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La Commissione D'Alema

3 Il progetto Elia

6. La Commissione D'Alema

La Commissione parlamentare per le riforme costituzionali della XIII legislatura, dopo la vittoria della coalizione di centro-sinistra, fu istituita dal Parlamento con la legge costituzionale 24 gennaio 1997, n.1. Composta da 35 senatori e 35 deputati e presieduta dall'on. D'Alema, essa aveva un mandato estremamente ampio in deroga alla procedura prevista dall'art. 138 Cost. Questo aspetto suscitò non poche critiche in dottrina sia sul metodo, in quanto derogatorio dell'art. 138 Cost., sia sulla "portata" della riforma, in quanto l'intera modifica della seconda parte della Costituzione (specie in materia di forma di Stato, di forma di governo, di sistema delle garanzie e soprattutto di bicameralismo) non sarebbe stata conciliabile con il concetto di revisione costituzionale. La Commissione, il 30 giugno 1997, approvò un testo presentato all'esame della Camera dei deputati117.

Per quanto riguarda la riforma del Parlamento si prevedeva la riduzione del numero dei parlamentari (fissato, per la Camera, tra i 400 e i 500, e, per il Senato, a 200 membri eletti a suffragio universale diretto), il superamento del bicameralismo perfetto e l'attribuzione di funzioni diversificate per le due Camere. La Camera dei deputati, "Camera politica", dava la fiducia al governo ed era soggetta allo scioglimento. Il Senato, pur mantenendo il carattere di diretta investitura popolare, veniva svincolato dal rapporto di fiducia con il Governo, per assumere, nel sistema elettorale maggioritario, il ruolo prevalente di "Camera delle garanzie, di interessi e valori permanenti". Il Senato continuava ad essere eletto su "base regionale" e a ciascuna Regione era assegnato un numero fisso di senatori indipendentemente

117 Queste le proposte: rovesciamento della tradizionale ripartizione delle competenze legislative

tra Stato e Regioni; attribuzione di fondamentali competenze amministrative ai comuni e alle altre comunità locali; elezione popolare e diretta del Capo dello Stato ed una nuova forma di governo che stende e sviluppa nell'ambito nazionale le esperienze già in corso a livello locale; costituzionalizzazione del fine politico dell'Unione europea; rafforzamento del sistema delle garanzie nei rapporti tra le istituzioni, sul versante dei diritti dei cittadini e su quello dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura.

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dalla relativa popolazione. Inoltre, al fine di tradurre nel nostro sistema l'esigenza di rappresentanza del territorio con una formula originale rispetto a modelli di altri Paesi e più adeguata alla specificità della nostra storia nazionale, era prevista una speciale Commissione delle autonomie territoriali, presieduta da un senatore e composta, rispettivamente per un terzo, da senatori, dai presidenti delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, da rappresentanti degli Enti locali eletti secondo modalità da stabilirsi con legge approvata dalle due Camere.

La funzione legislativa era ripartita tra la Camera politica e la Camera delle garanzie secondo i criteri intrecciati della materia e della funzione. La Camera dei deputati era legata al Governo dal rapporto di fiducia, dunque solamente essa poteva essere interessata dalle conseguenze di una crisi irreversibile del rapporto fiduciario e di conseguenza solamente essa poteva essere sciolta in anticipo dal Presidente della Repubblica. In termini pratici questa possibilità poteva significare che, mentre la Legislatura del Senato era comunque destinata a durare cinque anni, quella della Camera dei deputati avrebbe potuto essere più breve, con possibilità di termini di Legislatura sfalsati tra le due Assemblee parlamentari. In virtù del rapporto fiduciario alla Camera spettava dunque tutta la legislazione per l'attuazione del programma di governo e comunque riferibile all'indirizzo politico118. Il Senato poteva soltanto, su richiesta di un terzo dei componenti, richiamare i progetti approvati dalla Camera entro 10 giorni dalla loro trasmissione e, entro i successivi 30 giorni, proporre modifiche, sulle quali decideva in via definitiva la Camera dei deputati.

118 In particolare, per quanto riguarda i rapporti tra Parlamento e Governo in materia finanziaria,

veniva poi previsto che il Governo potesse opporsi alle proposte di iniziativa parlamentare, dirette ad approvare disposizioni che comportino maggiori oneri per il bilancio. Per superare questa opposizione le Camere dovevano approvare le proposte con un quorum rafforzato, ossia a maggioranza assoluta dei componenti.

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Il Senato partecipava invece alla funzione legislativa, in modo paritario, su materie espressamente elencate, oggetto di leggi bicamerali, quali: gli organi costituzionali e di rilievo costituzionale, l’istituzione e la disciplina delle Autorità di garanzia e di vigilanza, le elezioni nazionali ed europee, i diritti fondamentali civili e politici e le libertà inviolabili della persona, l’informazione, la comunicazione radiotelevisiva, le norme penali, le norme processuali, gli ordinamenti giudiziari e l’ordinamento delle giurisdizioni, la concessione di amnistia e di indulto, la legislazione elettorale, gli organi di governo e le funzioni fondamentali di Comuni e Province. Le due Camere provvedevano anche all'approvazione dei progetti di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali e di delegazione legislativa, quando questi riguardassero le stesse materie.

Nel procedimento paritario i disegni di legge erano esaminati dalla Camera dei deputati, e, se approvati, venivano trasmessi al Senato della Repubblica; erano invece presentati per primi al Senato solamente i progetti di legge di iniziativa delle Assemblee regionali e di iniziativa popolare. In ogni caso, se la Camera che esaminava per seconda tali disegni di legge li approvava in un testo diverso da quello approvato dall'altra Camera, le disposizioni modificate sarebbero state assegnate a una speciale Commissione formata da un uguale numero di componenti delle due Camere, nominati dai rispettivi Presidenti in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi in ciascun ramo del Parlamento. Il testo adottato dalla Commissione speciale era conseguentemente sottoposto all’approvazione di ciascuna Camera con la sola votazione finale119.

Per un terzo ambito di materie era infine previsto un procedimento misto: si trattava delle questioni per le quali la riforma prevedeva che il Senato deliberasse in sessione speciale a composizione mista, integrato da 200 consiglieri regionali, provinciali e comunali, eletti da appositi

119G. LUPONE, Le riforma costituzionali dai comitati Ritz - Bonifacio - 1982 alla bicamerale

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collegi elettorali in ciascuna regione in numero pari ai rispettivi senatori120 . I progetti di legge ricadenti in tale ambito erano necessariamente trasmessi ad approvati dal Senato, che appunto deliberava nella composizione integrata dai rappresentanti delle autonomie territoriali. Qualora tuttavia il Senato "integrato" avesse introdotto modifiche, sarebbe spettato alla Camera deliberare su di esse in via definitiva qualora riguardassero: legislazione elettorale, organi di governo, funzioni fondamentali di Comuni e Province, e tutela d’imprescindibili interessi nazionali nelle materie attribuite alla competenza legislativa delle Regioni.

Con questo progetto la funzione di controllo veniva complessivamente potenziata con l'attribuzione del potere di inchiesta su iniziativa di minoranze qualificate nelle due Camere, ma alle sole commissioni d'inchiesta istituite presso il Senato erano attribuiti gli stessi poteri e gli stessi limiti dell'autorità giudiziaria. Infine, al Senato, proprio in considerazione dell'assenza del rapporto politico di fiducia, spettavano le nomine di attribuzione parlamentare, comprese quelle delle autorità di vigilanza e di garanzia; nonché i pareri parlamentari, da esprimere in seduta pubblica della commissione competente sulle nomine, sulle proposte o designazioni del Governo. Alla legge bicamerale spettava la determinazione delle nomine sulle quali richiedere il parere parlamentare e di quelle invece di esclusiva responsabilità del Governo.

Anche questo tentativo di riforma della costituzione non arrivò a compimento: l'accordo raggiunto in Commissione tra maggioranza ed opposizione non fu confermato in Aula e il provvedimento fu formalmente ritirato dal calendario dei lavori della Camera il 3 giugno 1998. Tuttavia, effetti concreti dell'impegno di riforma costituzionale si ebbero con la quasi completa riscrittura del Titolo V della II parte

120 Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le Riforme Istituzionali, Servizio per lo

studio e il monitoraggio delle riforme istituzionali e relazioni esterne, Il superamento del

bicameralismo paritario e perfetto nei principali tentativi di riforma costituzionale, Dossier di sintesi

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della Costituzione sulle Regioni, le province e i Comuni. Le leggi costituzionali n. 1 del 22 novembre 1999 e n. 2 del 31 gennaio 2001, approvate dalla maggioranza di centro-sinistra con il consenso dell'opposizione di centro-destra, hanno indotto rispettivamente l'elezione diretta dei Presidenti delle Regioni a statuto ordinario e dei Presidenti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano121.

121F. RESCIGNO, Disfunzioni e prospettive di riforma del bicameralismo italiano: la camera delle

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7. Il progetto di revisione della parte seconda della