coscienza di Silvestro:
Credo che l’uomo sia maturo per altro – disse. – Non soltanto per non rubare, non uccidere, eccetera, e per essere un buon cittadino…Credo che sia maturo per altro, per nuovi, per altri doveri […] Cose da fare per la nostra coscienza in un senso nuovo.71
Infine, dopo questo viaggio attraverso il mare e l’entroterra, Silvestro arriva nel paese natale dove vive la madre Concezione e da questo incontro prenderà avvio un flusso di ricordi e memorie attraverso delle epifanie del suo vissuto lontano.
La madre, dal nome sicuramente evocativo, rappresenta simbolicamente colei che accompagnerà il proprio figlio in un cammino di rinascita attraverso i ricordi del passato che vedono come protagonisti altri personaggi di rilievo, come il nonno e il padre. Silvestro ritornato a contatto col mondo perduto vive una realtà che è due volte reale perché vista sia dagli occhi dell’adulto e quelli del bambino che fu:
[…] e io vidi nell’odore dell’aringa, la sua faccia giovane, come io ora ricordavo ch’era stata, e con l’età che faceva un di più su di essa. Era questo, mia madre; il ricordo di quella che era stata quindici anni prima, venti anni prima quando ci aspettava al salto dal treno merci, giovane e terribile, col legno in mano; il ricordo, e l’età di tutta la lontananza, l’in più d’ora, insomma due volte reale.72
Silvestro inoltre accompagnerà la madre nel giro delle iniezioni visitando i malati del paese ed è in questa parte che l’aspetto cinematografico e fotografico del libro si avverte palesemente.
Vestita d’un cappotto nero, e con una grande borsa un po’ da levatrice infilata nel braccio, mi condusse fuori nel freddo sole, e il viaggio in Sicilia ebbe una nuova ripresa.73
71 CiS, p. 37. 72 CiS, p.61. 73 CiS, p.111.
In effetti si registra a livello narrativo e descrittivo un gioco di contrapposizione tra il buio, degli interni delle case e delle camere dei malati, e la luce abbagliante degli esterni del paesino rurale, che allude ad un percorso prima di discesa nel dolore e poi di rinascita.
Passammo di dietro alla casa, per una strada che scendeva, e andando tra i muri d’orti, arrivammo ad una porta e bussammo. La porta si aprì. Dentro era buio, e io non vidi chi ci avesse aperto.
Non c’era finestra; c’era solo, nell’alto della porta, uno sportello con un vetro nerastro, e io non vidi nulla, non vidi più nemmeno mia madre.74
Solamente nell’ultima visita infatti il malato si mostra a Silvestro nella sue presenza corporea in quanto nella casa filtra la luce esterna.
Da questo incontro Silvestro prende vero contatto con gli altri esseri umani e riflette sull’universalità del dolore e delle sofferenze.
Io lo guardai e vidi che aveva gli occhi aperti. Li teneva fissi su di me, esaminandomi, e io esaminai lui, in quei suoi occhi, e fu, un momento, come se ci trovassimo soli, uomo e uomo, senza nemmeno la circostanza della malattia. Né io vidi il colore dei suoi occhi, vidi in essi soltanto il genere umano ch’essi erano. 75
Successivamente, nella quarta parte del romanzo, Silvestro incontra vari abitanti del paese ed il tono simbolico – onirico si fa sempre più preponderante; ogni personaggio rappresenta sia sé stesso sia il simbolo di quell’umanità offesa che vorrebbe riscattarsi. L’incontro con Ezechiele, il sellaio del villagio, è descritto come una sorta di discesa agli inferi : << continuammo noi ad avanzare per lo stretto passaggio […] e ormai andavamo tentoni, in perfetto buio, scendevamo nel cuore della Sicilia >>. 76
74 CiS, p.113. 75 CiS, p.125. 76 CiS, p. 186.
In questo viaggio Silvestro viene più volte a contatto con la miseria e la sofferenza della gente:
Il viaggio capovolto del protagonista vittoriniano non si identifica con il rifugio nella natura come salvezza dalla storia e come autenticità riconquistata d’infanzia e di natura contro la conoscenza, la società […] è bensì un itinerario nel cuore non meno oscuro della storia per farlo chiaro e comprenderlo senza riserve, in modo definitivo. 77
I personaggi di Ezechiele e Calogero sono essenziali per trasmettere il messaggio di sofferenza non vissuta in maniera personale e autoreferenziale.
Le frasi più volte ripetute come : << noi non soffriamo per noi stessi >> e << è per il dolore universale che si soffre >>78 sono fondamentali per avvicinare l’individuo singolo alla comunità, anzi all’umanità.
Nell’ultima parte di Conversazione il protagonista si ritrova, stordito dal vino bevuto in un’osteria, nel cimitero del paese dove incontra il fratello Liborio, vestito da soldato e morto in battaglia.
Il calare della notte preannuncia che il viaggio di Silvestro sta per concludersi e lo spinge alla riflessione:
L’uomo rimasto ignudo e inerme andava nella notte e incontrava gli spiriti, le Belle signore cattive che lo molestavano e schernivano, e anche calpestavano, tutte fantasime di azioni umane, le offese al mondo e all’umano genere uscite dal passato. Non già i morti, ma fantasime: cose che non appartenevano al mondo terreno. E l’uomo che il vino o altro aveva reso inerme, era, in genere, preda loro.79
Le fantasime, credenza locale siciliana, in questo caso rappresentano le cattive azioni che si aggirano come fantasmi e impossessano l’uomo debole e incapace di reagire e difendersi.
77 G. Barberi Squarotti, La scelta di perdersi: Vittorini, in La forma e la vita : Il romanzo del Novecento,
Milano, Mursia, 1987, p.149.
78 CiS, p.193. 79 CiS, p. 203.
Liborio invece è portavoce di un tragico racconto che è allo stesso tempo personale e universale poiché la guerra ha investito tutta l’umanità. Inoltre vi è la denuncia contro il linguaggio retorico e propagandistico dato alle tragedie umane, fatte di violenza e offesa, che vengono così portate ad esempio e perpetuate nella storia umana.
Il breve epilogo del romanzo mostra Silvestro che torna dalla madre per congedarsi prima di partire di nuovo.
Anche in questa parte i marcatori temporali si confondono in quanto Concezione lava i piedi ad un uomo inizialmente percepito come il padre del protagonista.
Tuttavia i contorni si confondono e predomina l’allusività tanto che l’uomo padre diventa anche il nonno e il viandante, con cui la madre da giovane aveva avuto una breve passione.
Mi avvicinai per guardarlo in faccia, lo vidi che la teneva nascosta con la mano.
Mi pareva, ad ogni modo, troppo vecchio; e per un momento pensai quasi che fosse mio nonno. Pensai anche che potesse essere il viandante di mia madre.80
In pratica questa figura è da considerarsi come simbolo dell’Uomo ritrovato al quale la madre lava i piedi con umiltà. L’umanità, alla fine di questo viaggio, viene così riabilitata attraverso un rito di purificazione simbolico.
Silvestro arriva al termine del suo viaggio, una conversazione in Sicilia durata tre giorni e tre notti, con una maggiore consapevolezza del suo passato che lo rende padrone del presente.
A livello compositivo Conversazione in Sicilia, costruita sul susseguirsi di dialoghi, si differenzia dalle precedenti opere di Vittorini in cui a prevalere erano i monologhi. Il romanzo, oltre a mettere in scena personaggi e situazioni fortemente allusive e simboliche, ha un lirismo di fondo che lo avvicina a talune espressioni teatrali.
In effetti, come evidenzia Crovi, la suddivisione del testo in cinque parti ricorda l’organizzazione delle pièces teatrali.81
Gli stessi personaggi del romanzo sono dei simboli, perdono la loro individualità, per diventare scenicamente delle maschere che rappresentano gli archetipi dell’umanità offesa.
In sintesi il romanzo vittoriniano è caratterizzato da una forte polisemia nel quale si mescolano continuamente realismo e simbolismo, autobiografia e ideologia, tradotti a livello stilistico - formale nella compresenza di narrativa e lirismo.
Il tentativo di Vittorini quindi consiste nella rappresentazione del mondo in quattro dimensioni nella quale, alla rappresentazione oggettiva, si somma l’aspetto simbolico evocato dalla memoria e rielaborato nella coscienza.
Si è parlato di questo romanzo anche come ripresa dei poemi epici in quanto Silvestro compie un percorso, più precisamente un nostos ossia un viaggio di ritorno a casa, che ha come implicazioni quello di dar avvio ad una ricerca interiore che trova materiale da elaborare proprio nella regressione ai ricordi dell’infanzia e nella loro comprensione. Lo stesso Giorgio Bassani in un articolo esplicita la difficoltà di etichettare un’opera del genere definendola << romanzo, o racconto, o poema >>82 in quanto sia a livello tematico che stilistico si riscontrano analogie con differenti forme letterarie.
Lo stesso Vittorini del resto è il primo che supporta questa ambiguità interpretativa insita nel suo lavoro come ben si evince nella nota finale del romanzo in cui si legge: << la Sicilia […] è solo per avventura Sicilia; solo perché il nome Sicilia mi suona meglio del nome Persia o Venezuela >>83.
Sebbene successivamente lo scrittore spiegherà la ragione di questa postilla adducendo motivazioni politiche collegate alla paura di un possibile blocco della censura, è indubbio che il messaggio che passa è quello di un romanzo che sì è ambientato in un dato luogo geografico ma che allo stesso tempo è universale poiché parla di un’umanità offesa, collettiva e non autoreferenziale.
81 R. Crovi, Conversazione in Sicilia, Americana, Racconti lirici, in Il lungo viaggio di Vittorini,Roma,
Marsilio, 1998, p.221.
82 G. Marchi ( G. Bassani ), Situazione in Elio Vittorini, in << Emporium >>, a. 48, n. 569, Maggio 1942,
p.206.